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La dialettica dell’informalità: il centro sociale e il forum territoriale.

Autonomia è la capacità di darsi una regola adeguata al desiderio, e non l'arte di tenere il broncio al mondo.

Franco Berardi Bifo

Il primo passo per la riappropriazione dell’area, come abbiamo visto, è consistito nell’occupazione di una piccola parte della stessa dove sorgeva un’officina. Oltre a costituire un presidio della popolazione contro la speculazione tentata dalla nuova proprietà, come detto, questa azione si inseriva in un movimento più generale: la proliferazione all’inizio degli anni Novanta, in tanti quartieri di Roma, dei centri sociali occupati e autogestiti.

Figura 3.9 – “Strati” (foto Marco Gissara, 2014).

Dettaglio di un muro perimetrale del Quadrato del Parco delle Energie.

È a partire da qui che tante pratiche ‘informali’ hanno potuto attraversare e abitare questo luogo, per poi crescere qui o altrove, svanire, diffondersi o strutturarsi in progetti stabili. Penso che, volendo racchiudere questo concetto con una metafora, sia possibile per

rappresentarlo con i graffiti che adornano le tante superfici presenti in questo luogo: l’arte ha in comune con le pratiche ‘informali’ la sua essenza effimera. Anche quando, nel suo insieme, essa appare come permanente, è invece continuamente mutevole: le scritte, i colori e i disegni sono sottoposti a un incessante sovrapposizione, aggiustamento, sostituzione, deperimento. In definitiva, l’arte che si esprime nei graffiti urbani è sensibile al cambiamento che caratterizza la realtà.

Nel tempo trascorso dal febbraio del 1995 ad oggi, il Csoa ex Snia ha visto passare migliaia di persone, di età e provenienze diverse. Queste sicuramente, come in altri luoghi simili, hanno partecipato per ragioni politiche e sociali diverse, in misura maggiore o minore, avvicinandosi e allontanandosi secondo percorsi personali e collettivi, in seguito a scelte, conflitti, cambiamenti. Allo stesso tempo, quegli spazi sono stati utilizzati per diverse funzioni, a partire dalla semplice aggregazione sociale che ha costituito il fondamento del fiorire dei centri sociali a livello cittadino, nonché della realizzazione di iniziative e progetti di ogni tipo in questo specifico luogo.

Proverò a ipotizzare alcuni caratteri ‘costitutivi’, alla luce di ciò che ho potuto osservare, e di quel che sono riuscito a ricostruire riguardo la relazione tra le attività del centro sociale e la battaglia pluridecennale per la restituzione ad uso pubblico dell’area della fabbrica. Non mi interessa invece, in questa sede, tentare una ricostruzione della storia del centro sociale, che dovrebbe in ogni caso partire dalla conoscenza, dal rispetto e dal confronto con le molteplici autorappresentazioni fornite negli anni dagli stessi individui e collettività che ne hanno determinato le sorti, le quali mi sono note solo in minima parte.

La nascita del Csoa ex Snia, più di vent’anni fa, documenta immediatamente questo stretto rapporto con il destino della ex fabbrica: l’occupazione è una modalità scelta dalla popolazione, all’interno della quale ha un forte ruolo il comitato di quartiere, per presidiare l’area. Viene così messa in campo una azione legittima, anche se formalmente illegale, per creare una ‘zona temporaneamente autonoma’305 in cui iniziare ad affermare il diritto delle

persone ad usufruire di un luogo così importante. Allo stesso tempo, il centro sociale nelle intenzioni voleva essere anche una ‘roccaforte’, e così è stato nel tempo: un luogo da cui sorvegliare e contrastare ogni spinta speculativa, volta ad espropriare la collettività di un suo patrimonio storico, per affermare progetti funzionali a mere logiche economico- finanziarie.

Voglio sottolineare, a partire dalle vicende iniziali, un primo carattere importante e ‘costitutivo’: l’uso dell’azione diretta, come modalità per tradurre il pensiero in atti concreti senza passare per il meccanismo della delega. Questa pratica, che ho potuto riscontrare anche in seguito306, può avere un fortissimo valore politico: quando è fondata su ragioni

305 Per il concetto di temporary autonomous zone (TAZ), vedi Hakim Bei (1991).

306 Vedi capitolo 4, in particolare il paragrafo “Un’amalgama di saperi, il progetto come ‘ritornello’ e l’autonomia in pratica”.

condivise da gruppi più ampi di quelli che la realizzano – come in questo caso, con la riappropriazione per uso pubblico di una parte del territorio, che non si limita a soddisfare le esigenze di un singolo gruppo sociale –, essa comporta un rafforzamento del consenso intorno all’azione stessa307. Inoltre, afferma implicitamente il primato della legittimità sulla

legalità, senza neanche passare per uno sterile dibattito ‘astratto’.

