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Le decisioni dei soci alla luce del principio di esclusività della gestione in capo agli amministrator

LE COMPETENZE DECISORIE DELLA COLLETTIVITÀ DEI SOC

2.7 Le decisioni dei soci alla luce del principio di esclusività della gestione in capo agli amministrator

Quanto sopra esposto permette di delineare il quadro normativo della S.r.l. vigente sino all’intervento del CCII, che, in termini di riparto di competenze tra soci e amministratori, prevedeva un modello legale di stampo capitalistico, ma attenuato. Ed infatti la legge riconosceva alla collettività dei soci importanti prerogative di ingerenza nella gestione, considerato il potere degli stessi di decidere sul compimento di operazioni gestorie di cui all’articolo 2479, comma 2, n. 5) c.c. e tenuto conto della competenza eventuale per gli argomenti sottoposti alla loro approvazione da parte degli amministratori o dei soci stessi. Tale modello, inoltre, si connotava per un’accentuata elasticità, dal momento che l’autonomia statutaria, in deroga ad esso, poteva attribuire ai soci una competenza decisionale su qualsiasi materia, anche a contenuto gestorio.

308 CIAN M., op. cit., p. 42. Secondo l’Autore il richiamo alla responsabilità dei soci ex art. 2476, comma 7 c.c.

non è un efficiente strumento di reazione agli atti di mala gestio a favore dei terzi e del mercato. Infatti ai soci non può essere richiesta una diligenza tale da eguagliare quella richiesta agli amministratori, per grado di attenzione e perizia; né può essere esteso ai soci il parametro della preparazione professionale, a cui devono senza dubbio attenersi gli amministratori.

68 Tale flessibilità organizzativa si contrapponeva alla rigida distribuzione di competenze decisionali operata nella disciplina della S.p.a.. In questo tipo societario l’articolo 2380-bis c.c. attribuisce il potere di gestione della società in via generale ed esclusiva all’organo amministrativo, mentre all’assemblea dei soci è preclusa ogni ingerenza nella gestione societaria, ad eccezione del potere, se previsto dallo statuto, di autorizzare gli amministratori al compimento di operazioni ai sensi dell’articolo 2364, comma 1. n. 5 c.c., fermo restando la responsabilità e la decisione di questi ultimi circa il compimento dell’atto autorizzato.

Il CCII ha riscritto l’articolo 2475, comma 1 c.c. prevedendo che «la gestione dell’impresa … spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale». In tal modo, secondo quella che è stata definita l’interpretazione più innovativa310, si riproduce nella disciplina della S.r.l. la regola di spettanza esclusiva della gestione in capo agli amministratori e la conseguente netta ripartizione di competenze tra organo amministrativo e soci che caratterizza il modello azionario.

Alla luce del nuovo testo dell’articolo 2475, comma 1 c.c., si avverte l’esigenza di riconsiderare il sistema del governo societario e di verificare l’impatto della nuova disposizione sul tessuto normativo previgente. A tal fine si rende necessario un tentativo di coordinamento del novellato articolo con la previsione dell’articolo 2479 c.c.311, con l’intento di individuare la portata del contenuto e del valore del pronunciamento dei soci sulle materie loro devolute dalla legge, dall’atto costitutivo, da uno o più amministratori o da una minoranza qualificata di soci. In merito alle competenze attribuite ai soci ex lege, si deve ritenere che, in seguito alla modifica apportata dal CCII, i soci continuino a mantenere il potere decisionale sulle materie che la legge attribuisce inderogabilmente alla loro competenza, e segnatamente con riferimento alle decisioni di compiere operazioni che determinano una sostanziale modifica dell’oggetto sociale o una rilevante modifica dei diritti dei soci312. Nell’ottica di reciproca influenza delle discipline dei due tipi capitalistici, avanzata dalla dottrina313 in ragione dell’accomunanza degli stessi sotto il medesimo principio di esclusività della gestione in capo agli amministratori, si potrebbe

310CALVOSA L., Gestione dell’impresa e della società alla luce dei nuovi artt. 2086 e 2475 c.c., in Le Società,

2019, 7, p. 799.

