E LA POSIZIONE NEOTOSCANISTA DI GIULIAN
L A C OMMEDIA PADOVANA : COMPRENDERE D ANTE GRAZIE AI CONTADINI TOSCAN
Quanto fosse importante per Giuliani il continuo raffronto tra la lingua vivente e quella usata dagli antichi scrittori e il suo studio è evidente nel documento più importante ad oggi ritrovato: la copia della Commedia postillata a partire dal 1855 e da me rinvenuta presso la Biblioteca antica del Seminario Vescovile di Padova.
198 G. Giuliani, Sul vivente linguaggio della Toscana. Lettere, 1865, p. 413. 199 Ivi, p. 268.
200 G. Giuliani, Arte patria e religione, p. 295. 201 Ivi, p. 296.
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Il volume è il simbolo del fitto intrecciarsi tra gli studi danteschi e quelli linguistici che caratterizzò tutta la vita dello studioso e rappresenta il sogno di ricostruzione del testo critico del poema che Giuliani non riuscì a dare integralmente alle stampe.
Il ritrovamento della Commedia, che si credeva essere andata perduta, è stato possibile grazie all’accuratissima descrizione datane da Giacomo Poletto nella Prefazione alla sua edizione del poema dantesco (La Divina Commedia di Dante Allighieri, LeFebre, Roma - Tournay, 1894):
Gli amatori di Dante ormai sanno che Giambattista Giuliani lasciò a me per sua ultima volontà quell’esemplare della Divina Commedia, ch’egli usò sino alla fine della sua vita.
Tal volume, prima del frontespizio, ha quattordici pagine aggiunte dal Giuliani, dove, quasi in forma di dizionario, il benemerito uomo pose oltre un centinaio di voci e di forme della Divina Commedia, non ancora intese, o di significato controverso tra i chiosatori, o credute antiquate; ad ognuna cercò di dare spiegazione o con passi d’altri autori, ovvero, e più di frequente, con esempi del vivente linguaggio, raccolti da lui dalla viva voce del popolo pei vari paesi della Toscana, che egli nomina fedelmente. Sul fine del volume, dopo l’ultima carta stampata, vi sono altre quarantaquattro pagine; alcune non hanno neppure una parola; altre contengono passi di classici latini, di Padri della Chiesa, di teologi Scolastici, e qualche dubbio su cose di difficile interpretazione, qualche accenno alla lezione critica del testo, o qualche appunto di varia erudizione. Nello stampato poi, di fronte a molti versi, si ne’ margini alla destra che alla sinistra, vi sono delle citazioni di altri luoghi del Poema o delle altre opere di Dante; e qualche volta riferimenti ai poemi di Virgilio e alla Cronaca del Villani: e qui e qua, sia ne’ margini laterali che appiè di pagine v’è qualche postilla dichiarativa. Quale il valore di queste postille e di questi riferimenti a altri punti del poema e alle altre Opere dell’Autore, non è qui da discutere, né, a buon conto, il discutervi tocca a me; conciossiachè, dato pur che a me non paressero gran cosa, io tengo e terrò sempre cotal volume come cosa preziosissima, perché cosa preziosa intese il Giuliani di donarmi; né io son mai sordo ai sentimenti del cuore, né alla generosa benevolenza che mi sia concessa da uomini egregii. […].202
Da queste pagine sono partite le mie ricerche, volte inizialmente alla ricostruzione della biografia di Poletto, per cercare di capire dove il volume potesse essere conservato.
202 G. Poletto, La Divina Commedia di Dante Allighieri, Roma, Tipografia Liturgica San Giovanni, 1894, pp. XXI - XXII.
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Se si volesse definire Giacomo Poletto in relazione al suo legame con Giuliani, la definizione calzante sarebbe quella di “allievo prediletto”, colui che, dopo la morte dell’«amatissimo maestro», continuò a divulgarne i precetti.