A partire da ciò, per quanto possibile, il centro sociale si presenta come un luogo che si conforma al di fuori della sfera del pubblico statuale (‘senza stato’), costruendo di volta in volta le sue regole a partire dai bisogni e dai desideri delle persone, e permettendo dunque al suo interno un esercizio della libertà mediato in misura minore dalle norme e convenzioni sociali esistenti.

Il centro sociale ha avuto, ed ha tuttora, il ruolo di ‘incubatore’ di pratiche sociali. Attualmente ospita numerose progettualità stabili, volontarie e autogestite: all’interno delle sue mura, si trovano ad esempio la ciclofficina308, l’orto, la palestra popolare309, la scuola di

italiano310. Qui si appoggiano altre attività provvisorie o periodiche, come il gruppo

d’acquisto311, e si svolgono iniziative di diverso tipo che usufruiscono degli spazi esterni e

interni, fra cui il bar, la cucina, il teatro. Bisogna poi immaginare che, pur costituendo un

307 Per valutare questo aspetto, si possono utilizzare i criteri di lettura dei processi di appropriazione proposti da Cellamare (2011, p.44): “cura dei luoghi e produzione di ‘beni comuni’; beni e luoghi accessibili a tutti e che anzi vengono resi (nuovamente) fruibili a una collettività allargata; significatività dei luoghi nella vita delle collettività locali; attivazione di un processo orizzontale e costruttivo di coinvolgimento degli abitanti; sviluppo di forme di autogestione e autorganizzazione; non prevalenza degli interessi economici, sviluppo di economie alternative, ecc.; costituzione (o ricostituzione) di culture legate all’uso e ai valori anche simbolici di quei beni e luoghi”. Tutti questi criteri mi sembrano essere presenti nel caso-studio, come proverò a illustrare.

308 Per descrivere la Ciclofficina Don Chisciotte, uso le parole di autorappresentazione: “è un laboratorio occupato autogestito. In ciclofficina puoi imparare a riparare la tua bici o a costruirne una da capo. Uno degli scopi della ciclofficina è la condivisione dei saperi, per questo nessuno riparerà la bici al posto tuo, ma troverai dei meccanici che ti aiuteranno dove tu non sai. La ciclofficina non è un negozio: non si vendono bici, pezzi e lavoro. La ciclofficina è completamente gratuita. Si finanzia attraverso le sottoscrizioni volontarie di chi ci passa. Con le sottoscrizioni vengono ricomprati gli attrezzi che si usurano e poche alte cose. È aperta durante i turni dove troverai un meccanico/a e tutti i pezzi e attrezzi che ti servono per aggiustare il tuo bolide. Una volta a settimana c’è l’assemblea di gestione dove sei invitato a partecipare e portare le tue idee”.

309 Vd. paragrafo successivo. 310

La Scuola popolare di italiano Pigneto offre corsi di italiano per diversi livelli. Nasce nel 1998 come scuola di italiano per le donne del gruppo di bengalesi che facevano teatro all’interno del Csoa ExSnia e, dal 2006, attiva un corso di italiano per sole donne all’interno del consultorio di Piazza dei Condottieri, in virtù di un protocollo d’intesa con la Asl Rm/C, in aggiunta al più ampio corso di italiano nel centro sociale. Negli anni sono state sperimentate altre attività: un progetto di scambio tra culture, denominato Università delle lingue, uno sportello legale, un corso di arabo tenuto da uno degli studenti del corso di italiano, un corso di alfabetizzazione informatica, un corso di sartoria, laboratori di prevenzione e di educazione alla salute. L’intento, con le parole dei suoi stessi protagonisti, è quello di “creare un ponte ideale (tra italiani e stranieri) per il pieno e dignitoso inserimento nella vita sociale italiana, per un’accoglienza alla pari, per una conoscenza reciproca, per un intreccio multiculturale”.

311 Un gruppo d’acquisto solidale/popolare (Gas/Gap) è, in buona sostanza, un’organizzazione finalizzata al consumo critico, in particolare riguardo i generi alimentari. Quest’obiettivo è realizzato accorciando la filiera attraverso rapporti diretti con i produttori, principalmente aziende agricole.

ambito a sé stante, il centro sociale talvolta assuma il ruolo di ‘cuore pulsante’ nei confronti dell’intorno, estendendosi verso gli spazi del parco, e talvolta anche in altri luoghi del quartiere. A partire da questa metafora si può osservare come altre esperienze stabili, che si sono nel frattempo insediate nel territorio, abbiano qui le loro radici. Ad esempio, l’esperienza già menzionata dell’archivio, quella della ‘ludofficina’ o, ancora, i percorsi di genere che hanno portato all’apertura di uno sportello antiviolenza312 e ad attività all’interno

del consultorio locale.

