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La grande fabbrica della Viscosa: una minima retrospettiva.

Tra le attività produttive citate nel precedente paragrafo, un posto di rilievo è occupato dalla fabbrica della Viscosa, insediatasi nel territorio del Pigneto-Prenestino negli anni Venti del ventesimo secolo. Al giorno d’oggi, ad eccezione di alcune parti, l’area dove sorgeva lo stabilimento è abbandonata dall’uomo, costellata di ruderi dei diversi reparti ri-colonizzati dalla natura. Nel tentativo di recuperarla ad uso sociale, gli abitanti ne hanno ricostruito la storia, evidenziandone il ruolo fondamentale per le vicende del territorio circostante, e di conseguenza mi sembra utile fare lo stesso, dando spazio alla storia di una delle fabbriche più importanti della capitale275.

Figura 3.2 – L’edificio centrale della fabbrica, visto dalla collina.

Lo stabilimento consta in tre file di padiglioni ad un piano per le lavorazioni, ulteriori padiglioni per i servizi e la palazzina della direzione, quattro padiglioni adibiti a dormitorio per duecento operaie

venete esperte, un padiglione per i servizi speciali, con docce e bagni, ed una mensa.

a dodici piani, nove in media, con undici corpi scala) con un cortile interno, abitazioni con negozi e botteghe al piano seminterrato.

274 Dopo il completamento nel 1936, la Casa del ferroviere vede nascere, successivamente, un ambulatorio sanitario, il servizio dello stabilimento-bagni ed il solarium, oltre agli uffici della cooperativa.

275 A tal fine, il riferimento principale è proprio il sito internet del Centro di Documentazione Territoriale Maria Baccante, esperienza autogestita dentro la quale è confluito il materiale dell’Archivio Viscosa. Le informazioni qui contenute sono tratte da numerose fonti bibliografiche (libri di storia, annuari industriali, articoli di giornale, riviste di economia, pubblicazioni aziendali, ecc.), ma non solo. Negli anni, infatti, l’archivio ha portato avanti un lavoro di studio riguardante le schede del personale, le quali sono in grado di svelare molti dettagli riguardo la storia della fabbrica.

Il progetto per la costruzione dello stabilimento della Viscosa276 viene presentato nel 1922, in

un luogo scelto per la sua vicinanza alla ferrovia e per la presenza dell’acqua, all’incrocio tra via Prenestina e la via Militare (poi via di Portonaccio e via dell’Acqua Bullicante). La fabbrica entrerà in produzione già nel 1923, occupando 2.500 persone, e verrà presentato un progetto per il suo ampliamento. L’insediamento possedeva alcuni servizi assistenziali e per il dopolavoro: il poliambulatorio, l’asilo ed altre strutture sociali, i campi sportivi e una palestra.

La fabbrica era una via di mezzo tra stabilimento chimico e tessile: produceva seta artificiale (raion), a partire da fogli di cellulosa del legno e attraverso una serie di lavorazioni chimiche, che ne aumentavano la viscosità anche attraverso l’interazione con sostanze tossiche quali il solfuro di carbonio, e meccaniche. La produzione era ininterrotta, con migliaia di operai e operaie organizzati secondo tre turni di otto ore, gli uomini ai reparti chimici e le donne in quelli meccanici. Il prodotto finale consisteva in un filo raccolto in matasse e, dagli anni Trenta, in una fibra tagliata secondo lunghezze prestabilite (fiocco), lavorabile dai macchinari delle industrie tessili tradizionali.

Fin dalle sue origini, la fabbrica della Viscosa è stata un teatro di conflitti. Nel dicembre del 1924 si svolse un grande sciopero: le operaie sospesero infatti improvvisamente il lavoro, senza avviare trattative, alla notizia di una nuova riduzione salariale e, dopo le aggressioni da parte dei capireparto, furono seguite dagli uomini. A seguito della nuova legislazione fascista, con la soppressione delle libertà sindacali e del diritto di sciopero, proseguiranno gli atti di disobbedienza individuale277, mentre per avere un altro episodio di lotta di simile

portata bisogna arrivare al dopoguerra.

