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Il genere della persona, come sostiene bene Forabosco, in realtà incide meno di un’altra variabile: la personalità. L’umorismo di un determinato stile, infatti, mostrerà maggiore successo tra persone simili per comportamento ed educazione – a prescindere dal sesso – piuttosto che in un contesto eterogeneo per attitudine personale, ma formato da sole donne o, viceversa, da soli uomini.

Gli studi sulla personalità in relazione con la risata costituiscono una branca degli studi molto viva che ha avuto anche una veloce evoluzione120. Le prime ricerche sistematiche sul tema cercavano di definire, anche a maglie larghe, le possibili differenze di questo approccio, con dei risultati che posero le basi per la seconda generazione di approfondimenti concentrata, invece, sulle sfaccettature e sull’interazione con i contesti sociali. A questi – databili circa dagli anni Settanta fino ai Novanta – si iniziarono ad affiancare dei questionari per ottenere degli indici concreti che

117 «le differenze più spesso riflettono differenze nello stile piuttosto che nel livello di

coinvolgimento», trad. mia, MARTIN DANIEL LAMPERT, Gender and Humor, Psychological

Aspects of, in AA. VV., Encyclopedia of Humor Studies, cit., pp. 259-261.

118 Ibidem

119 GUGLIELMO GULLOTTA, GIOVANNANTONIO FORABOSCO e MARIA LETIZIA MUSU, Il

comportamento spiritoso, cit., pp. 72-77.

120 NICHOLAS A. KUIPER, Personality, Humor and, in AA. VV., Encyclopedia of Humor

54 attestassero i rapporti tra le variabili caratteriali e i gusti umoristici. Negli ultimi vent’anni, infine, la ricerca ha migliorato ancora di più il dettaglio, valutando non solo il gusto, ma l’azione del creare risata, del sapersi adattare al contesto sociale, etc. Una pecca però che si è venuta a formare nel panorama è che i vari risultati, derivati da differenti questionari, non si sono mai fusi in un unico profilo che fosse risolutivo. Esistono dunque versioni differenti – e a rigor di disciplina parallele – che parlano in termini che spesso danno la sensazione di una possibile sovrapposizione, ma che invece si giustappongono. Oserò rompere questa separazione, provando a fare un esercizio di sintesi, che forse non sarà comprovato da esperimenti ma che è più utile ed efficace per la mia ricerca.

Nel 1984 veniva pubblicato lo studio di Avner Ziv dal titolo esplicito Personality and Sense of Humor121. In esso – dopo una parte in cui si esploravano le diverse funzioni che lo humor poteva svolgere per un individuo nella società, e dopo un’altra in cui approfondiva le tecniche e i contenuti che le differenti burle potevano avere – Ziv individuava delle variabili oppositive in cui inserire i soggetti rispetto all’umorismo. La prima variabile è quella riferita al rapporto con la società, ovvero l’essere introversi oppure estroversi; la seconda è riferita ad un equilibrio emotivo interno che si inserisce in un dualismo tra stabilità/instabilità; mentre la terza è riferita alle capacità cognitive che saranno alte o basse. Quest’ultimo dato non fa veramente parte della personalità, nel senso proprio di carattere, ma piuttosto sarà riferito all’intelligenza o all’apertura mentale. Per comprendere meglio le personalità che risultano dai quattro incroci possibili Ziv le individua sulla scorta della teoria degli umori di Ippocrate in collerico, melanconico, flemmatico e sanguigno122. Il primo è estroverso e instabile, caratterizzato dal suo essere impulsivo, permaloso, volubile, attivo e ottimista ed è portato ad apprezzare le barzellette brevi o le battute estemporanee, con una forte carica aggressiva e magari dirette verso un gruppo (politico, etnico, etc.) diverso dal suo, per il suo essere permaloso, non riesce nell’autoironia. Il melanconico è instabile ma anche introverso,

121 AVNER ZIV, Personality and Sense of Humor, Springer Publishing Company, New York,

1984.

55 quindi caratterizzato da ansia, rigidità, pessimismo, tranquillità e asocialità, per questa sua ultima caratteristica non apprezzerà l’umorismo vissuto in gruppo ma piuttosto quello fruito in solitudine (libri, film, etc.) con una preferenza per lo humor nero e la satira corrosiva. La personalità flemmatica è invece stabile e introversa e dunque pacifica, controllata, riflessiva e affidabile, favorirà la chiave cognitiva del divertimento, non dando quindi particolare peso allo stile ma piuttosto alla struttura intellettualmente stimolante della arguzia. L’ultima tipologia è quella della persona sanguigna, ovvero estroversa e stabile, che è spensierata, socievole, vitale e loquace, tende ad un uso sociale della battuta in tutte le sue sfumature con una grande competenza e senza mai dileggiare o essere aggressivo.

