I RAPPORTI TRA PROCEDIMENTO PENALE E PROCESSO TRIBUTARIO
4.1 I tentativi di riforma del sistema penale tributario
4.1.3 Il Decreto legislativo n 74 del 10 marzo 2000
Solo con il Decreto legislativo n. 74 del 10 marzo 2000 si compie un passo decisivo nei confronti della tanto auspicata riforma del diritto penale tributario, provvedimento nel quale il legislatore dimostra un’attenzione particolare e vigile al diritto penale tributario e alle sue caratteristiche peculiari, creando in tal modo un sistema di sanzioni che rispondesse in modo puntuale alla norma finalizzata alla percezione dei tributi e alla salvaguardia degli interessi erariali.268 Il Decreto si pone in modo molto chiaro già nella
sua costruzione con venticinque articoli suddivisi in cinque titoli: il primo dedicato alle “Definizioni”; il secondo concernente i “Delitti” e suddiviso in due capi, il primo dei quali accoglie tre ipotesi nuove, ovvero quelle di dichiarazione fraudolenta, infedele od omessa, il secondo dedicato all’emissione di fatture per operazioni inesistenti, alla distruzione o all’occultamento di scritture contabili e alla sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte; il terzo che si occupa delle “Disposizioni comuni” detta la disciplina relativa alle pene accessorie, alle circostanze attenuanti e ad altri delitti correlati; il quarto “Rapporti con il sistema sanzionatorio amministrativo e fra i procedimenti” che riveste una particolare importanza venendo a introdurre il principio
osservazioni sul disegno di legge delega per la riforma del sistema delle sanzioni tributare non penali,
Rassegna tributaria, 5, 1996, pp. 1171; E. LO MONTE, Luci (poche) ed ombre (tante) del disegno di legge
delega per la riforma dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, Rassegna tributaria, 1,
1999.
268 Il Decreto legislativo 74/2000 è stato preceduto dalla L. n. 205 del 25 giugno 1999 che introduceva due concetti nuovi: all’art. 6 stabiliva l’esplicita abrogazione del principio di ultrattività delle norme finanziarie; all’art. 9 prevedeva si delegasse al Governo l’emanazione di un decreto legislativo volto ad abrogare il titolo primo della L. 516/1982 e si riformulasse completamente la normativa relativa ai reati in materia di imposte dirette e di IVA. Sulla questione vedi F. BRIGHENTI, La riforma del sistema penale
di specialità tra sanzione amministrativa e penale269 ed infine il quinto, oltre che
stabilire l’abrogazione delle norme non compatibili con il nuovo decreto, introduce un’esplicita previsione di depenalizzazione e una modifica alla procedura correlata all’impiego per fini amministrativo-‐tributari di elementi acquisiti durante operazioni di polizia.
Da un’analisi approfondita e dettagliata del testo del decreto legislativo appare subito evidente la volontà di chiarezza, snellezza, leggibilità e completezza che il legislatore ha inteso dare al provvedimento e di questa volontà si dà conto fin da principio con l’articolo 1 e con l’articolazione delle diverse definizioni, per le quali vengono accolte, ove possibile, le formulazioni più semplici.270 In quest'ambito il primo elemento focale è
rappresentato dall'adempimento della dichiarazione annuale che costituisce il momento nel quale è principalmente possibile l'evasione dell'imposta. Il Decreto legislativo, al fine di una maggiore chiarezza, dà alla dichiarazione annuale la sua accezione più estensiva possibile e ricomprende in questa definizione anche le dichiarazioni presentate in qualità di amministratore, rappresentante o liquidatore di una società, ente o persona fisica.271 Un'ulteriore precisazione molto importante che viene posta in posizione
incipitaria del decreto legislativo è quella che stabilisce che le norme introdotte dal decreto configurano delitti, caratterizzati in sovrappiù dal dolo specifico, ovvero dal manifestarsi di un elemento psicologico rivolto alla volontà di compiere l'evasione. L'importanza di tale definizione è significativa se si pensa che vengono esclusi dall'ambito di applicazione del decreto tutti quei comportamenti che, pur consci del compimento e della volontarietà dell'evasione, non hanno come intento principale del loro agire l'evasione, quest'ultima altrimenti punita anche quando non viene raggiunta, ma rappresenti il solo scopo dell'azione. Un altro passaggio estremamente delicato del decreto è quello riferito alla nozione di imposta evasa con particolare riferimento alle soglie di punibilità. Infatti alcuni studiosi avevano potuto ritenere che al termine “evaso” andava dato un significato piuttosto ampio con conseguente variazione minima
269 Cfr. C. FORTE, Il principio di specialità ed il rapporto tra procedimento penale e procedimento
amministrativo nel D.lgs. n. 74/2000, il Fisco, 1, 2002, p. 66.
