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Spazi di incistamento e pratiche di innesto

La geografia delle migrazioni urbane contemporanee compone un complesso qua- dro di casi, e di configurazioni di vario spessore. Molte città italiane hanno acquisito i tasselli di un'inedita complessità culturale. Al 31 dicembre 2010 Roma contava 294.000 stranieri, pari al 10,7% dei residenti (erano 200.000 nel 2007); Milano 217.000, equivalenti al 16,4,% (erano 170.000 nel 2007); Torino 127.000 (pari al 14,1%); Genova, Firenze e Bologna all’incirca 50.000 (pari rispettivamente all’8%, al 13,5% e al 12,7%); Brescia 36.000 (dove si registra la massima incidenza di stranieri in Italia con il 19/%); Napoli 29.000 (pari al 3,1%); Padova, Venezia, Reggio Emilia, Prato, Modena circa 30.000 stranieri residenti, Palermo 20.000 (pari al 3,1%); Berga- mo 18.000 (pari al 15%) (Amato, 2008, Caritas, 2011). Anche se non esaustivo, l'in- dicatore dell’incidenza degli stranieri permette di riconoscere la diffusione trasversale del fenomeno: provincie e città medie, ma dall’alta dinamicità economica come Vero- na, Prato, Padova, Varese, Treviso, Bergamo (Casti, 2004) presentano concentrazioni significative di comunità immigrate e, al contempo, alti gradi di conflittualità e di oc- casioni di interazione. Noti, peraltro, sono i quartieri delle grandi città italiane che hanno conosciuto metamorfosi radicali: Piazza Vittorio a Roma, Canonica-Sarpi a Mi- lano, San Salvario a Torino, la Vucciria a Palermo, il Vasto a Napoli, o ancora il Car- mine a Brescia, Stampace e Villanova a Cagliari (Cattedra, 2003).

Certo, è utile distinguere questi mutamenti da quelli di innesto sedimentato e dif- fuso che connotano le grandi metropoli internazionali e cosmopolite europee come Parigi, Londra, Berlino, Bruxelles, dove già alla fine degli anni Novanta l'incidenza delle popolazioni di origine straniera si attestava intorno al 20% degli abitanti3

(senza contare i cittadini naturalizzati) e che assumono il senso di trasformazioni radicali: la Goutte d’Or, Belleville e Place d'Italie a Parigi; Belsunce e i Quartiers Nord a Marsi- glia; Barceloneta o la Ciutat Vella a Barcellona, Kreuzberg a Berlino. Alle prime comu- nità immigrate nelle città europee, provenienti principalmente dai paesi legati a doppio filo dagli interessi coloniali o mercantili e politici (per la Francia la dominante ma- ghrebina, africana, del sudest asiatico; per la Germania le migrazioni Turca e Curda; 3

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per la Gran Bretagna il sistema del Commonwealth; per l’Italia i paesi del Corno d’Africa), oggi si aggiungono migranti di origini disparate (Cina, Maghreb, Africa, area del Sub-continente indiano, America Latina e, soprattutto, Europa dell’est ecc.).

Tali considerazioni non valgono solo per la geografia delle città quanto per quella della città: anche a una scala più grande, infraurbana, è possibile riconoscere singoli luoghi, esempi, contesti, frammenti nei quali si individuano processi di restituzione di differenti gradi di complessità plurietnica e cosmopolita. Nella stessa città gli spazi pubblici, i luoghi privati, collettivi, simbolici o ludici, del lavoro o delle residenze non sono più comparabili tra di loro. Si tratta di spazi che paiono resistere alla comparazio- ne proprio in virtù di una riqualificazione etnica che si tramuta «in una complessifica- zione e diversificazione interna delle società locali» (Lanzani, 2003, p. 10).

Si comincia a misurare il peso delle mutazioni diffuse in seno ai tessuti urbani, alla scala di un isolato, di un quartiere, di una piazza, di un incrocio, in ragione della tra- sformazione di funzioni, di pratiche del tempo libero, di commerci, di segni rituali e religiosi che accolgono micro-trasformazioni indotte “dall’agire territoriale” (Turco, 1988) degli stranieri nella città. Si tratta di esempi di “spazi contatto” che si compon- gono in contesti diversi e che proviamo a individuare. Alcuni sono luoghi tradizionali di incontro e hanno a che vedere con le attività essenziali del quotidiano, figurando tra quelli più osservati dalla letteratura scientifica (luoghi di lavoro, mercati, scuole, spazi pubblici, spazi associativi e ludici, luoghi di incontro rituale ecc.) (Memoli, 1999). In altri, invece, affiorano nuovi contesti di contatto (fisici e dell’immaterialità), non anco- ra molto esplorati, che pure esplicitano la globalità ordinaria dell’interrelazione minuta che assume il fenomeno. Ne costituiscono un esempio:

- Gli spazi domestici: dove si genera una nuova familiarità multi-culturale di contatto tra i nuclei locali e gli stranieri (donne e uomini) impiegati del lavoro domestico (badanti, collaboratori familiari, guardiani, giardinieri, babysitter ecc.). In questi luoghi «protetti» si forma la prima interconnessione della conoscenza reciproca e del disvelamento di una convivenza di usanze, di linguaggi, di culti, di solidarietà ma anche di dominanza e intolleranza. La casa, inoltre, è anche lo spazio di incon- tro e condivisione di comunità di immigrati di provenienze diverse che socializzano proprio attraverso l’esperienza migratoria.

