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Continuità e discontinuità: dalla costruzione del piano, all’approvazione e alla gestione.

Abbiamo visto come, al netto della difficile dimostrazione riguardante il ‘ritorno’ della rendita, gli altri principi alla base della ‘nuova urbanistica romana’ – policentrismo e recupero urbano, decisioni di scala metropolitana su ambiente e mobilità, scelta degli ambiti per programmi attuabili anche per la parte pubblica – abbiano avuto notevoli problemi nella fase attuativa. D’altro canto, l’analisi di queste falle ci ha restituito un’evidenza: l’esistenza di una strategia urbanistica perseguita solamente, o quasi, in una prima fase, per poi crollare. Appare allora interessante, in ogni caso, indagare le differenze nelle politiche urbanistiche, le discontinuità riscontrate con la successione delle diverse giunte183.

Un piano regolatore esprime sempre e comunque un’idea di città, che in questo caso abbiamo individuato limitandoci all’analisi delle parole dei suoi autori. Le giunte di centrosinistra, con sindaco Veltroni (2001-2008) ed ancor più con Rutelli (1993-2001), sono quelle che hanno portato avanti le politiche e gli interventi che sono poi confluiti nell’elaborazione del piano, secondo la logica del ‘pianificar facendo’ già illustrata. Come in occasione dei quattro precedenti piani regolatori (1883, 1909, 1931, 1965), il momento di approvazione sembra essere stato il punto critico a partire dal quale diverse forze hanno iniziato a spingere per modificare l’ipotesi di assetto in essi contenuta, quando non sono riuscite direttamente ad aggirarla.

Il cambio della compagine politica alla guida del Campidoglio, con l’affermazione nel 2008 di una maggioranza di centrodestra guidata dal post-fascista Gianni Alemanno, è stato accompagnato da proclami urbanistici stravaganti, fin dalla fase di campagna elettorale184.

Nei fatti, la gran parte delle ‘trovate elettorali’ non si sono trasformate in atti concreti185, e

l’attenzione della giunta di centrodestra si è spostata su altre questioni e sul tentativo di definire un’idea strategica per la città186. La gran parte delle politiche urbanistiche enunciate

183 Dopo l’ultima maggioranza pentapartito (sindaco Carraro, Psi, 1989-1993) e il crollo della prima repubblica con la vicenda Tangentopoli, hanno governato Roma i sindaci: Francesco Rutelli (1993-2001, Verdi, poi Democratici); Walter Veltroni (2001-2008, Ds poi Pd); Giovanni Alemanno (2008-2013, An poi Pdl); Ignazio Marino (2013-2015, Pd); Virginia Raggi (dal 2016, M5S).

184 Le ipotesi per Roma, contenute nel programma o enunciate dal futuro sindaco, comprendevano la realizzazione di un secondo anello del raccordo anulare, di un casinò sul Litorale e di un parco giochi tematico sulla romanità stile Eurodisney, la realizzazione di un Gran Premio di Formula 1 nel contesto del quartiere Eur e tante altre idee ‘originali’.

185 Il casinò sul Litorale annunciato da Alemanno, curiosamente, è sorto altrove: esso ha assunto una fisionomia peculiare lungo la ‘strip’ di via Tiburtina, senza grandi pianificazioni alle spalle (Maranghi, 2016).

186 All’interno degli Stati generali della città (22-23 febbraio 2011), il sindaco ha presentato il suo ‘Piano strategico dello sviluppo di Roma capitale’: “[…] Alemanno è partito – dal punto di vista degli strumenti per l’azione – da dove si era fermato Rutelli, ovvero dal tentativo di avviare un processo di pianificazione strategica, mentre dal punto di vista dei valori e delle teorie cognitive per l’azione non si discosta dal binomio sviluppo economico-coesione sociale che aveva costituito il principale Leitmotiv dell’azione di Veltroni […] Da questo lavoro sono scaturite proposte consistenti in una visione (Roma “porta dei tempi”) e in un elevato numero di macro e microprogetti di intervento. I contenuti del piano sono articolati in quattro macro-obiettivi

o portate avanti, con rare eccezioni, è stata in ogni caso marcata da una forte discontinuità con quanto stabilito nel piano e da una tendenza ad incrementare ulteriormente le edificazioni previste187. A contribuire ulteriormente all’affossamento del piano regolatore,

inteso come strumento che delinea un quadro di regole per la trasformazione urbana, vi sono state le leggi nazionali mirate a deregolare il settore: in particolare, il cosiddetto ‘piano casa’188 e le sue traduzioni regionali.

