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Un patrimonio genetico di solidarietà e conflitti.

Ci sono altre caratteristiche, oltre al cambiamento incessante che ha coinvolto questi luoghi e alla varietà fisica e sociale che li ha sempre contraddistinti, che si sono impresse nella storia dell’area, rinnovandosi nel tempo, e le cui tracce sono riscontrabili ancora oggi: in particolare, la forte presenza di una politica ‘di base’, fondamento delle tante lotte sul lavoro e per il miglioramento del quartiere263. L’urbanizzazione fuori Porta Maggiore è iniziata con

l’innesto di attività produttive, per poi essere seguita dalla trasformazione in città vera e propria delle aree agricole, con il progressivo insediamento della popolazione264.

La crescita della vita associativa e delle rivendicazioni degli abitanti mirate alla riqualificazione dell’area – un antesignano ‘diritto alla città’ (Lefebvre, 2012 [1968]) – avverrà a partire dalle diverse iniziative assistenziali e di mutualismo, di carattere politico o religioso, sorte nel dopoguerra. Il prezioso contributo del libro di Carmelo Severino, Roma

mosaico urbano. Il Pigneto fuori Porta Maggiore, mette in evidenza questi aspetti, mostrando,

inoltre, la coincidenza tra questa dinamica ed una stagione di forti lotte dei lavoratori. Nella storia urbanistica e sociale dell’area che si legge in questo testo, il culmine del cosiddetto ‘biennio rosso’265 costituisce infatti una vicenda importante, in cui le questioni locali si

Marranella (attorno alla chiesa di San Barnaba); Pigneto (primo tratto via del Pigneto). Questa difficoltà di perimetrazione dell’area, insieme all’evidenziazione della sua varietà tanto dal punto di vista morfologico quanto da quello sociale, è sempre presente nei testi che la riguardano.

263 A ben vedere, si tratta dell’intreccio tra questioni urbane e lotte sul lavoro auspicato, al giorno d’oggi, da alcuni autori, come ad esempio David Harvey (2013).

264 A inizio Novecento, i residenti sono circa 2.000, all’interno di un territorio prevalentemente rurale. Nel 1915, gli abitanti delle aree fuori Porta Maggiore sono circa 15.000, e cresceranno molto nei decenni successivi, con la progressiva urbanizzazione del territorio. Oggi, secondo le rilevazioni ufficiali (Roma capitale, 2017), vi sono circa 48.000 abitanti nella sola zona urbanistica “6a – Torpignattara”, che comprende il Pigneto e un’area approssimabile con il triangolo che ha come lati: la ferrovia Roma-Sulmona (nord), via di Portonaccio – via dell’Acqua Bullicante (est, con una piccola porzione di territorio in più), via Casilina – ferrovia FL4 (sud). 265 Con l’espressione ‘biennio rosso’ si fa riferimento agli anni del primo dopoguerra, in particolare il 1919 e il 1920, in cui i paesi europei furono interessati da forti sommovimenti sociali e politici conseguenti alle condizioni di immiserimento successive alla guerra, relazionati anche all’esempio della Rivoluzione d’Ottobre del 1917, con cui in Russia era stato instaurato uno stato socialista in luogo del capitalismo zarista.

intrecciano con quelle nazionali. Per quanto nella forma ridotta dell’estratto, gli eventi in questione meritano di essere letti con le parole dell’autore e delle sue fonti:

