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3.2 Costruzione degli stati ordinari normali: il desiderio mimetico

Nel documento I normali e gli altri. Gioco e filosofia (pagine 109-114)

“Molte persone non s'innamorerebbero mai se non avessero letto dell'amore” La Roche Foucault

L'amore è qualcosa a cui si viene educati, è l'insieme delle costruzioni testuali dell'immaginario a cui siamo costantemente esposti, con una forte componente di disciplinamento. Apprendere ciò è propedeutico alla normalità.

Uno dei capisaldi della teoria di René Girard è il desiderio mimetico. Secondo il filosofo francese il fondamento del nostro desiderio andrebbe ricondotto all'imitazione. Tale concetto tuttavia non è del tutto originale. Il pensiero occidentale è ricco di grandi pensatori che ne hanno già dato una teorizzazione: primo fra tutti a parlare di mimesi è Platone, come abbiamo già visto in precedenza. Ma il concetto di imitazione in Girard è più complesso e sviluppato. Ciò che interessa al filosofo avignonese va oltre al puro riprodurre suoni o copiare movimenti; anche se questo tipo d'imitazione è una parte integrante dell'esperienza umana, basti pensare all'apprendimento dei bambini.

Il fulcro della sua tesi è che noi non desideriamo in maniera autonoma, ma il nostro è un desiderio ispirato da un altro individuo che prendiamo a modello.

“Non c'è nulla o quasi, nei comportamenti umani, che non sia appreso, e ogni apprendimento si riduce all'imitazione. Se gli uomini, a un tratto, cessassero di imitare, tute le forme culturali svanirebbero. I neurologi ci ricordano di frequente che il cervello umano è un'enorme macchina per imitare”165.

Non esiste nulla dunque di più sociale dei nostri stessi desideri. Difatti l'autonomia dei nostri desideri è la “menzogna romantica” per eccellenza per Girard, come vedremo poi. Innanzi tutto bisogna partire dalla distinzione fondamentale tra desiderio e appetito: il secondo ha carattere fisiologico, come per il cibo o il sesso, e non è necessariamente legato al desiderio. Quest'ultimo invece si manifesta appena appare un modello da imitare, in potenza qualsiasi appetito può venire contaminato dal desiderio mimetico; questo perché esistono varie fasi all'interno del desiderio mimetico. Proprio per questo motivo Girard sostiene che si può trovare una forma di comportamento mimetico anche a livello pre-umano nei mammiferi più evoluti: in particolar modo nelle scimmie antropoidi. Tali affermazioni trovano riscontro negli studi etologici: come per esempio negli studi di Frans de Waal, il quale sostiene che la

capacità di imitazione degli animali sia in relazione alla loro capacità empatica, in particolare osserva come le scimmie antropoidi abbiano la capacità imitativa più simile agli esseri umani166. Il nostro senso dell'imitazione però è molto più profondo rispetto a quello degli

scimpanzé: perché esso è diretto anche verso i desideri.

Desideriamo ciò che gli altri desiderano e lo vogliamo per noi stessi: attraverso la mimesi sviluppiamo i nostri desideri e siamo portati a seguire gli oggetti che ce li procurano. Abbiamo bisogno di qualcuno che faccia da modello ai nostri desideri: difatti copiamo coloro che pensiamo essere degni di ammirazione, mentre al contrario cerchiamo di comportarci in maniera opposta rispetto a coloro che disprezziamo. I nostri desideri dunque si plasmano sui desideri altrui. Da qui si genera il conflitto: il soggetto che ci guida nella nostra scelta del desiderio è allo stesso tempo colui che impedisce di raggiungerlo, e ciò aumenta il valore dell'oggetto desiderato. Questa resistenza e questo valore aggiunto porta chi desidera ad intensificare maggiormente gli sforzi per raggiungere l'oggetto desiderato, aumentando sempre di più la percezione del valore, che diventa sempre più indipendente dell'oggetto del desiderio. Girard definisce tali oggetti “metafisici”. Un esempio di tali oggetti si ritrova nelle cose immateriali come: la rivalità che si ha nella ricerca del prestigio, dell'onore o nelle competizioni sportive, dove il desiderio non è più rivolto ad un oggetto fisico. È da notare come la teoria mimetica trovi difficile accettazione sopratutto nel mondo moderno: questo perché oggi vi è un netto rifiuto dell'imitazione, vista in maniera negativa, a favore dell'originalità. Girard invece mette in evidenza come questo rifiuto della modernità non permette di sottrarsi all'influsso della mimesi, che si nasconde ma non sparisce. L'esempio lampante sono la moda e la pubblicità, nelle quali agisce il meccanismo imitativo e lo si può notare nel concreto effetto che ha sul comportamento umano. Negli spot pubblicitari infatti viene raramente mostrato l'oggetto, che si vuole pubblicizzare, in maniera diretta: di solito viene messa in risalto la persona che lo utilizza o che lo desidera per attivare così un meccanismo imitativo167.

166de Waal, F., Good Natured: the origins of rights and wrong in humans and other animals, Harvard University Press, Cambridge MA 1996, pp. 71-72.

