di Gaia Di Gioacchino e Antonio Sanguinett
10.2. Il decreto flussi: da pianificazione degli ingressi a nuovo strumen to di “regolarizzazione”
Al fine di regolamentare gli ingressi per motivi di lavoro la legge si è dotata di un solo strumento: il cosiddetto “decreto flussi”23 istituito per la prima volta dalla legge “Turco Napolitano” (l. n. 40/1998), poi tradotto all’interno del “Testo Unico delle disposizioni circa la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”24 – che d’ora in avanti chiameremo TU. Il “decreto flussi” è un atto normativo, emanato dal Presidente del Consiglio, con il quale si stabilisce quanti cittadini stra- nieri non comunitari potranno fare ingresso ogni anno nel nostro territorio, per motivi di lavoro subordinato25, autonomo26e stagionale27. La politica
21 Gli “overstayers” è un termine inglese che indica coloro che soggiornano sul territorio
oltre i limiti posti dalla legge. Spesso con questo termine si fa riferimento a chi entra in Italia con il visto turistico, per poi rimanere oltre i tre mesi stabiliti dalla legge al fine di lavorare o in ogni casi di vivere nel paese. A seguito della crisi economica questo fenomeno si è allar- gato in modo preponderante verso coloro che entrati regolarmente hanno perso l’impiego e non sono riusciti a trovarne un altro nei termini stabiliti dalla legge.
22 Questa disposizione era già prevista nella legge Turco-Napolitano (art. 20 comma 7),
poi successivamente ristretta a sei mesi dalla legge Bossi-Fini (art.18 comma 11)
23 Titolo III, “Disciplina del lavoro”. Art 21 del TU Legge n. 40/1998. 24 Decreto legislativo del 25 luglio 1988, n. 286
25 Il titolo di soggiorno per lavoro subordinato a termine ha una durata pari a 1 anno;
quello a tempo indeterminato ha una durata pari a 2 anni.
26 All’area del lavoro autonomo afferiscono varie categorie: imprenditori che svolgono
migratoria degli ingressi regolari viene limitata e programmata in base: alla provenienza geografica; alla tipologia di lavoratore; alle richieste del mer- cato del lavoro. L’obiettivo dichiarato è quello di poter garantire un assor- bimento graduale degli stranieri, funzionale alla loro possibilità di integra- zione sociale e lavorativa.
Se analizziamo i criteri generali del TU, notiamo come il sistema dei flussi sia contraddittorio e di difficile accesso. Le “quote”28vengono decise in base alle «indicazioni fornite, in modo articolato per qualifiche o man- sioni dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali sull’andamento dell’occupazione e dei tassi di disoccupazione a livello nazionale e regiona- le, nonché sul numero dei cittadini stranieri non appartenenti all’Unione eu- ropea iscritti nelle liste di collocamento»29. Sulla base di tale disposizione, al Governo viene lasciata piena discrezionalità non solo rispetto a quando e se emanare tali decreti30, ma anche rispetto alla quantità di persone da am- mettere nel territorio. Se analizziamo gli ultimi decreti notiamo una tenden- za a un abbassamento significativo del tetto massimo previsto per ogni de- creto flussi31.Tale politica restrittiva è stata giustificata dalla situazione di
vigilate oppure non regolamentate ma rappresentative a livello nazionale e comprese negli elenchi curati dalla Pubblica amministrazione; figure societarie, di società non cooperative, espressamente previste dalla normativa vigente in materia di visti d’ingresso; artisti di chiara fama internazionale, o di alta qualificazione professionale, ingaggiati da enti pubblici oppure da enti privati; cittadini stranieri per la costituzione di imprese “start-up innovative”. Titolo III, disciplina del lavoro. Art 26 del TU Legge n. 40/1998.
27 Per ottenere un permesso di soggiorno per motivi di lavoro stagionale l’Art 24 del TU
prevede un decreto ad hoc. Negli anni è stato emanato con costanza prediligendo un inseri- mento temporaneo di lavoratori stranieri nell’ambito dell’agricoltura e del turismo per un periodo massimo di soli 9 mesi, scaduti i quali lo straniero secondo il legislatore dovrebbe tornare nel proprio paese di origine in quanto non è prevista la possibilità per il lavoratore, nel caso in cui dovesse trovare un’altra occupazione, di poter convertire il permesso di sog- giorno in motivo di lavoro subordinato. (Miller, Castels 2012, p.137). Dando uno sguardo ai numeri, nel 2009 sono stati fissati 15mila ingressi; 2010: 80mila ingressi; 2011: 60.000 in- gressi; 2012: 39mila ingressi; 2013: 30 mila ingressi.
