Per cosviluppo intendiamo l’insieme delle iniziative basate sulle strategie cooperati- ve e solidali dei migranti e delle loro comunità, rivolto al miglioramento delle condi- zioni di vita nelle aree d’origine, ben descritte dalla letteratura (Daum, 1994, 1998, Quiminal, 1991, Goldring, 2003, Sivini, 2000). L’interesse per il tema, stimolato in- nanzitutto dal grande flusso dei trasferimenti monetari che si spostano dai paesi di ar- rivo verso i paesi di origine2
riguarda, da un certo momento in poi, anche i governi dei paesi di arrivo e le istituzioni internazionali. Attraverso l’inquadramento delle iniziative transnazionali dei migranti in progetti di cooperazione si poteva arrivare laddove quest’ultima aveva fallito: favorire lo sviluppo nei paesi di origine regolando i flussi migratori che continuavano ad arrivare da quei paesi. In Europa, l’esempio più impor- tante del tentativo di istituzionalizzare il cosviluppo si colloca alla fine degli anni set- tanta, quando il governo francese elabora il dispositivo di aide au retour, distintosi fin dal principio come una strumentalizzazione dell’aiuto allo sviluppo per diminuire la pressione migratoria verso la Francia e arginare le resistenze dei migranti che manife- stavano con forza per il diritto di soggiorno e di lavoro (Fassin, Maurice, Quiminal, 1997, Galano, 2002, Régis 2008).
Oggi il termine cosviluppo indica anche l’insieme delle politiche e dei programmi di cooperazione tra i paesi di origine e di destinazione dei migranti, funzionali alla ge- stione dei flussi migratori e alla ricerca di benefici – in particolare economici – per en- trambi i paesi, e, ove possibile, per gli stessi migranti (Weil, 2002, Agunias, 2006).
Così facendo anche l’Europa tenta di dare un volto nuovo alle strategie di coopera- zione internazionale allo sviluppo entrate in crisi negli anni novanta, riproponendo, però, nei paesi di origine il modello di sviluppo occidentale, basato sulla crescita eco- nomica e sulla modernizzazione (Escobar, in Sachs, 2004) ed enfatizzando, tra l’altro, l’importanza dei sistemi di credito a scapito dell’aiuto allo sviluppo (APS) (Ratha, Mohapatra, Plaza, 2008). Le incoerenze di queste strategie avevano già alcuni decenni prima provocato forti resistenze da parte delle popolazioni locali (Sivini, 2006), e crea- to sui quei territori più problemi che benefici, favorendo proprio l’aumento dei flussi migratori (Sassen, 2008).
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Nota metodologica. Questo lavoro è tratto dalla tesi di dottorato di ricerca in “Scienza, tecnologia e società”,
terminato nel 2011, all’Università della Calabria, intitolata La promessa del cosviluppo tra mercato e solidarietà.
Migrazioni e sviluppo nell’esperienza di Sunugal e Ghanacoop. 2
La Banca Mondiale stima che le rimesse inviate dai migranti verso i PVS nel 2012 ammontano a più di 400 miliardi di dollari (World Bank, Migration and Development Brief, n.29, April 19, 2013).
182 CHIARA GIOVANNA DAVOLI
Molti programmi riguardanti le migrazioni e lo sviluppo sono elaborati a partire dalla presunta efficienza di un sistema migratorio circolare. Secondo questo sistema, la migrazione dovrebbe avvenire secondo lo schema delle tre erre (Recruitment, Remit- tances, Return), passare cioè dalla fase di reclutamento e selezione, da quella in cui si lavora e si inviano le rimesse e concludere il percorso con il ritorno dei migranti nel paese di origine (Rush, 2005). Il ritorno può anche non essere definitivo: il passaggio del migrante attraverso lo schema delle tre erre prevede, infatti, la possibilità della sua ripetibilità. Le evidenze empiriche suggerite dagli studi sul transnazionalismo dimo- strano come l’impatto sullo sviluppo dei fenomeni migratori prescinda dal ritorno dei singoli migranti, e come esso dipenda invece dall’efficienza degli scambi relazionali tra chi parte e chi resta (Levitt, Sørensen, 2004, Portes, 1997). I sostenitori del modello circolare invece insiston sul modello delle tre erre, sostenendo la sua efficacia nel «limi- ter les potentialités négatives de la migration et encadrer les avantages aux fins du déve- loppement, plus particulièrement s’agissant des apports financières et non financières des diasporas et des migrants, et de la mobilité de compétences» (OIM, 2005, p. 1). È necessario evidenziare che, ammesso che questo modello funzioni, la maggior parte delle “promesse” sui benefici derivanti da questo sistema possono essere mantenute solo in presenza di altre contingenze (Venturini, 2008):«Un climat économique favo- rable – caractérisé par une inflation stable, une stabilité économique, une ouverture aux activités entrepreneuriales, des institutions solides et une bonne gouvernance – est essentiel à toutes les approches énumérées ci-après» (OIM, 2005, p. 6). I migranti, invece, intervengono spesso laddove tutte queste condizioni non sussistono, proprio per tentare di colmarne l’assenza, in quanto è sovente il senso di responsabilità e di riconoscenza verso i propri gruppi sociali a spingerli nel loro agire transnazionale (La- touche, 2004).