Lo stesso Ziv ammette che le persone non sono mai “puramente” estroverse o introverse, ma vengono influenzate dalle situazioni in cui sono inserite: un introverso appassionato di informatica, insieme a degli esperti alla mano dello stesso settore potrebbe assumere comportamenti da estroverso. La maggioranza delle persone si trova in una posizione mediana in cui non c’è mai massima stabilità o massima introversione o i loro opposti, e sono le loro interazioni con il contesto a definirne la fisionomia. Altra sfumatura è la competenza intellettiva del soggetto: una persona con buone facoltà cognitive e una buona competenza umoristica, avrà un ampio spettro di stili da apprezzare: da quelli più raffinati a quelli più grevi (godibili in alcuni contesti più sbragati); mentre chi all’opposto non spicca per acume o magari non ha un’ampia esperienza di humor avrà uno spettro limitato. Spettro che va ad incrociarsi con le preferenze date dal suo temperamento. Altro criterio che si può aggiungere a questo approccio, viene da uno studio citato da Forabosco: il grado di conservatorismo123. Più una persona è conservatrice, meno apprezzerà l’incertezza, il nuovo e le sfaccettature tipiche della complessità. Questa attitudine influenza in modo decisivo il gusto umoristico, portando ad apprezzare le burle semplici, dalla soluzione univoca e senza violazione di tabù.

Come si potrà notare lo studio di Ziv non ha implicazioni di valore: ogni personalità si diverte con ciò che gli è più congeniale. Non vale lo stesso per la quadripartizione di Rod Martin, che invece divide l’umorismo

56 per stili e a questi da un peso sociale e individuale, con conseguenze positive o negative. Dalla parte del buon uso della risata abbiamo lo humor affiliative e il self-enhancing, mentre all’opposto avremo l’aggressive e il self-defeating124. Il primo usa l’umorismo in chiave sociale per abbassare le tensioni in un gruppo in funzione coesiva, per affermare sé stesso divertendo gli altri; mentre il secondo tende a mantenere un approccio umoristico alla vita, un punto di vista che migliora la sua vita in particolar modo nei periodi difficili. Lo stile aggressivo invece è l’opposto di quello affiliative: chi lo usa lo fa per manipolare e per deridere, con spesso un obiettivo offensivo e un uso inappropriato. Se il self-enhancing usa la prospettiva umoristica per migliorare la propria vita, chi usa uno stile auto- distruttivo lo fa per farsi accettare dalla società abbassandosi, rendendosi ridicolo e inoffensivo. Martin precisa che: «we assumed that people tend to engage in humor quite spontaneously and are often unaware of its social or psychological functions in a given situation»125. Lo psicologo ha anche

incrociato i risultati del suo test (portato avanti anche in culture diverse) con altri indici, come quelli sulla salute mentale o sulle capacità adattive: in tutti c’è stata una relazione tra gli stili positivi e i picchi ottimali delle altre attitudini, e viceversa.

Si noterà come l’impostazione di Ziv in questo caso sia stata perfezionata, ma non smentita. I due ritratti potrebbero essere incrociati vista lo somiglianza e dire che un collerico probabilmente userà uno stile aggressivo e un malinconico uno auto-denigratorio; mentre un sanguigno uno affiliative e un flemmatico uno self-enhancing. Come abbiamo detto prima, queste definizioni non sono assiomi matematici: la personalità muta nella situazione e nel tempo, determinando anche un rapporto dinamico con lo humor.

Nel mare magnum di questa tipologia di ricerca, viene riconosciuta126 come una delle migliori sintesi quella fatta nei lavori di Kenneth Craik. In

124 ROD A. MARTIN, The Psychology of Humor: An Integrative Approach, Elsevier,

Burlington, San Diego, Londra, 2007, pp. 210-214.

125 «abbiamo dato per assodato che le persone tendessero ad usare l’umorismo piuttosto

spontaneamente, e spesso erano inconsapevoli della sua funzione sociale o psicologica in una data situazione» trad. mia, Ivi, p. 211.