28 Art. 21, comma 4, TUI come modificato dalla legge 189/2002. 29 Art. 21, comma 4, TUI come modificato dalla legge 189/2002.
30 È il Governo che definisce il punto di incontro tra domanda ed offerta di lavoro duran-
te l’arco dell’anno – l’emanazione del decreto avviene solitamente nei mesi di novembre e dicembre, per programmare gli ingressi nell’anno successivo – ed è libero di non stabilire la quota annuale bloccando di fatto ai cittadini non comunitari la possibilità di entrare in Italia per motivi di lavoro. Lo stop degli ingressi è accaduto nel 2008, quando il decreto flussi emanato era destinato unicamente alle domande presentate nell’anno precedente; nel 2009 e nel 2010.
31 Decreto flussi 2007/2008: 170.000 quote; 2008: 150.000 quote destinate unicamente
alle domande presentate già nel decreto precedente del 2007 e quindi senza prevedere nuovi ingressi; 2011: 98.080 ingressi; 2012/2013: 14 mila quote destinate solo all’ingresso per la- voro autonomo e buona parte per le conversioni dei permessi di soggiorno in motivi di lavo- ro subordinato; 2013/2014: 17.850 quote destinate anche in questo caso solo all’ingresso per lavoro autonomo e buona parte per le conversioni dei permessi si soggiorno in motivi di la-
grave crisi economica, infatti a partire dal 2008 i vari governi succedutisi hanno limitato le quote di ingresso o in altri casi evitato di emanare decreti flussi. Il pretesto fornito dalla crescita della disoccupazione è stato agitato per motivare l’inutilità di nuovi ingressi di cittadini stranieri per motivi di lavoro, avanzando l’ipotesi che fosse necessario privilegiare l’assorbimento dei disoccupati italiani o migranti già presenti sul territorio32. Questo dise- gno si è realizzato negli ultimi due decreti flussi, emanati nel 2012 e nel 201333. In entrambi i provvedimenti la quasi totalità delle quote è stata de- stinata alla conversione in lavoro subordinato dei permessi di soggiorno per motivi di studio, di formazione, di tirocinio, per lavoro stagionale (11.750 per il primo e 12.250 per il secondo), e solo una piccola parte – 2.100 per il primo e 2.300 per l’ultimo decreto flussi – sono stati previsti per i lavorato- ri autonomi, annullando ogni possibilità di ingresso per lavoro subordinato. Nel corso degli anni si è consolidata una prassi che ha lasciato al Gover- no la prerogativa di riservare delle quote ai soli paesi con cui l’Italia ha stretto “accordi di Intesa”34, cioè in base alla collaborazione attiva di un paese terzo alle politiche di contrasto dei flussi migratori o alle azioni di rimpatrio dei proprio cittadini. Viene di fatto negata la possibilità per un cittadino proveniente da un paese con cui l’Italia non ha concluso accordi di cooperazione di entrare legalmente in Italia per motivi di lavoro subordi- nato o stagionale, fatta eccezione per il lavoro domestico di colf e badanti per cui non è previsto alcun limite geografico35.
Oltre ai limiti numerici e alla riserva geografica, un’altra questione che rende tale sistema contraddittorio è la poca aderenza alle caratteristiche proprie del mercato del lavoro italiano. Il principio su cui si basa il mecca- nismo degli ingressi è quello della “assunzione a distanza”: il datore di la- voro richiede l’assunzione di un lavoratore straniero residente all’estero che non ha mai conosciuto da un punto di vista professionale. Per assumere uno
voro subordinato.
32 Già la Bossi-Fini prevedeva una via preferenziale al medesimo posto di lavoro per chi
era già presente sul territorio, straniero o autoctono
33 Sono permessi di soggiorno che secondo il TU non possono essere convertiti in per-
messi di soggiorno per motivi di lavoro subordinato se non previsto dal decreto flussi. Ad esempio, il permesso di soggiorno per motivi di studio non prevede la possibilità di conver- tire il proprio permesso nel caso in cui durante l’arco degli studi lo studente straniero decide di intraprendere una carriera lavorativa, così come un migrante entrato con un permesso per lavoro stagionale, una volta concluso il periodo di tempo non potrà convertire il titolo di soggiorno in lavoro subordinato.
