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Il 15 gennaio 1866 morì a Torino Massimo d’Azeglio e il 29 dello stesso mese il Governo Italiano chiamò Giuliani a celebrare in Santa Croce a Firenze le solenni esequie all’illustre statista. La scelta di chiedere a Giuliani di tenere l’orazione funebre non fu casuale: la fede dello studioso nei confronti di casa Savoia era infatti ben nota ed emerge con evidenza all’interno del discorso che venne dato alle stampe qualche tempo dopo. 55

Giuliani d’altra parte aveva avuto modo di entrare in contatto d’Azeglio fin dal 1850 quando, professore a Genova, aveva inviato una lettera al politico piemontese per richiedere alcuni favori:

Illustrissimo Signore

So quanto è grande e squisita la gentilezza di Vostra Signoria Chiarissima, e però me Le rivolgo liberamente e con fiducia di ricevere buone accoglienze. Io ho sempre ricordato con singolar frutto e piacere quei brevi ragionamenti che mi fu dato di udire da Lei, e m’è rimasta una sicura persuasione dell’eccellente bontà dell’animo suo. Ciò mi conforta a richiederla d’un segnalato favore, e mi fa eziandio confidare di ottenerlo. È qui vacante l’Abbazia di Nostra Signora del Rimedio, ed avrei fondata speranza che mi venisse assegnata, qualvolta avessi un qualche titolo riguardevole, giacchè la sola difficoltà che mi si presenta si è di non esser nobile di famiglia. A questo difetto Vostra Signoria Illustrissima solo potrebbe riparare, degnandomi della sua grazia. Veramente io non ho meriti per aspirare alla Croce di Santi Maurizio e Lazzaro; ma ove appresso Sua Maestà Ella procurasse di farmi prevalere l’essere già da parecchi anni Membro dell’Accademia delle scienze di Torino, e l’ufficio di Revisione esercitato ne’ tempi difficili delle Riforme, non che il grado di dottore del Collegio di Filosofia e professore di Eloquenza sacra in questa Università, io mi indurrei facilmente a promettermi quell’ambito onore.

era uscito l’anno precedente, mentre il terzo (dedicato al Paradiso) venne edito alcuni anni più tardi, nel 1882. La cartolina, qui riportata solo in parte, è conservata presso il Comune di Canelli. Cfr. V. Petrini, «Riverito Amico, l’assicuro che la sua amicizia mi sarà sempre preziosa», pp. 119 - 123. Con il titolo di “Jahrbuch der Deutschen Dante - Gesellschaft” si fa qui riferimento ai primi quattro volumi della rivista della Società Dantesca Tedesca (editi tra il 1867 e il 1877) diretti da Böhmer e da Scartazzini; a partire dal volume V fino al IX (stampati tra il 1920 e il 1925) il titolo venne infatti cambiato in “Deutsches Dante - Jahrbuch”, mentre per i volumi X e seguenti (pubblicati a partire dal 1928) si decise di continuare a conservare lo stesso titolo aggiungendo l’indicazione Neue Folge (serie nuova) per i volumi dal X al XXXV.

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Ho stampato ancora alcune operette, le quali hanno trovato qualche pubblico favore, ma tutto ciò sarebbe nulla, qualora Ella, secondando il generoso impeto del suo cuore, non s’interponesse benignamente ad impetrarmi la grazia sovrana.

Il nome di Vostra Signoria che tanto suona caro e onorato a qualunque pregia ed ama la dignità del sentire e dell’operare italiano, diverrà per me cosa sacra per vincolo eterno di gratitudine. A un’anima così gentile e veramente degna si farebbe offesa, non che violenza, con parole eccitative; e perciò tutto me Le abbandono. Bensì mi piace di accertarla, che troverà sì ben molti più degni de’ suoi benigni riguardi, ma solo pochissimi che Le siano con pari ossequio ed ammirazione, com’io mi professo Genova il 17 di Marzo 1850

Suo devotissimo obbligatissimo servitore Giambattista Giuliani somasco Professore di Eloquenza Sacra nell’Università di Genova56

Al discorso pubblicato in onore di d’Azeglio si riferisce il carteggio di Giuliani con Manzoni conservato presso la Biblioteca Nazionale Braidense all’interno del Fondo Manzoniano. Questo scambio epistolare, in realtà molto esiguo (le lettere cui Manzoni rispose sono soltanto due), è però estremamente importante: non solo per l’interlocutore cui Giuliani si rivolge, ma anche perché si tratta di uno dei pochi carteggi dello studioso ad oggi ricostruibili (le lettere di Giuliani a Manzoni sono inedite, mentre le missive di risposta furono pubblicate per la prima volta da Arieti nel 1870).

