Stefano Bartezzaghi, giornalista e scrittore italiano, afferma che il titolo della conferenza di Huizinga potrebbe oggi essere reso così: “sui limiti del ludico e del serio.”, traducendo perciò il sostantivo in un aggettivo sostantivato. Il gioco quindi si è trasformato nel “ludico”. Non è più una sostanza, ma diventa una qualificazione.
Qual è il momento in cui la tensione degenera in patologia nel gioco? Qui non esistono dispositivi con cui ottenere delle misurazioni scientifiche. Esistono patologie legate ai giochi d'azzardo, che sono le meglio descritte, ma altre forme, anche se non misurabili, possono essere legate alla maschera come nei giochi di simulazione, oppure alla vertigine come i videogiochi, o ancora legati all'Agon come la competizione degenerata in scontro fisico. Sicuramente non siamo più nello spazio di gioco né “puro” né “protetto” di cui parlava Caillois. Siamo nel campo di quelle che lui chiamava forme di degenerazione. Forse siamo più vicini a quanto diceva Umberto Eco riferendosi al fenomeno della “carnevalizzazione”, a proposito della penetrazione del ludico nella vita contemporanea:
“Essendo creature ludiche per definizione, e avendo perduto il senso della dimensione del gioco, siamo alla carnevalizzazione totale”63.
Questa nuova ludicità è un fenomeno che Peppino Ortoleva, accademico e storico italiano, vede svilupparsi dagli anni Ottanta: sia nel cambiamento delle forme di gioco umano, sia nel ruolo essenziale che il gioco sta assumendo nella società. Ne parla nel suo ultimo libro Dal
sesso al gioco. Un'ossessione per il XXI secolo?. Esistono aspetti dell'esistenza che sono stati
a lungo confinati in spazi circoscritti, separati quindi dalla vita pubblica, poi per strane convergenze, hanno iniziato a infiltrarsi sotto i riflettori diventando a poco a poco i protagonisti. Da qui hanno iniziato a determinare i costumi, i valori e la cultura di intere società. Esamina in tal senso la “sessualizzazione del mondo” che ha caratterizzato il XX secolo e afferma che nel XXI secolo è il gioco a diventare un concetto fondamentale. Ortoleva mette in evidenza come già la rivoluzione sessuale novecentesca, esaltando il ruolo delle pulsioni e del desiderio, abbia modificato l'immagine dell'essere umano, forse proprio in risposta al modello capitalistico. Tuttavia sembra giunto ad uno sterile ripiegamento su se stesso: si ha dunque l'ostentazione della nudità, alla mercificazione, l'appiattimento omologante. Per lo studioso accorre in suo soccorso proprio il gioco: per creare nuovi riti di
62 Bartezzaghi, S., Indagini sul gioco, in Aut Aut, 337, 2008, p. 10.
corteggiamento e perfino del matrimonio. Perciò prende come esempio i siti d'incontro, dove si sviluppano relazioni che assomigliano a giochi di ruolo. Perché il gioco è “evasione in un ambiente che non c'è”, contribuisce al processo umano dell'adattamento, nasce dall'incompiutezza del genere umano, dal suo non “essere bene assestato”. L'adattamento agisce con un duplice movimento: davanti all'impossibilità umana di avere sotto controllo le varie situazioni, attinge dall'immaginazione per creare scenari inattesi, per produrre nuovo reale, quindi evadere in un “ambiente che non c'è” e trova nel vissuto materiale a cui attingere. Dunque l'esperienza ludica trova terreno fecondo in questo paradosso, in questo andirivieni, in questo intreccio di due sfere conferendogli senso.
L'idea che il gioco stia emergendo in contesti non ludici, viene ribadita da Ortoleva anche in altri articoli:
“Nel corso degli ultimi decenni l'avvento di nuove tecnologie, la riorganizzazione del tempo di vita, e anche fattori culturali più sottili hanno indotto nuove tipologie di gioco, ridefinendo i confini e i rapporti tra gioco e realtà, toccando aspetti della vita e del sistema sociale che, in precedenza, col gioco sembravano non avere rapporti”64.