34 Art. 21, comma 1, TUI come modificato dalla legge 189/2002.
35 Fino al decreto flussi del 2007, oltre alle “nazionalità riservatarie”, erano previste quo-
te anche per gli stranieri provenienti da qualsiasi parte del mondo e per tutti i settori produt- tivi – 47.100 per i Paesi a “quota riservata”; 65.000 per lavoro domestico; 14,200 per il lavo- ro edile; 30 mila per i restanti lavori produttivi; il resto per la conversione di alcuni permessi di soggiorno in quello per lavoro. A partire dal 2008 al contrario vengono negate le quote a tutti coloro che provengono da Paesi con cui l’Italia non ha firmato accordi di cooperazione.
“sconosciuto”, a partire dalla data stabilita dal decreto, il datore dovrà in- viare la richiesta di “nulla osta” per via telematica36. Una volta verificata da parte della Prefettura la disponibilità delle quote sulla base dell’ordine cro- nologico di ricezione delle domande, verrà inviato il “nulla osta” al lavora- tore. Quest’ultimo dovrà infine recarsi all’Ambasciata o al Consolato ita- liano del suo paese per ottenere il visto d’ingresso ed entrare regolarmente in Italia37. L’iter procedurale appena descritto è stato considerato dalla Cor- te dei Conti molto “frammentato” e tale da rendere “difficile sia l’individuazione di eventuali responsabilità verso gli utenti” e sia “i compiti di coordinamento”. Anche la durata media è stata definita “patologica”38: l’attesa di un anno dal momento della presentazione della domanda, vale a dire dal momento in cui l’azienda necessita di assumere un lavoratore stra- niero, non è funzionale ai fabbisogni delle aziende stesse. La Corte dei Conti sottolinea ulteriormente come “il disagio prodotto dalla durata dell’esame delle istanze concorre a non escludere che la complessità del procedimento, rivelatosi alquanto faticoso per l’utenza, possa accrescere, anziché reprimere, il fenomeno della clandestinità”. In particolare sembra disinteressarsi della struttura del mercato del lavoro italiano, la cui doman- da di manodopera straniera è mossa spesso dalle famiglie per le attività di servizio alla persona. All’osservanza della legge, questi soggetti, per i quali la procedura si prospetta molto lunga e troppo complessa, preferiscono piuttosto attingere ai migranti già presenti irregolarmente nel territorio ita- liano e molto spesso già impiegati illegalmente, attraverso l’aggiramento del sistema dei flussi, proprio perché in “attesa dei tempi biblici lo straniero può continuare a lavorare in modo irregolare”39.
«I decreti di programmazione flussi sono diventati una sorta di equiva- lente funzionale delle operazioni di regolarizzazione di massa» 40vale a dire uno strumento di regolazione della posizione degli occupati di origine stra- niera già presenti sul territorio italiano ma sprovvisti dei regolari documen- ti. Gli stranieri irregolari in molti casi seguono la procedura a ritroso, ovve- ro fingono di risiedere nei rispettivi paesi di origine, inoltrano la domanda di nulla osta in Italia, in nome e per conto del loro futuro datore di lavoro. Una volta ottenuta l’autorizzazione a entrare, tornano nel loro paese di ori- gine per chiedere il visto di ingresso all’ambasciata italiana per rientrare poi da “regolari” in Italia. Un iter al contrario che ha dei costi sociali molto
36 Fino al 2006 la pratica veniva presentata davanti alle Direzioni Provinciali del Lavoro;
con il decreto del 2006 le code si sono trasferite davanti alle Poste e dal 2007 per via telema- tica tramite il sito del Ministero degli Interni.
37 Titolo III, disciplina del lavoro. Art 22 del TU Legge n. 40/1998. 38 Delibera della Corte dei Conti dell’11 marzo del 2008
39 Ferraris V. (2008), L’obbligata illegalità. L’impervio cammino verso un permesso di soggiorno, in «Studi sulla questione criminale», III, 3.
40Zanfrini L.(2007), Cittadinanze. Appartenenza e diritti nella società dell’immigrazione, Laterza, Roma-Bari, p. 103.
elevati, alimentando un circuito di faccendieri e intermediari disposti a fal- sificare le procedure con la produzione di documenti e certificati fittizi in cambio di onerosi corrispettivi.
