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La tutela pubblica della salute nel modello inglese

1.2 William Beveridge e le nuove politiche di protezione sociale

1.2.2 Social Insurance and Allied Services

Il progetto, non limitandosi a mere specificazioni burocratiche o amministrative, dette vita ad una proposta di riforme di ampio respiro che riuscì a portare il tema delle protezioni sociali al centro del dibattito inglese ed

72 Su cui si veda infra, par. 1.2.2.

73 José Harris, William Beveridge. A Biography, cit., pp. 349-350. Si veda tuttavia anche Norman

Burrell Dearle, Insurance for All and Everything, The Economic Journal, Vol. 34, n. 135, 1924, pp.441-444.

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internazionale, influenzando tutta la successiva legislazione in materia75. In termini generali, la dottrina ha definito tale progetto “il primo e più sistematico sforzo intellettuale di immaginare le politiche di protezione sociale come un insieme coerente e integrato compatibile con un’economia di mercato”76. Basato sul

principio dell’interventismo statale, il progetto trattava infatti la questione occupazionale e le relative forme di sostegno del reddito, la previdenza sociale e la sanità77. Se la prima preoccupazione di Beveridge era quella di ridurre le persone

senza un impiego lavorativo, l’aspetto certamente più originale concerneva la proposta di un sistema sanitario nazionale che garantisse a tutti l’accesso ai trattamenti medici, differenziandosi dal frammentario sistema previgente che assicurava protezione soltanto ai titolari di un reddito, con esclusione degli altri membri della famiglia78. Promesse di integrazione così vigorose si basavano sull’assunto che il libero mercato dovesse essere sostenuto dall’intervento pubblico per scongiurare le inevitabili ripercussioni che la guerra avrebbe certamente prodotto su redditi, famiglie e disoccupazione79.

La Commissione fu incaricata di redigere “un’estesa investigazione sui vigenti sistemi di assicurazioni sociali e servizi assistenziali affini”80, per esaminare

le molte anomalie funzionali e le inuguaglianze sorte a causa della crescita esponenziale, quasi incontrollata, di paralleli sistemi di sicurezza sociale che impegnavano non meno di sette diversi dipartimenti governativi ed una vasta rete di autorità locali, eredi del previgente sistema delle Poor Law, che per secoli aveva offerto assistenza, anche medica, alle persone indigenti81. Complessivamente i servizi erano dunque “diretti da un complesso di organi amministrativi, che pur rendendo servizi incalcolabili, sono sconnessi perché agiscono motivati da principi

75 Si vedano Michele Colucci (a cura di), William Beveridge, La libertà solidale. Scritti 1942-1945,

Roma, Donzelli Editore, 2010, pp. VII, VIII; Trevor Lloyd, Empire, Welfare, State, Europe. History of the United Kingdom 1906-2001, Oxford, Oxford University Press, 2002, p. 226.

76 David Benassi, William Beveridge e il Piano del 1942: alle origini del welfare state, cit., p. 7. 77 Michele Colucci (a cura di), William Beveridge, La libertà solidale. Scritti 1942-1945, cit., pp.

XXI, XXII.

78 Trevor Lloyd, Empire, Welfare, State, Europe. History of the United Kingdom 1906-2001, cit., p.

227.

79 Luigi Troiani, Il rapporto Beveridge nel contesto europeo e internazionale, in Luigi Troiani (a

cura di), Dopo Beveridge. Riflessioni sul welfare, Roma, Agrilavoro Edizioni, 2005, p. LXXVII.

80 Il Piano Beveridge. Compendio Ufficiale della relazione di Sir William Beveridge al governo britannico, in Luigi Troiani (a cura di), Dopo Beveridge. Riflessioni sul welfare, cit., p. 5.

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differenti, e trattano gli stessi problemi in modo diverso, raggiungendo lo scopo solo con spreco di denaro e fatica”82. La duplicazione dei servizi resi e la conseguente

eterogeneità di fonti si rifletteva inevitabilmente sui metodi di finanziamento, con datori di lavoro, contribuenti, lavoratori e amministrazioni pubbliche chiamati a vario titolo a contribuire all’erogazione dei sussidi83. La Commissione produsse un

documento estremamente articolato84 che prospettava molteplici proposte operative

per “abolire il bisogno”, nell’ottica di un rinnovamento unitario e universalistico85.