Nato a Enago, in provincia di Vicenza, nel 1840, Poletto fu uno tra i più minuziosi studiosi del suo tempo delle opere dantesche, concentrando le proprie indagini in particolar modo sul rapporto tra gli scritti di Dante e le sue fonti, come aveva già fatto anche Giuliani: «ognun vede, io credo, che la semplice formola del Giuliani, come più volte affermò egli stesso ne’ suoi scritti, importa la necessità di conoscere quegli autori, del cui studio (Dante) nutrì la sua mente e maturò il suo insegno, autori così sacri come profani, sì poeti che prosatori, sì oratori che storici o filosofi […]»203
A tredici anni Poletto entrò al seminario di Padova dove, solamente otto anni dopo, cominciò ad insegnare; l’impegno da professore tuttavia gravava troppo sugli studi, in particolare toglieva tempo a quel Commento alla Commedia cui Poletto stava ormai lavorando da diversi anni; così infatti lo studioso scriveva l’11 dicembre 1875 all’amico Antonio Medini:
non ne potevo proprio più, e la correzione de’ compiti settimanali mi rubava tutto quanto il tempo. Mi sono tenuto la cattedra di Storia Universale, e così oltre al Dizionario di Torino, che si accosta al fine e che mi ruba tempo assai, potrò con più lena dar opera al commento della Divina Commedia, col sistema del Giuliani.204
Con “Dizionario di Torino” Poletto fa riferimento al Dizionario della lingua italiana di Tommaseo: al lessicografo, Poletto si sentì legato «d’alta riverenza» sin dai primi anni della sua permanenza al Seminario di Padova: presso l’istituto lo studioso dalmata aveva soggiornato per qualche tempo intorno al 1822 e i professori che avevano avuto modo di conoscerlo «ne parlavano con ammirazione che eccitava eguale sentimento nei giovani scolari».205
Come evidenziato da Paola Romagnoni, «la figura del Tommaseo è presentata (da Poletto) come la più idonea a penetrare l’animo dantesco»206, il primo, dopo gli antichi commentatori,
203 G. Poletto, La Divina Commedia di Dante Allighieri,, p. XV.
204 Lettera di Giacomo Poletto ad Antonio Medini, numero 378, conservata nel Quaderno secondo “Mia
corrispondenza con uomini illustri e di cose spettanti a’ miei studi” presso il Seminario Vescovile di Padova.
205 P. Mazzoleni, Niccolò Tommaseo e il suo monumento a Sebenico, Sebenico, Artale, 1897, p. 92.
206 P. Romagnoni, L. Capovilla, Giacomo Poletto dantista e poeta, Rubano, Gregoriana Libreria Editrice, 1996, p. 24.
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ad essere «adatto a smuovere quelle zolle, a mostrare l’ubertà di quel terreno, a sviscerarne i reconditi tesori».207
Ad avviare Poletto agli studi danteschi fu quindi Tommaseo, ma un altro studioso divenne poi il suo maestro: Giuliani.
L’incontro tra i due avvenne nel 1875, anno in cui, tra l’altro, Giuliani si recò presso il seminario padovano per prendere visione del commento alla Commedia approntato da Poletto. L’amicizia tra gli studiosi venne siglata, come ricorda ancora una volta la Romagnoni, da un patto: Poletto avrebbe scritto a Giuliani «frequentemente “sempre di Dante”, e il “maestro” avrebbe risposto quando aveva tempo e con una sola lettera “solvendo” i dubbi che andava proponendogli. […] Avrebbe ottenuto in cambio la “sincera gratitudine dell’inesperto scolaro”».208
Diventato nel 1869 socio corrispondente dell’Accademia della Crusca, nel 1873 socio dell’Accademia Tiberina di Roma, nel 1875 Poletto lasciò la cattedra di Letteratura Italiana presso il Seminario di Padova. Giuliani gli offrì allora, da parte di Carlo Vassallo, la cattedra di Storia e Lettere Italiane presso il Liceo di Asti; l’allievo rifiutò l’incarico, tornando però un anno dopo a chiedere al maestro di informarlo se avesse avuto notizia di posti vacanti presso qualche liceo o università, preferibilmente in Toscana:
il Poletto desiderava ardentemente di poter seguire le vestigia e le dottrine del Giuliani, e di risiedere in Toscana per assistere alle sue lezioni e attingere alla lingua fiorentina, sicuro che l’essergli vicino “una parola oggi, un lume domani, ora un indirizzo, ora un rimettermi in via” avrebbe giovato ai suoi studi.209
Al periodo dell’amicizia con Giuliani risalgono i primi veri scritti di argomento dantesco di Poletto, a cominciare dal saggio Amore e luce nella Divina Commedia pubblicato dalla tipografia del seminario padovano nel 1876.
