I RAPPORTI TRA PROCEDIMENTO PENALE E PROCESSO TRIBUTARIO
4.2 Autonomia del processo penale rispetto all'accertamento/processo tributario
4.2.1 Il principio di specialità (art 19 D Lgs 74/2000)
Il principio di specialità trova la sua enunciazione all'art. 19 del Decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 e stabilisce che nei casi in cui un reato sia punito sia da una delle disposizioni del titolo secondo dello stesso decreto sia da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa, si applica la disposizione speciale. Il secondo comma introduce una sorta di correttivo al principio richiamato, indicando che permane la responsabilità per la sanzione amministrativa dei soggetti che non siano persone fisiche concorrenti nel reato. La disposizione speciale origina dall'art. 9, comma 2, lettera i)
della Legge 25 giugno 1999, n. 205279 che ha delegato al legislatore l'onere di prevedere
che sia applicata una sola disposizione speciale quando uno stesso fatto sia punibile sia da una disposizione penale che da una amministrativa. La norma ha certamente indubbi meriti, infatti il problema della sovrapposizione di diversi rami del diritto nei confronti di un medesimo reato è un problema annoso e affatto nuovo, infatti, al di là della presunta chiarezza del campo di applicazione, nella realtà fattuale non è semplice determinare come correlare questa doppia punibilità; da questo punto di vista la norma speciale trova un'applicabilità più semplice e una migliore capacità di rispondere a questi casi particolari, ma frequenti. Innanzi tutto è opportuno fare chiarezza sul significato di norma speciale; è speciale rispetto a un'altra se si verificano almeno una delle seguenti condizioni: la norma speciale deve contenere uno o più elementi specializzanti che caratterizzano in modo preciso uno o più elementi costitutivi delle fattispecie rispetto a quella non speciale (specialità per specificazione); la norma speciale contiene uno o più elementi che si aggiungono e che caratterizzano in modo più specifico la norma speciale rispetto a quella ordinaria, limitandone in più l'ambito di applicazione (specialità per aggiunta).280 Due sono le considerazioni preliminari da fare
prima di addentrarci sul disciplinato dall'art. 19. Innanzi tutto andrà notato che, in analogia con quanto accade con l'art. 9 della Legge 689/1981 e in contrasto con l'art. 15 c.p., il legislatore non prevede alcuna clausola di riserva, così che almeno in linea di principio non si dà la possibilità di risolvere il concorso apparente di norme alla stregua
279 L'art. 19 ha almeno due importanti termini di paragone: l'art. 15 del Codice penale e l'art. 9 della Legge 24 novembre 1981, n. 689. Il primo stabilisce che quando più leggi penali o più disposizioni di una medesima legge penale disciplinano una medesima materia, la legge o la disposizione speciale deroga alla legge o alla disposizione generale, salvo non sia stabilito diversamente. La seconda a sua volta statuisce che, quando uno stesso fatto è punito tanto da una disposizione penale e da una che prevede una sanzione amministrativa, , si applica la disposizione speciale.
280 Si deve dire che una parte minoritaria della dottrina penalistica ha indicato una terza tipologia di specialità, la così detta specialità reciproca: tale specialità si ha quando una delle fattispecie concorrenti presenta elementi specifici laddove l'altra ha elementi generici. Ad esempio nel caso di aggiotaggio comune (art. 501 c.p.) e aggiotaggio societario (art. 2628 c. c.) in cui elemento comune sarebbe quello della condotta di manovre fraudolente volte al perturbamento del mercato, mentre l'elemento specializzante delle norme del Codice penale sarebbe costituito dal dolo specifico, mentre quello delle norme del Codice civile andrebbe riscontrato nella particolare qualità dell'autore dell'illecito. La giurisprudenza della Cassazione ha ritenuto che la specialità reciproca configuri un'ipotesi di concorso formale e non apparente di norme.
di principi diversi.281 In secondo luogo è necessario ricordare che il campo di
applicazione della norma è relativo ai soli reati previsti dal D. Lgs. 74/2000 che non esauriscono l'ambito dei reati tributari in materia di imposte sui redditi e di IVA.282
Andrà notato che tutti i reati in materia di dichiarazione si trovano normati da disposizioni che possono essere qualificate come speciali rispetto alle corrispettive sanzioni amministrative, se individuabili. Tale conclusione trova la sua ragione nelle modalità della condotta integrante il fatto-‐reato; in alcuni casi poi a tale condizione si aggiunge una seconda considerazione relativa al superamento di determinate soglie.
