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La situazione italiana e le sue trasformazioni

L’Italia per conformazione e storia è un recipiente di diversi territori con sensibilità molto differenti tra di loro. Il Nord misurato è lontano dal

110 Meridione più colorito; Roma non è Napoli, ma non è nemmeno Venezia o Torino256. Al suo interno ha una varietà dialettale significativa, con anche lingue minoritarie quantitativamente importanti. Queste differenze hanno portato tradizionalmente a stili e temi umoristici abbastanza caratteristici che si sono sviluppati lungo la storia del Paese: Boccaccio, Goldoni, Porta, Belli e altri ne sono la prova più lampante. Questa frammentazione si complica per due ulteriori antinomie: pagano/cattolico; colto/popolare. Sono dicotomie – anche se di davvero contrastivo hanno solo la tassonomia – non solo italiane, sia chiaro, ma servono a precisare ancora meglio il contesto. La prima vede contrapporsi un’anima miscredente che, guardando con poca speranza alla vita, si diverte in maniera anche crudele e sbracata; rispetto ad un’altra portata all’accondiscendenza verso le debolezze umane e la superstizione, e caratterizzata da una comicità più pudica e rispettosa257. La seconda polarizzazione ha invece le radici in quella divisione della società avvenuta in epoca moderna: il popolo e la corte hanno maturato modi e registri diversi per la risata. L’Italia non ha fatto eccezione, anzi, è forse stata il centro di propulsione di questa scissione: una spinta popolare di bisogni primari e trascendenze carnali, spesso espressa con i dialetti si scontra con una spinta opposta di acutezze, storie buffe ma assurde e intelligenti espresse in lingua italiana. Altra peculiarità specifica dell’umorismo italiano è che non si riscontrano i consueti obiettivi della comicità: ebrei, neri e scozzesi, sono sostituiti con provenienze locali258. I genovesi sono gli avari, i siciliani i gelosi e i carabinieri i tardi di comprendonio. Questo fatto particolare – che forse con la globalizzazione sta sparendo – è dovuto alle forti differenze interne del Paese, ma forse anche ad un contatto, fino a poco tempo fa, sporadico con popolazioni estere immigrate.

Questa è la situazione di partenza, ma questo studio si concentra anche su una evoluzione storica: è necessario quindi trovare una partizione utile. Si può dividere la frazione di storia che riguarda questa trattazione in quattro fasi: fine del fascismo e guerra (1936-1949), il boom economico

256 PAOLO CONSIGLI, Humor in Italy, in National Stiles of Humor, a cura di Avner Ziv,

Greenwood press, Westport (CT), 1988, pp. 133-156.

257 Ivi, p. 134. 258 Ivi, p. 152.

111 (1949-1963), la transizione (1963-1978) e la società dei consumi (1978- 1992). La prima inizia dalla morte di Pirandello e finisce nell’anno di piena operatività del primo governo repubblicano; la seconda si spinge fino alla data della nascita del Gruppo ‘63; la terza finisce l’anno del sequestro Moro apice e fine degli anni di piombo e l’ultima si conclude con il processo Manipulite. Momenti che non tratterò nel dettaglio, ma che sono stati significativi e simbolici di svolte nella coscienza e nella storia d’Italia. Processi culturali che non iniziano e non finiscono nelle date indicate – come sempre capita nella storiografia – ma che quelle date ben rappresentano. La prima fase risente della censura del regime, con un bisogno di critica velata e di sfogo su altri ambiti di tensioni politiche represse. La guerra, poi, imporrà le sue logiche con sacrifici collettivi e personali. Nel dopoguerra grazie al piano Marshall e alla ricostruzione inizia a diffondersi un certo ottimismo: c’è un boom demografico, economico e un lento ma inesorabile cambiamento sociale della popolazione. Già nei primi anni Sessanta si intuiscono i primi mutamenti di sensibilità. Rinasce l’avanguardia, iniziano diffuse rivendicazioni lavorative, e dal Sessantotto ci sarà una diffusione capillare di proteste e una richiesta di cambiamenti anche socio-culturali. In quel quindicennio ci sarà un incremento del terrorismo, la strategia della tensione, e un impulso mediatico sulla popolazione ad una trasformazione radicale. Maturerà pienamente quella “mutazione antropologica” degli italiani che aveva individuato Pier Paolo Pasolini (che morirà proprio in questi anni). Un periodo poco propenso alla risata, che si sposterà in ambiti militanti e politicizzati. Gli anni della transizione giungeranno al loro capitolo più icastico nel sequestro Moro. Da lì in poi le tensioni inizieranno a lenirsi: la passione politica inizierà a spegnersi per fare spazio, nei pieni anni Ottanta, ad un generale edonismo e una certa omologazione culturale. I giovani, per esempio, si divideranno in varie tribù cittadine, vestiti in modo simile e con interessi culturali condivisi, e meno caratterizzati dall’origine territoriale. Gli anni Novanta saranno estremamente debitori del decennio precedente, con tensioni ancora inferiori grazie alla caduta del muro di Berlino. Manipulite sarà come la resa dei conti verso un sistema che sembrava immobile da decenni, dando nuove