«Persuasissimo che il metodo di spiegar Dante con Dante, purché inteso come va e nella sua legittima larghezza, non solo è il migliore e il più razionale, ma l’unico e vero»,210 Poletto fece
propri i principi messi in pratica dal maestro, come attestato fin dal Diario dantesco tratto dalle
207 P. Mazzoleni, Niccolò Tommaseo e il suo monumento a Sebenico, p. 78.
208 P. Romagnoni, L. Capovilla, Giacomo Poletto dantista e poeta, p. 37. Le citazioni di Poletto sono tratte dalla lettera 333 del Quaderno secondo.
209 Ibidem.
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Opere minori del 1883. Un’opera simile era già stata pubblicata, due anni prima, da un’altra
allieva di Giuliani, Enrichetta Capecelatro, ma bisogna ricordare che anche Giuliani, tra 1878 e 1882, aveva dato alle stampe Le opere latine di Dante Alighieri reintegrate nel testo con
commento in un’edizione che ebbe un certo successo.
A Poletto, Giuliani si rivolse durante la stesura delle Opere latine affidandogli l’incarico di preparare la Tavola delle cose più notabili accennate nelle Opere latine di Dante, un compito che portò Poletto a «raccogliere, con intento assai più largo, quanto nelle Opere tutte dell’Allighieri vi ha di rilevante» nel suo Dizionario dantesco del 1885.
Il Dizionario costituisce probabilmente l’opera più notevole dello studioso che, adottando il metodo alfabetico approvato da Giuliani, prendeva a modello il Vocabolario Dantesco di Ludwig Gottfried Blanc. Interessante è il giudizio dato da Carducci in una lettera del 5 gennaio 1888:
Illustre Signore,
[…] riprese le lezioni più volte ebbi a consultare i suoi volumi, e fui attratto a leggere molte parti con utile e piacere grande.
Seguo e seguirò a ricercarlo e adoprarlo e se mi capiterà di fare qualche osservazione, mi permetterò modestamente di scrivergliene. Per ora non ho a che lodarmene e congratularmi con Lei.211
L’attenzione che Poletto volgeva al pensiero religioso e politico di Dante, «in accordo con l’insegnamento della Chiesa e della sua funzione sociale»,212 fece sì che nel 1886 papa Leone
XIII affidasse allo studioso la cattedra dantesca presso l’Istituto Leoniano di Sant’Apollinare (l’odierna Università Lateranense). Anche nell’insegnamento lo studioso metteva in pratica il metodo adottato da Giuliani, facendo apprezzare agli studenti «la vastità e l’unità del concetto teologico - politico dantesco, in armonia con la morale cattolica, pur non trascurando lo studio di Dante».213
Ripercorrendo le tappe della vita di Poletto, che morì a Padova nel 1914, ho potuto individuare, grazie all’aiuto della direttrice della Biblioteca del Seminario padovano la
211 G. Carducci, Lettere, vol. XVI, Bologna, Zanichelli, 1938 - 1968, p. 216. 212 P. Romagnoni, L. Capovilla, Giacomo Poletto dantista e poeta, p. 43. 213 Ibidem.
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dottoressa Giovanna Bergantino, in una collezione di opere dantesche non catalogate, la copia della Commedia cercata:
Roma addì 16 Febbr. 1911. A questo volume (prezioso, se altro non fosse, pel grande dantista che a me lo legò e che lo tenne tra mano per tanti anni) avevo dapprima, in caso di mia morte, dato altra destinazione, scritta di mia mano appiè della pagina precedente: più tardi la (rivocai?); ed ora lo dono alla Biblioteca del Seminario di Padova (un po’ sgualcito, ma tal quale mi venne). Che se lo […], in mio vivente mi costa un po’ di fatica, all’insigne Istituto del B. Barbarigo, nel quale fui docente e vi vissi ventitré anni, anche ciò sia argomento dalla mia viva gratitudine del perenne mio affetto.
