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GLI SCRITTI LINGUISTIC

D ANTE E M ANZON

La Divina Commedia e I Promessi Sposi è l’unica opera postuma di Giuliani che viene

analizzata in questo lavoro. Si tratta di una conferenza che lo studioso tenne l’8 aprile 1883 alla Scuola della Palombella su invito della Società promotrice dell’educazione scientifica, letteraria e morale della Donna. La trascrizione del testo del discorso si deve all’allieva di Giuliani Enrichetta Capecelatro che, poco dopo la morte del maestro, la consegnò a De Gubernatis perché la pubblicasse sulla sua rivista “La Cordelia. Rivista mensile per le giovinette italiane” nel 1884.

Nella sua conferenza Giuliani pone a confronto non solo le due opere, ma anche i loro autori il cui ingegno riuscì «a produrre in un Libro intera l’effigie della propria mente e del proprio Secolo, da non poter metterli ad altro paragone che con sè stessi».293

Nonostante siano passati solamente cinquantasei anni dalla prima edizione dei Promessi

Sposi, Manzoni deve essere considerato uno dei grandi classici della letteratura italiana e il suo

libro un’opera «immortale», al pari della Commedia di Dante. Sulla base di questo, Giuliani si propone di porre in luce gli elementi comuni ai due capolavori, auspicando che si accenda «un più giusto e lieto orgoglio di appartenere a una Nazione che nel primo svolgersi, come nella effettiva manifestazione della propria coscienza, fu destinata a produrre sì grandi e costanti maestri del mondo civile.» 294

Un primo tratto che caratterizza entrambe le opere è l’universalità, tanto del soggetto quanto del fine: nella Commedia il primo è rappresentato dall’uomo e dal suo rapporto con la giustizia divina, il secondo dalla felicità di questo «nel mondo mortale e nell’eternità del Mondo celeste».295 Lo stesso fa Manzoni portando sulla pagina le vicende di Renzo e Lucia e

attribuendo loro una valenza universale.

Giuliani concentra quindi la sua attenzione su un elemento fondamentale cui dà il nome di italianità. Nel poema dantesco e nel romanzo viene ritratta l’Italia «nell’indole sua, ne’ suoi

293 G. Giuliani, La Divina Commedia e I Promessi Sposi. Dante e Manzoni, in “La Cordelia. Rivista mensile per le giovinette italiane”, a. III, fasc.1 - 4, Bologna, 1884, p.2.

294 Ibidem. 295 Ibidem.

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dolori, ne’ suoi desiderj e nelle grandi sue speranze»: si invoca l’unità di patria per un Paese libero da «interne discordie e da tiranniche dominazioni».296 Mezzo principale per giungere

davvero all’unificazione della Penisola è la lingua e tale viene considerata sia da Dante che da Manzoni:

sopra che, se Lingua e Nazione devono tenersi per tutta una cosa, noi che riconosciamo nelle Cantiche dell’Allighieri il massimo e perenne esempio della favella nazionale, dobbiamo consolarci di ravvisare puranco nell’Autore del sì celebre romanzo il più caldo e assennato promotore a viepiù crescere l’amoroso culto di essa favella [...] All’italica lingua questi potenti Scrittori, nella varietà dei tempi e di luoghi e sempre rispettando le ragioni della materia presa a trattare, serbarono costanti un sacro amore, lo diedero a vedere in mirabili effetti, e quindi riuscirono per diverse vie a dare fondamento e vigore di popolarità a una Letteratura civile e incivilitrice.297

Nei Promessi Sposi e nella Commedia si può ammirare quella che viene definita «perfezione dell’arte»: in queste infatti non solo le parole riescono a rendere le idee tanto da farle sembrare dipinte, ma grazie all’eccellente opera degli autori che hanno saputo intessere quasi una sorta di arazzo «il Verosimile piglia il campo del Vero, la Favola diviene Storia, e la Storia si fa Dramma [...] il che giova a manifestarci in Dante e nel Manzoni quella Virtù creatrice, onde si sublimano le anime privilegiate dal Genio.»298 La capacità di immaginazione dei due scrittori

si manifesta nell’abilità di rendere vivi, nella mente dei lettori, gli eventi narrati: nessuno si troverà a dubitare che l’intero viaggio di Dante nei regni oltremondani o il dialogo tra l’Innominato e il Cardinal Borromeo non siano mai avvenuti.

Non bisogna inoltre dimenticare l’originalità che contraddistingue i due capolavori e che li rende immagine non solo del loro tempo, ma anche di quello contemporaneo: «essendo per un portato ed una rappresentazione del Secolo cui si riferiscono, si rendono anche immagine del Secolo nostro e sembrano inoltre singolarissimi di lor natura e così diversi dagli altri Poemi e Romanzi, che ciascuno somiglia solo a sé stesso.»299

Giuliani evidenzia anche una differenza strutturale tra la Commedia e i Promessi Sposi: mentre la prima procede in maniera sintetica, i secondi presentano un andamento analitico, con

296 G. Giuliani, La Divina Commedia e I Promessi Sposi, p. 4. 297 Ibidem

298 Ivi, p. 5. 299 Ivi, pp. 7 – 8.

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una maggiore attenzione ai particolari, compresi quelli più minuti. Tale tendenza risulta evidente nell’uso da parte di Dante e di Manzoni delle similitudini: a questo proposito lo studioso pone a confronto il momento in cui, nel II canto dell’Inferno, il «sommo poeta» viene rinfrancato dalle parole di Virgilio («Quale i fioretti dal notturno gelo / Chinati e chiusi, poi che ʼl Sol gl’imbianca, / Si drizzan tutti aperti in loro stelo; / Tal mi fec’io di mia virtute stanca») e l’affacciarsi alla finestra della madre di Cecilia con l’altra bambina in braccio: («Come il fiore già rigoglioso sullo stelo, cade insieme col fiorellino ancora in boccio, al passare della falce che pareggia tutte l’erbe del prato.»)

L’ultimo aspetto che viene toccato è il rapporto tra letteratura, patria e religione: lo studioso si rivolge dunque alle sue uditrici invitadole a diffidare di coloro i quali sostengono che «a voler ridurre nella miglior forma civile l’Italia, bisogna scristianeggiare in prima la sua Letteratura».300 Giuliani ribadisce quindi ancora una volta, e «con tutta franchezza», la propria

posizione e cioè che:

Cristianesimo e Italia son oramai indissociabili, sì che possono e debbono anzi

rinvigorirsi di scambievoli aiuti a conforto della Civiltà universale, Nè la nostra Letteratura e la Civiltà, che vi si riflette come in ispecchio sincero, basterà a scristianiggiarsi, se prima l’umana coscienza non dovrà disconoscere l’incessabile beneficio della Divina Commedia e dei Promessi Sposi, e finchè non s’abbiano a spegnere nel cuore delle genti civili i sacri nomi di Dante Allighieri e di Alessandro

Manzoni.301

300 G. Giuliani, La Divina Commedia e I Promessi Sposi, p. 15. 301 Ibidem.

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LA FILOLOGIA DANTESCA TRA OTTOCENTO