L’INDEDUCIBILITÀ DEI COSTI DA REATO
3.4 La modifica del comma 4 bis attraverso l’intervento del legislatore con l’art 8 del Decreto legge n 16 del 2 marzo 2012 convertito con la Legge n 44 del 26
3.4.3 Efficacia temporale della norma e regime transitorio
Dal confronto con alcune delle altre norme segnalate nei precedenti capitoli, appare subito evidente la novità dell’art. 8 del Decreto Legge n. 16/2012 “semplificazioni fiscali” che chiarisce immediatamente l’ambito cronologico di applicazione delle regole di applicazione sulla deducibilità dei costi da reato. Il terzo comma, infatti, stabilisce che di norma la disposizione debba considerarsi retroattiva, solo nel caso in cui dall’applicazione delle nuove norme derivi un vantaggio per il contribuente. Pertanto questa condizione di applicabilità testimonia che il comma 4 bis attua una limitazione sostanziale alla situazione del contribuente e in riferimento all’azione dell’Amministrazione Finanziaria. In dettaglio, la norma contenuta nel comma 4 bis è pertanto una norma a carattere innovativo, ma nel contempo è anche retroattiva nel caso crei le condizioni di un maggiore vantaggio per il contribuente. Il legislatore quindi non si è limitato a ridisegnare le norme sulla deducibilità dei costi illeciti, ma ha anche cercato di risolvere i contenziosi che erano sorti per via dell’interpretazione da dare alla precedente norma e che erano ancora pendenti.227 Appare evidente che la norma abbia
avuto un effetto notevole sulle controversie in corso: nel caso in cui la controversia riguardasse ipotesi di reato nelle quali prima veniva affermata l’indeducibilità dei costi e, con l’introduzione della novella normativa, espunte dall’ambito di applicazione della norma, la circolare dell’Agenzia delle Entrate del 3 agosto 2012, n. 32/E sancisce che spetti all’Amministrazione attivare l’autotutela. Per tutte le altre ipotesi di reato, invece, sarà il contribuente a far valere lo ius superveniens attraverso la formulazione di un’istanza di autotutela e pertanto giungere a chiedere all’Amministrazione finanziaria che ridetermini le sue pretese sulla base della nuova normativa. In tutti questi casi infatti tanto l’Amministrazione finanziaria quanto il contribuente devono riflettere sulla norma più conveniente per quest’ultimo, al fine di determinare quale possa essere la contestazione di ipotesi di reato più plausibile per la prima e la difesa migliore per il
227 Ovviamente la norma non trova applicazione in caso di fattispecie già cristallizzatesi, come appare con riferimento all’eventuale diritto al rimborso nei casi di confisca intervenuta oltre il periodo di imposta, su cui si veda il paragrafo precedente.
secondo.228 Infatti bisogna considerare che da una parte non potranno essere tenuti in
considerazione gli accertamenti non preceduti da una valutazione preventiva da parte del Pubblico Ministero in merito alla fondatezza dell’ipotesi di reato, dall’altra all’Amministrazione finanziaria spetterà l’onere di provare il collegamento esistente e richiesto dalla norma tra il costo sottoposto a tassazione e l’ipotesi di illecito penale non colposo.229
3.4.4 Applicazione ad altre imposte e altre considerazioni
Vi sono ancora alcune questioni che devono essere prese in considerazione, la prima delle quali è quella relativa all’applicabilità della norma ad altre imposte. Il legislatore, infatti, si è innanzitutto preoccupato di chiarire il rapporto che si instaura tra l’indeducibilità dei costi da reato e l’IRAP e nel caso di fatture soggettivamente od oggettivamente inesistenti. La previsione normativa si costituisce come una specificazione della precedente norma, la cui esplicitazione è da rinvenirsi nella necessità di chiarire tutti i dubbi che la precedente norma aveva portato con sé. Alla luce di questa considerazione appare evidente che il legislatore non poteva che affermare con forza che la disposizione sull’indeducibilità dei costi trova applicazione anche nel campo dell’IRAP. Quanto, invece, al rapporto tra la norma e i reati di utilizzo di fatture inesistenti sotto i profili soggettivo e oggettivo, l’indeducibilità dei costi non trova
228 Nel compiere questa azione di vera e propria anamnesi della situazione in discussione si potranno utilizzare gli istituti dell’adesione, ai sensi del Decreto Legislativo n. 218/1997, della mediazione, secondo l’art. 17 bis del Decreto Legislativo n. 546/1992 o della conciliazione giudiziale, ex art. 48, co. 1, sempre del Decreto Legislativo 546/1992.
