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La variabile sessuale: le donne e l’umorismo

Ciò che da questi dati può sembrare definitivo e per certi versi univoco, in realtà non lo è. Se è vero che queste aree mentali sono attive durante l’episodio umoristico, è anche vero che non in tutte le persone sono coinvolte allo stesso modo. I fattori che influiscono maggiormente – oltre al mezzo usato per il messaggio e il genere dello humor – sono la personalità e il sesso.

La risata femminile è uno dei campi maggiormente dibattuto, in cui ci sono dati contrastanti e spesso influenzati dai metodi di acquisizione. Esistono dei dati che confermerebbero un minore uso dell’umorismo nella comunicazione delle donne. Molto stimolante da questo punto di vista è lo studio sul campo (quindi più veritiero, perché non alterato attraverso dinamiche laboratoriali, ma anche con meno selezione dei soggetti esaminati) di Robert R. Provine. Egli ha infatti notato che chi ride di più durante un evento ilare è l’interlocutore (I) mentre il pubblico (P) ride solo se apprezza o meno l’arguzia – ma anche per le ragioni espresse in §1.1.3. Le differenze per genere però influiscono in maniera piuttosto decisiva nelle statistiche110:

Come si nota il picco di risate del pubblico avviene durante una interazione tra un interlocutore maschio (Im) e un pubblico femminile (Pf),

mentre il fondo si tocca a parti invertite, momento in cui si riscontra anche l’apice delle risate dell’interlocutrice (If). Non solo, anche nelle interazioni

110 ROBERT R. PROVINE, Ridere. Un’indagine scientifica, Baldini Castoldi Dalai, Milano,

2003, p. 35.

Coppia Episodi Interlocutore Pubblico

Im Pm 275 75,6% 60,0%

If Pf 502 86,0% 49,8%

Im Pf 238 66,0% 71,0%

If Pm 185 88,1% 38,9%

51 intra-genere c’è una lieve predominanza di non risposta agli eventi umoristici da parte femminile.

Il metodo di indagine di Provine prende spunto dall’osservazione potremmo dire antropologica di alcune dinamiche, quindi senza uso di test, senza l’influenza e la preparazione di materiale calibrato da parte degli sperimentatori. Ciò che però sfugge allo sguardo di Provine è l’entità dei rapporti interpersonali che lui osserva nella realtà americana. Chi sono quegli uomini e quelle donne che parlano? Sono amici o solo conoscenti? Sono amanti di lunga data oppure alla prima uscita? Eppure la mole di eventi (1200!) sembra poter annullare la variabilità del caso. Come abbiamo già ricordato, l’umorismo è anche frutto di dinamiche gerarchiche e non bisogna dimenticare che, nel rapporto tra sessi, gioca un certo ruolo anche l’interesse sessuale – o più in generale, la volontà di attrazione. Eppure da queste statistiche rimane un dato: le donne sembrano ridere e far ridere meno.

Le differenze possono essere causate prevalentemente da fattori culturali. Come fa notare Forabosco111 sia le esperienze, sia le richieste sociali che investono le bambine sono differenti e questo influirebbe sulla successiva maturazione del senso dello humor. Differenze che però si possono limitare quando educazione, riferimenti culturali e posizione sociale sono omologhe e anche quando si ha una personalità propensa all’uso della risata nella comunicazione. Esistono dati discordanti da questo punto di vista. Uno studio112 svolto in Belgio, USA e Hong Kong ha mostrato come nell’infanzia (intorno ai 6 anni), la maggioranza di bimbi ilari in tutt’e tre le culture sia appartenente al sesso maschile, mentre le bambine mostrano una diffusa ritrosia – ma bisogna ammettere che siamo ancora alla fine degli anni Settanta. Un dato che viene confermato anche in età adolescenziale da Ziv: «in tutte le ricerche da noi fatte, il numero dei ragazzi umoristi è sempre maggiore di quello delle ragazze. Ciò vale sia per la sociometria dell’umorismo che per il test dell’immaginazione di sé»113.