112 speranze di trasformazione che prenderanno le fattezze telegeniche di Silvio Berlusconi.

Dal punto di vista cinematografico le correnti maggiori si possono inserire in due filoni che capitalizzarono il consenso del pubblico in fasi ben distinte della storia del Paese: la commedia all’italiana e il cinepanettone. La prima si sviluppò intorno agli anni Sessanta da una costola del Neo- realismo; la seconda vide l’alba vent’anni dopo fondendo diversi filoni precedenti per andare a spegnersi intorno al 2011. Come accennato nel precedente capitolo, la commedia all’italiana prende l’abbrivio dal teatro di varietà e dal Neo-realismo per la sua tensione verso il racconto popolare e di emarginati. La sua evoluzione vedrà un lento cambiamento di tono del racconto: gli italiani all’inizio della parabola sono delle simpatiche canaglie che affrontano un mondo di difficoltà, fame e miseria; dai tardi anni Sessanta l’amarezza prende sempre più piede e le figure dell’italiano mutano in tipi umani miserevoli, dalle piccole ambizioni e dalla cattiveria sempre più spiccata259. Dagli anni Settanta d’altronde la commedia all’italiana vedrà la nascita di un filone trash che avrà declinazioni pepate e volgari. La commedia erotica, per esempio, si appoggerà alle figure di Pierino e alle forme prorompenti e svelate di giovani attrici, con spogliarelli espliciti e sketch tratti da barzellette “sporche”. Ci sarà anche una ripresa della commedia popolare con comici-marionette come il duo Franchi- Ingrassia che riproporranno tecniche fisiche e sceneggiature parodistiche e caricaturali. E ci sarà anche la nascita di un filone come la commedia western che largo seguito avrà nelle figure di Bud Spencer e Terence Hill260. La commedia all’italiana, insomma, si svuota in una ramificazione di fiumi emissari che andranno a soddisfare nuovi bisogni del pubblico. Gli anni Ottanta, preludio del cinepanettone, vedranno uno spostamento del baricentro della commedia verso nord261: i personaggi comici dal più ampio riconoscimento di pubblico saranno infatti i lombardi Adriano Celentano e Renato Pozzetto. Mentre resistenze della vecchia commedia all’italiana,

259 ENRICO GIACOVIELLI, Breve storia del cinema comico in Italia, cit.

260 LEANDRO CASTELLANI, Umorismo e comicità. Narrativa e cinema nel Novecento,

Edizioni Studium, Roma, 2010.

261 In realtà già presente nelle ultime pellicole di alcuni registri precedenti, anche di

113 rivisitata in un tono più sentimentale e malinconico, vengono messe in scena da Carlo Verdone e Massimo Troisi262. Tutti questi prodotti – chi più chi meno – perdono un tratto che aveva caratterizzato l’ultima commedia all’italiana, quello della critica sociale, preferendo un tono più spensierato e ludico e, per certi versi, dolciastro. Dalla metà degli anni Ottanta capitalizzerà i botteghini il genere del cinepanettone, lasciando a brevi esperienze autoriali qualche significativo successo (Pieraccioni, Salemme e ancora Verdone). Mentre altri fenomeni di costume arriveranno dalla nuova televisione commerciale come Drive in, seguito anni dopo da Zelig e altri programmi di cabaret. Da queste trasmissioni nascerà il film incentrato su un solo volto comico che è anche autore e regista di sé stesso, fenomeno che darà spesso come risultati «stanche dilatazioni di spunti televisivi da dieci minuti»263.