229 Cfr. M. ZANNI, G. REBECCA, Il decreto “semplificazioni fiscali” restringe l’area di indeducibilità dei costi da
reato, Diritto penale tributario, n. 26, 2012, pp. 4106 – 4112. Andrà infatti rilevato che, qualora il
procedimento abbia a oggetto le fatture soggettivamente inesistenti, la nuova disciplina, in ragione della deducibilità integrale dei costi e delle spese, è più favorevole, qualora si tratti di fatture oggettivamente inesistenti, invece, in ragione della limitata deduzione dei costi, appare più conveniente la norma precedente. Su questo punto vedi anche S. CAPOLUPO, La nuova disciplina dei costi da reato, il Fisco, 15,
applicazione, per cui, come si dirà nel prossimo paragrafo, i costi rappresentati da queste fatture devono essere considerati deducibili.
Un’altra considerazione da fare concerne la relazione esistente tra la norma in oggetto e quella contenuta nel Decreto legge del 4 luglio 2006, che prevede il raddoppio dei termini ordinari di accertamento.230 Nella disposizione del 2006, infatti, il raddoppio dei
termini per l’accertamento è connesso al sospetto da parte del funzionario dell’Amministrazione finanziaria e alla successiva denuncia penale, del reato ipotizzato.231 La norma del 2012 appare indubbiamente più garantista, con la già citata
partecipazione di un soggetto terzo, attraverso il giudizio, quantomeno preliminare.
230 Così il testo: “[…] in caso di violazione che porta obbligo di denuncia ai sensi dell’art. 331 del codice di procedura penale per uno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74”. La specifica quindi concerne l’art. 43, comma 2 bis del D.P. R. 600/1973 riguardo l’accertamento sulle imposte sul reddito e l’art. 57, comma 3 bis del D.P.R. 633/1972 in materia di IVA.
231 Cfr. O. DI GIOVINE, L’indeducibilità dei costi da reato ed il raddoppio dei termini per l’accertamento fiscale:
il punto di vista del penalista, Rassegna tributaria, 6, 2012, pp. 1383 – 1412. Ci si può interrogare quale
possa essere stata la ratio sottesa alla decisione in merito al raddoppio dei termini. Una prima questione, su cui vedi P. CORSO, Rapporti tra dimensione penale dell’illecito tributario e termini per l’accertamento,
Corriere tributario, 2010, p. 341 e G. ZOPPINI, Il raddoppio dei termini per l’accertamento, ovvero nuove
ipotesi “borgesiane” di decadenza dell’azione della Finanza, Rivista di diritto tributario, I, 2008, pp. 669 ssg.,
è quella che deriva tale decisione dalla rilevanza penale del fatto e di conseguenza dalla volontà di sottoporre l’autore a un trattamento deteriore. Un’altra questione relativa al raddoppio dei termini è quella che concerne la natura di tale previsione: non si comprende infatti se si sia di fronte a una proroga dei termini, o a un termine nuovo e doppio rispetto all’ordinario. La questione è tutt’altro che secondaria: nel primo caso infatti, perché possa scattare il raddoppio è necessario che sia pendente ancora il termine breve; nel secondo l’Amministrazione Finanziaria può iniziare un procedimento ab ovo con un termine già doppio. Su tutti questi aspetti si è pronunciata la Corte costituzionale, con sentenza 247/2011, che ha precisato: che il raddoppio dei termini si determina per la presenza di una violazione tributaria per la quale sia prevista la denuncia; che è irrilevante ai fini dell’accertamento tributario l’esito dell’azione penale; che l’obbligo di denuncia permane anche laddove non sussistano le cause della punibilità penale e infine che il termine deve intendersi come doppio ab origine e non frutto di una proroga. Tale sentenza ha suscitato ampia eco e contrastanti interpretazioni. Si vedano a tale proposito almeno I. CARACCIOLI, Effetti
penal-‐tributari della ritenuta legittimità costituzionale del “raddoppio” dei termini, Rivista di diritto
tributario, III, 2011, p. 218 e G. FRANSONI, Osservazioni controcorrente sul doppio termine dell’accertamento,