311 SPOLIDORO M., Note critiche sulla “gestione dell'impresa” nel nuovo art. 2086 c.c. (con una postilla sul ruolo dei soci), in Riv. Soc., 2019, 2-3, p. 271. Secondo l’Autore «veramente difficile da conciliare con

l’estensione alla s.r.l. del Führerprinzip …. sembrerebbe invece essere la previsione del primo comma dell’art. 2479, che prevede l’intervento dell’assemblea in materia gestionale.»

312 MAZZA G.A., La riforma della crisi d’impresa mette in crisi i diritti dei soci di s.r.l. in materia di gestione,

in Riv. Dott. Comm., 2019, 3, p. 499 ritiene, invece, che «la previsione dell’articolo 2479, comma 2, n. 5) c.c. … non può che essere intesa nel senso di impedire agli amministratori di decidere e attuare siffatte operazioni in mancanza di un’autorizzazione dei soci».

69 ritenere che, se da un lato la disciplina dei rapporti interorganici della S.r.l. debba essere riletta alla luce dei principi di governance della S.p.a., dall’altro alcune regole della S.r.l. possano essere estese al modello azionario. Secondo tale logica, quindi, si potrebbe pensare che la competenza decisionale dei soci in merito alle operazioni che determinano una sostanziale modifica dell’oggetto sociale o una rilevante modifica dei diritti dei soci assuma valenza transtipica314, e che quindi anche nella S.p.a. l’assemblea dei soci sia considerata competente a decidere sulle operazioni che incidono sulla posizione, sulle condizioni di rischio e sugli interessi della compagine sociale.

Si deve concludere, inoltre, che i soci mantengano la competenza decisionale sull’opposizione sollevata da un amministratore nel caso di amministrazione disgiuntiva. Come già specificato, infatti, in tal caso non si assiste ad uno spostamento di competenze dall’organo amministrativo ai soci, in quanto, in tale circostanza, essi sono chiamati ad esprimersi sull’opposizione, e non sul compimento dell’operazione contestata.

Con riferimento alle decisioni dei soci su materie riservate alla loro competenza dall’atto costitutivo, si deve giungere alla conclusione che l’atto costitutivo non possa attribuire alla collettività dei soci il potere di assumere una decisione vincolante per gli amministratori315. Ciò significa che l’autonomia statutaria non è più libera di intervenire nella ripartizione di competenze tra soci e amministratori, non potendo realizzare uno spostamento a favore dei soci di competenze che rientrano nella sfera decisionale degli amministratori.

Pur tuttavia, si possono ancora considerare legittime quelle clausole che attribuiscano ai soci il potere di autorizzare il compimento di operazioni gestionali. In tal modo, infatti, l’intervento dei soci assume carattere determinante, ma non dominante, in quanto la volontà dei soci non si sostituisce a quella degli amministratori, i quali, non essendo vincolati dal pronunciamento dei soci, mantengono la discrezionalità circa il compimento dell’operazione autorizzata.

L’atto costitutivo può, quindi prevedere casi di ingerenza contenuta dei soci nella gestione della società, limitandosi ad attribuire ad essi un potere autorizzatorio su materie gestorie selezionate ed individuate mediante un’elencazione puntuale. In tali termini non potranno considerarsi legittime le clausola statutarie che affidino agli amministratori la gestione corrente della società, attribuendo implicitamente ai soci una potere autorizzativo residuale ed esteso ad intere aree di

314CERRATO S., Il ruolo dell’assemblea nella gestione dell’impresa: il “sovrano” ha veramente abdicato?, in

Riv. Dir. Civ., 2009, 2, p. 140.

315CALVOSA L., op. cit., p. 802; MAZZA G.A., op.cit., p. 499; MALGIUGLIO F., I poteri degli amministratori di società a responsabilità limitata a seguito del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in Riv. Not.,2,

2019, p. 296; DI CATALDO V., ROSSI S., Nuove regole generali per l’impresa nel nuovo Codice della crisi e

70 gestione316.Il meccanismo autorizzativo potrebbe essere previsto per categorie di atti, individuati attraverso criteri quantitativi, ad esempio operazioni eccedenti un determinato valore; qualitativi, ad esempio il valore strategico dell’operazione o l’incidenza degli atti sulla struttura imprenditoriale e finanziaria della società; di tipo analitico, ad esempio le cessioni d’azienda, la concessione di garanzie a terzi, la costituzione di società controllate317.