Dal punto di vista filmico sembra quasi che la lezione pirandelliana di un sorriso spezzato dal ragionamento sia stata viva in tutta la commedia all’italiana, favorita anche da una derivazione di molti divi dal teatro. Influenza che è andata incrementandosi durante la fine del genere ma che poi non ha avuto largo seguito. La funzione critica dell’umorismo tipica della modernità sembra entrare in una fase catacombale negli anni Ottanta, sostituita da un umorismo più leggero e volgare, quasi un comico pieno. Il grottesco di Fantozzi ne è l’unico contraltare di successo generalizzato: una risata violenta e crudele che accentua l’amarezza dell’ultima parte di commedia all’italiana.

Conclusioni

Ciò che ho voluto approfondire in questo capitolo è il concetto di “società umoristica” come evento culturale e storico. Un instaurarsi di una nuova sensibilità e un nuovo modo comunicativo frutto di un più ampio passaggio dalla modernità alla contemporaneità o post-modernità. Un cambiamento che non è solo frutto di cultura o eventi storici, ma anche di una trasformazione economica e sociale che è stata sempre più capillare. Parlare di umorismo solo dal punto di vista testuale, non individuando i

262 Ivi, pp. 160-167. 263 Ivi, p. 171.

114 fortissimi legami con il contesto in una letteratura che da esso prende i maggiori spunti, avrebbe depauperato la trattazione di una dimensione fondamentale. Anche perché non è un contesto fisso con caratteristiche date e costanti, ma dinamico e in movimento. Questo lavoro si concentra su un periodo di mutamento e trae uno dei suoi maggiori stimoli dalla volontà di comprensione del rapporto tra questo processo e il testo. È anche centrale però individuare, per ogni romanzo preso in analisi, quali sono i motivi di continuità con le opere e le concezioni precedenti. Pirandello è infatti considerato non solo come evento artistico di importanza planetaria, ma anche come propagatore di un’idea di umorismo, di modi della narrazione e del teatro. Un apice dunque anche filosofico da cui partire per poter capire cosa muta negli anni del consumo e dello spettacolo.

L’Italia ha anche dei tratti peculiari su cui soffermarsi è importante. La sua forte regionalità non può essere solo un aspetto di costume, anche perché proprio le particolarità locali hanno sempre nutrito le varie espressioni della risata. Capire se esistono dei tratti regionali nelle narrazione che saranno esaminate non sarà quindi secondario, per capire anche che peso avrà il suo opposto. Anche perché, soprattutto dagli anni Settanta e Ottanta, la cultura italiana rincorrerà una “modernità” sempre più cosmopolita e urbana. Anche le altre due variabili individuate da Consigli, ovvero fede e cultura, viste con la lente dell’ipotesi di una “società umoristica” che trasformazioni hanno subito? Se è vero che il nichilismo si è diffuso, quali aspetti ha fatto propri quelli di una religiosità laica o quelli di un nuovo paganesimo? E questi sono aspetti costanti o che subiscono un cambiamento? Se anche la divisione tra cultura alta e bassa viene meno, l’umorismo di stampo moderno, quello raffinato, intellettuale e critico ha avuto un seguito, si è trasformato magari legandosi a un genere underground? Le domande sono molteplici e questo lavoro più che proporre delle risposte definitive vuole porre questioni e un metodo di analisi. L’esaustività e la completezza dell’intero genere nel Novecento esula dalla missione di questo lavoro che invece vuole proporre una ipotesi, una mappa della trasformazione, soffermandosi su grandi personalità, e scrittori meno centrali ma comunque significativi.

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ECONDA

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ARTE

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Il fascismo e la guerra