I comportamenti messi in atto dal migrante e dal datore di lavoro sono una conseguenza dell’assenza in Italia di una politica di gestione ordinaria e flessibile degli ingressi, piuttosto, come abbiamo già accennato, il legame indissolubile tra contratto di lavoro e permesso di soggiorno, agendo da se- lettore, aumenta il numero di irregolari nel paese. Uno straniero, una volta entrato in Italia clandestinamente o divenuto irregolare in seguito alla sca- denza del titolo di soggiorno, qualora riuscisse a soddisfare tutti i requisiti di permanenza ovvero trovare un impiego, avere un datore di lavoro dispo- sto ad assumerlo regolarmente e disporre di una casa in cui alloggiare, non potrà in nessun periodo dell’anno ottenere il permesso di soggiorno ed en- trare nel mercato del lavoro ufficiale. La mancanza di strumenti ordinari di assorbimento dell’irregolarità è un dato lampante confermato dalla necessi- tà di emanare frequentemente leggi straordinarie di regolarizzazione, la c.d. “Sanatoria del lavoro sommerso”. Le difficoltà di accesso a un meccanismo farraginoso come quello delle quote è confermato, non solo dalle ampie sacche di irregolari presenti sul territorio, ma anche dall’alto numero di domande non accolte presentate in occasione dei decreti flussi. Spesso le quote stabilite si sono esaurite nel giro di pochi minuti dal giorno di apertu- ra, in alcuni casi le domande presentate sono state un numero quattro/ cin- que volte superiore ai posti disponibili 41. Così a decidere del diritto o meno ad entrare in Italia è stato la velocità nel presentare la domanda, detto in al- tri termini è stato solo il caso a determinare la regolarità o meno del sog- giorno. Infatti, i migranti sono stati selezionati «in base alla loro astuzia nel presentare i moduli prima degli altri concorrenti» 42, una competizione sul tempo nella quale tutte le richieste sono state disposte in una graduatoria in base all’ordine di arrivo e, a parità di condizioni, le pratiche rientranti nel tetto massimo delle quote stabilite sono state considerate valide, tutte le al- tre scartate.
Alla luce di quanto detto, gli ingressi clandestini e la presenza di irrego- lari all’interno del paese più che un atto volontario o una libera scelta, come spesso ci viene presentato nel dibattito politico, sono dovuti all’incapacità di affrontare un fenomeno così complesso come quello delle migrazioni, vale a dire la mancanza di una ragionevole politica di ingressi e di regola-
41 Nel decreto flussi del 2005, 240.000 domande su 79.500 quote disponibili; nel 2006,
393.000 richieste a fronte di circa 180.000 “posti”; nel 2007 le quote erano 170.000 a fronte di 700.000 pratiche avanzate. Nel decreto flussi del 2010 per l’anno 2011 a fronte di 98.080 ingressi sono state presentate 411.117 domande. Fonti: sito web stranieri in Italia e Ministero dell’Interno. Diventa una specie di gara tanto che nel linguaggio giornalistico e tra gli esper- ti del settore, il giorno di invio della pratica viene sarcasticamente definito click day.
rizzazione43, che produce appunto un’“irregolarità forzata” o “irregolarità istituzionale”44
10.3. “Sanatoria”: declino di un modello
Il sistema delle quote non è il solo canale di ingresso consentito dalla legge. Oltre la possibilità di entrare regolarmente in Italia tramite chiamata nominale per lavoro subordinato o stagionale, sono contemplate le sanato- rie, ovvero la possibilità di regolarizzare le persone irregolarmente presenti sul territorio. Riprendendo la definizione di Colombo, per sanatoria si in- tende “una vasta gamma di provvedimenti e norme che ha l’effetto di ac- crescere la popolazione straniera regolare, facendo uscire dalla condizione di irregolarità una parte di stranieri privi dei documenti necessari a risiedere all’interno di uno Stato nazionale”45.Questi provvedimenti, diversamente da quanto giornalisticamente si afferma, non sono una peculiarità distintiva del modello italiano di governo delle migrazioni, seppur sono un segno tangibi- le di un’inadeguata programmazione. Infatti, il loro utilizzo è stato inaugu- rato nel trentennio successivo alla seconda guerra mondiale, il primo stato ad adottarlo non è stata l’Italia, né tanto meno un paese del Mediterraneo, bensì un paese di antica immigrazione comela Francia 46. L’adozione fre- quente delle regolarizzazioni smentisce palesemente il carattere eccezionale di tali provvedimenti, seppure venga giustificato in questo modo dagli esponenti dei governi al momento della loro approvazione. Al contrario, l’utilizzo ripetuto di tale strumento lo ha fatto assurgere a elemento struttu- rale, tutt’altro che straordinario, delle politiche migratorie europee.