Alla luce di ciò, ritengo quindi che altre caratteristiche ‘costitutive’ siano l’importanza data alle pratiche ‘informali’ e, osservando la realtà odierna, l’autonomia dei singoli progetti. Questo presupposto, messo a sistema, configura un’autonomia ‘diffusa’, aperta, basata sul contributo individuale volontario e sull’autogestione collettiva, capace di dar vita a vincoli interni in quanto sufficientemente organizzata, fondata sulla condivisione e sulle relazioni reciproche e non gerarchiche, amplificate dalla possibile presenza delle persone in più di un ambito. Caratteristiche, insomma, che agiscono in maniera moltiplicatrice, dando vita a ‘percorsi paralleli’313 e azioni comuni, e nel contempo tessendo relazioni sociali e costruendo

nuovi rapporti di fiducia, invece che assecondare le dinamiche di frammentazione ed esclusione sociale.

In un contesto di centralità e autonomia delle pratiche sociali, è inevitabile che si riscontri una dialettica fra ‘informale’ e ‘formale’: ovviamente, anche il centro sociale e le singole attività necessitano di una loro organizzazione, che determina una sorta di ‘istituzionalizzazione’. Per analizzare questa dialettica, ritengo utile spostare il focus su un altro ambito: il forum territoriale, che si configura come un vero e proprio ‘ponte’ fra i due mondi, come credo che emerga esplorandone il funzionamento, anche alla luce della sua genesi e del suo sviluppo nel tempo.

Il centro sociale e il forum territoriale, pur nella loro diversità, possiedono entrambi caratteristiche simili. Da un lato, si configurano come spazi ‘del quartiere’, frutto dell’azione associata degli abitanti dei dintorni e non solo, dunque non hanno mai dovuto ‘aprirsi al quartiere’ poiché sono sempre stati inscindibili da esso. Dall’altro lato, costituiscono un supporto organizzativo riguardante specifici ambiti territoriali – tanto l’area e le strutture del

312 La nascita dell’associazione D.A.L.I.A. (Donne Autodeterminate Libere in Azione) è frutto della nascita nel centro sociale del centro donne Snia, con la successiva ricostituzione dell’Assemblea delle donne del Consultorio di piazza dei Condottieri, prevista dalla legislazione conquistata dalle lotte femministe degli anni Settanta (L.R. Lazio n. 15 del 1976, in applicazione della Legge n. 405 del 1976 che istituiva i consultori), come affermato con le belle parole dello scritto ‘Chi siamo’ della stessa associazione: “dall’Assemblea delle donne del Consultorio, sono nati in maniera spontanea percorsi paralleli, così come accade quando il confronto con le realtà e le situazioni è naturale, concreto e diretto”. Nel 2010 apre il centro antiviolenza Dalia, e nel periodo successivo si impegna in diverse battaglie: quella contro la proposta di legge regionale di riforma dei consultori (‘legge Tarzia’), la vertenza per l’assegnazione di una sede in un appartamento inutilizzato dell’ex fabbrica farmaceutica Serono, le campagne informative sulla pillola RU486 e legge 194, le vertenze locali e cittadine in difesa dei consultori, laboratori per le scuole.

centro sociale quanto quelle del parco sono delimitate – non rinunciando ad allargarsi e prendere in considerazione questioni più ampie. Ritengo utile definirli come dei ‘vasi comunicanti’ che intercettano la vita dell’area: entrambi sono infatti relazionati a dinamiche sociali che non si esauriscono al loro interno, andando oltre una logica di ‘controllo’ democratico e coinvolgendo la dimensione della quotidianità e le relazioni informali che affondano le radici nella costruzione di fiducia reciproca.

Figura 3.10 –Il ‘Quadrato’ del Parco delle Energie (foto Marco Gissara, 2017).

Realizzata nell’ambito di un progetto europeo (URB-AL La.de.s.), quest’area esterna coperta da una pensilina metallica, sopra la quale sono alloggiati pannelli fotovoltaici, è pensata come

“spazio teatrale polifunzionale” gestito secondo un meccanismo innovativo che prevede la partecipazione delle istituzioni municipali, degli abitanti e delle loro associazioni, all’interno di un

contesto decisionale di tipo orizzontale. Si tratta del Forum Territoriale Permanente del Parco delle Energie, che verrà costituito ufficialmente in seguito.