Più complessa è l'applicazione del principio di specialità ai reati in materia di documenti e pagamento delle imposte. Una prima questione infatti riguarda la fattispecie di reati previsti dall'art. 8 del D. Lgs. 74/2000 relativo all'emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. Tale fattispecie non risulta punibile sul piano amministrativo; tuttavia l'art. 21, comma 7 del D. P. R. n. 633 del 26 ottobre 1972 stabilisce che l'IVA registrata a debito su fatture relative a operazioni inesistenti sia comunque dovuta.283
Nel caso in cui si accolga l'idea della sanzione impropria appare evidente che quanto disciplinato dall'art. 21, comma 7 del D. P. R. 633/1972 non troverebbe applicazione alla
281 Cfr. E. MUSCO, Diritto penale tributario, Milano, Giuffrè, 2002.
282 Da questo punto di vista la norma del D. Lgs. 74/2000 è particolarmente differente da quella contemplata inizialmente nell'art. 14, comma 1, dello schema di decreto delegato che stabiliva: "Salvo che sia diversamente stabilito dalla legge, quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa ovvero da una pluralità di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative, si applica quella speciale". Tale disposizione, espunta nel corso dell'iter di approvazione del D. Lgs. 472/1997, non limitava l'ambito di applicazione alle sole violazioni contemplate nella L. 516/1982, avendo, perciò, una portata ben maggiore di quella del D. Lgs. 74/2000. 283 Come è noto tale norma ha scatenato accesi dibattiti in giurisprudenza e generato notevoli perplessità. La tesi più accreditata è quella per la quale tale previsione si dovrebbe configurare come una sanzione indiretta o impropria perché nel caso non la si leggesse così potrebbe condurre a ritenere tale richiesta come un indebito arricchimento dell'Erario: mancando il presupposto impositivo non potrebbe darsi nemmeno il diritto al tributo. Su questo punto si veda la posizione non allineata di G. PATANÈ. Fatturazioni
fittizie, l'art. 21, comma 7 del d. P. R. n. 633/1972, il Fisco, 9, 2000, p. 2342: "Il fatto che l'imposta sia
comunque dovuta dal soggetto passivo, malgrado non sia detraibile da parte del concessionario o committente, non vuol dire che la norma, come da taluno prospettato, abbia natura "sanzionatoria", ma è conseguenza proprio dell'applicazione coerente dei principi generali che presiedono all'applicazione dell'imposta: cartolarità, debenza dell'imposta da parte del soggetto passivo, indetraibilità dell'imposta da parte del destinatario della fattura se non relativa a beni e servizi importati o acquisitati nell'esercizio dell'impresa, arte o prefessione (il che non si verifica certamente per operazioni inesistenti)".
luce del principio di specialità, se non nei casi in cui si determini che l'emissione di fatture per operazioni inesistenti non sia stata finalizzata a consentire l'evasione dell'imposta a terzi.
