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Le contraddizioni di fondo della tutela europea della salute

Assistenza sanitaria e diritto dell’Unione Europea Una difficile coesistenza

2.1 Unione, sanità e mercato

2.1.1 Le contraddizioni di fondo della tutela europea della salute

Se con riferimento ad altre tematiche la rilevanza del diritto dell’Unione Europea sugli ordinamenti nazionali rappresenta ormai un dato incontrovertibile11, con cui gli operatori giuridici sono inevitabilmente chiamati a confrontarsi, la politica sanitaria europea rappresenta invece una questione estremamente dibattuta, conservando nelle sue fondamenta una contraddizione di fondo. I Trattati istitutivi delle Comunità Europee, tranne un generico riferimento alla salute pubblica contenuta nell’art 46 Trattato che istituisce la Comunità economica europea (TCE), non prevedevano infatti alcun esplicito riferimento all’assistenza sanitaria. Parlando di tutela della salute, sarebbe dunque naturale ritenere esistente una competenza, diretta ed esclusiva, dei singoli Stati membri. Rientra infatti nella discrezionalità di ogni singolo legislatore nazionale la facoltà di scegliere tra un sistema sanitario universalistico (modello Beveridge) o assicurativo (modello Bismarck), ovvero tra modelli pubblici, basati sull’iniziativa privata o a composizione mista, che presuppongano parallelamente intervento pubblico e libera concorrenza12.

Fu per la prima volta nel 1992 il Trattato di Maastricht ad introdurre l’articolo 152, oggi confluito nell’articolo 168 (7) del Trattato sul funzionamento

10 Fritz W. Scharpf, The European social model: coping with the challenges of diversity, Journal of

Common Market Studies, Vol. 40, n. 4, 2002, pp. 645-670.

11 Tra le altre, ne è un esempio la Politica Agricola Comune.

12 Leigh Hancher, Wolf Sauter, EU Competition and internal market law in the healthcare sector,

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dell’Unione Europea (TFUE), che, al riguardo, confermava l’esclusione di ogni armonizzazione. Tale disposizione prevede infatti che:

“7. L'azione dell'Unione rispetta le responsabilità degli Stati membri per la definizione della loro politica sanitaria e per l'organizzazione e la fornitura di servizi sanitari e di assistenza medica. Le responsabilità degli Stati membri includono la gestione dei servizi sanitari e dell'assistenza medica e l'assegnazione delle risorse loro destinate. Le misure di cui al paragrafo 4, lettera a) non pregiudicano le disposizioni nazionali sulla donazione e l'impiego medico di organi e sangue”.

Soffermandosi ad una prima lettura di tale norma, che è chiara nell’escludere ogni diretta competenza europea in materia sanitaria, il diritto dell’Unione Europea sembrerebbe privo di basi giuridiche per poter condizionare l’organizzazione ovvero le modalità di erogazione o di finanziamento dell’assistenza sanitaria a livello nazionale, alla luce delle riconosciute prerogative statali al riguardo. A conferma di ciò, lo stesso TFUE non prescrive né la scelta di un particolare modello organizzativo rispetto ad un altro, né favorisce una generale responsabilità sanitaria pubblica rispetto a quella privata. Secondo l’articolo 345 (ex articolo 295 del TCE) infatti “I trattati lasciano del tutto impregiudicato il regime di proprietà esistente negli Stati membri”. D’altra parte, anche la Corte di Giustizia ha avallato tale interpretazione, come ad esempio nelle cause riunite C‑171/07 e C‑172/07, su cui si ritornerà a breve, ove ha affermato che13:

“Nella valutazione del rispetto di tale obbligo, occorre tener conto del fatto che la salute e la vita delle persone occupano una posizione preminente tra i beni e gli interessi protetti dal Trattato e che spetta agli Stati membri stabilire il livello al quale essi intendono garantire la protezione della sanità pubblica ed il modo in cui tale livello deve essere raggiunto. Poiché detto livello può variare da uno Stato membro all’altro, occorre riconoscere agli Stati membri un margine discrezionale”.

Esclusa l’esistenza di una politica sanitaria dotata di un’apposita disciplina nei Trattati, esiste però una tutela della salute che presenta un carattere che potrebbe

13 Corte di Giustizia, 19 maggio 2009, Grande Sezione, Cause riunite Apothekerkammer des Saarlandes and Others (C-171/07) e Helga Neumann-Seiwert (C-172/0/07) contro Saarland and Ministerium für Justiz, Gesundheit und Soziales (DocMorris), ECR 2009 I-4171, paragrafo 19.

