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Mercato interno e sistemi sanitari: Establishment (cenni)

Assistenza sanitaria e diritto dell’Unione Europea Una difficile coesistenza

2.1 Unione, sanità e mercato

2.1.3 Mercato interno e sistemi sanitari: Establishment (cenni)

La libera circolazione delle persone ricomprende sia la libera circolazione dei lavoratori subordinati che la libertà di stabilimento per i lavoratori autonomi. Nella sua prima accezione, disciplinata dall’articolo 45 TFUE, essa attribuisce ai lavoratori il diritto di spostarsi liberamente all’interno del territorio dell’Unione per rispondere ad offerte di lavoro effettive, di prendere dimora in uno degli Stati membri al fine di svolgervi un’attività lavorativa e di rimanervi, dopo aver trovato un impiego. La libertà di stabilimento (articolo 49 TFUE e seguenti) conferisce invece “l'accesso alle attività autonome e al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese e in particolare di società”, permettendo dunque il diritto di fissare la propria sede lavorativa in un altro Stato membro ed ivi svolgere un’attività non salariata. Sebbene la disciplina originaria facesse dunque esclusivamente riferimento ai “soli spostamenti economicamente rilevanti”29, la libera circolazione

è stata poi progressivamente estesa al punto da far divenire la cittadinanza europea il principale (se non addirittura l’unico) requisito richiesto, lasciando sullo sfondo

28 Sulla libera prestazione di servizi si veda infra, par. 2.2.

29 Francesco Martinelli, Manuale di diritto dell’Unione Europea. Aspetti istituzionali e politiche dell’Unione, cit., p. 261.

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ogni attributo di tipo lavorativo. Ciò è il risultato di una lenta e graduale evoluzione che, frutto delle pronunce della Corte di Giustizia prima e di alcune direttive poi, ha permesso, a poco a poco, a nuovi soggetti, prima esclusi (ad esempio ai familiari dei lavoratori o agli studenti), di beneficiare di tale diritto. In particolare, la direttiva 2004/38/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 ha espressamente sancito il diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri (senza alcuna formalità per periodi inferiori a tre mesi). Tale direttiva, provvedendo a riordinare la disciplina complessiva della libera circolazione, ha così provveduto a dettare “un corpo di regole a valenza generale e di impronta almeno tendenzialmente unitaria”, facendo “del diritto alla libera circolazione nell’Unione un diritto fondamentale e personale, tendenzialmente affrancato da una stretta funzionalizzazione a una logica di mercato”30. Da ultimo si segnala anche l’articolo 21 TFUE in base a cui “Ogni

cittadino dell'Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri”. Tali principi fanno sì che l’accesso al mercato debba essere assicurato ad ogni forma di attività transnazionale, inclusa anche l’assistenza sanitaria, che viene considerata alla stregua di ogni altro settore meramente economico. D’altra parte, se uno Stato membro non è certamente obbligato a porre fine al proprio monopolio pubblico in materia sanitaria, è altrettanto vero che, una volta liberalizzata l’erogazione delle prestazioni o delle forniture sanitarie, difficilmente potrà tornare indietro e, dunque, in quest’ultimo caso, la normativa europea dovrà necessariamente trovare applicazione, permettendo ai vari provider (stranieri) di offrire i propri prodotti in competizione con quelli forniti nello Stato membro di residenza del paziente31. Tale principio, che gli stessi autori cui si fa

riferimento illustrano anche come “liberalization breeds liberalization’ thesis”32 è

stato avallato anche dalla Corte di Giustizia del 2009, in un caso riguardante una legge tedesca (Apothekengesetz) che, di fatto, precludeva alle farmacie degli altri

30 Stefano Giubboni, Giovanni Orlandini, La libera circolazione dei lavoratori nell'Unione europea Principi e tendenze, Bologna, Società Editrice Il Mulino, 2009, p. 7

31 Leigh Hancher, Wolf Sauter, EU Competition and internal market law in the healthcare sector,

cit., pp. 86-87.

