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La storia dei tentativi di speculazione e della progressiva riappropriazione dall’ex fabbrica Snia Viscosa, contiene in sé una lezione chiara: il conflitto irriducibile tra le volontà di valorizzazione economica avanzate dalla proprietà e la soddisfazione piena delle esigenze degli abitanti.

Questo conflitto, fino ad oggi, si è risolto con il prevalere delle istanze della popolazione, attraverso le vittorie parziali ottenute. La persistenza e i processi avviati e portati avanti dalla stessa, hanno permesso il consolidamento e il successivo sviluppo di un’alternativa, non limitandosi ad una semplice opposizione.

La chiarezza delle posizioni in campo mi porta a semplificare, in questo caso, la constatazione più generale della natura ‘contesa’ dei luoghi. Le possibilità di trasformazione, frutto di differenti pressioni e interessi, e le conseguenti interazioni, anche conflittuali, possono infatti portare all’affermarsi di una singola soluzione o dare vita a punti di compromesso. In questo caso, c’è stata un’alternativa netta, a priori, tra le due polarità anzidette: gli interessi di un privato proprietario, e quelli del resto della popolazione. Superato questo nodo, si è potuto verificare un processo che ha permesso l’esito odierno,

329 Per comprenderne l’articolazione, vedi anche l’allegato specifico (Allegato E – “Iniziative”).

330 È il caso di richiamare nuovamente l’importanza degli ‘atti territorializzanti’, in un’ottica di ‘territorio’ quale esito di un rapporto, “prodotto storico dei processi di coevoluzione di lunga durata tra insediamento umano e ambiente, natura e cultura” (Magnaghi, 2010). Come evidenzierò a conclusione del capitolo, questa lettura può, inoltre, essere arricchita e resa più aderente alla realtà in analisi mediante i ragionamenti di Crosta (2010) sulla ‘pluralizzazione’ del territorio.

frutto del contributo dei singoli variamente associati, attraverso la condivisione, il conflitto e la mediazione costruttiva tra diverse posizioni331.

La libertà economica preclude, dunque, l’esercizio di altre libertà fondamentali: questa è la chiave di lettura netta che emerge ed è utilizzabile in altri casi. In questo senso, mi sento di definire questo luogo come un punto di osservazione privilegiato sui processi di trasformazione urbana. I fattori che entrano in gioco sono di diverso tipo: da un lato, programmi o progetti portati avanti direttamente dalle istituzioni; dall’altro, semplici interventi di proprietari privati su cui le decisioni pubbliche possono influire, imponendo dei vincoli e garantendone il rispetto.

Per questa motivazione, dopo essermi fermato ad approfondire i caratteri costitutivi, le dinamiche e le pratiche presenti all’interno dell’area della fabbrica, voglio tentare di cogliere alcune dinamiche del territorio più ampio di cui essa fa parte.

Allargando lo sguardo, si può notare come grandi cambiamenti siano in corso nella struttura fisica e sociale dei quartieri e delle aree circostanti, nella direzione opposta a quanto descritto finora, in quanto spesso guidati da dinamiche economico-finanziarie: le recenti dinamiche di

gentrification e di ‘consumo’ dei luoghi che hanno riguardato il Pigneto (Postiglione, 2011;

Semi, 2015) e, ampliando ancor di più la visuale, alcune rischiose tendenze legate alla cosiddetta ‘rigenerazione urbana’ dei dintorni.

La valorizzazione immobiliare diffusa, che si traduce nell’espulsione degli abitanti storici e nella trasformazione dei luoghi in semplici ‘parchi a tema’ per consumatori di diverso genere, ha avuto a Roma un forte impulso dall’espansione del turismo, che costituisce uno dei settori economici più redditizi… una sorta di ‘miniera d'oro’, secondo alcuni332. Il centro

storico di Roma appare dunque sempre meno vissuto dagli abitanti della capitale, mentre la cintura della città consolidata dei primi del Novecento continua ad essere fortemente popolata. Di fatto però, la maggior parte dei romani occupa i quartieri semi-periferici e periferici, tra l'anello ferroviario e il Grande Raccordo Anulare, e quelli fuori dallo stesso

331 È utile evidenziare, come fatto più in generale da Crosta (2010), che non si tratti solo di finalità intenzionali. A destare interesse, in questo caso, sono anche i ‘sottoprodotti’ delle politiche portate avanti: quelle variabili non intenzionali che emergono durante le pratiche e che, secondo le tesi di questo autore, determinano la ‘produzione di pubblico’.