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essere definito trasversale, andando ad intersecarsi con le varie politiche dell’Unione Europea14. Oltre al già citato articolo 52 TFUE (ex art. 46 TCE), l’articolo 6 (a) TFUE annovera la tutela ed il miglioramento della salute umana tra le azioni in cui l’Unione Europea, pur non potendo procedere ad una armonizzazione delle normative nazionali, è competente a sostenere, coordinare e completare l’azione degli Stati membri. La principale base giuridica cui, ancora una volta, fare riferimento è tuttavia l’articolo 168 TFUE ed in particolare il primo comma che, tra l’altro, prevede che nella definizione e nell'attuazione di tutte le politiche ed attività dell'Unione sia garantito un livello elevato di protezione della salute umana. Ciò comporta che le varie norme dell’Unione, pur se riferite a settori diversi (ad esempio alla politica ambientale), debbano in ogni caso assicurare un elevato standard di tutela della salute poiché potenzialmente in grado di produrre effetti significativi su quest’ultima. Al riguardo, l’azione dell’Unione, volta a completare le politiche nazionali ed indirizzata “al miglioramento della sanità pubblica, alla prevenzione delle malattie e affezioni e all’eliminazione delle fonti di pericolo per la salute fisica e mentale”, è in primo luogo finalizzata a favorire la cooperazione tra gli Stati membri, i paesi terzi e le organizzazioni internazionali (commi 2 e 3). Similmente, il comma 5 prevede il rispetto della procedura legislativa ordinaria (che prevede il necessario consenso sia del Parlamento europeo che del Consiglio) per l’adozione di misure volte a promuovere la salute umana e la sanità pubblica (ad esempio anche con riferimento a tabacco e abuso di alcool), ribadendo, ancora una volta, l’esclusione di “qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri”15. Ne sono esempi le varie direttive intervenute

in materia di tabacco (da ultima la direttiva 2014/40/UE, entrata in vigore il 19 maggio 2014 e divenuta applicabile il 20 maggio 2016) che hanno progressivamente

14 Si confrontino Francesco Martinelli, Manuale di diritto dell’Unione Europea. Aspetti istituzionali e politiche dell’Unione, Napoli, Edizioni Giuridiche Simone, 2016, p. 433; Kyriaki-Korina Raptopoulou, Eu law and healthcare services: normative approaches to public health systems, Alphen aan den Rijn, Kluwer law international, 2015, pp. 5, 6.

15 Il comma 4 prevede invece tre ipotesi in cui, in deroga all’art. 6 (a), l’Unione Europea ha

competenza legislativa ad adottare specifiche misure. Esse consistono in: “a) misure che fissino parametri elevati di qualità e sicurezza degli organi e sostanze di origine umana, del sangue e degli emoderivati; tali misure non ostano a che gli Stati membri mantengano o introducano misure protettive più rigorose; b) misure nei settori veterinario e fitosanitario il cui obiettivo primario sia la protezione della sanità pubblica; c) misure che fissino parametri elevati di qualità e sicurezza dei medicinali e dei dispositivi di impiego medico”.

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regolamentato la lavorazione e la messa in commercio dei prodotti del tabacco. Tra tali misure promozionali vi rientrano poi i vari programmi per la salute (attualmente è attivo il terzo programma 2014-202016), finanziati con le risorse europee e gestite dalla Commissione e dalle sue agenzie esecutive17.

Si aggiunga poi la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea che enuclea una lunga serie di diritti fondamentali su cui l’Unione si fonda. Come enunciato dal Preambolo, tale documento intende infatti rafforzare la tutela dei diritti civili, politici, economici e sociali, con particolare riferimento a quelli derivanti “dalle tradizioni costituzionali e dagli obblighi internazionali comuni agli Stati membri, dal trattato sull'Unione europea e dai trattati comunitari”, dalla CEDU, dalle “carte sociali adottate dalla Comunità e dal Consiglio d'Europa”, oltre a quelli riconosciuti dalla Corte di Giustizia e dalla Corte EDU18. Con specifico riferimento alla materia sanitaria, la Carta dei diritti fondamentali dedica l’articolo 35 (contenuto nel capo IV Solidarietà) alla “Protezione della salute”, riconoscendo diritti estremamente rilevanti. Esso prevede infatti:

“Ogni persona ha il diritto di accedere alla prevenzione sanitaria e di ottenere cure mediche alle condizioni stabilite dalle legislazioni e prassi nazionali. Nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche ed attività dell’Unione è garantito un livello elevato di protezione della salute umana”.

Previsioni che hanno acquisito maggior rilevanza a seguito dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona, con cui, come noto, la Carta ha acquisito lo stesso valore giuridico dei Trattati. Nonostante le disposizioni di quest’ultima non comportino in alcun modo un ampliamento delle competenze dell’Unione così come definite dai Trattati19, l’articolo in questione è norma apparentemente formulata in

16 Al riguardo si confronti anche il sito web istituzionale

https://ec.europa.eu/health/programme/policy_it (link verificato in data 26.05.2017).