270 Sulla questione si vedano: TENCATI, La nozione di altri documenti nello schema di riforma dei reati fiscali, il Fisco, 10, 2000, p. 2839 e ID., Precisazioni sulla nozione di operazione inesistente, il Fisco, 4, 2000, p. 980.
271 La precisazione potrebbe apparire superflua, pur tuttavia sarà il caso di notare che, nel caso nel quale colui che attua un comportamento passibile di sanzione, non sia il soggetto passivo dell'obbligazione tributaria, la sua condotta potrebbe, in mancaza di una norma specifica, anche essere giudicata irrilevante.
dell'architettura normativa tra la Legge 516/1982 e il D. Lgs. 74/2000.272 Un ulteriore
aspetto importante, derivato dall'art. 9 della L. 205/1999, è quello relativo alla necessità di contrastare le condotte fraudolente, attraverso la censura di quei comportamenti finalizzati al porre, nella dichiarazione annuale, dati alterati sugli elementi costitutivi del reddito o sul volume degli affari. In questo senso deve essere considerata la particolare attenzione posta dal legislatore nei confronti delle condotte di supporto alle ipotesi di frode in dichiarazione: l'impiego di documentazione falsa e l'adozione di espedienti finalizzati a una rappresentazione contabile non veritiera. Un'altra novità rispetto alla normativa previgente è l'ampio margine di attuabilità dato alla dichiarazione infedele: la L. 516/1982 considerava la platea dei possibili soggetti interessati da questo reato come un sottoinsieme piuttosto limitato, essendo riferito ai soli contribuenti esonerati dall'obbligo di istituzione della contabilità, mentre il decreto del 2000 individua i destinatari possibili di questo precetto penale in tutti i contribuenti che in proprio o per conto di altri soggetti siano tenuti alla presentazione di una delle dichiarazioni annuali, penalmente rilevanti.273 Un'ulteriore novità contenuta nel Decreto legislativo 74/2000 è
quella relativa all'omessa dichiarazione: nel nuovo sistema repressivo non si danno più quei casi in cui la sanzione penale poteva essere irrogata a fronte dell'omessa presentazione di dichiarazioni da cui non emergeva alcun debito di imposta.274
272 Così è sancito alla lettera f) dell'art. 1 del D. Lgs. 74/2000: "[...] per imposta evasa si intende la differenza tra l'imposta effettivamente dovuta e quella indicata nella dichiarazione ovvero l'intera imposta dovuta in caso di omessa dichiarazione, al netto delle somme versate dal contribuente o da terzi a titolo di acconto, ritenuta o comunque in pagamento di detta imposta prima della presentazione della dichiarazione o della scadenza del relativo termine". Cfr. sulla questione anche F. MASTROGIACOMO,
Riflessione su alcuni aspetti della nuova normativa penale tributaria, il Fisco, 5, 2000, p. 1423.
273 Qui è necessario poter operare una discriminazione tra la dichiarazione infedele e la frode: la condotta del soggetto, infatti, deve caratterizzarsi per l'assenza di alcuna volontà o realizzazione di condotte insidiose. Questo principio che astrattamente funziona molto bene, ha però delle difficoltà sia nell'applicazione reale, sia nel coordinamento con le ipotesi delittuose di frode. Quest'ultima considerazione si spiega bene con l'obiettivo di individuare le circostanze che determinano quella differenza che consente di assegnare a un'azione l'attributo di fraudolenta, piuttosto che l'indicazione di dichiarazione infedele.
274 La giurisprudenza unanime della Cassazione durante la vigenza della L. 516/1982, dato il carattere contravvenzionale dell'illecito di omessa dichiarazione, ha ribadito più volte la responsabilità penale del contribuente che non avesse vigilato adeguatamente sulla corretta condotta del professionista delegato, sostenendo la sussistenza di una culpa in eligendo o in vigilando.
