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Contesto teorico-culturale degli studi sullo humor

Nell’incipit del precedente capitolo ho accennato al fatto che l’umorismo possa superare le barriere tra corpo e mente, conscio e inconscio e in definitiva creare una reazione allo stimolo istintiva, capace di superare le inibizioni. Le nuove ricerche scientifiche sul cervello hanno posto in dubbio queste scissioni tra due nature della mente. Il poter osservare gli scambi chimici ed elettrici tra parti del cervello ha fatto propendere alcuni scienziati della mente verso un monismo radicale in cui l’organo fisico, pesabile e misurabile, sia in stretta identità con la mente, ovvero quell’entità costituita dalle capacità intellettive e spirituali di un essere umano. Il dibattito tra dualisti e monisti interessa sempre di più la filosofia in moltissime sfaccettature: dall’etica all’estetica, per poi ricadere anche nelle discipline più pratiche come giurisprudenza ed economia. A tutti gli effetti i risultati delle neuroscienze e delle scienze cognitive hanno aperto ad una nuova rivoluzione scientifica e filosofica simile a quella copernicana.

Se, infatti, la mente è solamente il cervello non esisterebbe né spirito né coscienza al di fuori delle sinapsi, la libertà sarebbe determinata dalla composizione e dall’interazione tra parti della materia grigia che interagiscono in maniera codificata. Le facoltà tipicamente umane potrebbero essere lese o influenzabili a seguito di incidenti, malattie e interazioni con sostanze specifiche e non determinate quindi da nulla al di fuori della materia. Non tutti la pensano in questo modo, è però certo che alcune risultanze ridimensionano alcuni assunti del pensiero su noi stessi. Ogni campo del sapere dovrebbe confrontarsi con le nuove scoperte – anche in maniera critica – e trarne nuovi concetti e nuove proposizioni per le proprie discipline. Bisognerà notare inoltre come in realtà le scoperte neuroscientifiche non siano totalmente distanti o discordanti con altre

43 concezioni precedenti, si pensi a Girard e ai neuroni specchio, ma certo pongono sotto una nuova luce molte speculazioni del passato.

La sola negazione scientifica dell’anima e del sovrannaturale, basterebbe per far capire l’importanza e la delicatezza del dibattito, che però non si ferma ai soli ambiti religiosi, ma si allarga anche a discipline più laiche. L’accusa che colpisce una simile irruzione di dati scientifici nell’ambito proprio delle discipline umanistiche è quella di determinismo, di ridurre la totalità dell’ambito umano a scariche elettriche e reazioni chimiche interne ad un organo. Se è vero che la tentazione di spiegare tutto attraverso la neuroimaging può entusiasmare gli scienziati e alcuni pensatori93, fino ad una vera e propria neuro-mania94, è vero però che molti punti d’ombra rimangono e rimarranno insoluti a lungo: tra i maggiori la fonte della coscienza personale. Le teorie che si stanno approcciando a questi argomenti sono in realtà allo stato di pura speculazione e ancora largamente dibattute, basti leggere il simpatico e godibile racconto di John Horgan su una conferenza di studiosi della coscienza avvenuta a Tucson95. Approcci che si legano alla teoria quantistica come quella di Roger Penrose contrastano con ipotesi più caute e legate a fenomeni limitati e quantificabili, criticati a loro volta perché solo elementi di un processo più complesso e caratterizzato da sensazioni consce chiamate qualia. A tutto questo va sommato anche il fatto che la mente non è identica in ogni individuo e neppure nel medesimo soggetto lungo tutta la vita: l’esistenza muta la coscienza96 e i processi neurali possono essere educati e deviati anche attraverso la psicoterapia97.

In un panorama così magmatico alcune figure di riferimento si stanno spostando lentamente dall’ambito scientifico a quello della dissertazione

93 Cfr. PAUL THAGARD, Il cervello e il senso della vita, Mondadori Education, Milano,

2014.

94 Cfr. PAOLO LEGRENZI e CARLO UMILTÀ, Neuro-mania. Il cervello non spiega chi siamo,

Il Mulino, Bologna, 2009

95 JOHN HORGAN, La mente inviolata. Una sfida per la psicologia e le neuroscienze,

Raffaello Cortina Editore, Milano, 2001, pp. 269 e segg.

96 RICCARDO MANZOTTI e VINCENZO TAGLIASCO, L’esperienza. Perché i neuroni non

spiegano tutto, Codice edizioni, Torino, 2008.