La comprensione di questa nuova esperienza ludica è per Ortoleva chiave di volta. Si riferisce in particolare a due tipologie di oggetti: i casual game e i social game. I primi si affermano grazie all'enorme successo di due console per videogame della Nintendo, messe sul mercato tra il 2005 e il 2006 (DS e Wii). Questi prodotti, oltre ad avere sostanziali innovazioni tecnologiche (touch screen, sensori di movimento che permettono di giocare muovendosi ecc), hanno ampliato notevolmente la rosa dei giocatori. Lo scopo della Nintendo era quello di creare un nuovo mercato per giocatori ultratrentenni ormai poco avvezzi a questo tipo di giochi. Presentate come strumenti per un intrattenimento familiare, hanno così sciolto il classico binomio tra giocatore solitario e perdita di tempo, riuscendo così ad immettere sul mercato una piattaforma di gioco correlata all'idea di svago dai tempi elastici da svolgere in compagnia65. Rivoluzione iniziata dalla Nintendo e portata avanti verso gli anni Novanta dal
successo dei mobil game, settore che sta soppiantando quello delle classiche console portatili. L'altra categoria è quella dei social game, applicazioni gratuite integrate nei social network.
64 Ortoleva, P., Homo ludicus, in Game – The italian journal of game studies, 1, 2012.
65 Grande salto in avanti sia quantitativo che qualitativo. Aiutati in questa strategia dall'aver introdotto la possibilità di poter personalizzare il proprio avatar creando così maggiore partecipazione. Questi avatar della Nintendo si chiamano Mii e sono il primo esperimento di questo genere. È nella loro stessa creazione che si ha un momento ludico socializzante. Oltretutto è possibile vedere presenti nel gioco Mii di utenti non presenti dal vivo, utilizzati però dal gioco stesso come compagni o come avversari.
Facebook per esempio, dove si trovano uniti gioco e socialità. Vengono anche chiamati
appointment game proprio perché per poter svolgere azioni, il gioco ha bisogno di tempi di
ricarica più o meno lunghi. Il giocatore per avanzare di livello è costretto a collegarsi a intervalli con sessioni di gioco brevi e frequenti. In questo tipo di giochi la storia procede volenti o nolenti, i giocatori migliori sono quelli che si collegano più spesso e riescono ad azzeccare i tempi di ricarica. Solitamente queste applicazioni sono di natura free-to-play, ma non sempre. Esistono strumenti per avanzare di livello più velocemente che si possono acquistare (con denaro reale) all'interno del gioco. C'è una sorta di collaborazione in queste tipologie di gioco: esistono degli amici virtuali che un utente possiede e servono per creare uno scambio di favori o di beni. Si tratta più di “utilizzo” che di socializzazione vera e propria: più amici si ha, più si ha occasione di migliorare e andare avanti con il proprio gioco66. La parte “social” risulta dunque fittizia.
Si viene a creare una zona intermedia, un'area grigia, una sorta di semi-ludicità. Sulla base di un modello giocoso si stanno instaurando delle relazioni sociali che sempre più non hanno finalità ludiche. Questo appartiene più alla piattaforma, alla struttura delle relazioni implicate da Facebook (per continuare con lo stesso esempio), piuttosto che alle applicazioni di giochi contenute in essa.
In un articolo sul blog TechCrunch67 è proprio Gareth Davis, product manager del comparto
giochi di Facebook, a dire ciò che segue:
“The big thing that Facebook introduced to the world is that everybody likes to play games but most people don’t consider themselves a gamer. the beauty of many Facebook games, you ask them if they’re playing a game, and they say no I’m just hanging out and talking and having fun. A lot of games on Facebook have made that experience prominent”68.
Dunque considerare se stessi “giocatori” all'interno di queste nuove esperienze semi-ludiche è ancora problematico. Ortoleva nel suo lavoro sui casual game e mobil game vuole appunto mettere in risalto questa progressiva sovrapposizione o evoluzione dall'attività ludica in realtà. Questa possibilità si realizza su due versanti: da un lato abbiamo delle tecnologie sempre più all'avanguardia, dove si viene a creare un'interazione tra ludico e tecnologia e arrivano quasi a
66 I giochi stessi, a volte, richiedono un numero minimo di amici per passare al livello successivo.
67 TechCrunch è un blog statunitense che si occupa di tecnologia e informatica. È stato fondato da Michael Arrington nel 2005. È ancora attivo con 2 milioni di accessi ogni mese alla sua base di dati.