332 Il turismo è stato definito un ‘giacimento’, secondo alcuni non sfruttato a sufficienza. Al contrario, come ha evidenziato anni fa Berdini (2005), la città ha visto nell'ultimo secolo la mutazione dei suoi luoghi più vissuti in veri e propri centri commerciali a cielo aperto per turisti. L'abbandono del centro e dei rioni storici da parte dei residenti è un dato incontrovertibile, come lo sono le sue ricadute che determinano una spirale che si autoalimenta: la chiusura degli esercizi commerciali di vicinato, a sua volta aggrava l'effetto dell'aumento dei prezzi dell'affitto, e così via. Giorno dopo giorno, anno dopo anno, le zone più belle di Roma hanno subito una grande trasformazione con l'innesto di strutture alberghiere e di locali commerciali, principalmente rivolte ad un target turistico. Che questa dinamica costituisca una ricchezza per una popolazione sempre più ai margini della città storica, se non localizzata a distanze abissali, è tutto da dimostrare.

Gra. Ho già illustrato in precedenza, aiutandomi con parole altrui333, le conseguenze di

questo scollamento fra gli abitanti e i luoghi storicamente più significativi della città.

Dinamiche analoghe si verificano con un significativo fenomeno recente: il concentrarsi delle zone ricreative e frequentate dai giovani. Tale questione intrattiene un legame particolare le trasformazioni in chiave turistica e, più in generale, con la gentrification. Il Pigneto, anche grazie all'immagine di quartiere giovane, creativo, multietnico e popolare, è fra i luoghi più frequentati nelle notti romane, insieme a Trastevere334, Testaccio335, San Lorenzo336 e Ponte

Milvio337 (Postiglione, 2011) e, in misura minore o ancora embrionale, altri quartieri338. Nel

complesso, sono aree che hanno vissuto o stanno vivendo, lentamente e per differenti motivazioni, un cambiamento nella popolazione residente, in alcuni casi un vero e proprio spopolamento, e nel panorama commerciale, con la sua continua specializzazione.

Nella formazione di tali quartieri, il ruolo delle istituzioni pubbliche non sempre è stato significativo339. Al contrario, lo è stato nella loro trasformazione recente: è degno di nota il

rapporto tra le dinamiche precedentemente descritte e gli interventi di ‘riqualificazione’, con il miglioramento fisico delle condizioni del quartiere, ed in particolare dei suoi spazi pubblici340. L’espulsione di abitanti dai quartieri storici e loro riqualificazione procedono di

pari passo, tanto che, come nel celebre quesito sull'uovo e la gallina, è difficile stabilire esattamente il nesso di causalità mettendo in ordine questi due fattori341.

333 Vedi capitolo 2, ed in particolare le citazioni di Insolera (2011) e Settis (2014).

334 Trastevere con la sua trasformazione in chiave turistica a partire dagli anni Settanta, immortalata nell'omonimo film (Trastevere, regia di Fausto Tozzi, 1971) che raffigura un quartiere storico che cambia pelle. 335 Testaccio che, dopo la chiusura delle sue principali attrezzature – nasce a cavallo tra Ottocento e Novecento come quartiere in prossimità del quale concentrare attività produttive e dunque la classe operaia –, è stato caratterizzato negli anni dallo sviluppo dei locali notturni, principalmente tra il Monte dei Cocci e il Vecchio Mattatoio, ed a seguire quello delle attrezzature culturali sotto la forte spinta dell'università di Roma Tre. 336 San Lorenzo, sopravvissuto ai bombardamenti americani, il cui rapporto con l'università ha determinato l'insediarsi di una folta popolazione studentesca.