32 Si confrontino Leigh Hancher, Wolf Sauter, EU Competition and internal market law in the healthcare sector, cit., p. 87; Leigh Hancher, Wolf Sauter, One Step Beyond? From Sodemare to Docmorris: The EU’s Freedom of Establishment Case Law Concerning Healthcare, Common Market Law Review, Vol. 47, n. 1, 2010, p. 118.

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Stati membri di concludere contratti di approvvigionamento di medicinali con gli ospedali tedeschi. Ebbene secondo la Corte33:

“[…] sebbene le norme comunitarie relative alla libera circolazione delle merci non impongano che gli ospedali situati negli Stati membri debbano avere la possibilità di farsi rifornire di medicinali da farmacie esterne, nel momento in cui uno Stato membro prevede siffatta possibilità, esso apre tale attività al mercato ed è di conseguenza tenuto a rispettare le suddette norme”.

La manualistica, tra le decisioni più importanti in materia richiamano anche la decisione Hartlauer34, oltre alla già richiamata DocMorris35. La prima concerneva alcune restrizioni imposte dal diritto austriaco all’apertura di ambulatori dentistici autonomi. Il governo del Land di Vienna e quello dell’Austria superiore avevano infatti negato ad una società con sede in Germania, la Hartlauer, le autorizzazioni richieste dalla legge austriaca per poter aprire un ambulatorio dentistico privato. Tale rifiuto si basava sul presupposto della mancanza di necessità di aprire nuovi studi dentistici, atteso che “l’assistenza odontoiatrica, a Vienna, era sufficientemente garantita dagli istituti di cura pubblici, privati di utilità pubblica e dagli altri medici convenzionati che offrivano prestazioni analoghe”. Ciò posto, “l’istituto di cura di cui si chiedeva l’apertura non avrebbe avuto l’effetto di accelerare, intensificare o migliorare sostanzialmente l’assistenza medica fornita nel settore dentistico ai pazienti domiciliati a Vienna”36. La Corte tuttavia, pur ricordando ancora una volta la discrezionalità attribuita a ciascuno Stato nel decidere il livello di protezione della sanità pubblica e la possibilità che tale livello possa conseguentemente variare da un paese all’altro37, notò come il necessario rilascio di

33 Corte di Giustizia, 11 settembre 2008, Causa C-141/07, Commissione contro Repubblica Federale di Germania, ECR 2008 I-6935, paragrafo 41.

34 Corte di Giustizia, 10 marzo 2009, Grande Sezione, Causa C-169/07, Hartlauer Handelsgesellschaft mbH contro Wiener Landesregierung e Oberösterreichische Landesregierun (Hartlauer), ECR 2009 I-1721. Si veda anche Leigh Hancher, Wolf Sauter, EU Competition and internal market law in the healthcare sector, cit., pp. 98-101.

35 Corte di Giustizia, 19 maggio 2009, Grande Sezione, Cause riunite Apothekerkammer des Saarlandes and Others (C-171/07) e Helga Neumann-Seiwert (C-172/0/07) contro Saarland and Ministerium für Justiz, Gesundheit und Soziales (DocMorris), ECR 2009 I-4171.

36 Corte di Giustizia, 10 marzo 2009, Grande Sezione, Causa C-169/07, Hartlauer Handelsgesellschaft mbH contro Wiener Landesregierung e Oberösterreichische Landesregierun (Hartlauer), ECR 2009 I-1721, paragrafo 18.

37 Hartlauer Handelsgesellschaft mbH contro Wiener Landesregierung e Oberösterreichische Landesregierun (Hartlauer), cit., paragrafo 30.

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un’autorizzazione preventiva ostacolasse l’esercizio della libertà di stabilimento38.

A tal fine essa era chiamata a verificare se sussistesse una giustificazione obiettiva per tale limitazione, individuata dal governo austriaco nella tutela della salute pubblica e nella garanzia dell’equilibrio finanziario del sistema austriaco, che, lo si ricorda ancora una volta, si basa sulle assicurazioni sociali39. D’altra parte, la giurisprudenza della stessa Corte aveva già individuato parametri di applicazione ben più rigidi, potendo uno Stato derogare, in modo obiettivo e non discriminatorio, alla libertà di stabilimento soltanto al fine di “mantenere un servizio medico- ospedaliero di qualità, equilibrato e accessibile a tutti” ovvero per “prevenire un rischio di grave alterazione dell’equilibrio finanziario del sistema previdenziale”40.

