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Intorno alla metà degli anni Settanta le condizioni di salute dello studioso cominciarono a peggiorare; in particolare in questi anni Giuliani cominciò a soffrire di una malattia agli occhi che lo portò alla quasi completa cecità, costringendolo in molti casi a dover ricorrere ad altri per scrivere le proprie lettere e a rifiutare gli impegni scolastici più gravosi: è il caso degli esami per l’entrata in ruolo dei nuovi insegnanti che si tennero presso la facoltà di Lettere dell’ateneo fiorentino nel settembre del 1873 e per i quali Giuliani si trovò costretto a chiedere una dispensa al Ministro Scialoja:

Eccellentissimo Signor Ministro,

essendo io stato eletto a far parte della commissione incaricata degli esami per la facoltà di Filosofia e Lettere, che si daranno nel prossimo settembre in Firenze ai professori dei Ginnasi e Licei, privi dell’opportuno diploma, prego Vostra Eccellenza a volere dispensarmene, giacchè la mia indebolita salute or non mi consentirebbe di prestarmi a quell’officio. […] Cutigliano, il 15 di agosto 187372

Al 1874 risale la pubblicazione del Convito dapprima, come si è visto, sulla “Nuova Antologia” e poco più tardi in un’edizione in volume presso Le Monnier. L’opera riscosse innumerevoli consensi, soprattutto per via del rigore filologico con cui Giuliani aveva ricostruito il testo: basti pensare che l’Accademia della Crusca adottò la lezione da lui proposta come vulgata. A tal proposito Augusto Conti, come riporta Vassallo, scrisse che se prima «il

Convito era di lettura intrigata, difficile, talora inesplicabile; ora si legge con facilità e diletto:

di Gino Capponi e di altri a lui, Vol. IV, Firenze, Successori le Monnier, 1885, p. 299. Il nome di Giuliani ricorre inoltre in 5 verbali dell’Accademia, la cui datazione è compresa tra il 1873 e il 1876, in riferimento all’edizione del Convivio da lui curata.

72 Lettera inedita indirizzata al Ministro dell’Istruzione Antonio Scialoja conservata presso il Ministero della Pubblica Istruzione. (Cfr. II Appendice, pp. 536 – 537).

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è un’opera di Dante pressochè restituita».73 La stessa opinione si ritrova nelle parole di Gino

Capponi:

Carissimo amico e collega,

avermi innanzi, per bontà vostra, il vostro libro e udirne tanto che basti a intendere com’egli è fatto, mi ha fatto subito dire a me stesso: ecco una cosa sulla quale non occorre più tornare; il cibo digesto si è convertito in vitale umore, e questo appunto a noi bisognava. Io queste cose me le son dette così all’ingrosso, ma proprio mi pare che siano a quel modo; sapere poi anche di quanto sapere mi sia da un pezzo chiusa la porta, e in quante minute piccolezze mi sia da un pezzo io medesimo impacciato. Dunque le mie parole sono quasi d’un dormiente svegliato a mezzo, ma egli è che io credo che siano il parere di chi più ne sa, e quindi ne faccio a Voi non solo le congratulazioni ma ringraziamenti per avere, come io dicevo e come a me pare, fatta una cosa tutta intera. Me non potete Voi oramai fare dotto, nemmeno tenendomi il lume dinnanzi, ma altri farete, e questo è quello di cui vi ringrazio.74

La difficoltà dell’impresa traspare anche dalle parole dello stesso Giuliani che il 16 febbraio del 1875 aveva inviato una copia dell’opera a Ruggiero Bonghi, allora Ministro dell’Istruzione e anch’egli professore, ormai da un decennio, nell’Istituto di Studi Superiori Pratici e di Perfezionamento di Firenze:

Eccellentissimo Signore,

Ho tentato un’opera la più difficile e pericolosa che mai, e, grazie al cielo, dopo una lunga ed ostinata fatica m’è riuscito di vederne il compimento. Ond’io m’affido di presentargliela, non tanto, come al degno Ministro della Pubblica Istruzione in Italia, quanto al valoroso critico e filosofo, che pur basta a mantenerci il pregio della eloquenza civile. […]75

73 C. Vassallo, Commemorazione di G. B. Giuliani, p. 468.

74 N. Gabiani, Carteggio dantesco di Giambattista Giuliani, p. 356.

75 Lettera inedita indirizzata a Ruggiero Bonghi conservata presso il Ministero della Pubblica Istruzione. (Cfr. II

Appendice, pp. 538 – 539). L’esperienza d’insegnamento presso l’ateneo fiorentino non era l’unico elemento in comune tra Giuliani e Bonghi: entrambi, ad esempio, negli anni 1848 - 1849 avevano preso parte ai moti rivoluzionari, riponendo la loro fiducia in papa Pio IX e appoggiando le posizioni neoguelfe di Gioberti. Non bisogna inoltre dimenticare l’interesse nutrito anche da Bonghi nei confronti della lingua italiana: in questo campo l’influsso di Manzoni fu decisivo infatti «Bonghi, pur non avendo frequentato a Napoli la scuola del marchese Puoti, si era prefisso a modello di stile i trecentisti italiani e aveva criticato sotto questo profilo il Manzoni stesso;

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Tra 1878 e il 1882 Giuliani pubblicò i volumi delle Opere latine di Dante Allighieri, un’opera che gli costò non poca fatica, se il 17 marzo 1878 scriveva a Vassallo:

sono stato parecchi giorni con una forte infreddagione, ma oramai par di star meglio e lavoro per terminare la ristampa delle Opere latine di Dante co’ miei commenti. Ma non potete credere che lavoro faticosissimo è questo, e mi sembra proprio una selva selvaggia, donde mi par tardi d’uscirne a rivedere le stelle.76

Tuttavia, gli sforzi furono premiati e l’edizione conobbe numerosi consensi, compresi quelli di Witte che in una lettera del 24 febbraio dell’anno successivo espresse a Giuliani la propria comunanza di opinione in merito a diversi luoghi da lui emendati:

Mi resta di ringraziarvi del dono che mi faceste delle Opere latine di Dante. Lo stato della mia salute mi impedì finora di occuparmi della Monarchia, non mancai però di esaminare con attenzione l’Eloquenza volgare. Vi ritrovai la solita cortesia che usate con me nelle mie cose, ma quel che è di maggior rilievo, riconosco con molta soddisfazione, che non solo numerosi passi furono da voi con maestria corretti, ma che in non pichi altri i vostri argomenti mi convincono che erronea sia stata l’emendazione da me proposta, ed ora da voi con buona ragione rigettata.77