337 Ponte Milvio diventata nel tempo centro gravitazionale di un settore urbano, e caratterizzata da frequentazioni maggiormente abbienti, e prevalentemente locali, rispetto agli ultimi due quartieri nominati. 338 Ad esempio, sono interessate da fenomeni analoghi la zona di Prati, tra piazza Cavour e piazza Risorgimento, o quella di Montesacro, intorno a piazza Sempione.

339 Tra quelli citati, Trastevere nasce in un'epoca molto distante da quella contemporanea, Ponte Milvio e Testaccio annoverano grandi gruppi di fabbricati dell'Istituto Case Popolari, gli altri quartieri si formano per iniziativa privata con alcuni episodi urbani legati alle cooperative dei lavoratori.

340 Ad esempio, le dinamiche di espulsione dalle zone centrali hanno infatti inizio proprio contemporaneamente alla rinnovata attenzione per gli stessi centri storici – che diventano “bellezze d'insieme” e oggetto di strumenti attuativi ad hoc nel 1978 (Piani di Recupero, legge n.357 del 1978) -, quando comincia ad affermarsi con evidenza la necessità, per l'urbanistica, di ricalibrarsi sulla trasformazione delle aree esistenti, in un'ottica di tutela e valorizzazione.

341 È così che, paradossalmente, le città che possono vantare quartieri ‘popolari’ in centro storico, sono le stesse nelle quali l'incuria da parte delle amministrazioni determina uno scenario di decadenza negli edifici e di poca cura degli spazi pubblici. Un esempio su tutti è quello di Palermo, immortalato dal regista Wim Wenders con il suo Palermo shooting (2008), nel quale lo scorrere di un'animata quotidianità fa da contraltare alla fissità dello scenario urbano che lentamente si degrada, in un'alternanza metaforica tra vita e morte. La pretesa di fissare il

L’uso del termine gentrification come “insieme di trasformazioni della città tali per cui l’area in cui essa avviene diventa più costosa e dunque esclusiva” (Semi, 2015), è da tempo presente in molti studi internazionali sulla realtà urbana e sulla sua trasformazione, soprattutto nel mondo anglosassone, e sta iniziando a diffondersi in Italia. Giovanni Semi (2015) mette insieme diverse riflessioni, in particolare affrontando un elemento interessante per il nostro caso: il ruolo svolto dalle istituzioni pubbliche342.

Alla luce della rassegna teorica sulle cause della gentrification343, egli arriva alla conclusione

che, nella maggioranza dei casi, la cosiddetta ‘rigenerazione urbana’ si concretizzi in “un’agenda guidata dal mercato, i cui rischi vengono garantiti dallo stato” (Rodríguez e Martínez in Semi, 2015)344. Inoltre, egli rinforza questa tesi indicandone al contempo le

possibili contromisure: evidenzia infatti che “il miglioramento dei quartieri popolari del centro città per inseguire ‘vivibilità’ e ‘qualità della vita’ ha senza dubbio aumentato la qualità dello spazio costruito, ma, in assenza di forme di salvaguardia da parte del settore pubblico, ha anche contribuito allo spostamento delle famiglie più povere” (Ley in Semi, 2015). Quest’ultima affermazione è comprovata dall’analisi degli aspetti legati agli stili di vita, ai consumi e alle pratiche culturali, con cui l’autore osserva anche le istanze di preservazione dell’autenticità dei luoghi portate avanti dai nuovi abitanti, e il loro legame con le dinamiche di consumo degli stessi luoghi.