68 Olanoff, D., Facebook and games: can the social network turn all of us into “gamers”, or are we already?, in techcrunch.com, 16 novembre 2012.
compenetrarsi (la diffusione e la comprensione del primo contribuisce a quella del secondo e viceversa); dall'altro lato tutto ciò è possibile grazie alla grande disponibilità di brevi intervalli di tempo da riempire, dove il tempo del lavoro viene intervallato da finestre di tempo libero.
“La caduta della rigida divisione dello spazio-tempo tra lavoro e gioco è insieme una premessa essenziale di una nuova ludicità e una conseguenza del suo imporsi, e altrettanto lo è la caduta della divisione altrettanto rigida tra giochi accettabili per gli adulti e altri solo infantili. Una conseguenza del primo fenomeno è il formarsi di una vasta area di semi-ludicità, una conseguenza del secondo è che il gioco come risorsa adattiva e il gioco come paradosso perennemente irrisolto tendono a sovrapporsi. Entrambi i fenomeni contribuiscono a dar vita alla nuova figura dell’homo ludicus”69.
Insiste sopratutto sul fatto che questa nuova ludicità abbia un carattere qualitativo e non solo quantitativo. Questa espansione pluridirezionale del gioco fa capire oltremodo come non esista più una linea di demarcazione (che prima stavamo cercando di rintracciare) tra lo “spazio puro” del gioco e la realtà seria, tra il tempo libero e il tempo dedicato all'attività lavorativa.
Si viene a creare una zona grigia, una sorta di limbo che è abitato dall'homo ludicus. Questo ha fatto sue le esperienze dell'homo ludens e le ha applicate in altri scenari. La sua collocazione è problematica: sembra essere connessa sia all'odierna situazione economica e sociale, sia all'impiego di nuove tecnologie. Basti pensare alla distaccata giocosità in molte relazioni, sopratutto quelle virtuali, che si pone in linea con una società come la nostra fortemente atomizzata. A volte fino a diventare un proprio e vero rifugio o una nuova realtà dal carattere compensativo, questo sopratutto nei giovani che sono in uno stato di precarietà generalizzata70.
Non tutto è perduto! È possibile creare possibilità alternative proprio a causa “dell'inutilità” del gioco stesso: forse è possibile, nella realtà socio-economica di oggi, valorizzare la ricchezza in quanto bene da “perdere” in rottura rispetto alla logica capitalistica dominate. Forse quindi riusciremo in questo preciso punto a svicolare dall'impasse in cui l'homo
oeconomicus si è cacciato.
Dalla definizione che si sta formando di gioco possiamo dire che implica conseguenze sulla vita reale. Ci consente di formare strategie e comportamenti nei punti di vista e dei ruoli
69 Ortoleva, P., Homo ludicus, in Game – The italian journal of game studies, 1, 2012
70 Diventando così uno “strumento di costruzione di identità provvisorie o non impegnative”. Ortoleva, P., Dal sesso al gioco. Un'ossessione del XXI secolo?, Espress, p.129.
sociali. Non si può più considerare il gioco solo come mere distrazioni o pausa dalla realtà. Crollano le barriere, che sembravano essere così solide, tra gioco e lavoro (o quanto meno vengono messe in discussione). Questo avviene, abbiamo visto, non solo per quanto riguarda l'impegno profuso, ma anche a causa del cambiamento delle caratteristiche di tali attività. S'inizia a vedere una composizione ibrida, con linee di demarcazione non più così nette. Al giorno d'oggi siamo davanti al paradigma della “ludicizzazione del reale”, in un contesto dove il ludico sta diventando sempre più pervasivo. Già accennato tramite le citazioni di Ortoleva, le categorie del “ludico” e del “serio” si stanno intrecciando e reinquadrando a vicenda. Il cerchio magico diventa osmotico e si creano spazi fluidi e aperti, caratterizzati dalla sovrapposizione di questi ambiti. Questo fenomeno è possibile chiamarlo con il neologismo gamification o ludicizzazione. Esso si è infiltrato anche nei mezzi di comunicazione tradizionali contaminando sia le pratiche sociali che linguistiche (stampa, cinema71, televisione ecc). Il termine gamification è stato introdotto per la prima volta nel
febbraio del 2010 da Jesse Schell, famoso game-designer americano, alla “Dice Conference” di Las Vegas con un intervento intitolato When games invade real life72.
