La tutela pubblica della salute nel modello inglese
1.1 Agli albori del sistema inglese
1.1.2 I mutamenti del ruolo pubblico in materia sanitaria tra XIX e XX secolo
Il sistema delle poor law riuscì ad offrire una qualche forma di assistenza medica agli indigenti grazie alle iniziative intraprese dai singoli parishes. Tuttavia, l’insufficienza delle prestazioni offerte, la cui effettiva erogazione variava da zona a zona, unita alla rinuncia, sin dal principio, ad ogni istanza di uniformità, fece sì che altri enti, principalmente organizzazioni benefiche, fornissero assistenza medica, spesso tramite ospedali a carattere assistenziale e volontario. Quali curiosità storiche, è possibile ricordare il St Peter’s York, primo general hospital fondato dal Sovrano Sassone Athelstan nel decimo secolo, mentre il più antico ospedale, ancora esistente, è quello di St Bartholomew, istituito dapprima a Rochester nel 1078 e poi a Londra nel 1124. In assenza di attività statali particolarmente significative, lo sviluppo di ulteriori strutture ospedaliere, pur in presenza di molti soggetti che esercitavano la medicina senza alcuna qualificazione48, fu reso possibile soprattutto
grazie a enti ed istituti religiosi, mentre solo dal XVII secolo la filantropia si affiancò ed in parte si sostituì alla religione nella somministrazione di cure ai malati49. Parallelamente, anche le società di mutuo soccorso predisposero le prime protezioni
47 Report from His Majesty’s commissioners for inquiring into the administration and practical operation of the poor laws, cit., p. 227.
48 Dopo il primo vano tentativo esperito nel 1840 con il Medical Reform Bill, solo nel 1858 venne
finalmente emanato il Medical Act con cui venne istituito il General Council of Medical Education and Registration, (poi rinominato General Medical Council nel 1951), organo con il compito di iscrivere in un apposito albo i professionisti medici considerati sufficientemente preparati e qualificati. Esso era formato da ventiquattro membri: nove rappresentavano i royal colleges, sette per le università inglesi e irlandesi e due per quelle scozzesi, sei erano invece nominati dal monarca su consiglio del Privy Council. Al riguardo, si vedano Margaret Stacey, Regulating British Medicine. The General Medical Council, Chichester, New York, Wiley, 1992, p. 17, David Allen, Health Services in England, in Marshall W. Raffel (edited by), Comparative Health Systems. Descriptive Analyses of Fourteen National Health Systems, University Park and London, The Pennsylvania State University Press, 1984, p. 200; N.W. Chaplin (Edited by), Health Care in the United Kingdom. Its organization and management, London, Kluwer Medical, 1982, p. 1 e ss.
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sociali per gli operai più poveri, preoccupati che l’insorgere di malattie potesse causare il loro ricovero presso una poorhouse e, di conseguenza, la perdita di manodopera. Fungendo da precursori delle più moderne protezioni assicurative, ma ancora lontane dai principi universalistici che caratterizzeranno il XX secolo, queste organizzazioni offrivano ai propri membri (esclusivamente uomini e lavoratori, essendo esclusi donne e bambini) assistenza sanitaria ed una retribuzione durante i periodi di malattia, in cambio del versamento di contributi settimanali50.
