• Non ci sono risultati.

Come alle volte l’umorismo si fa portatore di sensazioni disturbanti e imbarazzanti, può anche funzionare come strumento per affrontare e adattarsi a contesti di fortissimo stress e pressione emotiva. In inglese questa funzione è definita coping, ovvero “fare fronte” e viene attuata soprattutto in due momenti173: quello della riduzione di tensione mentre la condizione di necessità è già in atto e quello della prevenzione. Nel primo caso abbiamo un’importante mole di studi che constatano come l’uso della comicità in contesti di lavoro particolarmente sensibili aiuti a gestire gli stimoli emotivi estremamente traumatici174. La sua funzione è così potente che vengono riportati casi terribili in cui l’umorismo è stato utile per non crollare totalmente, come il caso del soldato americano Andy McNab175, che insieme a dei suoi commilitoni era prigioniero in Iraq e sottoposto a torture giornaliere. Lui e i suoi compagni riuscirono a superare le costanti vessazioni e le terribili condizioni di prigionia concedendosi al più nero degli umorismi. Testimonianze simili sono state documentate anche in gruppi di recupero in disastri naturali e nelle forze dell’ordine e di pronto soccorso. Tre elementi che uniscono i diversi casi sono che, in primo luogo, già nel medio periodo difficilmente ci si ricorda cosa abbia fatto ridere, che battuta e anche che elemento fosse al centro della risata. In seconda istanza si è constatato l’uso istintivo e non consapevole di questo tipo di humor. Infine, che spesso l’umorismo viene tenuto in una dimensione di pari livello e professione. Difficilmente si mostrano comportamenti ilari al di fuori del gruppo, e questo per non sembrare insensibili e cinici. Le dinamiche di gruppo sono state già analizzate nel primo capitolo, ora ci si concentrerà su quelle individuali: chi ride in situazioni traumatiche e cariche di tabù tende ad abbassare dei parametri fisiologici come pressione del sangue e tensione

173 SIBE DOOSJE, Coping Mechanism, in AA.VV., Encyclopedia of Humor Studies, cit., pp.

179-180.

174 FABIO SBATELLA e MARZIA MOLTEMI, L’umorismo in emergenza, cit. 175 Ivi, p. 47.

75 muscolare e anche quella psicologica. Il problema che si sono posti i ricercatori è quale umorismo aiuti davvero176 e soprattutto se nel lungo termine possa diventare davvero utile per l’elaborazione post-traumatica. I risultati non sono chiari, anche perché una rilevazione nel pieno delle attività è piuttosto complessa e forse sarebbe influenzata da un certo pudore. Eppure si è visto che un eccesso di ilarità alla lunga logora sia il gruppo sia la capacità di dialogo e di elaborazione dello shock177. Il rischio è quello di adattarsi eccessivamente e lasciare spazio al cinismo e all’insensibilità.

La dimensione di difesa da una situazione oppressiva è solo una delle dimensioni in cui il meccanismo del coping è attivo, l’altra è quella della prevenzione. In ambito clinico o di professioni a rischio ciò che si deve preparare ad affrontare sono possibili incidenti, oppure sofferenze e morte. Ma questi aspetti sono rischi che in realtà investono tutte le persone. Ecco che anche al di fuori di condizioni particolari, nella storia dell’uomo è maturato anche un tipo di humor che poneva al centro la malattia e la morte, ma anche le tragedie in generale. «Il meccanismo sottostante [...] è quello di porsi di fronte al terribile destino dell’uomo con un atteggiamento di superiorità derisoria che implicitamente vuole negare il timore che la morte crea, sfidandola!»178. L’umorismo nero sarebbe quindi un «meccanismo di coraggio»179, cioè di autorappresentazione di sé come coraggioso e impavido. L’etichetta di humor noir è piuttosto recente, dato che è stato André Breton a coniarla nel 1939 per la sua Anthologie180, anche se – come dimostra bene il libro di Harold Bloom181 – in realtà il genere è già presente fin dai tempi di Aristofane. Un tipo di risata che ha più di una parentela con il grottesco di matrice romantica ottocentesca, dato che spesso si basa sulla distorsione, sull’imbruttimento e l’eccesso rappresentativo182. Un’affermazione particolarmente interessante presente nell’introduzione che Breton fa alla raccoltaè il suo opporre, a questo tipo particolare di

176 ANDREA C. SAMSON e JAMES J. GROSS, Humour as emotion regulation: The differential

consequences of negative versus positive humour, «Cogntion and Emotion», 2012, vol. 26,

n° 2, pp. 375-384.

177 FABIO SBATELLA e MARZIA MOLTEMI, L’umorismo in emergenza, cit., pp. 90-91. 178 PATRIZIA QUERINI e FRANCO LUBRANI, Ironia, umorismo e disagio psichico, cit., p. 210. 179 FABIO SBATELLA e MARZIA MOLTEMI, L’umorismo in emergenza, cit., p. 47.

180 ANDRÉ BRETON, Antologia dello humour nero, Einaudi, Torino, 1970.

181 AA. VV., Dark Humor, a cura di Harold Bloom, Infobase Publishing, New York, 2010. 182 VANESSA M. MERHI, Distortion as Identity from the Grotesque to L'Humour Noir,

76 umorismo, «il sentimentalismo all’acqua di rose». Un sentimentalismo che si assomiglia ad una forma di ipocrisia, di pudico e falso rispetto per situazioni che sono colpite da un tabù sociale che le rende distanti e in fondo non dolorose. Nel tempo l’umorismo nero si è quindi caricato di un’ulteriore dimensione. Da una parte il classico satireggiare il destino umano e le sue paure, tanto da far nascere la commedia horror183; dall’altra viene sempre più alla ribalta un umorismo cinico e in opposizione al politically correct che per un consenso generale è stato creato intorno agli anni Sessanta «by intellectuals in reaction to the helplessness they felt against the atomic bomb and their frustrations over a society that was becoming so diverse that it was losing its sense of direction»184. Per certi versi il processo è il medesimo che ho citato nel primo capitolo per l’incidente dello shuttle Challenger: elaborare senza retorica un evento traumatico, che per molti versi, nel racconto ufficiale è stato falsato ed edulcorato. Un meccanismo che è conosciuto e documentato anche nelle società sotto dittatura: si scherza della retorica del regime, della visione che i media vogliono imporre185. Una sorta di reazione, o più idealmente resistenza, al dominio dell’immaginario che viene imposto da un regime mediatico. Eppure gli umoristi neri non predicano, come gli scrittori satirici, constatano e prendono atto crudamente di ciò che avviene. È come se si scorgesse, sulla scorta di un aforisma del De Profundis di Oscar Wilde, che in realtà “il sentimentalismo sia la festa consacrata del cinismo” e che osservare in maniera cruda sia alle volte la più alta forma di pietà o il più onesto esercizio di verità.