Il progetto Ghanacoop ha rappresentato per alcuni anni il modello italiano di eccel- lenza di cosviluppo basato sull’imprenditoria. Ghanacoop era una cooperativa di im- port-export equosolidale di frutta, nata a Modena nel 2005, grazie al sostegno dell’OIM, nel quadro del programma MIDA, alla nascita di un partenariato tra il tes- suto economico sociale modenese e la comunità ghanese ivi residente. Si trattò di una proficua collaborazione tra diaspora e privati, organizzata in Italia secondo le potenzia- lità di esportazione ghanesi e italiane (Bellavia Et al., 2008): ad Accra le attività erano 10
Nasi (2009), Piperno e Chaloff (2004), parlano del progetto IMIS, (Integrated Migration Information System): finanziato dalla cooperazione italiana e implementato dall’OIM e dedicato alle migrazioni dall’Egitto verso l’Italia, l’obiettivo dell’IMIS era migliorare l’incontro nel mercato del lavoro italiano tra offerta e domanda di manodopera e lottare contro la migrazione irregolare, e solo a margine si accennava ad azioni di cosviluppo.
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Tunisi: mai siglato accordi con Roma. E chiede al governo italiano «solidarietà», www.corrieredellasera.it, 2 Aprile 2011.
186 CHIARA GIOVANNA DAVOLI
gestite della cooperativa Ghanital, controparte in loco di Ghanacoop, che distribuiva nei negozi del centro di Accra, nei supermercati “di lusso” e nei grandi alberghi i pro- dotti italiani e raccoglieva i prodotti da esportare, commercializzati poi da Ghanacoop nel Nord Italia attraverso la grande distribuzione. I prodotti ghanesi destinati al merca- to italiano provenivano da due aziende già affermate in Ghana, la Bomarts Farm e la 2K Farm. Ghanacoop iniziò a produrre parte della frutta creando una propria azienda agricola, denominata Migrants for Ghan-Africa, nel villaggio di Gomoa Simbrofo, a 40 chilometri da Accra, area scelta in base alla potenzialità del terreno per la produzione dell’ananas. Nel villaggio fu ristrutturata la scuola e fornita l’elettricità grazie all’installazione di pannelli solari12. Dopo qualche anno, però, ci si era resi conto che la produzione di ananas a Gomoa Simbrofo non era redditizia poiché le altre aziende ghanesi, attraverso le economie di scala, riuscivano a produrre il frutto ad un prezzo molto più basso. Il campo fu quindi abbandonato, e ritornò ai contadini, i quali con- tinuarono a coltivarlo in parte e saltuariamente a causa della mancanza di mezzi di produzione.
Nel 2007 il fatturato era di 1,7 milioni di euro, il commercio dell’ananas era il core business di Ghanacoop, incidendo mediamente per l’80% dell’intero fatturato dei pro- dotti importati, al quale si affiancavano cocco, papaia, mango e prodotti etnici. Nel 2009 Ghanacoop fallì a causa di un grosso insoluto da parte di un cliente: la giovane cooperativa si era esposta troppo e troppo presto ai rischi del mercato. Le sorti della cooperativa sono sospese a tempo indeterminato, permangono le relazioni che essa ha creato e di cui si è nutrita, ma in assenza di capitali questo progetto imprenditoriale non può più sostenere i propositi sociali che si era assunto.
Nel corso del suo operato la cooperativa ha attinto risorse dagli ambienti no-profit così come da quelli profit, collaborando con Enti locali e la piccola e media impresa, impiegando almeno una quindicina di italiani e ghanesi. I benefici derivanti da questa esperienza, però, sono più evidenti per i partner italiani, ai quali si è aperto il mercato ghanese (Pandya, 2007) e i grossi produttori ghanesi – come la Bomarts Farm –, e mol- to meno rilevanti per la popolazione ghanese coinvolta. Se da un lato è vero che Gha- nacoop ha sviluppato strategie imprenditoriali transnazionali, dall’altro, non favoren- done l’appropriazione da parte delle popolazioni locali, non ne ha migliorato compe- tenze e capacità di auto-organizzazione produttiva.
I membri di Ghanacoop, pur mantenendo forti relazioni personali con le loro co- munità di origine, per la realizzazione del progetto hanno instaurato nuove relazioni con alcuni villaggi, basate su criteri imprenditoriali, ponendosi come qualsiasi altro investitore straniero, che, legittimamente, abbandona il campo quando le condizioni non sono più favorevoli al profitto. Alla fine dell’esperienza di Ghanacoop i contadini si sono ritrovati nelle stesse condizioni in cui erano prima, attendendo investimenti
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Nel 2006 Ghanacoop e Ghanital promossero, in collaborazione con il WWF ed Elettrotek, il progetto “Luce per il Ghana”, per fornire energia elettrica a basso impatto ambientale nel villaggio. Qualche anno più tardi, quando il villaggio fu collegato al sistema elettrico nazionale, i pannelli solari non furono più utilizzati. Durante i quattro anni di attività le due cooperative promossero in un’altra area del Ghana il completamento del reparto di traumatologia dell’ospedale cattolico di Apam, coinvolgendo il loro partner italiano NordiConad.
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esterni – meglio se provenienti dai migranti, ai quali si assegna socialmente il dovere di sostenere il proprio paese – per attivarsi attorno ad un’iniziativa imprenditoriale.
Il rapporto con le istituzioni locali ghanesi non è stato determinante nelle vicende di Ghanital e di Ghanacoop: i finanziamenti, le richieste, le deadline arrivavano dall’Italia, e si è cercato di adattare il poco fertile contesto ghanese alle esigenze azien- dali, senza stimolarne una crescita sociale. Il lavoro delle due cooperative ha dimostrato la possibilità di inserire quei produttori nel mercato mondiale, ma il ruolo assegnatogli era marginale. Il fatto che Ghanacoop abbia stimolato i contadini locali coinvolti a produrre esclusivamente per l’esportazione li ha esposti, infatti, ai rischi del mercato internazionale e ne ha pregiudicato una possibile autonomizzazione dalle attività della cooperativa. Lo sviluppo economico previsto in Ghana non si è verificato, a causa della mancata attivazione di processi di accumulazione di capitale e/o di capacità imprendi- toriali a livello locale. Ciò non ha permesso di raggiungere gli obiettivi previsti dal MIDA, come potenziare le capacità di “fare impresa” delle popolazioni locali, frenando emigrazione e brain drain.
Il “protagonismo” dei migranti, sostenitori dei propri paesi di origine, sarebbe ga- ranzia dell’equa spartizione dei benefici tra queste economie. Il progetto Ghanacoop ha mostrato, invece, che ciò non basta, e che interventi di cosviluppo basati principal- mente sul modello imprenditoriale e pensati senza confrontarsi con le popolazioni lo- cali nel paese di origine non solo possono non avere effetti positivi sullo sviluppo di questi ultimi, ma anzi esporre i migranti al rischio di fallimento e favorire ulteriori mi- grazioni.