Nel caso di specie la normativa austriaca costituiva però una chiara forma di discriminazione e non perseguiva “in modo coerente e sistematico” nessuno dei due suesposti motivi, visto che l’autorizzazione preventiva veniva richiesta soltanto per alcune strutture (ambulatori dentistici privati) e non per altre (come ad esempio per gli studi medici associati). A ciò si aggiunga che un’eventuale deroga alla libertà di stabilimento avrebbe dovuto in ogni caso essere fondata su criteri noti in anticipo, al fine di poter limitare la discrezionalità dell’autorità nazionale. Nel caso in esame, invece, la condizione cui era subordinato il rilascio dell’autorizzazione, veniva individuata unicamente nella “esistenza della necessità delle prestazioni offerte da questo nuovo istituto”41 ed accertata sulla base di criteri che variavano da Land a

Land e che, dunque, non potevano essere noti in anticipo, pregiudicando l’obiettività e l’imparzialità della richiesta autorizzatoria4243. Di conseguenza, la Corte ritenne

38 Hartlauer Handelsgesellschaft mbH contro Wiener Landesregierung e Oberösterreichische Landesregierun (Hartlauer), cit., paragrafi 31-39.

39 Come riportato nel paragrafo 41 “Questo regime garantirebbe un servizio medico di qualità,

equilibrato e accessibile a tutti e assicurerebbe l’equilibrio finanziario del sistema previdenziale in quanto consentirebbe agli enti di previdenza sociale di controllare le spese adeguandole ai bisogni pianificati”.

40 Si confrontino, nello stesso caso, i paragrafi da 47 a 63. 41 Si confronti il paragrafo 65.

42 Si confronti il paragrafo 70.

43 Ad esempio, come si evince dai paragrafi da 66 a 69, il Land di Vienna valutava la ricorrenza di

tale necessità “sulla base del numero di pazienti per ogni odontoiatra entro il bacino di utenza”, con l’ovvia conseguenza che tale dato non poteva essere “né stabilito né portato in alcun modo anticipatamente a conoscenza degli interessati”, mentre il Land dell’Austria superiore si basava “sulla durata del tempo di attesa ai fini di un consulto presso un tale odontoiatra”, sebbene tali dati dovessero essere ricavati sulla base di indicazioni fornite dagli odontoiatri/potenziali concorrenti, che esercitavano nell’area in cui il nuovo istituto aveva richiesto di poter operare.

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l’autorizzazione preventiva contraria alle disposizioni del TFUE che istituivano il diritto di stabilimento (in particolare gli articoli 49 e 54). Veniva così attribuito all’ordinamento europeo la possibilità di indagare le ragioni addotte da un sistema nazionale per chiudere le porte del mercato (in questo caso sanitario) alle imprese straniere e di correggerlo, ristabilendo la libertà di stabilimento, nel caso di mancato rispetto delle necessarie garanzie procedurali e sostanziali (coerenza e proporzionalità).

Di segno opposto la decisione della Corte di Giustizia nel già richiamato caso DocMorris44, ove, al contrario, venne accertata la sussistenza di motivi di interesse generale effettivamente volti alla protezione della sanità pubblica in relazione ad una misura nazionale che, di fatto, ostacolava la libertà di stabilimento. Questi brevemente i fatti. La DocMorris era una società con sede nei Paesi Bassi che era stata autorizzata a gestire come succursale una farmacia in Germania, a condizione che assumesse un farmacista che potesse dirigere personalmente e sotto la sua diretta responsabilità la farmacia. La questione controversa era rappresentata dal presunto contrasto di tale decisione con la legge tedesca sulle farmacie, in base alla quale soltanto i soggetti in possesso del titolo di farmacista possono essere proprietari e gestire una farmacia (è la “regola di esclusione dei non farmacisti”). Ebbene, la Corte di Giustizia fu chiamata a valutare se tale regola fosse o meno contraria al diritto di stabilimento sancito dal TFUE. Al riguardo, il governo federale tedesco sosteneva che la legge interna fosse giustificata dalla tutela della sanità pubblica, mentre il governo regionale del Saarland, la società DocMorris e la Commissione ritenevano invece detta restrizione né opportuna né necessaria per il raggiungimento di tale obiettivo. La Corte preliminarmente notò come gli Stati membri siano tenuti a rispettare il diritto dei Trattati, e dunque anche il diritto di