“Il 1920 è un anno cruciale per Roma e per il movimento socialista, che vede molte categorie in lotta, particolarmente quelle che interessano i pubblici servizi […] viene indetto uno sciopero generale. Intanto si viene sviluppando la lotta nel settore metallurgico, che coinvolge il mondo industriale e, a Roma, anche le otto fabbriche del settore – ed è un fatto di grande rilievo […]. Al Prenestino è l’Om/Officine meccaniche, ma ancora conosciuta come Officina Tabanelli, ad essere interessata nella vertenza con il padronato per gli aumenti salariali – che siano adeguati al costo della vita – e per il regolamento contrattuale. Lo stato di agitazione si prolunga per tre mesi e, nel settembre 1920, si giunge alla prova di forza […]. Ma la vera posta in gioco, nel conflitto “tra capitale e lavoro” che si accende in Italia il 31 agosto 1920 perdurando intenso per tutto il mese di settembre, è la presa del potere, è la rivoluzione […]. È per la rivoluzione che gli operai romani, come i loro compagni di tutta Italia, soprattutto quelli dei grandi stabilimenti del nord e le avanguardie torinesi, occupano le fabbriche con l’intento di trasformare in movimento politico una lotta sindacale che nasce, agli inizi, come rivendicazione esclusivamente economica, ma che vede in tutta la penisola, oltre quattrocento mila lavoratori impegnati ad occupare i loro stabilimenti, tra martedì 31 agosto e sabato 4 settembre […]. Il Messaggero del 1 settembre 1920 riporta la notizia dell’occupazione delle fabbriche […]: “Cinque officine occupate dalle maestranze: anche a Roma, sebbene in forma più blanda, è stato applicato nelle officine metallurgiche l’ostruzionismo deliberato dalla Fiom […] Nel pomeriggio gli operai dello stabilimento Tabanelli, fuori Porta Maggiore, ove si fabbricano e si riparano vetture tranviarie e carri ferroviari, in numero di circa 500, si diedero dapprima a tumultuare e poscia intimarono al direttore dello stabilimento, ing. Grollo, la consegna dell’officina. Occupati gli uffici e la direzione, innalzarono nell’albero più alto del cortile interno la bandiera rossa” […]. Il movimento di occupazione, iniziato in maniera quasi spontanea, viene coordinato dalla Fiom, il sindacato metallurgici […]. Nelle fabbriche si respira un grande entusiasmo, soprattutto i primi giorni […]. I giornali riferiscono di “scene festose e un’atmosfera di euforia” con gli stemmi dei soviet e le bandiere rosse che sventolano dappertutto, come alla Tabanelli dove lo stemma dei soviet domina l’entrata dello stabilimento sulla Prenestina. La domenica, “grammofoni, orchestre mandolinistiche e altri svariati divertimenti rallegrano le oziose ore domenicali” […]. Durante la settimana si lavora intensamente: organizzata la produzione in forme nuove, è stato costituito il Consiglio degli operai di fabbrica, sulla base di commissari di reparto, nominati dall’assemblea operaia […] La solidarietà del quartiere e della città è sostenuta […]. Il movimento appare fortissimo, l’assenteismo è scarso, la disciplina è efficiente e altamente sentita, la combattività è largamente diffusa, la difesa armata degli stabilimenti è vigile e attenta. […] Il 17 settembre anche i tranvieri, in agitazione in segno di solidarietà con i metallurgici, si impadroniscono delle loro officine, tra le più importanti di Roma, mentre la Camera del

lavoro appoggia l’occupazione delle fabbriche organizzando nei quartieri popolari collette in denaro per i lavoratori in lotta. È scattata infatti la solidarietà popolare […].” (Severino, 2005, p.86)

Le lotte politiche portate avanti dai lavoratori del settore metallurgico e dei pubblici servizi, con la solidarietà degli abitanti dei quartieri popolari, irrompono nella scena sociale cittadina, e nel ‘distretto industriale’ del Pigneto-Prenestino sono significative. L’esito non è certo quello auspicato266 e, salvo qualche successivo sussulto nella prima metà degli anni

Venti267, il periodo seguente sarà caratterizzato dalla reazione a questi avvenimenti, con la

progressiva affermazione e consolidamento del regime fascista.