A(bate) Giacomo Poletto
.. Dell’importanza di questo volume feci cenno nel paragrafo XXI° della Prefazione al mio Commento della Divina Commedia.
La lettera di Poletto segue le due (una del 2 giugno 1868 e una del 1878) in cui Giuliani aveva lasciato precise disposizioni ad Ambrogio Lugo, suo esecutore testamentario: con la più recente, quel volume, che per oltre ventotto anni lo studioso aveva considerato «una parte sì cara di me stesso», veniva lasciato in eredità al solo che avrebbe potuto proseguire il suo «disegno»:
[…] Avendo potuto conoscere che il meglio adatto per ingegno e dottrina a colorire il disegno da me vagheggiato, è il degnissimo Ab. Giacomo Poletto, prof. di Lettere Italiane nel Liceo di Sant’Alessandro in Bergamo, lascio, come per ultima mia volontà, che sia mandato a lui questo volume in testimonianza della mia sincera stima e perenne affezione, affidandogli una parte sì cara di me stesso.
Giambattista Giuliani Firenze il 22 Xbre 1878.
che ricomincia il mio diciannovesimo anno della mia Esposizione della Divina Commedia in quest’Istituto di Studi superiori.214
214 Lettera di Giuliani, documento manoscritto, Padova, Biblioteca del Seminario Vescovile. (Cfr. II Appendice, pp. 561 – 562).
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Come affermato dallo stesso Giuliani in una delle lettere, la copia della Commedia (nell’edizione del 1854 curata da Brunone Bianchi per Le Monnier La commedia di Dante
Alighieri, fiorentino, novamente) venne acquistata nel 1855 e continuò a essere usata
presumibilmente fino a quando le condizioni di salute glielo permisero: le prime pagine del
Purgatorio e del Paradiso riportano alcune date relative, probabilmente, alle aggiunte più
importanti: 1865, 1868, 1869, 1870, 1874; 1866, 1867, 1868, 1870, 1871, 1872, 1874.
Il volume presentava tracce di usura e di umidità che hanno reso necessario un’importante opera di restauro, da me finanziata, e curata della professoressa Melania Zanetti dell’Università Ca’ Foscari di Venezia; l’operazione ha inoltre permesso la digitalizzazione di tutta la
Commedia affidata al Seminario.
A Poletto probabilmente si deve la numerazione delle pagine che furono aggiunte prima e dopo il testo dantesco: qui Giuliani scrisse svariate tipologie di appunti che gli furono, o gli sarebbero stati, utili per il suo commento al poema.
Nelle pagine non numerate poste prima del frontespizio si trovano i documenti di cui si è appena trattato: la lettera, scritta sul retro della copertina, di Ambrogio Lugo, con la quale il volume veniva consegnato a Poletto; un foglio con alcune citazioni, un’epigrafe firmata da Giuliani «Dio ottimo massimo / che diede all’Italia / Dante Allighieri / per benefizio della civiltà cristiana, offro colla poverella questo mio tesoro /» e un’annotazione di Poletto in cui si spiega il significato della lettera B presente accanto a molti versi della Commedia: «B. La citazione, che spesso si rinviene ne’ margini di questo libro, segnata B, e seguita da un numero, e alle volte da due, o da altro segno, credo che significhi Breviario, com’è citato per intiero alla pag. 628» e i due fogli con le lettere di Giuliani e di Poletto.
La numerazione delle pagine inizia con gli appunti di carattere linguistico: 114 lemmi o frasi, alcuni dei quali sono però ripetuti, tratti dalla lingua dei contadini toscani che non solo trovano riscontro in Dante, ma che anzi permettono di spiegare alcuni passi di controversa interpretazione talvolta riportati. Sopra diverse voci, Poletto appose a matita le sue precisazioni e i suoi appunti, segnalando con una X quelle annotazioni che gli sarebbero potute servire per il proprio commento (un po’ come fece Tommaseo per le liste di compilazione del Tommaseo – Bellini). Le quattordici pagine deputate a lemmario (tutte numerate ad eccezione dell’ultima) sono seguite da altre postille di vario genere (tra queste particolarmente interessanti sono una citazione di Alfieri e un’epigrafe in ricordo di Leopardi) di mano sia di Giuliani che di Poletto, la cui annotazione è tuttavia praticamente illeggibile a causa del cattivo stato di conservazione della grafite.