Il motivo per cui Giuliani si rivolge all’autore dei Promessi Sposi riguarda il suo legame con d’Azeglio: nel 1831 lo statista si era trasferito a Milano dove si era messo a scuola di Manzoni e ne aveva sposata la figlia, Giulia. In virtù di questo fatto, al momento di dare alle stampe l’opuscolo Nelle solenni esequie a Massimo d’Azeglio Giuliani si rivolse al “gran lombardo” affinché gli concedesse il permesso di dedicare a lui l’opera in questione:

Illustrissimo Signore

Come sacro debito, ho assunto l’incarico di recitare in Santa Croce un’orazione funebre nelle solenni Esequie al compianto e desiderato Massimo d’Azeglio. Ed ora il Governo mi chiede di pubblicarla per le stampe, nè posso negarmi alle sì cortesi istanze, ma vorrei che Ella mi consentisse di porvi in fronte il suo nome sì caro a quell’anima degna. Le mando la conclusione del mio discorso, perchè desidero che Le

56 Lettera inedita di Giuliani a d’Azeglio conservata presso l’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano di Roma (562) 45 1. (Cfr. II Appendice, p. 523.)

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siano palesi gl’intendimenti ch’ebbi nel comporlo. E con ciò me Le rassegno con intimo ossequio

Firenze il 2 di febbraio 1865

Suo devotissimo servitore Professore Giambattista Giuliani57

La risposta di Manzoni non si fece attendere: il tentativo dell’illustre scrittore di sottrarsi a tale richiesta riporta infatti la data del giorno seguente

Milano, 3 febbraio [1866] Veneratissimo Signore,

Solo un’eccessiva indulgenza Le poteva suggerire la proposta ch’Ella s’è degnata di farmi. Le mie fortunatissime, ma affatto private, relazioni col pianto e illustre Massimo non bastano a darmi un titolo a una tal distinzione. L’onore d’essere associato a lui in una dimostrazione solenne non può convenire se non a chi abbia potuto aiutare con l’opera la gran causa del riscatto, nel quale egli ha avuta una parte così splendida e fruttuosa. È già troppo, e più che troppo, l’essere il mio nome stato menzionato da Lei nel bel saggio che ha avuta la bontà di comunicarmi, e menzionato in termini, per i quali la confusione è pari in me alla riconoscenza.

Gradisca l’espressione sincera di questi sentimenti, insieme con le mie scuse, e con le proteste del mio profondo ossequio.

Suo umilissimo e devotissimo servitore Alessandro Manzoni58

Il cordiale rifiuto di Manzoni cadde però inascoltato, l’opuscolo stampato dalla tipografia fiorentina degli Eredi Botta riportò infatti la dedica «Ad Alessandro Manzoni con intima e perenne venerazione». Una copia dell’opera venne subito inviata a Milano:

Osservandissimo Signore

Non avrei proprio saputo a chi meglio consacrare il mio discorso sull’Azeglio, se non al suo benamato suocero. Ciò basti a scusarmi del passato mio ardire, e a farmi degno

57 Come si è detto, Massimo d’Azeglio morì il 15 gennaio 1866: la lettera risulta tuttavia datata 1865 a causa di un errore di Giuliani. Lettera inedita di Giuliani a Manzoni conservata presso il Fondo Manzoniano della Biblioteca Nazionale Braidense con segnatura Manz. B. XXII.109 – 4r. (Cfr. II Appendice, p. 524.)

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d’essere letto e compatito da Lei; al quale auguro ogni vera consolazione e m’esalto di sentirmi con tutta l’anima

Firenze il 28 di febbraio 1866

Devotissimo servitore Giambattista Giuliani59

Non ricevendo risposta, e con il timore di aver in qualche modo offeso il celebre scrittore, il 12 marzo Giuliani si rivolse nuovamente a Manzoni scusandosi per il «troppo ardire»:

Osservandissimo Signore

Ha Ella ricevuta la mia Orazione funebre ad onore del nostro compianto d’Azeglio? Non vedendo risposta, temo di averla dispiaciuta colla mia dedica, e ne rimango dolente. Voglia, di grazia, scusare il troppo mio ardire e la tenuità dell’offerta, pensando all’obbligo sacro, che da lunghi anni sento per Lei ad augurio e speranza di bene