Il sistema della migrazione circolare è stato adottato dai governi europei perché ben confacente ai loro “ottimistici” orientamenti di politica economica neoliberisti (De Haas, 2011). La strategia è di favorire lo sviluppo economico nei paesi in via di svilup- po, orientando le diaspore a investire le proprie rimesse in attività imprenditoriali affi- dando lo sviluppo alle leggi del mercato, dichiarando la necessità di evitare che le ri- messe economiche siano “sprecate” in modo improduttivo. Questo approccio mette da parte l’importanza delle rimesse collettive (Daum, 2007), investite spesso nei servizi per la comunità (scuola, sanità, infrastrutture idriche e di comunicazione) che favori- scono un immediato e visibile miglioramento della qualità della vita, così come dimo- strano la maggior parte degli studi empirici sulle rimesse (Orozco, 2002, Sander, Maimbo, 2003, Goldring, 2003, Newland, 2004). Ciò accade proprio perché le rimes- se collettive nella maggior parte dei casi non sono impiegate per ottenere un profitto privato, ma secondo logiche solidali e filantropiche. Alcuni autori insistono perciò sull’importanza di investire sulle iniziative di capacity building delle comunità, e in the network, and not the individual (Chaloff, 2006, p. 4). Tutto ciò induce anche a riflette- re sulla peculiarità di questo flusso monetario inviato dai migranti, individuabile nella forte carica emotiva di cui è custode e veicolo, che rispecchia i legami sociali tra di essi e la comunità, e il cui utilizzo segue logiche diverse da quelle previste dai modelli di sviluppo occidentali. Sulla bilancia, però, è importante inserire anche i costi sociali che
183 Politiche e pratiche di cosviluppo: il contesto italiano
le rimesse hanno e che riguardano in primo luogo i migranti oltre che le loro famiglie, e che vanno anche oltre il brain drain o il care drain (Basa, Jing de la Rosa, 2004, En- renreich, Russel Hochschild, 2002, Ongaro, 2001). Attraverso la sostituzione dell’APS con programmi di cosviluppo che limitano la mobilità umana invece di sostenerla, si affida così la responsabilità dello sviluppo proprio ad un gruppo sociale sistematica- mente sfruttato nei paesi di arrivo.
I critici del neoliberismo sostengono che massimizzare gli effetti positivi dei feno- meni migratori, per esempio attraverso il sistema circolare, non significherebbe tanto sostenere i migranti nelle loro iniziative, piuttosto «Sul piano economico si tratta di trasformare i migranti in una risorsa produttiva, ossia di farne forza valorizzatrice del capitale ed elemento interno alla dinamica accumulativa mondiale (farne una forza di crescita e sviluppo). Sul piano politico, si tratta di gestire “ordinatamente questo pro- cesso” (prevenire flussi e traffici clandestini)» (Vitale, 2005, p. 20). In Europa ai pro- grammi di cosviluppo si affiancano infatti politiche migratorie di controllo e repres- sione3
, alle quali le iniziative dei migranti, fondate su mobilità e informalità, tendereb- bero a sottrarsi, che attingono alle risorse della cooperazione per destinarle al controllo dei flussi e ai rimpatri, forzati o stimolati (Daum 2007, Cimade, 2008). Si premiano con aiuti finanziari condizionati quei paesi che collaborano con i governi europei nel contenimento dei flussi e favoriscono il rimpatrio dei migranti, arrivando ad esterna- lizzare i controlli alle frontiere verso i paesi vicini (Gabrielli, 2008).