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Erosione degli ecosistemi e migrazioni: l’analisi dei continenti

L’EFA è un sistema di contabilità che si presta per studi alle diverse scale: da quella globale a quella nazionale, regionale e locale: questa capacità di analisi transcalare può essere proficuamente sfruttata per leggere le diverse proprietà e dinamiche che caratte- rizzano le relazioni tra società ed ambiente al variare della scala considerata.

Al fine di costruire un quadro completo della tendenza seguita dalle estensioni degli ecosistemi che compongono la base della nostra capacità di produrre cibo a scala mon- diale, risulta utile effettuare alcuni confronti spaziali tra i continenti4 elaborando il bi- lancio dello stato di salute delle risorse naturali locali.

Considerando la serie storica relativa alla scala mondiale (fig. 1) in termini di gha pro capite, emerge una situazione tutto sommato positiva: la domanda globale che insiste sui singoli continenti risulta inferiore all’offerta di superficie biologicamente produttiva degli stessi, con conseguente ricrescita/accumulazione delle risorse naturali locali. L’elemento allarmante è dato dal progressivo assottigliarsi di tali differenziali: nel periodo 1961-2008 è possibile desumere tale contrazione a livello di tutti i continenti, sia pur con ritmi e valori molto differenti. Oceania e Sud America, i continenti con la maggiore biodisponibilità pro capite, sono anche le aree contraddistinte dalle più dra- stiche riduzioni della ricrescita/accumulazione delle risorse naturali locali, rispettiva- mente da circa 18 a 6 gha pro capite e da 13 a soli 4 gha pro capite. Come conseguen- za, anche se l’utilizzo della biocapacità in queste due aree risulta ancora inferiore ai tassi di rigenerazione delle risorse naturali presenti nelle stesse, la ricrescita/accumulo delle risorse naturali locali sta avvenendo a tassi fortemente decrescenti. Gli andamenti che caratterizzano il continente africano e asiatico sono particolarmente preoccupanti, avvicinandosi pericolosamente a situazioni di sovra utilizzo e conseguente degrado de- gli ecosistemi interni: nel primo caso il risultato del bilancio dello stato di salute delle risorse naturali locali passa in meno di cinquant’anni da 3 a meno di 0,50 gha pro ca- pite e nel secondo da 0,32 a 0,03. Anche il bilancio relativo al Nord America risulta critico, con una capacità di rigenerazione dimezzata, passando da oltre 3 a 1,6 gha pro 4

È necessario, a tal proposito, tener presente che le situazioni nazionali al loro interno possono essere fortemente eterogenee.

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capite. Il caso europeo appare l’unico con una tendenza sostanzialmente invariata, at- torno a 1,3 gha pro capite, per cui si può concludere che si stia assistendo ad un utiliz- zo pressoché stabile delle risorse naturali locali. È importante sottolineare che tale af- fermazione è valida solo con riferimento agli ultimi quindici anni della serie storica poiché per il periodo precedente vi sono problemi di omogeneità per i dati di buona parte dei paesi dell’ex Unione Sovietica.

Fig. 1. Il bilancio dello stato di salute delle risorse naturali locali relativo alla componente non carbon per i vari continenti.

Fonte: elaborazione su dati Global Footprint Network, 2012. National Footprint Accounts, 2011 Edition.

Circa i legami tra aspetti ambientali e fenomeni migratori, come ben evidenziato da Piguet (2008, p. 3), che riprende Castles (2002, p. 5), Hugo (1996), Hagmann (2005) e Cambrézy (2001, p. 48), i fattori relativi alla componente ambientale rappresentano solo un tassello del complesso modello composto da molteplici cause che vedono i fat- tori ambientali strettamente legati a quelli economici, demografici, sociali e politici. Gli autori evidenziano come il degrado ambientale che determina i movimenti di po- polazione sia spesso la conseguenza dell’interrelazione tra fattori socioeconomici e poli- tici; ogni singola causa a seconda dei casi e delle specifiche situazioni può ulteriormen- te incrementare o ridurre i flussi migratori. Gli studi sul tema mostrano inoltre come l’instaurarsi di circoli viziosi renda difficile isolare le cause iniziali. D’altro canto, gli spostamenti di popolazione possono indurre a loro volta nuovi, oltre che differenti, problemi ambientali, con possibili effetti di ordine politico, rischiando di aggravare ulteriormente il degrado ambientale sia nei territori in cui le migrazioni hanno avuto origine sia in quelli di destinazione. La letteratura internazionale sottolinea anche l’importanza di evitare eccessive semplificazioni dei processi in esame, poiché quando si attribuisce ai fattori ambientali e sociali la responsabilità quasi esclusiva si rischia di perdere di vista il ruolo e le responsabilità della politica.