La privazione delle libertà sindacali, il corporativismo e le politiche aziendali di stampo paternalistico, spingono a cercare altrove gli episodi degni di nota. Da un lato, nelle iniziative portate avanti dagli istituti religiosi268, mirate a compensare quanto possibile le

scarse dotazioni di servizi presenti269. Dall’altro, in alcune iniziative edilizie e urbanistiche

che avvengono nell’area, dove prosegue, di pari passo, l’urbanizzazione a carattere insediativo e la concentrazione degli insediamenti produttivi. In quest’ultimo caso si tratta delle realizzazioni portate avanti da società cooperative, tra le quali si distingue per qualità la ‘città-giardino del Prenestino’270: una lottizzazione estensiva a villini realizzata dalla

cooperativa Termini dei ferrovieri271. Altre cooperative avviano imprese minori272, mentre

negli stessi anni sorgerà qui la Casa del Ferroviere273: un grande edificio in cui, oltre alle

266 “[…] quando il movimento di classe verifica di essere isolato dagli strati intermedi della popolazione e dai lavoratori delle altre categorie, dopo una lotta durata 25 giorni, l’esperienza rivoluzionaria dei metallurgici si conclude, riduttivamente, con un accordo sindacale di tipo rivendicativo” (Severino, 2005, p.87).

267 In particolare, nel 1923 si registra la mobilitazione degli operai dei mulini Franco e Tabanelli, e nel 1924 quella delle operaie della Snia Viscosa.

268 In particolare, l’Istituto religioso delle sorelle della Misericordia di Verona realizzerà a partire dal 1926 la sua Casa romana, tra via Conte di Carmagnola e via Alberto da Giussano. Vi troveranno sede una scuola dell’infanzia (asilo e doposcuola) e, in seguito, una scuola elementare ed un pensionato per le signore anziane. 269 Tra gli anni Venti e Trenta, al Pigneto viene ultimata la scuola elementare mista Giulio Cesare su via Conte di Carmagnola, che si aggiunge alla Enrico Toti di via del Pigneto (succursale e poi autonoma dal 1932, si espanderà con padiglioni prefabbricati tra il 1936 e il 1938) ed alla Alfredo Oriani a Torpignattara.

270 I lavori iniziano a fine 1920, su progetto presentato nello stesso anno, e prevedono residenze, una scuola elementare con palestra e la sede della cooperativa in un casale ristrutturato. Nel complesso, i lavori si concluderanno all’inizio degli anni Trenta.

271

Lo sviluppo urbano di Roma sarà sempre influenzato, nella sua crescita, dalle vicende del trasporto pubblico e da quelle dell’insediamento dei suoi lavoratori: Insolera (2011), ad esempio, descrive l’importanza degli alloggi dei ferrovieri nel determinare le traiettorie dello sviluppo cittadino. Questo aspetto si è riflesso al Pigneto-Prenestino, oltre che nelle iniziative menzionate nel testo, in altri casi, ed in particolare con l’insediamento delle Officine di riparazione dell'Atac, la prossimità con lo scalo merci ferroviario, gli edifici dei tramvieri, fino alle recenti evoluzioni infrastrutturali (linea metropolitana C, nodo di scambio ferroviario). 272 Ad esempio, tra il 1925 ed il 1930, la cooperativa Ciechi invalidi e mutilati di guerra realizza cinque palazzine di quattro piani tra via L’Aquila e via Prenestina.

273 La Società anonima cooperativa fra i tramvieri di Roma, già autrice del lotto Appio per quasi 3000 abitanti tra 1912 e 1914, nel 1934 acquista due terreni tra piazzale Prenestino, via Fanfulla da Lodi, e via Fortebraccio e circonvallazione Casilina e presenta il progetto per la Casa del ferroviere: nove corpi di fabbrica intensivi (fino

abitazioni con negozi e botteghe a piano terra, troveranno spazio opere assistenziali e di pubblica utilità274. La conflittualità resterà invece sommersa, per poi riemergere con la guerra

di liberazione dal nazi-fascismo e le lotte sociali e politiche del dopoguerra.

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