Come previsto dal paragrafo 74 “Gli artt. 43 CE e 48 CE ostano a disposizioni nazionali, come quelle oggetto della causa principale, ai sensi delle quali, per l’apertura di un istituto di cura privato nella forma di un ambulatorio dentistico autonomo, è necessaria un’autorizzazione e tale autorizzazione viene negata qualora non sussista, alla luce dell’assistenza già offerta dai medici convenzionati, alcuna necessità che giustifichi l’apertura di un istituto siffatto, allorché queste disposizioni non subordinano ad un regime simile anche gli studi associati e non sono fondate su una condizione che sia idonea a circoscrivere sufficientemente l’esercizio, da parte delle autorità nazionali, del loro potere discrezionale”.

44 Corte di Giustizia, 19 maggio 2009, Grande Sezione, Cause riunite Apothekerkammer des Saarlandes and Others (C-171/07) e Helga Neumann-Seiwert (C-172/0/07) contro Saarland and Ministerium für Justiz, Gesundheit und Soziales (DocMorris), ECR 2009 I-4171.

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stabilimento, anche con riferimento al settore sanitario. D’altra parte, gli stessi Stati detengono però la competenza a regolare il sistema di previdenza sociale e i servizi sanitari (fra cui anche le farmacie), godendo, al riguardo, di un certo potere discrezionale, che rende ammissibili protezioni della sanità pubblica differenziate da Stato a Stato45. Non esistendo alcuna norma europea che precisasse quali soggetti potessero possedere una farmacia (tanto che alcuni Stati – come la Germania – prevedono che possano essere soltanto farmacisti, mentre altri lo consentono anche ad operatori privi di tale titolo), la Corte si limitò a fare riferimento alle sole disposizioni del Trattato e ad esaminare gli effetti della regola prevista dal diritto tedesco. Essa astrattamente configurava una restrizione al diritto di stabilimento poiché, sebbene applicabile senza discriminazioni in base alla cittadinanza, aveva l’effetto di ostacolare o scoraggiare l’esercizio di detta libertà da parte dei cittadini europei, riservandola soltanto a taluni soggetti e subordinandola al rilascio di una autorizzazione46. Tuttavia misure come quella prevista dall’ordinamento tedesco possono essere giustificate poiché certamente la sanità pubblica “rientra fra i motivi imperativi di interesse generale che possono giustificare restrizioni alle libertà di circolazione”47. Di conseguenza la Corte, diversamente dal caso Hartlauer, riconobbe che tale misura era effettivamente finalizzata a salvaguardare la messa in commercio dei medicinali, ben potendo gli Stati prevedere requisiti restrittivi che riservano detta attività vendita ai soli farmacisti “in considerazione delle garanzie che questi ultimi devono presentare e delle informazioni che devono essere in grado di fornire al consumatore”48, escludendo chi, privo di tale titolo, non appare avere

le stesse garanzia di esperienza e conoscenza. Risultando altresì “atta a garantire la realizzazione dell’obiettivo inteso ad assicurare una fornitura sicura e di qualità di medicinali alla popolazione”49, la Corte concluse affermando come le disposizioni

del Trattato, per i motivi suesposti, non ostassero alla normativa tedesca che precludeva ai soggetti privi del titolo di farmacista di possedere e gestire farmacie.

45 Al riguardo, si confrontino i paragrafi 18 e 19.

46 Si confrontino i paragrafi da 20 a 24. In particolare, si veda anche il paragrafo 23 che cita

espressamente la sentenza Hartlauer.

47 Si veda il paragrafo 27. 48 Si veda il paragrafo 34. 49 Si veda il paragrafo 51.

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2.1.4 Mercato interno e sistemi sanitari: goods and capital

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