Durante il fascismo la fabbrica si distinse per il suo apparato totalizzante: oltre al tempo di lavoro, caratterizzato dai ritmi serrati e da un rigido sistema di controllo sul ciclo produttivo, anche molte attività del tempo libero si svolgevano qui. Nel contesto descritto, infatti, l’assistenza sociale della fabbrica, destinata ai lavoratori, garantiva importanti servizi: asilo, mensa, dormitorio, corsi dopolavoro, sport, e così via. Questa era stata attivata perseguendo la linea ‘paternalistica’ confindustriale278, con l’obiettivo di guadagnare consenso alla

proprietà ed al regime, mitigando così i possibili conflitti.

276 Il progetto è per la costruzione dello stabilimento chimico-tessile della Società seta artificiale di Padova, che dal 1923 prenderà il nome di Società generale italiana della Viscosa, per poi entrare nel 1929 nel consorzio in mano alla Snia e fondersi con essa nel 1939.

277 “[…] le infrazioni al regolamento disciplinare venivano punite con multe o sospensioni detratte dalla paga. Le infrazioni più frequentemente contestate erano: lentezza del lavoro, assenza ingiustificata, lavoro trascurato, chiacchiere e risa, abbandono temporaneo del posto di lavoro (magari per andare al bagno), anomalie nelle timbrature di entrata e di uscita” (dal testo della pagina “La fabbrica”, presente sul sito ufficiale del Centro di Documentazione Territoriale Maria Baccante – Archivio Viscosa).

278 La Confederazione generale dell’industria italiana (Confindustria) nasce nel 1910. Nel 1925, agli albori del regime, il fascismo crea l’Opera nazionale dopolavoro e stringe il patto di palazzo Vidoni tra la Confindustria e

Nel 1929, la Viscosa risentì fortemente della crisi economica internazionale, per due motivi principali: la presenza di capitali americani nella società, e la dipendenza dal commercio con l’estero. Questo da un lato impattò sulla manodopera279, dall’altro comportò un cambio nelle

strategie ed un legame sempre più forte con il regime: furono gli aiuti statali a salvare la fabbrica, rendendola funzionale alla politica economica autarchica ed a quella di guerra280.

Una tale riconversione entrò in crisi, naturalmente, con la caduta del fascismo e la fine della Seconda Guerra Mondiale. Bombardato dagli Alleati nel marzo 1944, lo stabilimento si avviò verso un lento declino281 fino a chiudere definitivamente nel 1954. In questo contesto, nel

1949 avvenne l’altro grande sciopero di cui sono protagoniste le donne, con l’occupazione della fabbrica durata trentaquattro giorni e sostenuta dall’aiuto concreto di tutto il quartiere.

Figura 3.3 – Inquadramento urbano dell’area dell’ex fabbrica.

L’area della Viscosa è compresa fra aree urbanizzate e ferroviarie.

Con la fine del suo utilizzo produttivo, lo stabilimento della Viscosa rimane abbandonato. La vita delle migliaia di persone che l’hanno attraversato, con le loro ‘piccole’ storie quotidiane ed i ‘grandi’ momenti di conflitto, riposa dietro un muro di mattoni, ai margini di un mondo che cambia velocemente. Gli scenari fisici dei dintorni saranno lo sfondo di racconti che attingeranno dalla realtà sociale del dopoguerra, esprimendosi in particolare attraverso l’arte

la Confederazione delle corporazioni fasciste, di mutuo ed esclusivo riconoscimento. Nel 1926 sarà costituita della Confederazione generale fascista dell’industria italiana.

279 Nel 1931 avvennero i primi licenziamenti (nel 1930 la fabbrica occupava 2383 persone, nel 1932 queste sono 1.339), mentre nel 1934 aumentarono i turni di lavoro.

280 Alla Viscosa vengono prodotte ad esempio le uniformi militari. 281 Nel 1949 la fabbrica occupava 1.600 persone, ridotte a 120 nel 1953.

cinematografica282. Poco a poco, attraverso piccole e grandi iniziative edilizie, l’area

circostante si saturerà sempre più di costruzioni, strade, automobili. Contemporaneamente, essa sarà contagiata dai venti di rivolta e dai grandi cambiamenti che, negli anni Sessanta e Settanta, attraverseranno la società italiana.

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