167Tutto ciò ha lo scopo, nella maggior parte dei casi, di ispirare invidia, che è l'emozione mimetica per eccellenza. Inoltre la pubblicità ha la pretesa di conferire l'unicità al soggetto a patto che si acquisti l'oggetto in questione. Tutto ciò è paradossale poiché il target di consumatori non è un individuo o una nicchia di persone, ma il mondo intero. Come accade per gli slogan situati nel Centro, nel libro di José Saramago , La caverna: “Cipriano Algor distese il foglio sul tavolo e cominciò a leggere, Sii audace, sogna […] Vivi

l'audacia di sognare, questa è una variante della prima, e ora vengono le altre, uno, acquista operatività, due, senza uscire da casa i mari del sud a tua disposizione, tre, questa non è la tua ultima opportunità ma la migliore, quattro, pensiamo continuamente a te è il tuo momento di pensare a noi, cinque, porta i tuoi amici purché comprino, sei, con noi non vorrai mai essere altra cosa, sette, tu sei il nostro miglior cliente ma non dirlo al tuo vicino, Questa stava là fuori, sulla facciata, disse Marçal, Ora sta dentro, ai clienti dev'essere piaciuta, rispose il suocero”. Saramago, J., La caverna, Feltrinelli, p. 308.

Il modello dunque si fa portatore di un duplice valore: diviene per il soggetto un idolo, ma allo stesso tempo un ostacolo, un nemico, poiché si si frappone tra il soggetto desiderante e la possibilità di raggiungere l'oggetto desiderato. Si tratta di quello che Girard chiama “modello ostacolo”:

“Il rivale desidera lo stesso oggetto del soggetto. […] La rivalità non è il frutto di una convergenza accidentale dei due desideri sullo stesso oggetto. Il soggetto desidera l'oggetto perché lo desidera il rivale stesso. Desiderando questo o quell'oggetto, il rivale lo indica al soggetto come desiderabile”168.

E ancora:

“La mediazione fa nascere un secondo desiderio perfettamente identico a quello del mediatore. Si tratta sempre, insomma, di due desideri concorrenti. Il mediatore non può fare la parte di modello senza contemporaneamente fare, o sembrar fare, la parte dell'ostacolo”169.

Convergendo le loro aspettative sullo stesso desiderio, la situazione tra i due individui sfocia in un conflitto e diventa contraddittoria: come quella che dal pensatore avignonese viene definita di “double bind”170 (doppio vincolo). In tale circostanza si è costantemente guidati

dall'imitazione di un modello, ma allo stesso tempo ci indirizza a un atteggiamento contrario, che si afferma nell'imperativo “non imitarmi”. L'aggressività, la violenza non è detto che si manifesti apertamente, però rimane latente.

Va notato che più si accentua la rivalità, più questa si sposta non tanto sul possesso dell'oggetto desiderato quanto piuttosto sull'ossessione che i due rivali sviluppano l'uno verso l'altro. Così la motivazione che spinge i due rivali, ad un certo punto, cessa di essere il raggiungimento dell'oggetto reale e inizia ad essere la vittoria sul rivale, tanto che il desiderante può arrivare perfino alla distruzione dello oggetto stesso pur di vincere lo scontro. L'oggetto diventa un mezzo e non più il fine. Basti pensare al già citato potlach. La teoria

della classe agiata di Thorstein Veblen171 tratta del “consumo viscoso”, che ha la stessa

168Girard, R., La violenza e il sacro, Adelphi, p. 204.

169Girard, R., Menzogna romantica e verità romanzesca, Bompiani, p. 11. 170Girard, R., La violenza e il sacro, Adelphi, p. 207

Concetto ripreso da Girard e utilizzato dalla scuola psicologica di Palo Alto. Si tratta di una nozione, teorizzata da Gregory Bateson, che spiega l'emergere di alcune malattie psicologiche come la schizofrenia. Si instaura tra genitori e figli un rapporto di doppio legame, dove i primi mandano dei messaggi contraddittori ai secondi (sia verbali che non verbali). Per esempio “sii spontaneo”, “devi amarmi”, “non essere così obbediente”. In qualsiasi caso il bambino sbaglierà sempre perché, sia che decida di seguire quello che gli è stato detto o viceversa, va contro le volontà del genitore.

funzione del potlach: un consumo di risorse che non ha delle finalità pratiche, ma simboliche. Veblen, inoltre, si chiedeva come mai le élites economiche spendessero tanta energia nell'apprendimento delle lingue morte come il greco e il latino, che di fatto non hanno nessuna funzione pratica. La risposta era che l'apprendimento di queste materie serviva ai giovani delle classi agiate per riconoscersi in un gruppo elitario di appartenenza. In questo hanno una funzione coesiva al pari della pratica del potlach.

Dunque “modello” e “ostacolo” sono strettamente connessi e possono divenire l'un l'altro in qualsiasi momento172.