Un indicatore della nuova fase di gestione, può essere trovato nella pubblicazione degli elaborati del piano: alla data odierna, essa non è ancora conclusa189, a dieci anni di distanza

dal completamento dell’iter di approvazione. Nel primo periodo della nuova consiliatura di centrodestra, furono addirittura rimosse dal sito internet istituzionale le tavole di piano non definitive190! Il lavoro per rendere pubblico il piano vigente, approvato nel 2008, è stato

ripreso cinque anni dopo, in seguito all’elezione del nuovo sindaco Ignazio Marino.

(sostenibilità ambientale, policentrismo e solidarietà, competitività globale, cultura e entertainment), con interventi che avrebbero dovuto portare alla realizzazione di «infrastrutture globali standardizzate» e «fattori di differenziazione specializzata» […]” (Moini & D’Albergo, 2015).

187 Ad esempio: la mega-opera di demolizione e ricostruzione del quartiere di edilizia residenziale pubblica di Tor Bella Monaca; l’adozione di numerosi piani dei ‘toponimi’ (aree ex abusive), poi sospesi in quanto non conformi al piano; i bandi ricognitivi per gli ambiti di riserva da destinare all’housing sociale (vedi nota 161), o quello relativo ai ‘relitti urbani’ (cambio di destinazione d’uso in deroga al piano, con agevolazioni e premi di cubatura, per le aree industriali). Ovviamente questo elenco rappresenta solo una minima parte (vedi anche nota 192), la cui base unificante è il ricorso sistematico al principio della ‘moneta urbanistica’. Inoltre, con la motivazione di rilanciare l’economia in crisi, sono state modificati i tesi base delle convenzioni urbanistiche, sospendendo alcune condizioni tra cui l’obbligo di realizzare le opere pubbliche prima di quelle private.

188 Il piano casa è stato varato dal governo Berlusconi nel 2009 come misura per risollevare l’economia, e in particolare il settore edilizio in crisi. Ha poi preso sostanza attraverso le differenti normative regionali, e prevede la possibilità di realizzare una serie di interventi in deroga agli strumenti urbanistici (aumenti di volumetria, cambi di destinazione d’uso, demolizioni e ricostruzioni con premi di cubatura, eccetera).

189 Attualmente, sono in procinto di essere pubblicati gli elaborati prescrittivi mancanti (sistemi e regole e rete ecologica), mentre gli elaborati gestionali (carta della qualità e standard urbanistici) graficizzati restano quelli del 2003, con l’aggiunta dei documenti successivi e delle planimetrie con l’individuazione degli elementi da variare. Inoltre, è da segnalare la mancanza di alcuni elaborati rispetto a quanto asserito nelle Norme Tecniche di Attuazione (Titolo I “Disposizioni generali”, Capo 1° “Oggetto ed elaborati del Piano”, art.2 “Elaborati del Piano”), come ad esempio 18 dei 19 fogli che compongono la Carta municipale della città dei bambini. Si potrebbe poi aprire un capitolo a parte riguardo la necessità di modifiche ed aggiornamenti nel tempo (di competenza comunale, di giunta, dirigenziale).

190 Si fa riferimento al piano adottato (2003) e agli elaborati con le controdeduzioni (2008), che ‘incrociati’ tra loro possono offrire un quadro quasi esatto (sic!) del piano approvato e vigente.

Figura 2.8 – L’area dell’ippodromo Tor di Valle, lungo il fiume Tevere.

