LA TASSAZIONE DEI PROVENTI DA ATTIVITÀ ILLECITA
2.5. Confisca e sequestro
2.5.1 La direttiva europea 2014/42/UE
Come misura di contrasto nei confronti della criminalità organizzata anche in ambito internazionale si sono succeduti alcuni provvedimenti volti ad aggredire i patrimoni illeciti e a inscrivere i proventi di natura illecita all’interno del perimetro dei proventi che, generando reddito, devono essere soggetti a tassazione. Anche in materia di confisca l’Unione europea ha messo in opera una serie di strumenti legislativi che, attraverso gli accordi tra gli Stati ratificanti, consentissero di uniformare e standardizzare i procedimenti.145 Anche sul piano strettamente politico molto
144 Ovviamente tale effetto si applica con tutte le cautele previste: le forme, la pubblicità e il regime degli effetti di opponibilità, propri delle diverse categorie civilistiche di beni.
145 Si tratta dei seguenti: decisione quadro 2001/500/GAI del Consiglio d’Europa relativa al congelamento e confisca dei proventi da reato in particolare ammettendo pene sostitutive nel caso in cui i proventi del reato siano stati sottratti; decisione quadro 2005/212/GAI del Consiglio d’Europa che tenta di normalizzare le differenti norme sulla confisca che estende i poteri di confisca nel caso di commissione di reati gravi; decisione quadro 2003/577/GAI del Consiglio d’Europa che prescrive il riconoscimento reciproco dei provvedimenti relativi al blocco dei beni e al sequestro probatorio; decisione quadro 2006/783/GAI del Consiglio d’Europa inerente il reciproco riconoscimento delle decisioni di confisca e che disciplina le modalità attraverso le quali uno Stato recepisce una decisione di confisca di uno Stato
importante è stata la risoluzione sulla criminalità organizzata nell’Unione europea, adottata il 25 ottobre 2011 dal Parlamento europeo. La risoluzione si è focalizzata su alcuni punti: l’assunzione di una proposta di direttiva in materia di procedura di sequestro e confisca dei proventi da reato, la confisca allargata, la previsione dell’obbligo di confisca per i beni intestati a terzi ma riconducibili al reato, l’attenuazione dell’onere della prova sull’origine del possesso di beni da parte di rei; la raccolta di spunti per la preparazione di norme europee relative al riutilizzo per scopi sociali dei beni sequestrati e confiscati; la cooperazione internazionale e l’accoglimento di procedure semplificate per favorire la piena attuazione in uno Stato degli ordini di sequestro e confisca emessi da un altro Stato.146 La Commissione europea pertanto ha lavorato alla
predisposizione di una nuova normativa al fine di rendere più semplice e veloce la confisca dei proventi di attività criminale. Tale provvedimento aveva anche l’intento di allineare le normative nazionali e le regole vigenti e colmare le eventuali lacune che rappresentano un’occasione notevole per le organizzazioni criminali. In particolare risultano molto significativi gli esiti che la direttiva intenderebbe ottenere: rendere possibile l’incremento della confisca nei confronti di terzi; incentivare l’adozione di provvedimenti di confisca estesa; avere delle strategie per conservare un utilizzo efficace e produttivo dei beni sottoposti a sequestro; facilitare la cooperazione tra Stati; attenuare l’onere della prova. Tale direttiva è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea in data 29 aprile 2014. Le ragioni della direttiva – si leggono nelle premesse della direttiva stessa – sono da ricercarsi nel desiderio di contrastare la sempre più emergente e consolidata criminalità organizzata internazionale che ha nella ragione economica la sua raison d’etre. La base giuridica della direttiva è da ricercarsi negli artt. 82 par. 2 e 83 par. 1 TFUE che dà al Parlamento e al Consiglio l’onere di stabilire norme minime per rendere più facile la cooperazione penale tra gli Stati membri soprattutto in relazione a reati particolarmente gravi. La norma si allinea con altri provvedimenti di natura analoga e vorrebbe estendere i provvedimenti ablativi, pur nel rispetto delle tutele minime per gli interessati da confisca e sequestro. In particolare
differente; decisione quadro 2007/845/GAI del Consiglio d’Europa che punta al rafforzamento dei rapporti tra gli Stati e a tale fine istituisce la rete CARIN per il recupero dei proventi di reato.