Nel rapporto con l'art. 10 del D. Lgs. 74/2000 si pongono altre tipologie di problemi. Innanzi tutto andrà riaffermato che le due fattispecie previste dall'articolo ovvero la distruzione e l'occultamento dei documenti sono fattispecie differenti e che configurano due distinte ipotesi di reato. Della distruzione di documenti si occupa l'art. 9, comma 1 del D. Lgs. n. 471 del 18 dicembre 1997 e appare evidente che la distruzione sia uno dei modi in cui si può esplicare l'omissione di tenuta o la mancata conservazione delle scritture contabili, per cui il principio di specialità appare facilmente assegnabile. Analogamente a questo caso, si possono trarre le medesime conclusioni anche nel caso dell'occultamento, che al più è una sottrazione definitiva. La perfetta identità materiale tra la fattispecie dell'occultamento delle scritture contabili la cui tenuta è obbligatoria e quella della sottrazione delle stesse può generare l'insorgenza di dubbi quanto al principio di specialità e alla sua applicazione. L'occultamento tuttavia non è di norma finalizzato all'evasione dell'imposta, ma a rendere il lavoro dell'Amministrazione finanziaria più complesso, anche se pare che il legislatore nel redigere la previsione contenuta nel D. Lgs. 74/2000 abbia ritenuto molto più simili le due fattispecie di reato succitate. Ciò è dimostrato anche dall’aver posto un'ulteriore condizione al perseguimento del reato attraverso l'esplicitazione che l'impossibilità di prendere visione delle scritture contabili comporta l'impossibilità di determinare l'esatto volume degli affari e l'ammontare del reddito.284
Il comma 2 dell'art. 19 del D. Lgs. 74/2000 pone la regola per la quale, indipendentemente dalla risoluzione della questione relativa al concorso apparente tra
284 Cfr. I. CARACCIOLI, Accertamento o distruzione di documenti contabili e ricostruzione del reddito o del
volume di affari, il Fisco, 25, 2001, p. 656. Si danno perciò le seguenti ipotesi: qualora le scritture siano
andate perse e si sia fatta denuncia il fatto non è punibile né penalmente, né amministrativamente; se le scritture sono state distrutte nel corso di eventi catastrofici indipendenti dalla volontà dei singoli il fatto non è punibile né penalmente, né amministrativamente; se le scritture non sono mai state istituite il fatto è punito per sola via amministrativa (ex art. 9, comma 1 del D. Lgs. n. 471 del 18 dicembre 1997); se le scritture sono state istituite e poi dolosamente distrutte il fatto sarà perseguito penalmente (ai sensi dell'art. 10, del D. Lgs. n. 74/2000); se le scritture sono state istituite e sottratte all'ispezione mediante occultamento il fatto è nuovamente punibile penalmente secondo la disciplina summenzionata.
la norma penale e quella tributaria,285 attraverso il principio di specialità, i soggetti di
cui al comma 1 dell'art. 11 del D. Lgs. 472/1997,286 che non sono persone fisiche
concorrenti nel reato, rimangono responsabili per la sanzione amministrativa.
Una prima considerazione da fare in merito a questo comma è che apparentemente sembra violare il principio cardine, di cui all'articolo 9, comma 2, lettera i) della legge delega, quello che istituisce il principio di specialità in ragione del divieto di comminare una doppia sanzione a fatti che abbiano rilevanza sia amministrativa che penale. Pur tuttavia non andrà dimenticato che la legge delega aveva dato mandato all'Esecutivo di coordinare le disposizioni così da dare una risposta coerente e concretamente dissuasiva. Al di là della spiegazione data dal legislatore appare evidente che le perplessità di giurisprudenza e dottrina in merito alla questione sono legittime e tutt'altro che dissipate, stante il fatto che tale comma derogherebbe, se non de iure de
facto, a uno dei principi salienti della norma fiscale.287
In buona sostanza la norma indicata appare minata in profondità da un'incoerenza non giustificabile: mentre enuncia di voler applicare il principio di specialità, in contrasto
285 Appare utile riportare qui la distinzione tra concorso apparente di norme e concorso di reati: il primo si ha quando, attraverso una sola condotta, si integrano più fattispecie incriminatrici, delle quali una sola verrà applicata, mentre il secondo quando con una sola azione si viola più volte e in più punti la legge penale, venendo in tale modo a configurarsi più fattispecie di reati. Mentre nel concorso di reati le norme si integrano e vengono perciò applicate assieme, nel concorso apparente di norme l'applicazione di una norma comporta l'esclusione dell'altra. Cfr. N. MONFREDA, La riforma del diritto penale triutario:
l'introduzione del principio di specialità, Matelica, Halley Editrice, 2006, p. 27.