Le tipologie di sanatoria conosciute finora sono due: una permanente e individuale, l’altra straordinaria e collettiva. In Italia questo provvedimento è stato adottato per lo più rivolgendosi a grandi masse di persone, basti pensare che in generale dal 1982 fino al 2009 47 le persone regolarizzate sono state un milione e 660 a cui va aggiunto chi è stato regolarizzato nell’ultima sanatoria del 201248. Nel complesso le persone sanate sono cir- ca un milione e 800 mila, su un totale di presenze non comunitarie censita
43 Clandestino Project, Final Report, 23 novembre 2009.
44 Santos L. (1993), “Elementos Jurídicos de la Integración de los Extranjeros”, in Tapi-
nos G. Inmigración e Integración en Europa. Itinera libros, Barcelona, p. 111.
45 Colombo A. (2012), Fuori controllo?Miti e realtà dell’immigrazione in Italia, il Mu-
lino, Bologna, p. 25.
46 Idem
47Le sanatorie sono state emanate nel: 1982; 1987-88; 1990; 1995-96; 1998; 2002; 2009;
2012.
48 Dati raccolti dall’OIM (2011), Le migrazioni in Italia. Scenario attuale e prospettive,
dall’Istat nel 2011 di poco superiore 3 milioni e 800 mila 49. Da queste cifre si può dedurre come “la popolazione straniera in Italia è composta in lar- ghissima misura da stranieri regolarizzati e dai membri delle loro famiglie che hanno potuto avvalersi del ricongiungimento familiare grazie allo status legale conseguito dall’emigrato grazie alle sanatorie”50 I vari governi negli ultimi trenta anni hanno avuto molte difficoltà nel restringere gli ingressi in relazione alle esigenze del sistema economico e sociale 51, la richiesta di lavoratori è cresciuta al di fuori di una programmazione dall’alto, soprattut- to nei settori non qualificati e nelle attività di servizio alla persona. Il mer- cato del lavoro in Italia lasciava ampie possibilità ai cittadini non comunita- ri di trovare un’occupazione nel sommerso senza possedere documenti re- golari, pertanto in molti hanno aggirato le restrizioni introducendosi ille- galmente in Italia o restando oltre i limiti concessi dal permesso di soggior- no, aspettando una sanatoria per regolarizzare la propria posizione. A ben vedere la peculiarità italiana è proprio questa, ovvero supplire a una politica attiva degli ingressi con l’uso sistematico dei programmi di regolarizzazio- ne52, favorendo implicitamente lo sfruttamento della manodopera straniera, o la sua collocazione in settori non protetti del mercato del lavoro.
I processi di regolarizzazione in Italia sono stati di volta in volta asso- ciati a riforme legislative di più ampia portata e finalizzate a regolare vari aspetti della materia, e negli ultimi casi a perseguire con maggiore severità l’immigrazione irregolare53. Dal 1986 in poi, l’emersione è stata sganciata dall’approvazione di nuove norme soltanto in un caso: nel 1995-96. Nel 1986 sono stati emanati a seguito della legge “Foschi”; nel 1990 dopo le innovazioni apportate dalla legge “Martelli”; nel 1998 dopo la “Turco- Napolitano”; nel 2002 successivamente alle restrizioni apportate al TUI da parte della Bossi-Fini; nel 2009 a seguito del provvedimento denominato
49 Dalle rilevazioni dell’Istat sono esclusi i cittadini comunitari, compresi i migranti ori-
ginari della Romania e della Bulgaria che fino all’ingresso dei loro paesi nell’Unione Euro- pea avvenuto a partire dal primo gennaio 2007 erano tra i maggiori partecipanti ai provve- dimenti di sanatoria. La presenza di cittadini romeni è calcolata in circa 800 mila persone, la comunità straniera più grande presente in Italia.
50 Barbagli M., Colombo A., Sciortino G. (a cura di) (2004), I sommersi e i sanati. Rego- larizzazioni degli immigrati in Italia, il Mulino, Bologna, p. 8.
51 In realtà come affermano alcuni autori (per citarne alcuni Harris N. 2000; Carchedi,
Mottura, Pugliese 2003) è il sistema economico stesso a richiedere la presenza di immigrati irregolari. Le motivazioni sono riconducibili alla loro convenienza economica, infatti la condizione di irregolari o clandestini li espone ad una maggiore ricattabilità in quanto privi dei diritti sociali e delle tutele sindacali e perciò utilizzabili con estrema flessibilità. La co- stante discrasia tra il numero degli ingressi regolari tramite decreto flussi e la domanda delle aziende è, dunque, in parte una richiesta implicita delle imprese e delle famiglie italiane.