Il legame tra le dinamiche più ampie riguardanti gli usi degli spazi urbani e la gentrification del Pigneto, con il progressivo innalzamento dei valori immobiliari e la specializzazione commerciale sempre più acuta, è al centro di altri studi. Tra questi, la tesi di dottorato di Monica Postiglione (2011), che approfondisce il fenomeno della movida urbana e il ruolo

tempo e interromperne lo scorrere, qui ben rappresentata dalla passione maniacale per la fotografia del protagonista, simboleggia una lotta impossibile da vincere, ancor più esplicito nell'intento di restauro di un affresco il cui personaggio principale è proprio la versione antropomorfa della morte.

342 Semi (2015) innesta questa riflessione all’interno di una ‘piccola storia’ del fenomeno. Egli illustra lo schema proposto da due studiosi Hackworth e Smith, poi modificato: ad una prima ondata di gentrification ‘sporadica’ dalla fine degli anni Sessanta, opera di ‘pionieri’ nel nord est degli Usa e nell’Europa occidentale, ne succede una seconda di ‘ancoraggio’ negli anni Ottanta, su scala internazionale, è sempre più legata al ruolo del settore immobiliare e finanziario, è in relazione con le politiche di riqualificazione di tipo culturale. La terza ondata negli anni Novanta – ‘new build gentrification’ – è caratterizzata dal ruolo dell’attore pubblico e della riqualificazione urbana, e avviene senza la presenza di lotte politiche da parte degli abitanti, che hanno invece caratterizzato la precedente ondata. La quarta e ultima è quella recente, nel nuovo millennio (2000-2006), caratterizzata dalla ‘finanziarizzazione’ delle famiglie attraverso il mercato dei mutui e dalla conseguente costituzione di una enorme bolla speculativa a livello globale, poi scoppiata nel 2007, ed è stata accompagnata dalla dismissione dell’edilizia pubblica e dalla diffusione di progetti di rigenerazione urbana integrata.

343 Semi (2015) analizza, in particolare: la teoria del ‘differenziale di rendita’ (rent gap), che individua la causa di attivazione dei ‘produttori di gentrification’ nella differenza tra rendita potenziale e capitalizzata; quella delle ‘macchine di crescita’ (growth machines), in cui coalizioni di attori che possiedono il controllo dei luoghi si adoprano per gestire la crescita economica; quella dei ‘regimi urbani’ (urban regimes), in cui le relazioni e gli accordi tra gli attori per il governo di una città vanno a costituire una ‘agenda’ di obiettivi, in questo caso ‘di sviluppo’ e per la classe media progressista.

344 Questo vale anche nei casi migliori, in quanto gli interventi di rigenerazione o semplice riqualificazione, conseguenza delle politiche pubbliche, generano una rendita i cui benefici sono raccolti da privati proprietari.

della socialità nelle trasformazioni urbane, mettendo in luce le ripercussioni materiali dei fenomeni immateriali. Queste nuove forme di socialità rinnovano da un lato le caratteristiche di condivisione propriamente urbane, ma sono allo stesso tempo portatrici di numerosi risvolti negativi. In particolare, i fenomeni in questione sono capaci di disarticolare, nel loro dispiegarsi, gli originari sistemi locali di autocontrollo e autoregolazione instauratisi nel tempo tra gli ‘abitanti’ di un medesimo spazio: le logiche speculative ed economiciste sono infatti legate a doppio filo con i fenomeni di esclusione e con la nascita di nuove disuguaglianze.

Il rapporto con le pratiche sociali, dunque con gli usi dello spazio, gli stili di vita e gli immaginari, evidenzia l’importante ruolo giocato delle istituzioni. Si tratta in particolare delle politiche sul versante culturale, analizzate mediante la ricostruzione della parabola storica dell’Estate romana: nata nel segno della democratizzazione dello spazio urbano, è degenerata nella sua commercializzazione. L’autrice, inoltre, ha evidenziato il fatto che, al pari della sua genesi, “anche la riqualificazione del Pigneto è stata prodotta in maniera autonoma, spontanea, al di fuori di politiche in grado di controllarne e gestirne gli effetti”, mettendo in luce l’esito complessivo di “processi che, pur nati in modo spontaneo, sono di fatto stati inglobati nelle logiche neoliberiste” (Postiglione, 2014)345.

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