146 Cfr. sulla questione A. BALSAMO, Il codice antimafia e la proposta di direttiva europea sulla confisca: quali
prospettive per le misure patrimoniali nel contesto europeo, in www.penalecontemporaneo.it.
la norma, dopo aver definito i termini utilizzati e l’ambito dell’applicabilità, impone di adottare: “[…] le misure necessarie per poter procedere alla confisca, totale o parziale, di beni strumentali e proventi da reato, o di beni di valore corrispondente a detti beni strumentali o proventi, in base a una condanna penale definitiva, che può anche essere pronunciata a seguito di un procedimenti in contumacia”. Qualora gli Stati non fossero in grado di confiscare il provento da natura illecita, questi dovranno prevedere la possibilità che confisca e sequestro possano promanare da un procedimento per reato di danno.147 La direttiva poi disciplina la confisca contro terzi, tenuti in debita
considerazione i diritti dei terzi in buona fede. La direttiva dà le indicazioni affinché ciascuno Stato predisponga le manovre per rendere più facile l’individuazione, il reperimento e la gestione dei ben sequestrati. La direttiva si applica a tutte i reati di cui si dettaglia all’art. 3 che sono già oggetto di specifici provvedimenti dell’Unione europea: la convenzione volta al contrasto alla corruzione dei funzionari, le decisioni concernenti i reati di falsificazione monetaria, il traffico illecito di stupefacenti, la lotta al terrorismo, la corruzione privata; le direttive in materia di abuso e sfruttamento sessuale dei minori, di hackeraggio, di traffico di migranti. Nella parte finale dell’art. 3 della Direttiva è indicato che quest’ultima si applica alle fattispecie previste “da altri strumenti giuridici se questi ultimi prevedono specificatamente che la direttiva si applichi ai reati in essa armonizzati”, consentendo in tale modo che tutti gli strumenti che verranno adottati dopo la Direttiva possano usufruire in modo autonomo dell’applicabilità della Direttiva stessa. In ogni caso la Direttiva si applica a tutti quei reati punibili con una pena pari nel massimo ad almeno quattro anni.
In base all’ultimo Corrigendum del 3 aprile 2014 la norma dovrebbe entrare in vigore entro il 4 ottobre 2016; mentre a tre anni dall’entrata in vigore, la Commissione dovrà presentare al Parlamento una relazione attraverso la quale dare evidenza degli effetti positivi sulle norme nazionali. Appare evidente anche a una veloce scorsa della direttiva che molte delle soluzioni immaginate in quel contesto vadano nella stessa direzioni imboccata parecchi anni prima dall’Italia. Infatti il recepimento con scadenza ravvicinata della direttiva ha imposto di dover parassitare le normative più aggiornate in materia e tra queste quella italiana è tutt’altro che superata.
147 Sulla questione A. M. MAUGERI, La direttiva 2014/42/EU relativa alla confisca degli strumenti penali e dei
proventi nell’Unione europea tra garanzie ed efficienza: un “work in progress”, in
Andrà qui notato che la Direttiva per sua natura non può che dare delle indicazioni minime che tutelano le attuali discipline, molto differenti tra di loro, dei singoli Stati. In questo senso molte delle norme minime in essa presenti sembrano rispondere a questo criterio di preservare i diversi sistemi tassonomici, pur tuttavia, anche in considerazione dell’importanza rivestita del tema anche per i diritti alla persona, forse sarebbe stato opportuno sperare in un testo un po’ più ardito. Inoltre, la decisione di estendere il sequestro a scopo di confisca anche a vantaggi indiretti e nei confronti di terzi che in qualche modo erano informati sul bene porta con sé pesanti interrogativi soprattutto per quanto riguarda l’onere della prova che non spetta più all’Amministrazione, ma al soggetto sottoposto a verifica. Accanto a questa importante questione altri due aspetti colpiscono e dovrebbero indurre una discussione serena: sia le norme in materia di motivazione dei provvedimenti ablativi che la decisione di consentire anche a un’autorità non giudiziaria il sequestro spingono a ritenere che le garanzie si affievoliscano con il recepimento della Direttiva.