Oggi le meccaniche di gioco trovano applicazione anche al di fuori del mondo dei videogame: con la Gamification è possibile applicare i principi base dei giochi in contesti non strettamente ludici. Dietro i meccanismi di gioco si cela l'esercizio di discipline complesse dalle neuroscienze all'ingegneria sociale.
La gamification rende il lavoro più gradevole e accettabile, ma porta con se anche un aspetto manipolatorio sia nel lavoro che nel consumo: al supermercato dove si comprano cose alle quali non si aveva pensato, Angry Birds spinge a comprare aiuti per il livello successivo. Presenta dunque due caratteri contrastanti: da una parte abbiamo una strategia di marketing volta ad usare componenti del gioco in contesti non ludici per motivare e aumentare la
71 Per esempio l'alternate reality game (ARG) di The Dark Knight film di Christopher Nolan del 2008, dove il giocatore era spinto a superare una serie complessa di prove per avere in anteprima alcune informazioni sul film, come il volto del nuovo Joker.
72 In quella conferenza si tentava di capire a cosa fosse dovuto il successo delle applicazioni casual game e social game. L'intervento di Schell si concludeva ipotizzando un futuro distopico con una trama degna di “Black Mirror”, dove ogni azione individuale viene valutata con un punteggio: dal lavarsi i denti correttamente, allo studio, al lavoro, qualsiasi attività è soggetta a punteggio. Facendo tutto in maniera corretta si potranno vincere bonus o agevolazioni, Schell aggiunge inoltre che vivere sotto questa sorta di Big Brother dovrebbe spingerci ad essere persone migliori proprio perché costantemente visti e spiati.
fidelizzazione e la partecipazione73, da un lato fa si che l'utente abbia un funzione attiva nel
migliorare la propria vita (non solo quella lavorativa) e il suo impatto sul mondo.
Ci sono molte situazioni nelle quali si può applicare il “metodo gamification”: da un sito, ad un servizio, una campagna pubblicitaria, una comunità. Tutti questi contesti e altri ancora possono essere “gamificati” (da “to gamify”) per spingere gli utenti a interessarsi a determinati contenuti e a farli tornare più e più volte su essi74. Può essere applicato nel
marketing, nel business, nel mondo dell'insegnamento (e-learning) e molto altro. Gli obbiettivi potrebbero essere riassunti in due punti:
• stimolare un comportamento attivo e misurabile,
• guidare un interesse attivo verso il messaggio da comunicare.
Questi obbiettivi vengono realizzati attraverso un set di regole che John Hopson75 chiama
contingenze che si distinguono in: ratios e intervalli. I primi prevedono che vengano date
ricompense dopo un numero di azioni completate e si dividono a loro volta in: fissi (numero di azioni prestabilite) o variabili (azioni che cambiano di numero). La presenza dei ratios fa si che esistano dunque dei rallentamenti nel gioco che avvengono dopo l'ottenimento di una ricompensa. Viceversa le azioni del gioco aumenteranno d'intensità, mano a mano che si
73 Le dinamiche coinvolte nella gamification sono la ricompensa, lo stato, la conquista di un risultato, l'espressione di sé e la competizione. Le meccaniche di gioco basilari sono i punti, i livelli, le sfide, i beni virtuali e le classifiche. Ogni meccanica è legata e soddisfa una determinata dinamica nel gioco.
• I punti – ricompensa: è in grado di motivare le persone, acquisendo punti si aumenta di livello oppure possono essere scambiati per ottenere ricompense dando l'idea di guadagnare qualcosa; • Livelli – stato: riflettono numerosi contesti reali (ambienti sociali, lavorativi, d'affari). Forniscono
un sistema per introdurre traguardi e per accedere a nuovi contenuti.
• Sfide – obbiettivi: sono le missioni che vengono intraprese nel gioco. Forniscono una ragione per continuare a partecipare e motivano i giocatori, servono per raggiungere risultati sotto forma di trofei o altri obbiettivi da sbloccare. La possibilità inoltre di mostrarli ad altri utenti aumenta la competizione.
• Beni virtuali – espressione di sé: senza beni da poter acquistare tutto ciò sarebbe come senza scopo. Tutto ciò aumenta l'interesse degli utenti e da la possibilità di crearsi una propria identità, per esempio personalizzando il proprio avatar. Generano anche profitto in quanto a volte vengono usati anche soldi reali.
• Classifiche – competizione: è un metodo per ordinare le performance di tutti e accendere lo spirito competitivo.