Risale tuttavia alla Rivoluzione Industriale e soprattutto al XX secolo il mutamento del ruolo pubblico in materia economica e sociale. Nel 1911 il Parlamento inglese emanò il National Insurance Act, legge che, sulla base dell’esempio tedesco51, introduceva un sistema assicurativo obbligatorio di tipo
contributivo contro alcuni “rischi sociali”. Essa, pur prevedendo varie tipologie di benefit erogabili52, si basava principalmente sull’introduzione di una prima forma di assicurazione sanitaria per i lavoratori e di un sistema di indennità contro la disoccupazione. L’assicurazione sanitaria tutelava tutti i lavoratori con almeno sedici anni di età, a condizione che questi avessero contribuito al sostentamento
50 John C. Goodman, National health care in Great Britain. Lessons for the U.S.A., cit., p. 7. 51 Il sistema sanitario tedesco è il più antico in Europa. La sua lunga storia risale infatti al 1883,
quando, per opera del Cancelliere Bismarck i previgenti fondi assicurativi vennero sostituiti con una nuova assicurazione sanitaria obbligatoria per gli operai, finanziata tramite fondi di malattia regolati dallo Stato. L’assicurazione sanitaria si aggiungeva ad un sistema di protezione sociale più ampio, formato anche dall’assicurazione contro gli infortuni, dalla pensione di vecchiaia e dai sussidi contro la disoccupazione. Tali strumenti, complessivamente considerati, formavano i quattro rami di cui era composto il sistema di sicurezza sociale bismarckiano. La partecipazione ad una cassa malattia si basava sullo svolgimento di una mansione lavorativa ed era obbligatoria soltanto per chi percepiva entrate inferiori rispetto ad una certa soglia reddituale fissata dalla legge (nel 1885 la copertura sanitaria ricomprendeva soltanto il 10% della popolazione). Il finanziamento del sistema era garantito mediante imposte sui salari versate da datori di lavoro e lavoratori. Essa, gradualmente e inaspettatamente rispetto ai modesti numeri iniziali, dette vita ad un sistema complesso giunto a ricomprendere fasce sempre più ampie della popolazione, dagli impiegati nel 1901, ai dipendenti statali nel 1914 e ai pescatori nel 1927, includendo nella protezione anche i soggetti privi di lavoro ed i membri della famiglia. La sanità tedesca moderna, conservando tale origine, si articola su un sistema onnicomprensivo basato su uno schema assicurativo obbligatorio per i cittadini (nel 2012 tutelava circa il 90% della popolazione tedesca). Sul sistema tedesco, si vedano David G. Green, Benedict Irvine, Health Care In France and Germany. Lessons for the UK, London, Institute for the Study of Civil Society 2001, p. 54; Ullrich K. Hoffmeyer, The Health Care System in Germany, in Ullrich K. Hoffmeyer, Thomas R. McCarthy (eds.), Financing health care, Dordrecht, Boston, Kluwer Academic Publishers, 1994, pp. 419-512; Michael Moran, Governing the health care state. A comparative study of the United Kingdom, the United States and Germany, Manchester, Manchester University Press, 1999, p. 33 e ss.; Ines Verspohl, Health Care Reforms in Europe. Convergence towards a Market Model?, Baden-Baden, Nomos, 2012, pp. 211, 218.
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economico del programma, condiviso anche dai datori di lavoro e dallo Stato53. Essa era rivolta principalmente ai lavoratori manuali, per i quali non erano richiesti particolari requisiti; viceversa, per le attività non considerate di fatica, i lavoratori erano obbligatoriamente inclusi nel sistema soltanto se percettori di redditi inferiori ad una soglia reddituale prestabilita (fissata dapprima in 160 £ ed in seguito elevata a 250 £)54. L’assicurazione sanitaria, come disposto dalla sezione 8, garantiva agli
iscritti assistenza medica e medicinali gratuiti, nonché l’erogazione di benefit in denaro per malattia (10 scellini settimanali per le prime 26 settimane), invalidità (5 scellini settimanali) e maternità (30 scellini, in contanti o a copertura dei costi per il travaglio), non ricomprendendo tuttavia né le prestazioni ospedaliere (ad eccezione dei trattamenti medici per i malati di tubercolosi) né la copertura dei familiari del lavoratore. I sussidi di malattia terminavano nel momento in cui lavoratore si ritirava dal mercato del lavoro, mentre l’assistenza medica perdurava anche durante la pensione. Il sistema, ancora lontano dal riconoscimento di un diritto alla tutela della salute di tutti i cittadini, era gestito dall’amministrazione statale, la quale si serviva tuttavia anche della collaborazione delle società di mutuo soccorso e delle compagnie assicurative commerciali55 che, costituendo centri di interessi molto rilevanti, furono inserite nel sistema in qualità di società riconosciute (approved
societies). Ogni individuo assicurato doveva infatti essere iscritto ad una di queste
53 I contributi (settimanali) erano così suddivisi: 7 penny per un lavoratore, 6 per una lavoratrice. Il
lavoratore ne pagava 4 (3 la lavoratrice), mentre i restanti 3 penny erano a carico del datore di lavoro. Tutti i contributi erano pagati dai datori di lavoro, i quali poi deducevano la cifra a carico del lavoratore direttamente dal salario dello stesso. Lo Stato contribuiva sostenendo una parte dei costi (circa 2 penny a lavoratore) mediante rimborso diretto alle società operanti all’interno della struttura organizzativa. Sul punto, si veda Glyn Carpenter, National health insurance 1911-1948. A case study in the use of private non-profit making organizations in the provision of welfare benefits, Public Administration, Vol. 62, 1984, p.76. Si confrontino anche David Benassi, William Beveridge e il Piano del 1942: alle origini del welfare state, in Ugo Ascoli, David Benassi, Enzo Mingione, Alle origini del welfare state. Il Rapporto su Assicurazioni sociali e servizi assistenziali, Milano, Franco Angeli, 2010, pp. 11, 12; Ronald Hamowy, The Genesis and Development of Medicare, in Roger D. Feldman (eds.), American Health Care. Government, Market Processes and the Public Interest, New Brunswick, London, Transaction Publishers, 2000, p. 16.
