Principi e assetti organizzativi del fenomeno sanitario nelle esperienze statali americane
3.1 Il Sistema privatistico di assistenza sanitaria
3.1.2 Principi fondamentali In particolare, l’assicurazione sanitaria
Mentre in Inghilterra l’assistenza sanitaria privata è storicamente residuale e relativamente modesta, l’assetto statunitense è invece progettato sull’egemonia del settore privato che regola l’offerta e la produzione dei servizi sanitari in virtù della logica del libero mercato. L’organizzazione sanitaria americana, più volte lo si è già ricordato, ha infatti mantenuto intatti i suoi principi di fondo, alla luce delle responsabilità dirette dei vari Stati e delle non molte competenze federali in materia. I conflitti che ne sono derivati in tempi più recenti traggono dunque origine dalla peculiare evoluzione sociale statunitense, storicamente debitrice nei confronti di una concezione liberale e prettamente negativa del ruolo imposto all’amministrazione federale, pur condizionati anche dai mutevoli rapporti tra forze economiche e politiche.
3 Rino Casella, La riforma sanitaria di Barack Obama, in Studi parlamentari e di politica
costituzionale, n. 165-166, 2009, p. 33; Paul Starr, The social transformation of American medicine, cit., p. 295.
4 Le compagnie commerciali, d’altra parte, possedevano maggiori risorse finanziarie e più stabili e
duraturi rapporti con i datori di lavoro, che garantivano loro un ruolo di prim’ordine nell’offerta di polizze employer-sponsored.
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I costi elevatissimi necessari per “acquistare” un singolo trattamento medico (considerato alla stregua di un qualsiasi bene privato), hanno portato alla diffusione e allo sviluppo di assicurazioni sanitarie con cui i singoli individui, a causa della impossibilità di conoscere la futura evoluzione del proprio stato di salute, decidono di pagare in anticipo una somma nota e predeterminata che garantirà, in caso di necessità, l’accesso alle prestazioni assistenziali senza ulteriori spese. Tale impostazione fa sì che i trattamenti medici divengano al tempo stesso una scelta e una responsabilità rimessa al singolo5. Nonostante tale impostazione, che fa dell’assistenza americana un sistema prevalentemente “market-based”, ingenti restano le spese a carico dell’amministrazione federale, chiamata a garantire il mantenimento di settoriali programmi pubblici e il sostentamento finanziario di particolari dipartimenti, quali ad esempio il Center for Disease Control and
Prevention o il Drug and Food Administration per il controllo dei prodotti
farmaceutici6. Ciò ha reso gli Stati Uniti uno dei paesi occidentali con la più alta spesa sanitaria e con i peggiori risultati quanto ad accesso ed efficienza del sistema sanitario. Nel 2010, infatti, gli Stati Uniti hanno speso 2.600 miliardi di dollari, pari al 17.6% del prodotto interno lordo, per l’assistenza sanitaria7. Il sistema che ne deriva è essenzialmente privatistico, frammentario, caratterizzato dalla pluralità di fonti normative e dall’ampia libertà concessa ai privati, mitigata solo in parte da programmi pubblici settoriali (principalmente Medicare e Medicaid) che garantiscono assistenza sanitaria alle classi della popolazione storicamente più in difficoltà ad accedere alle prestazioni sanitarie erogate dal mercato assicurativo8.
Non essendo mai esistito un sistema pubblico che garantisse eguale accesso ai servizi medici a tutti i cittadini, la realtà americana si è dunque sviluppata attorno alla nozione di copertura assicurativa sanitaria, strumento privatistico che, a fronte
5 Jannie Jacobs Kronenfeld, Marcia Lynn Whicker, U.S. National Health Policy. An analysis of the Federal Role, New York, Praeger Publishers, 1984, p. 53 e ss.
6 Lok Sang Ho, Health Policy and the Public Interest, London, New York, Routledge, 2013, p. 129
e ss.
7 Nancy J. Niles, Basics of the U.S. Health Care System, cit., p. 2.
8 Andrea Pierini, Federalismo e welfare state nell’esperienza giuridica degli Stati Uniti. Evoluzione e tensioni di un modello neo-liberale di assistenza sociale, Torino, G. Giappichelli, 2003, p. 245. Si veda anche Thomas McCarthy, The Health Care System in the United States, in Ullrich K. Hoffmeyer, Thomas R. McCarthy (Edited by), Financing health care, Volume II, Dordrecht, Boston, Kluwer Academic Publishers, 1994, p. 1149.