Gamification staff, Meccaniche e dinamiche della gamification, in Gamification.it, 23 dicembre 2010.
74 Come le notifiche push, che sono un servizio delle applicazioni per iOS che invia un avviso nella home page del cellulare o tablet quando magari e possibile giocare di nuovo ad un determinato gioco, oppure quando esce una puntata del nostro telefilm preferito ecc.
75 John Hopson è a capo della ricerca degli utenti di Bungie (azienda nata nel 1991 a Washington che sviluppa videogame) ed è stato il principale ricercatore per una vasta gamma di giochi. È autore di numerosi articoli sull'intersezione tra ricerca e giochi (tra cui “Behavioral Game Design”). Ha conseguito un dottorato di ricerca in “Behavioral and Brain Sciences” alla Duke University ed è attualmente presidente della IGG Games User Research SIG.
avvicinano ad essa. Questo rallentamento/pausa sarà direttamente proporzionale al numero di azioni richieste.
“Diviene imprescindibile, per i Game Designers, far sì che in questa pausa, dove sussiste una riduzione della motivazione, l’utente sperimenti nuove dinamiche e nuovi aspetti del gioco, in modo che il ritmo di gameplay sia sempre e comunque sostenuto”76.
Per i ratios variabili il discorso cambia: le ricompense si ottengono con un numero di azioni diverse, quindi il giocatore è sempre sottoposto ad una forte intensità (anche se inferiore a quella dei ratios fissi), dunque a delle pause minori e a giocare in modo più costante.
Gli intervalli invece forniscono aiuto dopo un tot di tempo o dopo un numero di azioni da svolgere. Si dividono, allo stesso modo delle ratios, in fissi e variabili con le stesse caratteristiche.
In una ricerca scientifica condotta dall'università di Basilea i risultati dimostrano che la gamification guida e aumenta il coinvolgimento nelle performance. Grazie alle statistiche e ai dati raccolti negli ultimi anni sappiamo inoltre che, grazie al suo impiego in un contesto lavorativo, incrementa la produttività di circa il 43%, che a sua volta può determinare un aumento dei ricavi fino ad una soglia del 23%. Un articolo sul sito Gamification.it77 riporta
alcuni dati utili per tastare il polso all'avanzamento della gamification nel settore lavorativo: affermano che, secondo MarketsandMarkets, il tasso di crescita a livello globale relativo all'impiego di applicazioni, piattaforme e metodologie riconducibili alla gamification nel 2016 rispetto all'anno precedente è del +43,6%, con proiezioni di crescita del volume di affari relativo al settore crescere dai circa 1,65 miliardi di dollari nel 2015 a qualcosa come 11,1 miliardi di dollari entro la fine del 2020. Andando oltre alle percentuali è assodato che si riesce a creare: un ambiente di lavoro più disteso, a sentire i compiti meno gravosi, aumentare la cooperazione, la qualità e il livello del singolo e della società.
La gamification dunque, applicata ai processi lavorativi, porterebbe non solo vantaggi dal punto di vista remunerativi, ma anche a livello personale negli stessi giocatori-lavoratori. In ambito lavorativo il termine on-boarding si riferisce a tutte quelle procedure pensate per consentire al nuovo dipendente di acquisire le competenze necessarie. Questo processo ricopre un'importanza fondamentale non solo in ambito formativo, ma anche per motivi che a volte non vengono considerati: secondo studi di settore in corso da diversi anni, circa l'86%
76 Gamification Staff, Design comportamentale, in Gamification.it, 11 novembre 2011. 77 Gamification Staff, La gamification nel 2017, dove siamo e dove andremo, 31 gennaio 2017.
dei nuovi assunti entro sei mesi dall'assunzione decide se impegnarsi concretamente in una società. Di conseguenza in questi pochi mesi il dipendente si farà già un'idea se restare in una determinata azienda o cercare altro lavoro. Questi sono i motivi per cui l'on-boarding è così importante, ma non solo per i neo assunti. Nel libro Successful Onboarding scritto da Mark Stein E Lilith Christiansen, gli autori identificano quattro fattori principali per il successo: riconoscimento attraverso l'assegnazione di badge, incentivi grazie all'assegnazione di punteggi in base ad azioni svolte, supporto interpersonale formando team che cooperino in gruppo, obbiettivi precisi assegnando task e compiti chiari in base alle competenze78. In un
altro articolo79.