54 Chi invece superava la soglia reddituale prevista, pur non essendovi obbligato, poteva
volontariamente scegliere di iscriversi all’assicurazione. Si vedano Glyn Carpenter, National health insurance 1911-1948: a case study in the use of private non-profit making organizations in the provision of welfare benefits, cit., p.76; Henry J. Harris, The British National Health Insurance System, 1911-1919, Monthly Labor Review, 1920, Vol. 10, n. 1, p.45.
55 A tal fine si confrontino anche Bentley B. Gilbert, The British National Insurance Act of 1911 and the Commercial Insurance Lobby, Journal of British Studies, Vol. 4, n. 2, 1965, pp. 127-148; Joan Sokolovsky, The Making of National Health Insurance in Britain and Canada: Institutional Analysis and its Limits, Journal of Historical Sociology, Vol.11, n. 2, 1998, pp.247-280.
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società, la quale era chiamata a corrispondere i sussidi finanziari56. Tali enti, pur essendo autonomi, erano tuttavia chiamati ad uniformarsi ad alcuni obblighi amministrativi, dettati da una serie di commissioni (Insurance Committees) istituite sulla base di quanto disposto dalle sezioni da 57 a 62 della legge, le quali avevano il compito di supervisionare l’amministrazione e l’implementazione del sistema assicurativo.
L’assicurazione malattia, con le modalità contributive già descritte, creò un modello, spesso definito anche “Panel System”, che già nel 1913 garantiva assistenza medica gratuita a 15 milioni di persone, arrivando ad assistere fino a 25 milioni di individui negli anni Quaranta. Esso, pur con molte criticità, fu considerato il preludio al successivo sistema sanitario nazionale, stabilendo il principio della responsabilità finanziaria statale in materia sanitaria, pur lasciandone (almeno fino al 1948) l’organizzazione complessiva ad una serie di enti, commerciali e senza scopo di lucro, assai diversificati57. Tale sviluppo, tutelando esclusivamente il
breadwinner, si basava tuttavia sul presupposto che lo Stato non fosse tenuto a
garantire trattamenti sanitari a tutta la popolazione, non possedendo, tra l’altro, né le finanze né le risorse amministrative necessarie a tal fine. Com’era evidente, il sistema presupponeva l’operatività di altri strumenti che assicurassero agli altri cittadini l’accesso alle prestazioni mediche58. Gli indigenti erano così costretti a fare
ancora riferimento al sistema delle poor law, mentre chi, invece, voleva assicurarsi la possibilità di usufruire di una futura ed eventuale prestazione ospedaliera (in questo caso anche gli stessi lavoratori dotati di assicurazione malattia), sempre più ricorreva alla stipula di un’apposita assicurazione ospedaliera privata59. La necessità
di un approccio più organico portò nel 1919 all’emanazione del Ministry of Health
Act, atto che istituì il Ministero della salute e il Council on Medical and Allied Services, comitato che si espresse a sostegno di un sistema onnicomprensivo di
tutela della salute. Al riguardo, l’attuazione di una riforma universalistica
56 N.W. Chaplin (Edited by), Health Care in the United Kingdom. Its organization and management,
cit., p. 6.
57 Steve Iliffe, The NHS. A Picture of Health?, London, Lawrence and Wishart, 1983, p. 17. 58 Si confrontino David Allen, Health Services in England, cit., p. 201; John C. Goodman, National health care in Great Britain. Lessons for the U.S.A., cit., pp. 10-13.
59 Questa situazione non era troppo dissimile da quella americana. A tal fine, si confronti, infra, cap.
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necessitava però di ulteriori riflessioni e dovette attendere il termine della seconda guerra mondiale, quando Beveridge tracciò le linee fondamentali del nuovo sistema sanitario inglese.