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Focalizzando l’attenzione sulle singole cause che rendono tanto complessa l’inter- pretazione della mobilità internazionale, Domínguez-Mujica (2012, pp. 14-15) si sof- ferma dapprima in generale sulla recessione che tutti i paesi stanno attraversando e sulla globalizzazione, non tanto quale causa diretta, quanto per i differenti impatti che la globalizzazione, favorita dalla rivoluzione tecnologica nei trasporti, nei sistemi di informazione e comunicazione, ha determinato sugli stili di vita nei diversi paesi. A questa si aggiungono le motivazioni occupazionali, legate alle spiccate differenze tra i vari mercati del lavoro, unitamente a tutti gli aspetti della vita sociale, dalle possibilità di cura, di istruzione, alle relazioni culturali e religiose, a molti altri ancora, oltre, evi- dentemente, alle politiche dei singoli Stati e delle organizzazioni internazionali nel re- golare i flussi migratori. L’autrice entra successivamente nel merito di cause più specifi- che, che assumono differente rilievo nelle diverse aree del globo, ossia i movimenti in- nescati da problemi politici (spesso veri e propri conflitti), dal cambiamento climatico, dal degrado ambientale, dagli standard di vita e dall’abbandono del lavoro.

Data la complessità delle interrelazioni tra i vari fattori che concorrono alla deter- minazione dei fenomeni migratori, alla scala dei continenti è dunque estremamente difficile effettuare stime delle relazioni tra sfruttamento di suolo e migrazioni interna- zionali. Come emerge in fig. 1, a questa scala è però possibile avere indicazioni precise circa i processi di riduzione di estensioni molto ampie degli ecosistemi che sono alla base della nostra capacità di produrre cibo.

Nonostante le dinamiche siano a loro volta estremamente complesse e diversifica- te, è possibile aggiungere che, in linea generale, dallo studio condotto emerge come, nel caso del cosiddetto Nord del mondo, il depauperamento degli ecosistemi in atto dipende dagli elevati livelli di prelievo di risorse naturali da parte della popolazione locale, legati per lo più agli standard di vita, e dal progressivo intensificarsi dell’im- portazione di risorse ecosistemiche da altri territori. Questo secondo livello di sovra sfruttamento ha un duplice obiettivo: anzitutto la riduzione delle pressioni sui propri ecosistemi, basti pensare a quelli che in letteratura vengono descritti come processi di “delocalizzazione della deforestazione” (Mayer et al., 2005), oltre alla compensazione dell’ampia gamma di impatti locali negativi, dalla desertificazione alla salinizzazione, che minano la capacità di produrre risorse alimentari in loco. Nel Sud del mondo gli elevati livelli di prelievo di risorse da parte della popolazione locale sono legati più che altro all’incremento della popolazione e in alcuni casi all’avvicinarsi agli stili di vita occidentali, come l’incremento del consumo di carne e derivati; mentre si nota un progressivo aggravamento dei flussi di risorse ecosistemiche esportate verso terri- tori esterni.

Attraverso la metodologia utilizzata, basata sull’analisi ex post, è dunque possibile cogliere alcuni importanti elementi che costituiscono una sorta di “campanello d’allarme” sulle situazioni che seppur non ancora verificatesi, nel medio e persino nel breve periodo possono contribuire ad aumentare l’instabilità sociale, economica e poli- tica, arrivando anche a minare le possibilità di sviluppo futuro di alcuni territori.

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