Firenze il 12 di marzo 1866

il suo devotissimo Giovanni Battista Giuliani60

La risposta giunse il giorno successivo accompagnata da un velato rimprovero nei confronti della caparbietà di Giuliani:

Milano, 13 marzo 1866 Chiarissimo Signore,

Persuaso di non meritare l’onore della dedica da Lei offertami, io l’aveva pregata di dimetterne il pensiero. Ma poichè Ella ha voluto che il mio povero nome stesse in fronte alla eloquente sua Orazione, non posso vedere in ciò altro che un’invincibile indulgenza, e attestargliene la mia gratitudine, unita al distinto ossequio, con cui ho l’onore di rassegnarmele

Devotissimo Obbligatissimo servitore Alessandro Manzoni61

59 Lettera inedita di Giuliani a Manzoni conservata presso la Biblioteca Nazionale Braidense con segnatura Manz. B. XXII.109 – 5r. (Cfr. II Appendice, p. 525.)

60 Lettera inedita di Giuliani a Manzoni conservata presso la Biblioteca Nazionale Braidense con segnatura Manz. B. XXII.109 – 6r. (Cfr. II Appendice, p. 526.)

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Nonostante queste due lettere siano le uniche di cui si conservano le risposte, Giuliani aveva già avuto modo di scrivere a Manzoni quasi un decennio prima quando, il 16 febbraio del 1857, gli aveva inviato un’orazione, probabilmente l’Eva novella: orazione panegirica stampata a Savona l’anno precedente.

Particolarmente interessanti, in quanto testimoniano una reciproca conoscenza degli studi linguistici, sono invece le tre missive, anch’esse conservate presso il Fondo Manzoniano, che accompagnavano l’invio a Manzoni di tre scritti sulla lingua toscana. Con la prima lettera, datata Siena 29 settembre 1859, Giuliani inviava una copia del suo primo scritto di argomento linguistico, Sul moderno linguaggio della Toscana.

Chiarissimo Signore

Ella, cui ogni italiano deve riverenza e gratitudine, mi prometto riceverà di buon grado un picciolo saggio de’ miei studi sul vivente linguaggio di questo popolo, che Le è tanto caro. Ed io sarei lieto della mia fatica, se a continuarla potrò giovarmi di quella sapienza ond’Ella non cessa di ammaestrarci. Perdoni alla sua cortese bontà il mio ardire, e me Le rassegno con l’ossequio del cuore.

Siena il 26 settembre 1859

suo devotissimo servitore Giovanni Battista Giuliani62

Nell’opera il nome di Manzoni ricorre due volte, in punti cruciali nei quali si definisce in maniera netta uno dei principali punti di divergenza nella teoria linguistica dei due studiosi: se infatti l’autore dei Promessi Sposi aveva scelto il fiorentino come modello linguistico, il padre somasco evidenziava con forza la necessità di rifarsi alla lingua parlata da «tutta la Toscana».

Le stesse lettere in cui Giuliani riportava la «grave sentenza del Manzoni intorno alla lingua fiorentina» compaiono anche nella seconda edizione dello scritto, edito nel 1860: all’invio di una copia di Sul vivente linguaggio della Toscana fa molto probabilmente riferimento la missiva del 12 giugno 1862:

Onorevolissimo Signore,

voglia di grazia accogliere benignamente un mio picciolo libro che Le offro, solo perchè vi si discorre d’una materia che Le è cara. Nè stimerò inutile la mia fatica, quando non disgradisca a Lei, che, scrivendo, sa fare il bene e farsi voler bene. Iddio

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La porti lungamente a conforto e amore d’Italia! E con questa preghiera del cuore, me Le rassegno con intima riverenza.

Firenze il 12 di giugno 186263

L’ultima lettera conservata presso il Fondo Manzoniano (con segnatura Manz. B. XXII.109 - 8) è nuovamente legata a uno scritto di materia linguistica: si tratta del racconto Tre vittime

del lavoro, pubblicato da Giuliani nel 1873:

Mio reverendissimo Signore,

a Lei, che sente e sa ritrarre la divinità della natura e del vero, riuscirà gradito questo Racconto, dovuto solo a gente di semplice vita. Perciò mi eco a debito di trasmetterglielo, mentre Le prego dal cielo ogni benedizione e mi raffermo per intimo ed immancabile ossequio.

Firenze il 30 del 187364