97 «La psicoterapia è, quindi, un processo di apprendimento che consente di cambiare

l’assetto delle connessioni cerebrali.» LOREDANA CENA e ANTONIO IMBASCIATI,

Neuroscienze e teoria psicoanalitica. Verso una teoria integrata del funzionamento mentale, Springer Verlag, Milano, 2014, p. 114.

44 filosofica come Antonio Damasio98. Nel conflitto tra scienze dure e scienze umane, è nata una “terza cultura”, formata da scienziati divulgatori e umanisti curiosi, che si incontrano per creare una forma “ecumenica” di cultura. D’altronde anche le stesse scienze cognitive sono aperte da tempo ad apporti differenti (non è un caso il plurale) da parte di svariate discipline99. Insomma, anche solo fare uno stato dell’arte per sommi capi del dibattito in corso richiederebbe una trattazione ampia quanto una monografia100. Niente determinismo, dunque, ma piuttosto un dibattito nuovo e pieno di stimoli per le scienze umane, che però pone come esigenza quella di usare con cautela la mera dissertazione astratta e accogliere gli stimoli di un pensiero nuovo che rivoluzionerà sempre più minutamente la cultura dei prossimi decenni.

La possibilità di osservare i modi di processazione delle informazioni che giungono dall’esterno mostra anche come la divisione netta tra conscio e inconscio sia una dicotomia utile allo studio, ma che non abbia più un valore ontologico. Gli stimoli passano attraverso parti del cervello arcaiche, nel nucleo interno di esso, e passando da lì vengono inviate alle parti più recenti ed esterne – la corteccia – sede delle esperienze consapevoli. Un esempio di un fatto simile è la sindrome della visione cieca101, in cui un soggetto, dopo aver subito una lesione in una zona della corteccia, riusciva a individuare – sotto forma di intuizione non conscia – ciò che aveva davanti all’occhio “cieco” con difficoltà nel riconoscimento e nella definizione dell’immagine. Questo può accedere perché una parte del nucleo arcaico, “vedeva” ciò che l’occhio aveva davanti, ma questa “visione” non passava nella parte cosciente, rimanendo quindi allo stadio di intuizione. Questo tipo di interazione tra il sistema limbico – molto arcaico – e la corteccia – parte più recente del cervello – è alla base di molte funzioni tra cui la memoria e la conoscenza. Oltre ad esse, il sistema limbico è anche responsabile della regolazione e organizzazione delle funzioni emotive e di quelle legate alle

98 Cfr. ANTONIO DAMASIO, Il sé viene dalla mente. La costruzione del cervello cosciente,

Adelphi, Milano, 2012.

99 Cfr. PAOLO LEGRENZI, Prima lezione di scienze cognitive, Laterza, Roma-Bari, 2002. 100 Cfr. WILLIAM BECHTEL, Filosofia della mente, Il Mulino, Bologna, 1992; ALFREDO

PATERNOSTER, Introduzione alla filosofia della mente, Laterza, Roma-Bari, 2010.

101 VILAYANUR S. RAMACHANDRAN, Che cosa sappiamo della mente, Mondadori, Milano,

45 reazioni più istintuali dell’essere umano. La razionalità della corteccia è perciò sempre influenzata e influenzabile dalla parte meno logica del cervello. Se non è una forzatura totalmente illecita la distinzione netta tra il mondo conscio e inconscio – soprattutto ai fini della comprensione –, lo è quindi quella tra mondo emotivo e razionale, poiché le relazioni tra le due sfere sono così fitte che non è possibile scinderle in due processi totalmente distinti. Ancora meno valide sono le barriere tra speculazione astratta e corporeità: è infatti ormai assodato che anche i concetti più raffinati siano passati attraverso una rarefazione di una base corporale, che però rimane sempre necessaria per l’apprendimento. In un conosciuto libro di Lakoff e Johnson102 si possono trarre tre idee generali per approcciarsi proprio a questi temi: la mente è intrinsecamente incarnata, il pensiero è per lo più inconscio e i concetti astratti sono in gran parte metaforici. Tre assunti che superano molte vecchie barriere del pensiero gnoseologico.

In questo contesto caotico, l’umorismo attraverso le scienze cognitive, le neuroscienze e la psicologia ha un profilo rinnovato – con aspetti di continuità – rispetto a ciò che ci deriva dalla tradizione. Anche perché, per la sua natura ibrida capace di corrodere le barriere che si supponevano invalicabili, lo humor è stato studiato con attenzione, tanto da essere l’unico soggetto di studio di riviste internazionali come, per far l’esempio più importante, «Humor».