111 GIOVANNANTONIO FORABOSCO, Il Settimo Senso, cit., pp. 95-96.

112 PATRICIA J.CASTELL eJEFFREY H.GOLDSTEIN, Social Occasion for Joking. A Cross-

cultural Study, in AA. VV., It’s a Funny Thing, Humor, a cura di Antony J. Chapman e Hugh C. Foot, Pergamon Press, Oxford, 1977.

52 Proprio i risultati di quest’ultimo test114 però mostrano una variabile che potrebbe confermare l’idea di Forabosco: partendo da un questionario sull’immagine di sé proposto ad un numero identico di ragazzi e ragazze equamente ripartiti tra aventi o meno una propensione umoristica115, le risposte mostrano come le ragazze umoriste hanno una spiccata diversità di carattere rispetto a quelle prive di questa caratteristica (più attive, più forti, più coraggiose, più disinvolte, etc.), casistica che invece non è presente nei ragazzi. Ciò è una spia della capacità di poter superare il ruolo imposto dalla società, di affermare la propria differenza rispetto allo stereotipo e, in definitiva, di essere più libere.

Come abbiamo già accennato il cervello è forgiato dalla cultura e dall’educazione, e da esse sono influenzate anche le sue reazioni agli stimoli. Eppure non è privo di interesse uno studio tedesco-americano116 che ha individuato delle differenze nella processazione delle informazioni legate allo humor. Le donne mostrano una reattività spiccata nelle zone limbiche, così da coinvolgere l’affettività in maniera decisiva nella valutazione dello stimolo. Gli uomini, invece, mostrano un maggiore impiego di risorse valutative ed esecutive. Questi risultati potrebbero essere determinanti per un coinvolgimento emotivo più forte nelle avventure di un possibile sventurato, oppure per comprendere le conseguenze intime che prova il soggetto della barzelletta. Una sorta di sentimento del contrario pirandelliano insito nel ragionamento femminile. Ma non mi spingo oltre nella verve interpretativa. Certo è che questa risultanza neuroscientifica va d’accordo con i risultati frutto dei nuovi metodi d’indagine costruiti a seguito dei movimenti femministi. Dopo gli anni Settanta infatti si è giunti ad una domanda centrale per il metodo di indagine: è possibile che non sia il senso dell’umorismo femminile ad essere inferiore, ma un determinato tipo di umorismo a non essere apprezzato dalle donne perché implicitamente indirizzato agli uomini? A seguito di questa domanda si è tornati nei laboratori e si son calibrati test in cui si cercasse prima di tutto di capire i

114 Ivi, pp. 169-170.

115 48 adolescenti in totale, 24 con propensione all’umorismo (12 maschi e 12 femmine), e

24 senza.

116 NILS KOHN, THILO KELLERMANN, RUBEN C. GUR, FRANK SCHNEIDER e UTE HABEL,

Gender differences in the neural correlates of humor processing: Implications for different processing modes, in «Neuropsychologia», 2011, vol. 49, pp. 888-897.

53 gusti femminili in fatto di humor e si è arrivati alla conclusione che: «differences more often reflect differences in style rather than level of engagement»117. Si è quindi giunti a notare delle ricorrenze nella scelta di contenuti e tipologie di umorismo: le donne apprezzano maggiormente le arguzie legate a fatti reali e alla vita di tutti i giorni, con una propensione alle sfaccettature più positive dello humor, a differenza degli uomini che invece apprezzano molto anche quello aggressivo e nero118. Tra le preferenze avremo tutto il comico non tendenzioso e, sorprendentemente, l’umorismo fecale, che piace estremamente di più rispetto che agli uomini119. Mentre dal punto di vista della risata a sfondo sessuale si è notata una certa convergenza tra i sessi nell’apprezzamento, con la differenza che alle donne non piace quello in cui l’oggetto di irrisione è di sesso femminile.