- I mezzi di trasporto: sono lo spazio di incontro interclassista nel quale si mediano esigenze, socialità, appartenenze, conflitti, conoscenza tra società d’accoglienza e comunità immigrate nonché all’interno di queste ultime.

- Gli spazi virtuali delle rappresentazioni e della produzione multimediale e televisi- va: nella letteratura, negli sceneggiati e nelle opere cinematografiche sono sempre più presenti le storie dei migranti, sia pure mitigate in versioni spesso compassione- voli o forzosamente integrazioniste e che pure facilitano l’emersione della realtà in cambiamento. Com’è, del resto, nella produzione musicale: arte mediativa e urbana per eccellenza, attraverso la quale si velocizzano i contatti di linguaggio e si produ- cono mediazioni facilitate dalla natura universale del suo linguaggio (si veda la fon- dazione dell’Orchestra di Piazza Vittorio, originale esperienza di creatività interet- nica). In questo senso vanno segnalate (tra le altre) l’esperienza del primo canale te-

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levisivo dedicato ai “nuovi italiani”, Babel TV Tutti i colori dell’Italia, diffuso sulla piattaforma Sky, che propone un palinsesto composto di programmi tratti dai paesi d’origine delle varie comunità, servizi e documentari sulle pratiche e l’attualità in Italia4

; e il blog del Corriere della Sera dedicato ai “Nuovi Italiani” (curato da Ales- sandra Coppola) che rappresenta uno spazio di informazione, confronto e sostegno delle comunità straniere in Italia5

.

Naturalmente non tutti questi “luoghi” risultano scenario di situazioni di cosmopo- litismo ma, tutti, possono virtualmente esserlo, o fare riferimento, di volta in volta, ai “contesti di situazione” come quelli individuati da Guarrasi (2009), che ne propone una tipologia: un primo che si forma all’incrocio tra luogo, cultura e identità; un se- condo che si sviluppa in luoghi come le “zone di contatto”, caratterizzati dall’intera- zione tra culture differenti; e, infine, un terzo che sviluppa nuove culture e identità tra persone che vivono in luoghi diversi ed entrano in contatto “in rete”. Tali situazioni non sono comunque esclusive potendo, ogni singola esperienza cosmopolita, poten- zialmente formarsi grazie alla mediazione di più condizioni. Nell’ottica di sistematizza- re le forme di interazione dello spazio pubblico, l’antropologo Michel Agier opera una distinzione, non solo simbolica, che ci pare fornisca strumenti utili per l’analisi delle pratiche di contatto anche tra comunità etniche differenti. Agier distingue quattro “si- tuazioni elementari di incontro” nella vita quotidiana che insistono sullo spazio pub- blico: ordinarie, occasionali, di passaggio, rituali, tutte in grado di contemplare la rela- zione tra individuo, società, e spazio urbano (1999, pp. 94-99). Gli approcci di Guar- rasi e Agier si incontrano proprio sul terreno delle pratiche dei micro-spazi relazionali, sottoposte alle variabili temporali legate ai bisogni di sociabilità, di animazione cultu- rale o di obbligazione religiosa, legate alle esigenze delle attività commerciali o di lavo- ro e a situazioni di incontro casuale negli spazi di transito.

In una inchiesta risalente ai primi anni Novanta, avevamo avanzato una ipotesi di tipologia di spazi degli immigrati misurata in ragione del grado di trasformazione del paesaggio urbano operata dalla presenza immigrata dalla quale emergevano tre diffe- renti tipi di spazialità6

:

- aree di mutamento permanente, d’insediamento stabile e nelle quali emerge una maggiore stanzialità residenziale e forme di appropriazione fisica di alcuni spazi pubblici che diventano nodi centrali nella vita urbana;

- aree di trasformazione embrionale, ovvero luoghi e snodi di flusso legati al lavoro, animati da pendolari, da micro attività commerciali, da attività associative ecc.; - luoghi di pratiche e frequentazione comunitaria: micro-spazi di incontro e di rela-

zioni definiti dalle temporalità e ritmi del tempo libero, dalla socialità culturale e religiosa, dalla ricreatività.

4

http://www.babel.tv.

5

http://nuovitaliani. corriere.it.

6

Nella ricerca svolta presso l’Università L’Orientale di Napoli, e coordinata da Pasquale Coppola (Amato, Catte- dra, Memoli, Ventriglia, 1995), il campo di applicazione di questa tipologia è stato quello della città di Napoli.

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Tale condizione delle temporalità urbane ci pare presenti, ancora più oggi in una si- tuazione maggiormente “liquida”, un elemento determinante nella individuazione del- le situazioni di cosmopolitismo urbano. Le temporalità dell’incontro ludico, delle pra- tiche culturali, delle aggregazioni sociali producono spazialità contestuali che favori- scono condizioni di attrattività e visibilità più fruibili e che, più e meglio che i contesti residenziali o lavorativi, facilitano la interconnessione con altri gruppi sociali e fruitori urbani. Sia pure in maniera effimera, tale interazione è in grado di produrre profonde mutazioni dei paesaggi e dei ritmi urbani proponendo una vera e propria metamorfosi dell’ordine degli equilibri cittadini, che si evolve, sempre più spesso, da situazioni di incistamento e di quartieri a dominante etnica, verso situazioni di innesto che investo- no in maniera più fluida, diversificata e più globale le città, e che pretende un diverso grado di attenzione politica oltre che culturale.