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del pagamento del relativo premio, tutela l’acquirente/paziente contro l’eventualità di spese sanitarie in caso di necessità mediche e assistenziali9. Nella sua accezione più semplice, l’assicurazione sanitaria comporta un trasferimento redistributivo del rischio dal singolo al gruppo che, tramite il pagamento dei relativi premi, sostiene il costo delle prestazioni sanitarie richieste dal singolo. Varie sono tuttavia le tipologie previste. Attualmente, le polizze possono essere corrisposte ai lavoratori dipendenti dai propri datori di lavori a titolo di retribuzione complementare oppure possono essere acquistate individualmente dal singolo cittadino (generalmente chi non può usufruire di una polizza offerta dal datore di lavoro, come ad esempio i lavoratori autonomi).
La prima, storicamente più diffusa, è nota oggi col come di employer-
sponsored program. Essa si configura come assicurazione di gruppo (group insurance) e prevede che i lavoratori acquistino una polizza, che possa garantire
anche eventuali familiari a carico, attraverso il proprio datore di lavoro. Così facendo, i premi da versare sono inferiori poiché i relativi rischi sono condivisi e ripartiti tra i molti acquirenti. Tale tipologia assicurativa appare particolarmente vantaggiosa sia per i lavoratori che per i datori di lavoro. Secondo le stime ufficiali, i premi medi annuali per il 2016 ammontavano a 6,435 dollari per la copertura del dipendente e a 18,142 dollari per quella familiare, che tutela l’intero nucleo familiare del lavoratore10. Di questi costi, la maggior parte è sostenuta dai datori di lavoro, i quali, per il 2016, hanno contribuito nella misura dell’82% per la copertura del solo lavoratore e del 70% per la polizza familiare11. In ogni caso, le spese sostenute da entrambi i soggetti non sono considerate redditi tassabili e non esiste neppure un limite massimo a tale esenzione. La conseguenza illogica, come notato da alcuni studiosi12, è che il sistema statunitense riconosce detrazioni fiscali che, a
9 Si vedano Nancy J. Niles, Basics of the U.S. Health Care System, cit., p. 101 e ss.; Janet B. Prince, Health Care Crisis in America, New York, Novinka Books, 2006, p. 79 e ss.
10 The Kaiser Family Foundation and Health Research & Educational Trust, Employer Health Benefits, 2016 Annual Survey, Menlo Park, CA, Chicago, IL, http://files.kff.org/attachment/Report- Employer-Health-Benefits-2016-Annual-Survey (link verificato in data 17.2.2017), p. 1.
11 The Kaiser Family Foundation and Health Research & Educational Trust, Employer Health Benefits, 2016 Annual Survey, cit., p. 87.
12 Arleen Leibowitz, Mark A. Peterson, Perspectives on the U.S. Health Care System, in Rivista
Italiana di Politiche Pubbliche, n. 2, 2009, p. 20; Adam Wagstaff et al., Equity in the finance of health care: some further international comparisons, Journal of Health Economics, 1999, Vol.18, n. 3, p. 263-291.
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causa della struttura progressiva dell’aliquota dell’imposta sul reddito, risultano maggiori per coloro che hanno redditi più elevati rispetto agli individui con redditi inferiori. Offerta da tutte le grandi imprese, essa costituisce la polizza più diffusa tra i lavoratori e le loro famiglie (nel 2007 il 61% della popolazione di età inferiore a sessantacinque anni, pari a 158 milioni di cittadini, possedeva tale forma assicurativa)13. Pur rappresentando ancora oggi un importantissimo strumento per
la tutela della salute, a partire dagli anni Duemila la crisi economica ha di fatto estromesso sempre più le piccole e medie imprese dalla possibilità di offrire tale benefit, a causa degli alti costi amministrativi14.