286 Così recita il comma 1: "Nei casi in cui una violazione che abbia inciso sulla determinazione o sul pagamento del tributo è commessa dal dipendente o dal rappresentante legale o negoziale di una persona fisica nell'adempimento del suo ufficio o del suo mandato ovvero dal dipendente o dal rappresentante o dall'amministratore anche di fatto di società, associazione o ente, con o senza personalità giuridica, nell'esercizio delle sue funzioni o incombenze, la persona fisica, la società, l'associazione o l'ente nell'interesse dei quali ha agito l'autore della violazione sono obbligati solidalmente al pagamento di una somma pari alla sanzione irrogata, salvo il diritto di regresso secondo le disposizioni vigenti".
287 Così la relazione di accompagnamento al decreto sulla soluzione che: "[...] appare in sè rispondente a una logica "di sistema". Questa consiste nell'evitare che il medesimo fatto venga punito due volte in capo al medesimo soggetto (una volta come illecito amministrativo e l'altra come illecito penale) mantenendo, tuttavia, la possibilità di una sanzione divaricata rispetto a soggetti diversi (ad esempio: amministratore da un lato, e società amministrata, dall'altro)". Si veda su questo punto I. CARACCIOLI, G. FALSITTA, Il principio
della non cumulabilità tra sanzioni penali e sanzioni tributarie e la sua aberrante mutilazione col decreto delegato n. 74/2000, il Fisco, 31, 2000, p. 9746.
con quello del cumulo, sancito nell'abrogato art. 10 della Legge n. 516 del 7 agosto 1982, si discosta da questo principio, prevedendo che ogni qual volta vi sia il concorso apparente tra le due norme punitive, allora si applichino entrambe le sanzioni. Dal momento che possono darsi anche casi molto complessi, sono stati ideati due criteri nel tentativo di risolvere i casi particolarmente controversi: il criterio di sussidiarietà e quello di assorbenza. Il primo stabilisce che deve essere considerata sussidiaria la norma che tutela un grado inferiore dello stesso bene garantito dalla norma generale in un grado superiore, mentre il secondo determina che una norma sia assorbente quando comprende in sè il fatto previsto dalla norma consumata. Tali principi sono stati ritenuti in contrasto con il principio costituzionale di legalità in quanto fanno dipendere l'applicazione di una norma penale da una decisione del giudice, non altrimenti valutabile.288
Vi è infine un altro punto sul quale è opportuno un momento di riflessione: quello relativo all'accadimento di un contrasto di opinioni tra giudice penale e ufficio finanziario sul principio di specialità che deve intercorrere tra una norma punitiva penale e una amministrativa. La legge non fornisce una soluzione endogena; pertanto il problema andrebbe posto a un giudizio terzo, che dovrebbe essere identificato addirittura con la Corte Costituzionale, stante il contrasto tra organi del potere, giudiziario ed esecutivo rispettivamente.
Su questi punti, oggetto di diatriba e di interpretazione non univoca, è intervenuto il legislatore con la Legge n. 80 del 7 aprile 2003 che ha portato all'entrata in vigore del Decreto legge n. 269 del 30 settembre 2003 nel quale è stato affermato che le sanzioni amministrative tributarie si debbano riferire alla persona giuridica: in tale modo rimane inalterata la responsabilità delle persone fisiche che agiscono come rappresentanti legali o negoziali di altre persone fisiche o di società o enti privi di personalità giuridica. Tale norma risponde a una specificità quasi solo italiana e traducibile nel principio societas
delinquere non potest, ma presta il fianco a diverse critiche: innanzi tutto si pone in
contrasto con il principio della personalità delle sanzioni, di cui al D. Lgs. 472/1997 e in
288 Cfr. per la giurisprudenza la sentenza n. 47164 della Corte di Cassazione, sez. unite del 20 dicembre 2005; in dottrina vedi C. PEDRAZZI, A. ALESSANDRI, L. FOFFANI, S. SEMINARA, G. SPAGNOLO, Manuale di diritto
secondo luogo è venuta meno l'operatività della deroga di cui al comma 2 dell'art. 19 del D. Lgs. 74/2000.289
4.2.2 I rapporti tra il procedimento penale e quello tributario (artt. 20 e 21 D. Lgs.