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GLI SCRITTI LINGUISTIC

G IANNETTA DI M ONTAMIATA

A differenza delle altre opere analizzate in questo lavoro, questa novella in versi non venne scritta da Giuliani, ma da Caterina Bon Brenzoni: allo studioso si deve infatti solo la curatela del volume.

Nella Prefazione Giuliani si sofferma a tracciare un ritratto della poetessa, morta ormai da 12 anni. Caterina Bon Brenzoni (Verona, 28/10/1813 – Ivi, 1/10/1856) fin dalla fanciullezza si era distinta per le sue doti letterarie, predilengendo lo studio di Dante, di Omero (nella versione di Monti) e dell’Ossian di Cesarotti. A soli 18 anni sposò il conte Paolo Brenzoni dal quale ebbe due figli che sopravvissero solo pochi giorni. Nel 1841 la Brenzoni pubblicò la sua prima opera in occasione del matrimonio di Maria Teresa Sergo Allighieri, conoscente dello stesso Giuliani che le inviò una copia autografata di Sul moderno linguaggio della Toscana.

Lo studioso evidenzia soprattutto lo spirito poetico della Brenzoni, tale che «all’udire le soavi armonie d’una musica cantata da un valoroso artista, il vivace estro la indusse a comporre un’ode all’Armonia, che fu come una rivelazione del pieno accordo delle sua facoltà col bello e col vero.»287

Particolarmente care a Giuliani sono le opere di argomento dantesco cui si era dedicata l’autrice, in particolare il Paradiso e Dante e Beatrice, testo che «non fu ancor vinto da quei molti che si cimentarono a trattare un simile soggetto».288 Tra i meriti che lo studioso attribuisce

alla Brenzoni vi è in particolare quello di imitare i canti del popolo toscano che portò Giuseppe Tigri a intitolare a lei la sua raccolta di Canti Popolari Toscani. Giannetta di Montamiata costituisce la prova più eccelsa della capacità della Brenzoni di poetare alla maniera dei popolani toscani e a questa novella Giuliani dedica parole di grande apprezzamento:

semplice di molto si pare questa Novella, ma nella semplicità sua riesce a viemeglio dispiegare e farci riconoscere la rara bellezza che vi si chiude. Tuttochè v’abbondi la imitazione dei Canti del popolo toscano, anche negli stessi difetti, pur non fosse altro il pregio d’averli eziandio rivolti a diffondere l’amore d'Italia e della Religione, questo basterebbe a gloria della benemerita Poetessa. La quale derivando dal popolo le

287 C. Bon Brenzoni, Giannetta di Montamiata, a cura di G. Giuliani, Firenze, Cellini, 1868, p. 8. 288 Ivi, p 9.

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convenienti parole, valse ad insegnargli, mediante l’arte del bello, la scienza del bene e i più nobili sentimenti.289

Poco prima di morire la Brenzoni aveva affidato il manoscritto a Giuliani «ed a me il custodirlo era soave obbligo di cuore; nè ora mi consentirebbe di volgerlo in pubblico beneficio, se la propizia fortuna del nostro paese non mi persuadesse a così rinnovare la memoria di quell’Anima benefattrice e veracemente italiana»290. Allo studioso si deve la Prefazione dello

scritto che venne successivamente pubblicata, senza il testo della novella, in Arte patria e

religione mantenendo la dedica a Laura Digerini – Nuti.

Il testo della Brenzoni si compone di due parti dedicate alla biografia di Giannetta di Montamiata, contadina del senese la cui vita fu stravolta da innumerevoli disgrazie, tra cui, quella cui è dedicata la seconda parte, la morte del fidanzato durante le battaglie risorgimentali. Scorrendo la novella si capisce il motivo del grande interesse di Giuliani. Fin dall’inizio viene esaltata la bellezza della lingua popolare toscana in ogni sua variante

Tosco gentil paese, ove l’incanto Della parola i mille incanti avanza Di che bello t’han fatto arte e natura! [...]

Sì, la terra del canto ancor tu sei. E il mandrian che giù pei verdi colli Del Casentin discende, e quei che pone In vetta all’Appennino il suo presepe A giorni estivi, e giovinette e spose Delle ben scelte paglie al vago intreccio Sollecite ed intente, e fin colui

Che dal bisogno astretto ai tristi campi Cala delle Maremme, e la letale Aria ne beve del ritorno in forse, Tutti cantano a gara e a sè letizia Fanno del canto. Nè quel cercan solo Che note intreccia e voci all’aura scioglie; Ma da vivo compresi estro natìo

289 C. Bon Brenzoni, Giannetta di Montamiata, p. 12. 290 Ivi, p. 13.

116 Con leggiadre parole in vago metro Sfogan corrucci e amore, e gioie e pianti.291

L’ardore patriottico dell’autrice prorompe nei primi versi della seconda parte: in questa viene racchiusa tutta la disperazione della povera Giannetta unita alla speranza di un ormai prossimo Risorgimento e alla rabbia nei confronti del nemico straniero:

Dall’Alpe al mar suona una voce. – Il grido Sì lungamente soffocato e chiuso

Dentro gl’itali petti, erompe al fine. Si commuovono l’aure all’inattesa Armonia, che da mille eco diffusa Vola pel mondo attonito, a far fede Che fu menzogna vil, fallace spenne Di pavidi tiranni, il crudo vanto Di nostra morte. – Da Sicilia corre Fino a Sabaudia la possente fiamma E sovra i dorsi d’Apennin lampeggia Qual catena di luce; e fremon tutti Nel desio della pugna i nostri petti. Giorni di speme!

Particolarmente degna di nota è la citazione della celebre canzone popolare di inizio Ottocento Maremma amara: «cosa della Maremma ancor più amara?». A pronunciare il verso è Giannetta ed è chiaro come nelle sue parole le paludi maremmane assumano le sembianze di un luogo di salvezza rispetto ai campi di battaglia: «Dalla Maremma sempre egli tornava... / O guerra sciagurata, sciagurata!».

Le vicende della contadina senese si intrecciano strettamente a quelle dell’Italia e della stessa Brenzoni che nei versi fa trasparire le sue idee riguardo il caro prezzo pagato per costituzione della nuova nazione. Il cuore del pensiero dell’autrice si concentra in alcuni versi che sicuramente trovavano pienamente concorde anche Giuliani:

117 Sono oggimai d’Italia le contrade;

Or che non più fraterne son le lutte,

Deh, incontro allo straniero alziam le spade! Deh, amiamoci tutti, tutti in questa bella Terra, ove abbiam comuni usi e favella!292

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