Le polizze individuali, che la dottrina talvolta indica con la locuzione self-
insurance, sono invece implementate e vendute al singolo cittadino dalle singole
compagnie commerciale private o da organizzazioni no profit. Numericamente inferiori (nel 2007 solo il 6% della popolazione di età inferiore a sessantacinque anni possedeva tale forma assicurativa), presentano premi e condizioni più gravose per i singoli acquirenti poiché il relativo rischio è ovviamente determinato dallo stato di salute del singolo individuo acquirente. Il maggior costo è poi dovuto anche al fenomeno di selezione avversa che spesso caratterizza tali piani assicurativi. Tale problema nasce dalla asimmetria informativa che può sussistere tra assicuratori e assicurati poiché i primi, che mirano a ricavare un profitto dalla vendita delle polizze, possono ignorare certe prestazioni sanitarie che a breve saranno richieste dai pazienti e che questi ultimi, invece, ben conoscono ma che potrebbero nascondere per non incorrere in polizze più costose. In presenza di un sistema assicurativo obbligatorio (ma non è questo il caso statunitense, almeno prima della riforma sanitaria del 2010), tale criticità è spesso risolta stabilendo un premio, identico per tutti e non parametrato ai singoli profili medici dei pazienti (è il c.d
community rating), sufficiente alla copertura dei costi complessivi, che attua, di
fatto, una politica redistributiva dai gruppi a basso rischio verso quelli ad alto rischio. Se, invece, l’acquisto della polizza all’interno del libero mercato è volontario, tale fenomeno viene spesso eluso dalle compagnie assicurative15. Esse,
13 Arleen Leibowitz, Mark A. Peterson, Perspectives on the U.S. Health Care System, cit., p. 19. 14 Arleen Leibowitz, Mark A. Peterson, Perspectives on the U.S. Health Care System, cit., p. 20. 15 Il riferimento è al sistema americano ante riforma Obama. Sulle novità introdotte nel 2010 si veda infra, cap. V, par. 5.2.
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operando pratiche spesso definite di patient-skimming, raccolgono quanti più dati sensibili possibili relativi allo stato di salute dei potenziali pazienti e, in base ad essi, calcolano poi i premi assicurativi, imponendo altresì la sottoscrizione di particolari clausole che limitano la copertura finanziaria garantita dall’assicurazione. Ciò rende evidente quanto sia difficile possedere i requisiti, medici e finanziari, necessari per essere ammessi ad un piano individuale. In presenza di patologie preesistenti rispetto alla stipula del contratto, come ad esempio in caso di malattie croniche, l’assicuratore può infatti rifiutarsi di vendere la polizza, imporre cifre maggiori per la sua conclusione, ovvero, risolvere unilateralmente il contratto, se già concluso, non coprendo il pagamento dei costi sanitari richiesti16.
Nonostante tali differenziazioni, tutti i piani assicurativi rientrano in tre diverse categorie. L’assicurazione può infatti essere sottoscritta volontariamente dal paziente con compagnie private, con o senza scopo di lucro, ed in questo caso è indicata con l’acronimo VHI (Voluntary Health Insurance). In secondo luogo, può viceversa essere fornita dall’amministrazione pubblica, a livello federale, statale o locale e viene pertanto denominata Social Insurance. L’esempio più semplice è rappresentato dal programma Medicare con cui il Governo federale ha garantito la tutela della salute dei cittadini con più di sessantacinque anni di età. L’ultimo modello, Public Welfare Insurance, è rivolto agli indigenti, impossibilitati per mancanza di reddito ad accedere alle prestazioni mediche, tutelati essenzialmente tramite il programma Medicaid. In ogni caso, tutte le polizze assicurative comportano la stipulazione di un contratto che, sulla base della tipologia assicurativa prescelta, coinvolge a vario titolo i beneficiari (i pazienti), gli eventuali diversi acquirenti (i datori di lavoro ovvero anche le amministrazioni pubbliche), le compagnie assicurative che curano i vari piani sanitari e i soggetti che infine erogano i servizi richiesti17.
16 Jacob S. Hacker, The divided welfare state. The battle over public and private social benefits in the United States, cit., p. 182; Arleen Leibowitz, Mark A. Peterson, Perspectives on the U.S. Health Care System, cit., p. 21; Roberto Zanola, Produzione pubblica di beni privati: perché esiste la sanità pubblica, Stato e mercato, Vol. 55, n. 1, 1999, pp. 153, 154.
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