In alto, l’autostrada Roma-Fiumicino, e le urbanizzazioni su via della Magliana. In basso a destra, l’insediamento di Decima (Fonte: Bing Maps, 2017).

Nel 2013, con il nuovo avvicendamento alla guida del Campidoglio e il momentaneo ritorno di una giunta di centrosinistra, l’assessorato all’urbanistica di Giovanni Caudo ha cercato di riprendere il percorso dettato dal piano regolatore e dalla sua genesi. Le politiche portate avanti dal nuovo assessore191 sono state dunque pensate in continuità con il lavoro

‘interrotto’ cinque anni prima dal cambio di maggioranza, eliminando alcuni atti e ipotesi di variante portati avanti dal suo predecessore192. Allo stesso tempo, l’assessore ha affermato la

volontà di affrontare e risolvere alcune questioni problematiche del piano, in particolare quella delle compensazioni (Caudo, 2015). La crisi della maggioranza, con la caduta della giunta a fine 2015, ha lasciato la questione irrisolta.

Infine, l’elezione di una nuova maggioranza ‘pentastellata’, nell’estate successiva, è forse troppo recente per permettere di esprimere un giudizio ragionato sulle politiche urbanistiche, nonostante alcuni segnali siano riconoscibili nella vicenda dello stadio della

191 Conclusi i primi due anni di mandato, l’assessore le elenca, raggruppandole secondo alcuni temi: “In principio le regole” (interventi sul quadro regolatorio), “Orientare l’attuazione delle scelte ereditate” (azioni riguardanti l’attuazione del piano), “Attuare la strategia della rigenerazione” (accordi, nuovi interventi e programmi preliminari), “Le iniziative riguardanti la città storica” (interventi puntuali e progetti urbani), “I progetti e le collaborazioni internazionali” (ricerche e proposte urbanistiche nel medio-lungo periodo), “Il nuovo stadio della Roma”. Per maggiori approfondimenti, rimando al documento dello stesso Caudo (2015). 192 Il riferimento è alla cancellazione degli ambiti di riserva per l’housing sociale, del ‘bando relitti urbani’ (vedi nota 187) e ad altre delibere e varianti riguardanti ambiti specifici revocate o sottoposte a revisione (piano particolareggiato Casilino, ex aree militari, centralità Romanina, ex fiera di Roma, eccetera). Sono stati inoltre riscritti i testi base delle convenzioni tra il comune e i privati.

Roma e nelle sue ricadute sulla giunta, con le dimissioni dell’assessore Berdini. D’altra parte, la logica utilizzata in questo caso – la ‘moneta urbanistica’ con cui ripagare opere pubbliche necessarie –, che a livello teorico costituisce un’inversione dei criteri del piano, ha accomunato tutte le giunte succedutesi.

Volendo valutare, alla data odierna, l’attuazione complessiva del piano, devo premettere che i dieci anni trascorsi sono una distanza temporale relativamente breve per una città, e questo rende difficile esprimere un giudizio su di un livello per così dire ‘storico’. È evidente che continuità e discontinuità politiche comportino una migliore o peggiore realizzazione di quanto deciso, pertanto in molti casi si sostiene che il piano regolatore sia rimasto sulla carta. Al contrario, però, si potrebbe dire che la cattiva gestione del piano evidenzia il parziale fallimento di un’ipotesi politica.

Spostando il punto di vista sui sistemi di relazioni, alcuni autori affermano esattamente l’opposto, cioè che in questi decenni, si sia mantenuta una continuità evidente, nonostante i cambi di colore dei sindaci. Nel loro recente libro Il regime dell’Urbe, Giulio Moini e Lorenzo D’Albergo (2015) affermano che questa continuità è garantita dalla declinazione romana di quelle strutture del potere che vengono definite ‘regimi urbani’, intendendo con questa formula “delle ‘coalizioni di governo’, relativamente stabili, attraverso le quali attori pubblici e interessi privati agiscono insieme per affrontare sfide economiche e sociali, per prendere e implementare decisioni di politiche pubbliche”, condizionate dalla “presenza di un’agenda indirizzata a specifici problemi pubblici, relativamente costante nel tempo e capace di resistere ai cambiamenti amministrativi e alle successioni politiche e di leadership”. Con questa lente, e attraverso un’accurata analisi, essi riconoscono il ‘regime dell’Urbe’ citato nel titolo193, quale coalizione costruita su una strategia di accumulazione