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Per quanto riguarda le postille che circondano il testo della Commedia, oltre a quanto segnalato da Poletto, ve ne sono diverse con riferimento all’uso del popolo toscano; citazioni tratte dalle Sacre Scritture; precisazioni su quella che per Giuliani doveva essere la lezione originale del testo; informazioni storiche legate ad alcuni personaggi che compaiono nella
Commedia.
L’elemento più notevole è costituito dai riferimenti alle altre opere dantesche: il principio “Dante spiegato con Dante” trova in questo volume la sua massima applicazione: non vi è pagina che non riporti, accanto ai versi, rimandi alle opere di Dante e ad altri passi della
Commedia. Giuliani interviene raramente a commentare il testo, mentre molto più di frequente
riporta, non solo il riferimento all’opera, ma anche i versi utili al commento.
Su come Poletto abbia utilizzato il materiale lasciatogli dal maestro è lo stesso studioso a precisarlo nella già citata Prefazione:
Affinchè il mio Commento acquisti un pregio dalle fatiche dell’insigne dantista, e ridondi in vantaggio di tutti ciò che altrimenti resterebbe ad uso privato; e anche perché, sapendomi in possesso di tal volume, non si creda ch’io furtivamente siami arricchito della roba altrui, ho creduto bene di porre ne’ margini del mio Commento, al preciso luogo che occupano nel volume del Giuliani, tutte le citazioni, nessuna eccettuata, che si riferiscono al altri punti del Poema e a tutte le altre Opere di Dante. Quant’è poi delle postille, riferisco quelle che mi parvero avere una qualche importanza, notando sempre con religiosa fedeltà il nome dell’autore.215
Un elemento degno di nota è costituito dal fatto che, oltre alle annotazioni di Giuliani, il volume presenta anche, come già in precedenza si è avuto modo di accennare, alcune annotazioni di mano di Poletto che si preoccupò di distinguere le sue note da quelle di Giuliani scrivendo a matita, su foglietti volanti (uno dei quali è ancora conservato), oppure ponendo accanto alle postille la propria firma.
Dopo l’ultima carta stampata si trovano trentatré pagine annotate: alcune presentano degli appunti molto fitti, altri invece solamente poche righe.
Pagine 1 - 5: riportano citazioni tratte da diverse opere, alcune delle quali poste sotto il titolo «Del mistico Albero della scienza e della vita»:
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Pagina 6: è riservata alle «Cose fin qui inspiegabili» riguardanti il canto XXXII dell’Inferno; Pagina 7: riporta alcuni appunti riguardanti dei passi controversi della Commedia;
Pagina 8: presenta una piccola bibliografia con i «Libri citati»; Pagine 9 - 11: riguardano le «Lezioni diverse»;
Pagina 12: contiene alcuni riferimenti bibliografici e alcune indicazioni di luoghi geografici; Pagine 13 - 14: riportano alcune citazioni in latino e altre annotazioni;
Pagina 15: riporta una citazione riguardante la poesia;
Pagina 16: è una pagina ricca di appunti in cui compare anche il nome di Tommaseo: «Per intendere Dante, bisogna amare; egli è il poeta dell’amore: Tommaseo cita sempre, interpreta assai di rado, non dichiara […]»;
Pagina 17: è dedicata al De vulgari eloquentia;
Pagina 18: Giuliani trascrive, sotto il titolo «Di alcune infallibili lezioni ad autenticare la D. Commedia», i vv. 109 - 111 del Paradiso di cui viene esposta la lezione a suo dire più corretta; Pagina 19 – 24: contengono quelli che vengono definiti «Passi finora inesplicati»;
Pagina 25: vengono riportati alcuni versi tratti dal VI libro dell’Eneide: il foglio è infatti intitolato «Eneides VI»;
Pagine 26 - 29: sono dedicate al commento di «Paradiso IV,19»;
Pagina 30: è riportato un solo verso tratto «Dal Libro de Vulgari Eloquentia»; Pagina 31: riguarda le «quattro stelle della costellazione del Centauro»; Pagine 32 – 33: sono dedicate a «Virgilio».
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