Riassumendo Girard, in particolare nella sua opera Menzogna romantica e verità romanzesca, afferma che l'idea, per cui dal soggetto del desiderio si passi al oggetto del desiderio, è sbagliata. In quest'opera mette in evidenza, attraverso i romanzi di grandi scrittori (Cervantes, Stendhal, Flaubert), il fatto che il desiderio deve essere modellizzato come un triangolo, per questo Girard parla di desiderio triangolare. Il desiderio nasce da un'imitazione di un desiderio che il soggetto S prende da un oggetto esterno O che funge da mediatore/modello M.

Quest'ultimo può diventare un modello-ostacolo, ma il desiderio mimetico e la violenza non sempre coincidono. Può esistere infatti un desiderio che non necessariamente suscita conflitto o rivalità. Questo perché Girard postula l'esistenza di due tipi di mediatori: esterno e interno. Nel primo caso:

“Laddove la distanza fra le due sfere possibili, che s'accentrano rispettivamente sul mediatore e sul soggetto, sia tale da non permettere contatto”173.

Con mediatore esterno la distanza è massima possibile, come nel rapporto tra Don Chisciotte e Amadigi di Gaula: Don Chisciotte desidera certe cose perché Amadigi le desidera, ma non vi può essere alcun tipo di rapporto diretto tra i due, essendo Amadigi il personaggio di un racconto eroico. Per questi, non venendo a contatto l'uno con l'altro, è impossibile che scaturisca una rivalità su alcunché. In questo caso il modello rimane su di un piedistallo.

di sussistenza, ma va interpretata come un segno di distinzione sociale che si aggiunge alle qualità personali. Per questo la ricchezza non va solo accumulata, ma ostentata.

172La dinamica modello-ostacolo è presene anche nel modello edipico di Freud, ma con la differenza che quest'ultimo la applica soltanto al rapporto padre-figlio senza ampliare la sua portata ad ogni soggetto desiderante, come invece afferma Girard. Il filosofo avignonese vede, come per Freud, nei fenomeni psichici della vita dei bambini la genesi dei rapporti intersoggettivi futuri, evidenziandone le possibili conseguenze negative. Anche secondo Girard la rivalità tra padre e figlio è presente, ma non è causata dal comune desiderio per la madre, come invece sosteneva Freud.

Dunque il mediatore si pone su un piano ontologico superiore, e lo stesso accade per i credenti rispetto all'immagine di Cristo, che deve essere preso a modello, anche se non riusciranno ad essere mai come lui. Un altro esempio che Girard porta è quello di Emma Bovary, protagonista del romanzo di Gustave Flaubert Madame Bovary. Emma Bovary, infatti, imita in ogni aspetto della sua vita le eroine dei romanzi rosa, arrivando a desiderare di avere, come molte di loro, un'amante174. Fin tanto che sono presenti delle differenze sociali o di qualsiasi

altro tipo tra soggetto desiderante e mediatore, il conflitto non subentra.

Quando invece tra i due non intercorre questa distanza abbiamo il mediatore interno:

“Laddove questa stessa distanza sia abbastanza ridotta perché le due sfere si compenetrino più o meno profondamente”.

Qui tra soggetto e mediatore di instaura una dinamica concorrenziale, ossia quando il mediatore rientra nella sfera di relazione del soggetto. A questo proposito Girard riporta l'esempio di Stendhal nel Rosso e il Nero, dove il modello-ostacolo si ritrova tra: Julien e Mathilde, Renai e Valenod, Lucien Leuwen e i nobili di Nancy, Sansfin e i signorotti della Normandia. Dunque è con il mediatore interno che vengono a galla i sentimenti paradossali, di cui ho accennato prima, di venerazione e rancore.

Girard è un filosofo del desiderio. È stato il primo a cogliere e a formulare con esattezza la rivelazione di un fatto irritante: ossia noi desideriamo quello che gli altri desiderano. Nella sua opera principale a una visione lineare del desiderio contrappone una visione mimetica e ne confronta le varie modulazioni nelle opere e nei personaggi della letteratura romanzesca. Utilizza la letteratura per sfatare le illusioni romantiche con cui banalmente si cerca di spiegare i meccanismi del cuore. Si definisce in questo modo un desiderio secondo l'Altro che è in opposizione al desiderio secondo sé. Questo accade attraverso sia la mediazione esterna laddove la distanza, fisica ma sopratutto sociale, è tale da non permettere il contatto; sia nella mediazione interna, nel caso in cui la distanza è ridotta, ossia quando il mediatore diventa un rivale.

174Si può notare nelle sue parole, come Emma stessa si renda conto di stare emulando le protagoniste dei suoi romanzi: “Si ripeteva ‘ho un amante, un amante!’, deliziandosi all'idea, […] Ripensò allora alle eroine dei

libri che aveva letto, e la lirica legione di quelle adultere prese a cantarle nella memoria con fraterni e deliziosi accenti. Era lei, lei, carne viva di quelle fantasie, e realizzava il lungo sogno della sua giovinezza riconoscendosi in quel tipo d'innamorata che aveva tanto invidiato”. Flaubert, G., Madame Bovary,

Nel documento I normali e gli altri. Gioco e filosofia (pagine 109-114)