Il forum territoriale come ‘ponte’ tra due mondi.

Il Forum Territoriale Permanente del Parco delle Energie, a cui ho già accennato in precedenza, è un ambito pubblico aperto alla partecipazione di singole persone e gruppi di ogni tipo, che si riunisce mensilmente nella sala ovale, lo spazio centrale della Casa del Parco. Le sue origini possono essere rintracciate nel programma europeo314 che finanziò la

realizzazione dello spazio teatrale polifunzionale del Quadrato, con la previsione di un

314 Il Quadrato è stato realizzato con il progetto La.De.S. (Laboratori di sviluppo sostenibile), all’interno del programma di cooperazione con l’America Latina (URB-AL).

meccanismo innovativo per garantirne la gestione partecipata: il forum, per l’appunto, quale organismo ‘misto’ fra istituzioni e abitanti singoli o associati315.

A un decennio di distanza, dopo un’evoluzione faticosa e una partecipazione istituzionale altalenante316, il forum è a regime, con la partecipazione periodica di molte persone e

associazioni. In questi anni ha assolto alla sua funzione originaria, ed è andato oltre: in aggiunta alla gestione delle attività del Quadrato, ha contribuito a quella della Casa del Parco e del parco stesso, diventando un punto riferimento per le progettualità presenti e per le proposte future, oltre che per le persone che si prendono cura di questi luoghi. Qui si ritrovano ‘abitanti’ differenti: residenti del quartiere e non, frequentatori abituali e sporadici, persone che si interessano della vita di questo piccolo luogo immerso nella metropoli, portando qui le loro necessità e i loro progetti. Nelle riunioni mensili si discute collettivamente sulle varie attività, si compie una programmazione e se ne valutano ex post gli effetti, secondo un ciclo che non esito a definire virtuoso.

Partecipandovi con un minimo di continuità317, ci si accorge che non si può definire una

composizione esatta: ‘il forum è chi è presente all’assemblea’318. Esiste uno ‘zoccolo duro’,

seppur variabile nel tempo, che presenzia con maggiore continuità, in rapporto con una continua varietà degli altri partecipanti, il cui numero dipende dalle contingenze e dai

315 In questo caso, la ‘partecipazione’ rientra tra quelle che ritenute interessanti da Cellamare (2011, p.165) nella sua trattazione sul tema, in quanto si colloca “al confine tra istituzionale e non istituzionale, dove i processi partecipativi permettono di mantenere elevati livelli di autonomia nei contesti di interazione progettuale”. 316 Per diversi motivi, la partecipazione e il contributo delle istituzioni municipali è stata a fasi alterne: dall’approvazione del ‘manifesto’ del Forum, al mancato riconoscimento per l’assenza di una formalizzazione giuridica, al nuovo riconoscimento e alla recente partecipazione.

317 Per quanto riguarda la mia partecipazione, vedi capitolo 4.

318 Alla luce della partecipazione al forum (cfr. capitolo 4), posso dire che la composizione delle assemblee è sempre variabile, tanto nei numeri quanto negli stessi partecipanti, di cui viene tenuto un registro con le presenze. Sarebbe impossibile nominare qui i singoli mentre, a partire dai resoconti delle assemblee, è possibile fare un elenco parziale e non esaustivo di enti, associazioni e gruppi coinvolti. Solo al fine di rendere l’idea, nel periodo tra febbraio 2014 e luglio 2016 sono stati presenti direttamente al forum, o rappresentati: centro sociale exSnia, Comitato di Quartiere Pigneto-Prenestino, Centro D.A.L.I.A., Archivio Viscosa e Centro di Documentazione Territoriale Maria Baccante, Ludofficina Mompracem, Palestra Popolare Dario Simonetti e Polisportiva Lokomotiv Prenestino, sezione ANPI Pigneto Torpignattara Giorgio Marincola, Comitato di quartiere Casalbertone, Emergency, ‘comunità filippina’, Greenpeace, forum Salviamo il paesaggio, Open House Roma, Fondazione Italiana di Bioarchitettura, Comitato No Cemento a Roma Est, scuola Laparelli di Tor Pignattara, WWF Pigneto-Prenestino, Federtrek, Polisportiva Atletico San Lorenzo, Coordinamento No Triv, associazione di medicina olistica, Legambiente, Rete per il Kurdistan, Università di comunicazione e lingue IULM, Ortolani nel parco, ITS Lattanzio, studenti di Geografia Sapienza, Scup – Sport e Cultura Popolare, Dauhaus, Stalker, scuola elementare Mancini, cooperativa onlus Prassi e ricerca, gruppo scout San Leone, Spinning Club, associazione di videomaker Officina multimediale, Zero Violenza, studenti di Ingegneria Sapienza, Geologi senza frontiere, studenti del corso di sociologia e rigenerazione urbana della Sapienza, Sm4mm3, Collettivo Ippolita, Casa della Città di Roma capitale, allievi del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, Csoa Spartaco, Loa Acrobax, rete Hip hop contro il fascismo, Eclettica, Limnesia, studenti del liceo scientifico Tullio Levi Civita, associazione culturale Atelier102, Festival Match & Fuse, ASD giocatori di bikepolo, Rete delle Biblioteche e Archivi autogestiti, gruppo di studenti francesi di Saint-Etienne, Municipio Roma V, Roma capitale, Regione Lazio.