specifica, da tempo caratteristica della capitale, basata sulla rendita legata all’uso dei suoli e sulle opere pubbliche finanziate dallo stato centrale.

Nonostante l’attuazione del nuovo piano regolatore sia stata molto distante dalle intenzioni – o, se vogliamo, dalla propaganda –, come abbiamo visto nel paragrafo precedente scandito dai principi alla base del piano, a livello politico-sociale si può intravedere una continuità tra le amministrazioni succedutesi:

“[…] le convergenze di fondo, soprattutto per ciò che riguarda le diverse leadership politiche che si sono avvicendate alla guida della città, hanno prevalso sulle

193 “Con l’espressione ‘regime dell’Urbe’ intendiamo quindi indicare la presenza anche a Roma, come in altre città non solo statunitensi ma anche europee, soprattutto nella fase attuale di neoliberalizzazione, di una coalizione consolidata, composta in primo luogo di attori politici ed economici, basata su un accordo di fondo circa le strategie da perseguire per lo sviluppo dell’economia urbana e le azioni da intraprendere, ciascuno nell’ambito del proprio ruolo e utilizzando le risorse che è in grado di controllare” (Moini & D’Albergo, 2015). Alla domanda ‘chi sono questi attori’, gli stessi autori rispondono: “[…] a comandare a Roma sono la grande proprietà fondiaria e quella immobiliare nei loro rapporti con il sistema del credito, con il sistema politico locale e nazionale e con alcuni esponenti del potere temporale delle gerarchie vaticane […]”, aggiungendo poi in nota, in base alle recenti inchieste giornalistiche e indagini giudiziarie, la criminalità organizzata.

differenziazioni, pur esistenti. Analogamente la continuità delle modalità di relazione tra i diversi attori – quel ‘regime dell’Urbe’ che costituisce la forma specifica della governance a Roma – ha prevalso sulle discontinuità. Una volta compiutasi la ‘svolta’ del 1993, con l’elezione diretta del sindaco Francesco Rutelli, i cambiamenti politici intervenuti successivamente con l’avvicendarsi di sindaci e maggioranze di governo non hanno determinato cambiamenti radicali di paradigma nelle forme e nei contenuti dell’azione pubblica. Piuttosto, si sono concretizzati in modificazioni marginali delle politiche e delle forme di governance e, soprattutto, nell’alternarsi delle élite e delle reti fiduciarie, sia elettive sia tecnocratiche, insediate nei gangli di controllo dei vari tipi di risorse (finanziarie e di spesa, di decisione amministrativa e di allocazione di vantaggi materiali, comunicative e di legittimazione), che sono cruciali per il governo dei rapporti fra politica ed economia. In altri termini, i mutamenti elettorali hanno contribuito a rendere possibile, attraverso adattamenti delle policy funzionali alle evoluzioni dell’ambiente circostante (nazionale e transnazionale), una riproduzione dei tratti fondamentali della strategia di accumulazione e del modello di sviluppo che ne è derivato.“ (Moini & D’Albergo, p.13)

Nel mettere in luce la questione ineludibile di una continuità sostanziale tra le diverse maggioranze succedutesi, l’analisi di questi due autori è un profilo approfondito delle forze messe insieme e dei conseguenti compromessi tra di esse, nel quadro di una specifica declinazione del neoliberismo, definizione che danno dei cambiamenti indotti dalle politiche romane a cavallo del millennio. Così facendo, questi due autori mi forniscono lo spunto per proseguire oltre nel discorso.

Paradossi: se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi?

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