Nell'impianto del Decreto legislativo vi sono poi una serie di articoli che ripropongono norme già vigenti, al più aggiornandole al mutato contesto e coordinandole al testo; esse disciplinano: l'emissione di documenti per operazioni inesistenti, l'occultamento e la distruzione di documenti contabili e la sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.275 Un nuovo punto, che è stato oggetto di critiche anche al di fuori del mondo
penale tributario, è rappresentato dagli artt. 13 e 14 del Decreto legislativo, ovvero quella parte con la quale la legge di delega vincolava l'Esecutivo a mettere in piedi, all'interno del sistema repressivo penale, idonei "meccanismi premiali idonei a favorire il risarcimento del danno".276 Il Decreto legislativo 74/2000 pur prevedendo una serie di
ipotesi nelle quali far scattare delle misure attenuanti anche significative, si mantiene sul crinale del difficile equilibrio tra la posizione di chi debba evitare una sorta di "svendita fiscale" e garantire una reale "appetibilità dell'istituto".277 Di più, al fine di evitare che le
sanzioni penali potessero diventare ineffettive, il legislatore ha inserito un'ulteriore salvaguardia rispetto all'impianto normativo stabilito: un correttivo che costituisce il contro altare all'estensione del campo di applicazione della procedura risarcitoria. Nell'ultimo comma dell'art. 13, infatti, si indica in modo inequivocabile che della diminuzione di pena prevista per l'attuazione del risarcimento non si debba tenere conto nella decisione in merito all'applicazione dell'istituto della sostituzione della detenzione con la pena pecuniaria. La finalità della previsione è quella di evitare che, a fronte di una diminuzione di pena, si possa verificare un depotenziamento dell'effetto di prevenzione generale e speciale commesso alla novella normativa.
275 Sulle questioni qui presentate, anche con riferimento alla norma previgente si vedano: E. LO MONTE,
Prime osservazioni sul Progetto di decreto legislativo di riforma dei reati tributari, Rassegna tributaria, 1,
2000, p. 139, G. TENCATI, Un'ipotesi evolutiva per la sottrazione fraudolenta all'obbligo tributario, il Fisco,
19, 1998, p. 6215, S. MACCAGNANI, L'art. 2 comma 3° del D. Lgs 218/97 (efficacia penale dell'accertamento
con adesione) è ultrattivo?, il Fisco, 10, 2000, p. 2837.
276 Cfr. N. POLLARI, G. GRAZIANO, Il risarcimento del danno in materia penale tributaria, il Fisco, 19, 1999, p. 6435, P. CORSO, Modalità del risarcimento del danno erariale nel procedimento penale, Il Corriere tributario, 10, 1997, p. 713, G. TENCATI, Prospettive del danno da evasione fiscale, il Fisco, 2, 1999, p. 581.
277 Cfr. DEZZANI, Incentivi ridotti da concordato e conciliazione, «Il Sole 24 Ore», 11 febbraio 2000, p. 23. Traggo la citazione da M. DI SIENA, La nuova disciplina dei reati tributari. Imposte dirette ed IVA. Dalla legge
sulle "manette agli evasori" al D.Lgs. 74/2000, come è mutata la repressione penale dell'evasione fiscale,
Si dovrà ulteriormente focalizzare l'attenzione sul fatto che le fattispecie di reato indicate nel Decreto legislativo 74/2000 hanno la comune radice nella volontà del soggetto di sottrarsi al pagamento delle imposte. Dal momento che il legislatore pone delle soglie di punibilità che il soggetto deve superare perché venga riconosciuta l’azione delittuosa, appare evidente che la volontà è quella per cui l’intento penale sia limitato ai soli fatti economicamente significativi, con particolare riferimento al dolo e al pregiudizio arrecato all’erario. La soglia di punibilità, tuttavia, non ha lo scopo di direzionare l’attenzione del giudice verso la stima del volume di affari sommerso, ma questi ricerca l’imposta evasa, con conseguente aumento del potere di azione dei pubblici ministeri. È il legislatore ad accorgersi della pericolosità di tale previsione, così nella Relazione di accompagnamento del decreto si indica una possibile soluzione alla questione.278
Il legislatore, con l’art. 9, comma 2, della Legge 205/1999 aveva indicato in modo chiaro nel decreto legislativo relativo alla nuova disciplina dei reati tributari, la cui predisposizione veniva delegata al Governo, che ci si doveva avvalere della sola disposizione speciale qualora uno stesso fatto potesse essere punito sia sotto il profilo penale che sotto quello amministrativo.
278 Così nella Relazione si specifica che l’obbligo della determinazione dell’imposta evasa conduce a un: “considerevole appesantimento del procedimento penale, imponendo al giudice di sottoporre a verifica in tale sede l’intera posizione del contribuente, quale premessa per l’accertamento del “quantum” di evasione”. Vedi anche G. IZZO, Perplessità sulla riforma dei reati tributari, il Fisco, 5, 2000, p. 1420.