126 Sia nell’Encyclopedia of Humor Studies, sia in Primer of humor research, per dare solo i

57 uno di essi127 lui e i suoi collaboratori teorizzano – a seguito di un esperimento che ha coinvolto 456 persone con una maggioranza femminile – cinque coppie oppositive di stili tutte riferibili alla condotta umoristica quotidiana: due centrali nel rapporto tra carattere e senso dello humor, mentre le altre tre meno. Le due dimensioni più importanti sono quella del calore o della freddezza sociale e quella della competenza o della incompetenza; le altre sono la benignità o meno dello humor, quella in rapporto ai tabù e quella in rapporto all’uso intellettivo.

Avremo quindi chi usa lo humor in società e chi invece lo evita, chi è capace di comprendere la miglior battuta per le migliori situazioni e chi invece no, magari ridendo in maniera inappropriata. E ancora, ci sarà chi apprezzerà gli scherzi e le battute salaci e capaci di parlare di aspetti proibiti e chi invece si sentirà a disagio in simili situazioni preferendo barzellette “pulite”; altri ancora che favoriranno sfide umoristiche impegnative e altri che si accontenteranno di una risata immediata con modalità anche un po’ volgari, e infine chi scherzerà benignamente e chi invece lo farà tendenziosamente, magari nascondendo un aculeo in un bozzolo di cotone128. Anche qui esistono dei possibili riferimenti ai due studi precedenti, Craik individua due caratteristiche basilari come calore e freddezza sociale, che potrebbero essere riferibili a introversione ed estroversione. D’altronde anche la competenza è un risultato dell’esperienza umoristica del singolo, elemento anche questo citato da Ziv. I tre elementi seguenti, intelligentemente individuati come accidentali, vengono influenzati dalla situazione e dalla compagnia in modi facilmente immaginabili.

Un punto di contatto interessante tra personalità e generi è lo studio – in verità un po’ datato – di Schmidt-Hidding129. Lo studioso tedesco lega tratti della personalità riferibili più o meno a quelli descritti in precedenza con specifici stili – e generi deducibili – della letteratura. Gli indici di riferimento sono quattro: lo humor legato all’attitudine affettiva; il

127 KENNETH H. CRAIK, MARTIN D. LAMPERT e ARVALEA J. NELSON, Sense of humor and

styles of everyday humorous conduct, in «Humor», 1996, vol. 9, n° 3/4, pp. 273-302.

128 Un'agile schematizzazione delle risultanze di Craik è presente in WILLIBALD RUCH,

Psychology of Humor, in AA.VV., Primer of Humor Research, cit, pp. 41-42.

129 WOLFGANG SCHMIDT-HIDDING, Europäische Schlüsselwörter. Band I: Humor und Witz,

58 divertimento legato alla potenza dell’energia vitale; il ridicolo relativo ai sentimenti di risentimento e infine lo spirito collegabile alle capacità cognitive. È inutile far notare come anche qui ci siano delle similitudini forti con gli studi successivi, anche se manca la formalizzazione che li contraddistinguerà. Anche questi indici come per Craik formano delle dicotomie, e come per Martin hanno un indice di valore, ma questa volta lo si rapporta a stili comici: se l’umorismo coglie le incongruenze del mondo e ne ride, l’ironia – in questa concezione – è il ridere della non comprensione ed esprime superiorità; se la satira si scaglia con il male del mondo anche in funzione moralizzatrice, il cinismo è distruttivo di ogni tipo di valore; se la farsa tende ad aggregare le persone, il sarcasmo tende al conflitto e alla divisione; se l’arguzia gioca con la comprensione ed è razionale, il nonsense si prende gioco delle attitudini cognitive e della logica. Il fatto che anche i modi “negativi” possano esser usati in funzione positiva è una delle più ovvie critiche alla divisione valoriale. Dal punto di vista di questa trattazione, le tipologie postulate possono essere riscontrate in diverse parti di narrazione per risvegliare la reazione di lettori differenti.

Differenze nella processazione delle informazioni umoristiche nelle diverse personalità d’altronde si sono riscontrate anche con la risonanza magnetica funzionale e con l’elettroencefalogramma. In generale chi ha tratti allegri mostra un coinvolgimento più intenso nel lobo parietale inferiore destro e meno nella parte limbica e prefrontale. Ad esempio l’estroversione è correlata con una maggiore attivazione nella corteccia orbitofrontale destra, le cortecce temporali di entrambi gli emisferi e le corteccia prefrontale mediale ventrolaterale; all’opposto l’introversione coinvolge maggiormente l’amigdala130. Insomma, chi è allegro usa la risata in maniera più consapevole e cosciente, mentre il timido ne sente tutto il peso emotivo.

1.3.5. La teoria degli script e la teoria della mente come base