La sicurezza sociale non avrebbe dovuto più essere limitata ai singoli lavoratori o comunque a gruppi minoritari stigmatizzati, ricomprendendo invece tutta la cittadinanza. Ciò presupponeva il superamento del sistema assistenziale inaugurato con le Poor Law, che, secondo Beveridge, “avevano per secoli degradato e deresponsabilizzato i poveri, perché scindevano il welfare dagli incentivi a lavorare, distruggevano la responsabilità dei genitori, e marchiavano i poveri quale classe a parte”86. A tal fine, si auspicava una unificazione amministrativa che garantisse

maggiore efficienza ed equità e la creazione di una complessiva “politica di progresso sociale”, che ponesse rimedio alla estrema frammentarietà. Il documento dovette inevitabilmente affrontare anche il problema della sostenibilità finanziaria delle composite misure prospettate. Non presentandosi di facile soluzione, si ipotizzò la previsione di fasi transitorie che avrebbero portato ad un aumento graduale dei benefit previsti, che presumibilmente avrebbero raggiunto i valori massimi previsti non prima di venti anni dalla conclusione della guerra87.

La prima parte del Piano si occupava della elaborazione di un “progetto di assicurazione sociale contro l’interruzione o la perdita della capacità di guadagno”88,

82 Il Piano Beveridge. Compendio Ufficiale della relazione di Sir William Beveridge al governo britannico, cit., pp. 10, 11.

83 Jose Harris, William Beveridge. A biography, cit., p. 378.

84 Il progetto era così strutturato: I. Introduzione e sommario, II. Le principali modifiche che vengono

proposte e la loro ragione di essere, III. Tre problemi speciali: Quote di benefici e problema degli affitti, Il problema dell’età, Il problema dei rimedi alternativi, IV. Bilancio preventivo della protezione sociale, V. Piano di protezione sociale, VI. Protezione sociale e politica sociale.

85 Michele Colucci (a cura di), William Beveridge, La libertà solidale. Scritti 1942-1945, cit., p.

XXV.

86 Jose Harris, Beveridge, la sua storia, cit., p. LIV.

87 Trevor Lloyd, Empire, Welfare, State, Europe. History of the United Kingdom 1906-2001, cit., p.

227.

88 Il Piano Beveridge. Compendio Ufficiale della relazione di Sir William Beveridge al governo britannico, cit., p. 16.

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prevedendo l’introduzione di un sistema previdenziale unico per tutti i cittadini, ricomprendente sia le pensioni di anzianità sia i sussidi per disoccupazione e invalidità, sotto la responsabilità di un apposito Ministero di Protezione Sociale e previa istituzione di un unico ed apposito fondo di assicurazioni sociali89. Tale

fondo, similmente a quanto già sperimentato con il National Insurance Act del 1911, si sarebbe basato su un sistema tripartito di contributi provenienti dagli assicurati, dai datori di lavoro e dall’Erario nazionale, con il “denaro raccolto mediante la tassazione generale”90. La seconda tipologia di intervento, ritenuta assolutamente

necessaria per conseguire un sistema di protezione sociale pienamente soddisfacente, prevedeva l’istituzione di un servizio sanitario nazionale, gratuito e per tutti, per la prevenzione, la cura delle malattie e la riabilitazione al lavoro. La tutela della salute sarebbe quindi divenuta un diritto di tutti i cittadini, sebbene il documento non potesse direttamente risolvere la maggior parte delle questioni organizzative e finanziarie. Esso conteneva tuttavia una serie di enunciazioni che costituirono i principi di fondo dell’instituendo sistema sanitario. Si prefigurava così l’istituzione di un esteso servizio sanitario, autonomo rispetto alle assicurazioni sociali, che avrebbe dovuto essere regolato da appositi dicasteri responsabili per la salute, per assicurare ai cittadini l’assistenza medica richiesta mediante la messa a disposizione di tutti i servizi medici necessari. L’effettiva organizzazione del sistema comportava però l’inevitabile scelta tra il mantenimento del sistema finanziario previgente (basato sui contributi obbligatori e sul pagamento delle cure non ricomprese nel sistema assicurativo) e l’eliminazione degli oneri esistenti con la contestuale introduzione di una contribuzione sotto forma di tasse. Pur non potendo formulare proposte finanziarie definitive, la proposta ideale avrebbe dovuto in ogni caso garantire “un sistema di cure e di servizi sanitari completi per tutti i cittadini senza eccezione, senza stabilire limiti di remunerazione o barriere economiche”, suggerendo lo stanziamento, entro i contributi della protezione sociale, di una quota ulteriore che sarebbe poi stata attribuita ai dicasteri competenti per i servizi sanitari, al fine di permettere ad ognuno di “ricevere gratuitamente sia