E ancora, analogamente a quanto previsto dalla dottrina318 in tema di S.p.a., si possono ritenere ammissibili le clausole statutarie che attribuiscano ai soci il potere di veto per il compimento di determinati atti, in quanto una siffatta clausola produce gli stessi effetti di quella che contiene la facoltà di autorizzazione. Inoltre, l’atto costitutivo può prevedere anche clausole che obblighino gli amministratori ad acquisire il parere non vincolante dei soci su determinate materie.

Si possono ulteriormente ritenere legittime le clausole statutarie che attribuiscano ai soci il diritto di decidere per materie per le quali l’atto costitutivo è libero di affidare la decisione alternativamente ai soci o agli amministratori: nel caso della decisione sull’emissione dei titoli di debito (articolo 2483 c.c.); nel caso dell’espressione del gradimento sul trasferimento delle partecipazioni (articolo 2469, comma 2 c.c.); nel caso della decisione sulla proposta e sulle condizioni del concordato preventivo (articolo 152, comma 2 l.fall.), sull’iniziativa per la dichiarazione di fallimento e per gli accordi di ristrutturazione dei debiti. Ciò, ancora un volta, in analogia a quanto previsto nella disciplina della S.p.a. nei casi previsti dagli articolo 2410 e 2447 ter, comma 2 c.c. e dall’articolo 152, comma 2 l.fall.

A considerazioni simili si deve giungere in relazione alla competenza dei soci sugli argomenti che uno o più amministratori o tanti soci che rappresentino un terzo del capitale sociale abbiano sottoposto alla loro approvazione319. Infatti si può considerare ammissibile la richiesta degli amministratori o della minoranza qualificata di soci, ma solo se il pronunciamento dei soci sia sollecitato in termini autorizzatori, non potendosi invece accogliere l’ipotesi di devoluzione alla collettività di un potere decisionale pieno. Questa interpretazione si pone in linea con i già citati orientamenti dottrinali che ammettevano una deroga in peius alla disposizione di cui all’articolo 2479, comma 2 c.c., al fine di precludere ai soci ogni forma di ingerenza nell’amministrazione

316 CERRATO S., op. cit., p. 145.

317 ABBADESSA P.- MIRONE A., Le competenze dell’assemblea nella s.p.a., in Riv. Soc., 2010, 2-3, p. 299. Gli

Autori ammettono anche clausole statutarie che individuino atti sottoposti ad approvazione dei soci in via più generica, ad esempio gli atti eccedenti la gestione corrente.

318 CAGNASSO O., Le competenze gestorie attribuibile all’assemblea di s.p.a. e di s.r.l., in NDS, 2017, 11, p.

1315.

319 CALVOSA L., op. cit., p. 802; MAZZA G.A., op. cit., p. 499; MALGIUGLIO F., op. cit., p. 310; DI

71 della società ed attribuire agli amministratori ogni potere relativo alla gestione della società. E ciò intervenendo sia sull’aspetto soggettivo, ovvero sui soggetti legittimati all’attivazione della

provocatio, sia sull’aspetto oggettivo, ovvero sul contenuto degli argomenti devolvibili alla

collettività dei soci.

Aderendo alla suddetta dottrina si devono, quindi, considerare legittime le previsioni statutarie che, con riferimento al profilo soggettivo, prevedano un innalzamento della soglia minima di capitale sociale richiesta dalla legge per l’attivazione della provocatio, così come quelle che dispongano una radicale soppressione del diritto dei soci di avocare autorizzazioni (non si potrà più parlare di decisioni) per il compimento di atti gestori.

Allo stesso modo si devono considerare legittime le clausole statutarie che, sotto l’aspetto oggettivo, riducano le materie oggetto di provocatio, fino al nucleo essenziale di competenze dei soci per le materie di cui all’articolo 2479, comma 2 c.c.

