LA TASSAZIONE DEI PROVENTI DA ATTIVITÀ ILLECITA
2.1 Le prime teorie pro e contro la tassabilità dei proventi di natura illecita
2.1.1 Dall'intervento della Suprema Corte di Cassazione di Firenze agli orientamenti della prima metà del Novecento
Nella disamina delle diverse teorie che hanno interessato il XIX e XX secolo in merito alla possibilità per lo Stato di sottoporre a imposizione fiscale i redditi derivanti da atti illeciti, una posizione fondante della teoria che nega la tassazione ai proventi summenzionati è espressa dal pronunciamento della Corte di Cassazione di Firenze del 25 marzo 1871. La Corte era stata chiamata a esprimersi sulla possibile tassazione dei proventi prodotti da una casa di tolleranza e decise che tali proventi non risultavano assoggettabili in quanto non ritenuti degni di poter concorrere alle imposte che lo Stato richiede in ragione della loro origine, non consona al decoro dello Stato stesso. Alla Corte, insomma, sembrava che tale "turpe mercimonio riprovato dalla legge" potesse ricevere, nel venire assoggettato al tributo, una sorta di protezione "che in ogni Stato bene organizzato è razionalmente il corrispettivo"73 di ogni imposizione tributaria. Dal
momento pertanto che lo Stato riteneva il meretricio un’attività indegna, non riteneva di poterla tassare al fine di non essere correo dell'iniquità insita in tale commercio.74 Si
sarebbe creato, nell'ammetterli a tassazione, un autentico paradosso giuridico per il quale venivano ammessi a contribuire alla spesa sociale anche dei redditi che per la loro natura non avrebbero dovuto esistere e in molti casi erano sorti con l'intento di aggirare o scardinare lo Stato e le sue norme. Tale interpretazione, in una sua versione un po' meno rigida, poteva però arrivare a ricomprendere nei redditi da tassare tutte quelle attività che, sebbene illecite per mancanza di licenze o autorizzazioni, non si ponevano contro il diritto penale. Questa è la posizione del Rotondi per il quale a determinare la tassazione o meno dei proventi di natura illecita dovrebbe essere in realtà la loro appartenenza a una delle due categorie da lui proposte: quella dell'illiceità obiettiva assoluta, consistente in un illecito sia per l'atto in sé che per le sue conseguenze, e quella dell’illecito soggettivo, che è illecito solo nella forma, ma è rappresentato da un atto
73 Il testo della sentenza è ora disponibile in G. FALSITTA, La tassazione dei proventi da reato nell'analisi
della giurisprudenza dell'ultimo decennio, in Rassegna tributaria, 2001, pp. 1123.
74 Su posizioni derivanti da questa posizione si è mosso anche QUARTA, Commento alla legge sulla imposta
lecito.75 La sentenza della Corte di Cassazione del 1871 ha goduto a lungo di fortuna,
sebbene da più parti e già all'inizio del Novecento essa sia stata fatta oggetto di censure piuttosto pesanti. In questo senso una delle prime posizioni contrarie alla sentenza è stata quella espressa da Fasolis che per primo indicò nella separatezza del mondo fiscale da quello etico la ragione della debolezza della posizione presa dalla Corte di Cassazione.76 A questa posizione si uniforma anche il Quarta ritenendo che un problema
giuridico non possa in alcun modo essere risolto o fatto slittare su un piano etico, morale o politico. Su posizioni invece molto vicine a quelle della Corte di Cassazione si erano mossi Griziotti e più tardi Morselli i quali vedevano nell'agire dello Stato, anche nel ristretto ambito della fiscalità, la necessità di muoversi secondo dettami etico-‐morali.77
L'argomentazione più articolata in proposito alla questione, per così dire, etica della liceità della tassazione dei proventi da natura illecita è probabilmente quella contenuta nella trattazione di Forte, che in un suo studio del 195278 riassume alcune delle posizioni
da lui sostenute negli anni precedenti. In questo articolo, dopo aver compiuto una
75 Cfr. G. ROTONDI, Il regime fiscale delle attività illecite, Rivista della Guardia di finanza, 1953 per il quale nel primo caso: "sarebbe assurdo parlare di diritto a percepire un reddito e, conseguenzialmente, di diritto dello Stato all'imposizione fiscale"; nel secondo caso, e fatte salve le condizioni di reato, "non si esclude in senso assoluto il diritto a percepire il compenso alla prestazione, sia pure abusivamente data e, conseguenzialmente, non si esclude la legittimità dell'imposizione fiscale".
76 G. FASOLIS, Le doppie imposizioni: definizione scientifica, rassegna e discussione di casi di doppia
imposizione, Città di Castello, S. Lapi, 1914.
77 Cfr. B. GRIZIOTTI, Principi di politica, diritto e scienza delle finanze, Padova, CEDAM, 1929: "Prima che come fenomeno giuridico e politico il tributo deve essere considerato come norma più generale di carattere etico". Partendo dalla considerazione che una comunità all'interno di un certo territorio costituisce uno Stato che deve tenere conto nella sua azione di regole" che hanno efficacia pratica non inferiore spesso a quella delle stesse norme giuridiche e che di queste hanno in comune i principi fondamentali ispiratori che sono sempre principi etici". Più spostato sul versante morale è invece E.
MORSELLI, Corso di scienza della finanza pubblica, Padova, CEDAM, 1949, I, laddove scrive: "Il fatto
finanziario è inseparabilmente un fatto morale, tanto per il governo che lo pone e lo compie, tanto per i soggetti economici che per esso sono contribuenti e ad esso guardano, come ad un fatto della vita in comune”. L'aggregato politico è un aggregato morale, di sentimenti e di aspirazioni. L'azione finanziaria di governo nasce da un'umana deliberazione, e la volontà si completa, trae tanta maggior forza di decisione e di consecuzione, quanto più gli atti e le operazioni del governo stesso stanno a ricercare il bene e allontanare il male di quell'esistenza morale che è lo Stato."
78 F. FORTE, Sul trattamento fiscale delle attività illecite, Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze, 1952.
rassegna molto puntuale delle diverse posizioni in merito alla questione in esame, ha fatto derivare la posizione di chi negava la possibilità della tassazione da un equivoco piuttosto rilevante che inficia l'intera tenuta dell'argomentazione. Se infatti rimettiamo capo a quanto indicato nel paragrafo relativo alla capacità contributiva e alla sua funzione sociale e democratica,79 possiamo agilmente derivare dalla definizione di tale
concetto che, per l'appunto, non sussista alcuna ragione perché non siano assoggettati a tassazione i proventi di natura illecita. Infatti nelle considerazioni in merito all’obbligo della contribuzione è fondante il concetto di società organizzata; la contribuzione rappresenta l’esercizio di un dovere democratico e solidaristico a cui tutti sono tenuti in ragione dell’appartenere allo Stato.