89 Si veda anche Trevor Lloyd, Empire, Welfare, State, Europe. History of the United Kingdom 1906- 2001, cit., p. 226.

90 Il Piano Beveridge. Compendio Ufficiale della relazione di Sir William Beveridge al governo britannico, cit., p. 54.

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a domicilio che in appositi istituti, tutte quelle cure di cui avrà bisogno, mediche, dentarie o ausiliarie”91. Ultimo obiettivo del documento era la realizzazione della

piena occupazione, che si configurava quale presupposto indefettibile per il corretto funzionamento di tutto il sistema di protezione sociale (“la disoccupazione, mentre aumenta le spese dei sussidi, diminuisce le entrate che vi fanno fronte”92), come

dimostravano i ripetuti interventi a favore della riqualificazione professionale e dell’avviamento al lavoro; Beveridge era infatti “consapevole che una disoccupazione superiore al 3% avrebbe reso impossibile qualunque riforma”93.

L’immenso entusiasmo che il piano Beveridge suscitò, nonché la sua diffusione negli Stati Uniti (dove furono vendute cinquantamila copie in sei mesi)94, tradizionalmente scettici verso forme di intervento pubblico nell’economia, è in parte da ricollegare anche all’ingegnoso riferimento del documento alla Carta Atlantica, sottoscritta appena un anno prima (1941) dal primo ministro britannico Winston Churchill e dal Presidente americano Franklin D. Roosevelt95. In particolare, Beveridge considerò il sistema di previdenza sociale delineato quale applicazione della quinta clausola della Carta96, che affermava “il desiderio dei Capi delle nazioni americana e britannica di raggiungere una piena collaborazione tra tutte le nazioni nel campo economico, allo scopo di assicurare il più alto livello nelle condizioni del lavoro, del progresso economico e dell’economia sociale”. Secondo Beveridge infatti97:

“Le proposte contenute in questa Relazione si intendono come contributo pratico alla protezione sociale menzionata nelle ultime parole della clausola suaccennata, e coprono un terreno che deve necessariamente venire coperto se si vuole che le parole della Carta Atlantica diventino dei fatti reali. Esse non

91Il Piano Beveridge. Compendio Ufficiale della relazione di Sir William Beveridge al governo britannico, cit., p. 99.

92 Il Piano Beveridge. Compendio Ufficiale della relazione di Sir William Beveridge al governo britannico, cit., p. 101.

93 Michele Colucci (a cura di), William Beveridge, La libertà solidale. Scritti 1942-1945, cit., p.

XXIV.

94 Michele Colucci (a cura di), William Beveridge, La libertà solidale. Scritti 1942-1945, cit., p. XV. 95 Jose Harris, Beveridge, la sua storia, cit., p. XLVII.

96 Si veda anche Luigi Troiani, Il rapporto Beveridge nel contesto europeo e internazionale, cit., p.

LXXVI.

97 Il Piano Beveridge. Compendio Ufficiale della relazione di Sir William Beveridge al governo britannico, cit., pp. 113, 114.

46 rappresentano il tentativo da parte di una singola nazione di ottenere dei vantaggi per i propri sudditi a danno dei loro alleati di guerra, ma un contributo ad una causa comune. Non sono intese ad aumentare la ricchezza del popolo britannico, ma a ridistribuire le risorse disponibili in modo da poter trattare prima di tutto la questione più importante, quella dei bisogni materiali ed essenziali”.

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