L’interpretazione che qui si accoglie consente anche di risolvere in termini positivi la questione relativa alla necessaria presenza dell’organo amministrativo. Dal momento che la legge stabilisce che la gestione spetta esclusivamente agli amministratori, la presenza formale di un organo amministrativo si rende essenziale anche laddove l’atto costitutivo abbia investito tutti i soci della funzione amministrativa.

L’indefettibilità dell’organo amministrativo discende, come già detto, dall’esigenza di attribuire la funzione gestoria e il potere rappresentativo a soggetti che siano tenuti ad un obbligo di gestione diligente e professionale, richiesto solo a coloro che assumano la veste formale di amministratori. Inoltre, come ancor prima della riforma del CCII era stato rilevato in dottrina320, va osservato che la necessaria presenza dell’organo amministrativo assume ulteriore rilievo in ragione dell’estensione alla S.r.l. dell’obbligo di istituire ed implementare assetti organizzativi, amministrativi e contabili sancito dal nuovo articolo 2086, comma 2 c.c. e richiamato dall’articolo 2475, comma 1 c.c..

Quanto sopra esposto permette di evidenziare che, con la riforma del CCII, la disciplina del governo societario della S.r.l. viene riaccostata a quella del modello azionario.

Nonostante il tendenziale riavvicinamento dei due tipi societari, però, è ancora possibile ravvisare alcune differenze che, in tema di governance, intercorrono tra la disciplina della S.r.l. e quella della S.p.a. Ed infatti, nonostante il tipo in esame abbia perso la flessibilità che lo connaturava con riferimento al riparto di competenze tra soci e amministratori, nella S.r.l. non è possibile attuare in maniera assoluta una netta separazione delle competenze dei soci e degli

72 amministratori nella gestione della società, in quanto i soci detengono una competenza inderogabile sugli atti a contenuto gestorio previsti dall’articolo 2479, comma 2 n. 5 c.c.321 È ulteriormente necessario evidenziare che mentre nella S.p.a. non è previsto che gli amministratori richiedano all’assemblea dei soci di deliberare su una materia322 (come invece prima della riforma del 2003 prevedeva l’articolo 2361, comma 1, n. 4 c.c.); nella S.r.l., gli amministratori, pur non potendosi spogliare della competenza decisionale su atti gestori, possono sottoporli volontariamente all’ approvazione dei soci tramite provocatio.

Inoltre, se nella S.p.a. l’autorizzazione dell’assemblea per gli atti degli amministratori è necessaria solo se richiesta dallo statuto e limitatamente agli atti ivi indicati, nella S.r.l. un intervento autorizzatorio dei soci può essere sollecitato, oltre che da una specifica clausola statutaria, nel corso della vita della società da uno o più amministratori o da tanti soci che rappresentino almeno un terzo del capitale sociale, anche per argomenti per i quali l’atto costitutivo non si esprima in tal senso.

In conclusione, il quadro delineato mostra che nella S.r.l. si assiste ad un tendenziale ridimensionamento del ruolo dei soci in favore dell’organo amministrativo ed ad una inversione nella delineazione del rapporto tra amministratori e soci: ai primi deve essere riconosciuta una competenza generale in materia di gestione della società, mentre ai secondi deve essere attribuita una competenza speciale e circoscritta. Ai soci, inoltre, viene rimesso un potere di ingerenza meno intenso, che si connota in termini di co-partecipazione al processo decisionale323.

321 Così si era già espresso DE MURO I., L’art. 2479 comma 1°, c.c. … op. cit., p. 415.

322 ABBADESSA P.- MIRONE A., op. cit., p. 288. Gli Autori ammettono, però, la possibilità che gli

amministratori procedano ad una convocazione dell’assemblea avente per oggetto l’esame e la discussione argomenti gestionali, in cui i soci possono approvare raccomandazioni e pareri non vincolaniti.

323 CERRATO S., op. cit., p. 143 con riferimento all’assemblea di S.p.a.; ABBADESSA P.- MIRONE A., op. cit.,

p. 270 in tema di s.p.a. gli Autori affermano che «l’assemblea ha conservato il ruolo di decisore d’ultima istanza». Il discorso può, oggi, essere traslato alla disciplina della S.r.l.

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CAPITOLO III