In data 28 luglio 2016 il Consiglio dei Ministri ha affrontato l’esame preliminare e stabilito i punti salienti del decreto legislativo che dovrà dare attuazione alla Direttiva. Il provvedimento prevede che la confisca, anche per equivalente, sia obbligatoria per tutti quei profitti realizzati attraverso la commissione di gravi reati come quelli di criminalità informatica, falso monetario e corruzione tra privati. Viene poi ampliato il campo di applicazione della confisca estesa, che si applica in caso di condanna per gravi reati e che prescinde dalla determinazione della correlazione tra diretta tra ricchezza sproporzionata e singolo reato. Il Consiglio dei Ministri sembra intenzionato – e prova ne è lo schema del decreto legislativo di delega presentato al Senato il 2 agosto del 2016 – a percorrere la strada del contrasto alla criminalità economica in ambito interazionale, attraverso l’armonizzazione legislativa verso i sistemi giuridici degli altri Paesi.
Si è visto pertanto che non avendo il legislatore fornito una nozione chiara e incontrovertibile – e a volte nemmeno stabile – di reddito, provento e illecito ha consentito l’inserimento di incertezze e soggettività in queste nozioni fondamentali sul piano tributario. Inoltre, anche la decisione di assumere taluni concetti, magari senza valutarne appieno i portati, da altri rami del diritto appare foriera di criticità, in relazione all’opinabilità della linea interpretativa trascelta.
In ragione di questa indeterminatezza non stupisce che altri fattori siano andati a interessare il fatto tributario, in particolare allorquando il legislatore, la giurisprudenza e la dottrina hanno dovuto confrontarsi con la tassabilità dei proventi da reato. Allora sono sorte visioni etiche o morali dello Stato, per le quali il provento illecito restava in un certo senso macchiato dall’illiceità dell’azione condotta per ottenerlo, piuttosto che prospettive più asettiche e meccanicistiche. Tutto ciò è avvenuto, tra alterni prevalere dell’uno o dell’altra fazione, con pareri difformi o contrastanti dei diversi organi giuridici chiamati a rispondere sulle questioni pratiche discendenti dall’assunzione dell’uno o dell’altro paradigma. Il tutto fino al primo intervento del legislatore nel 1993 nel quale, pur con qualche reticenza e fumosità, si addiviene a una prima soluzione legata alla questione dell’imponibilità dei redditi derivati da un’attività illecita. Da allora, sia in campo italiano, che europeo molto si è fatto – invero a volte sembrerebbe senza avere una visione di insieme – sul fronte della tassabilità dei redditi di cui sopra, sembrando da un lato scorretto che tali ricchezze, costituite a detrimento di quelle lecite, restassero fuori dall’imponibile di tassazione, dall’altro che tale attività potesse essere l’unica veramente efficace per contrastare la criminalità organizzata sempre più attiva nel contesto internazionale. Inoltre l’estensione, sia per quello che riguarda l’elenco dei reati ammessi, sia con riferimento all’aumentare dei poteri di disposizione, di confisca e sequestro a diverse fattispecie di reati tributari e, pur nel rispetto delle libertà individuali, la maggiore facilità con la quale si possono disporre, hanno consentito a questi due strumenti di diventare oltremodo importanti come misure di contrasto ai reati e di supporto all’Amministrazione nella sua azione. Anche la Direttiva 2014/42/E appare perfettamente allineata lungo questo binario, raccomandando, pur nella scarnezza del linguaggio che caratterizza i legislatori europei, che le indicazioni lì fornite possano trovare una sistemazione organica negli ordinamenti dei singoli Stati dell’Unione.
Capitolo III