17 Si veda Leigh Hancher, Wolf Sauter, EU Competition and internal market law in the healthcare sector, cit., pp. 13-16.

18 La Carta dei diritti fondamentali non trova tuttavia applicazione nei confronti della Polonia e del

Regno Unito in virtù di quanto stabilito dagli articoli 1 e 2 del Protocollo sull'applicazione della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea alla Polonia e al Regno Unito. In particolare, l’art. 1, par. 2, prevede che “[…] nulla nel titolo IV della Carta crea diritti azionabili dinanzi a un organo giurisdizionale applicabili alla Polonia o al Regno Unito, salvo nella misura in cui la Polonia o il Regno Unito abbiano previsto tali diritti nel rispettivo diritto interno”.

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termini di diritti soggettivi. Proprio tale formulazione ha spinto anche certa dottrina ad ipotizzare il possibile inquadramento del diritto di accesso alle cure mediche (transfrontaliere) entro il “nucleo essenziale dei diritti di cittadinanza”, con la conseguenza che la tutela, effettiva, della salute prescinderebbe dal necessario riferimento ad altre norme europee, come ad esempio quelle in tema di libertà di circolazione20. Benché fortemente attrattiva, nell’ottica di una nuova politica sociale

europea non più circoscritta dalle istanze protezionistiche dei vari Paesi, tale soluzione mal si concilierebbe con il principio delle competenze di attribuzione delle istituzioni europee, sancito dall’articolo 13, paragrafo 2, TUE in base al quale “Ciascuna istituzione agisce nei limiti delle attribuzioni che le sono conferite dai trattati, secondo le procedure, condizioni e finalità da essi previste”.

Per concludere, tra le fonti di diritto internazionale pattizio, un cenno alla CEDU e alla Carta sociale europea. La prima costituisce una convenzione internazionale sottoscritta dagli Stati contraenti facenti parte del Consiglio d’Europa, organizzazione “a vocazione paneuropeista”21 che riunisce, tra gli altri,

anche tutti gli Stati che fanno parte dell’Unione Europea. Firmata il 4 novembre 1950 a Roma ed entrata in vigore il 3 settembre 1953, è stata ratificata da tutti i 47 paesi che aderiscono al Consiglio d’Europa. Oggi integrata da vari protocolli addizionali, le libertà ed i diritti civili e politici ivi sanciti, tra cui la tutela della salute può essere considerata implicitamente protetta sulla base degli articoli 2 (diritto alla vita), 3 (proibizione della tortura) ed 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare), presentano forti similitudini con la Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo del 1948 (espressamente citata nel Preambolo). Pur condividendo gli stessi principi, la Convenzione non si è però limitata alla sola enunciazione di un catalogo di diritti fondamentali, introducendo un innovativo strumento di tutela: un apposito organo giurisdizionale volto a garantire il loro rispetto da parte degli Stati che hanno provveduta a ratificarla22. Così, nel 1959 è stata istituita la Corte EDU,

20 Si confrontino Giacomo Di Federico, L'accesso alle cure mediche nell'Unione europea tra diritti fondamentali e sovranità nazionali, Quaderni costituzionali, Vol. n. 3, 2013, pp. 681, 682; Christopher Newdick, The European Court of Justice transnational health care, and social citizenship - accidental death of a concept?, Wisconsin International Law Journal, 2008, Vol. 26, n. 3, p.857.

21 Pasquale Gianniti (a cura di), La CEDU e il ruolo delle Corti. Globalizzazione e promozione delle libertà fondamentali, Bologna, Zanichelli, 2015, p. 125.

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con sede a Strasburgo, tribunale che può essere adito non soltanto dagli Stati, ma anche dal singolo individuo che lamenti l’asserita violazione di un diritto fondamentale (previo esaurimento delle vie di ricorso interne, come previsto dall’articolo 35). Con riferimento ai rapporti con l’Unione Europea, occorre segnalare l’articolo 6 TUE. In particolare, il secondo paragrafo costituisce la base giuridica per la (possibile) adesione dell’Unione alla Convenzione europea23,

mentre il paragrafo successivo prevede che i diritti fondamentali di cui alla medesima Convenzione, risultanti altresì “dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri” facciano “parte del diritto dell'Unione in quanto principi generali”.

Anche la Carta sociale europea è un documento (rectius un trattato internazionale) appositamente volto alla protezione dei diritti economici e sociali, adottato dal Consiglio d’Europa, prima nella versione originale nel 1961 e quindi nella successiva (e più ampia) formulazione nel 1996. Se nella Parte I (n. 11) viene affermato il diritto di ognuno di “usufruire di tutte le misure che le consentano di godere del miglior stato di salute ottenibile”, il diritto alla protezione della salute è più specificamente previsto nella Parte II dall’articolo 11, mediante una articolata serie di obblighi per gli Stati, incentrata sulla garanzia dell’effettività di tale diritto e sulla contemporanea adozione di specifiche misure volte ad eliminare le cause una salute deficitaria ovvero a prevenirle24.

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