singoli argomenti di discussione. La prima componente, ‘fissa’ o quasi, è ‘locale’, costituita da abitanti dei dintorni che nel tempo – per maggiore continuità o per attitudine – sono stati investiti di maggiori responsabilità. La seconda componente, ‘mobile’ e non sempre ‘locale’, partecipa per i motivi più disparati: condividere progetti, proporne di nuovi, discutere tematiche, aggiornare su questioni aperte.

La diversità dei soggetti coinvolti esplicita chiaramente un messaggio: qui tutti, con le loro opinioni e le loro proposte, hanno cittadinanza. Il tentativo che si fa nel forum, attraverso la condivisione assembleare e la circolazione preventiva delle informazioni tramite posta elettronica e discussioni informali, è quello di approfondire ogni questione, dibattendone e soffermandosi sulle possibili problematiche. Un esempio tipico è quello dell’analisi dell’impatto delle attività nell’area: molte questioni, derivanti dalla conoscenza dei luoghi, spesso sono ignorate da chi propone un progetto319. Un altro esempio riguarda gli aspetti

economici: i principi di gestione disegnati a suo tempo dal forum non ammettono attività finalizzate al profitto privato – l’autofinanziamento è la regola di base – e questo aspetto non può essere dato per scontato nella discussione delle proposte, meritando di volta in volta un approfondimento specifico.

C’è un aspetto che ritengo utile sottolineare: da un lato, vengono portate avanti in maniera diretta le attività di manutenzione (e non solo) del parco e delle strutture, che sarebbero di competenza delle istituzioni pubbliche, e dall’altro viene rivendicato l’intervento di queste ultime perché assolvano ai loro compiti, con l’obiettivo di evitarne una completa deresponsabilizzazione. Alla sperimentazione di nuova modalità di gestione di ‘beni comuni’, dunque alla costruzione di rapporti sociali e modelli di convivenza, si affianca così una più tradizionale difesa dei servizi pubblici, pretendendo la loro esistenza e il loro buon funzionamento, e obiettando l’inevitabilità della diminuzione della spesa sociale.

Credo che questo atteggiamento, che può apparire contraddittorio, sia frutto del forte valore attribuito, in questa vicenda, alla storia: personalmente colgo, nell’ambizione a tenere insieme l’invenzione del futuro e la memoria del passato, la volontà di legare le lotte sociali e politiche di oggi a quelle di ieri, focalizzandosi sugli aspetti di continuità e non solo sulle cesure.

Il rapporto con le istituzioni, al di là delle singole opinioni dei partecipanti, nel complesso si traduce nel riconoscimento del loro ruolo ma non della loro pretesa totalizzante. Si possono avere diverse posizioni su questa ambiguità, che non è mai stata risolta completamente. La certezza è che l’autonomia del Forum è sempre stata oggetto di una contesa, soprattutto con le istituzioni municipali320: nel bene, tenendo viva la necessità di una continua apertura alle

319 Ad esempio, l’esperienza negli anni ha insegnato come un numero eccessivo di persone sul prato determina una sua degradazione, con tempi di ripristino non brevissimi. Un’osservazione che, come altre, può sembrare semplice, ma non sempre è presa in considerazione da chi propone una iniziativa nel parco.

320 Vedi, ad esempio, quanto scritto nella nota 316, o gli avvenimenti nel corso della battaglia per il lago, di cui al capitolo successivo.

energie esterne e di una incessante costruzione di consenso, e nel male, esponendo la ricchezza costruita nel tempo a una certa precarietà.

La presenza di un luogo aperto finalizzato alla gestione pubblica e partecipata dell’area, ha fatto sì che, in particolari occasioni, l’ambito di discussione si ampliasse, come è ben esplicitato dalla denominazione dell’assemblea: Forum Territoriale Permanente. Essa ha costituito, come mostrerò in seguito, un luogo di discussione centrale nella lotta per

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