TRA CRISI E RIFORME: GLI ASPETTI ECONOMIC
COMPLETAMENTO DEL DISEGNO ISTITUZIONALE EUROPEO PER UNA NUOVA GOVERNANCE Giorgio Galeazz
3. Deterioramento del rischio del debito sovrano e crisi del settore bancario: interdipendenza e canali di collegamento
5 La distinzione può essere fatta fra tre tipi di regime di coordinamento delle politiche dei paesi aderenti ai
trattati: Regime di coordinamento soft, rivolto alle politiche sociali, applicando semplici strumenti di persuasione verso principi generali comuni; Regime di coordinamento hard per la politica fiscale, con adozione di specifiche regole comuni e apposite procedure; Regime unificato, nel caso della politica monetaria comune per i paesi aderenti all’euro. Si veda, a tal proposito, C. PANICO, F. PURIFICATO, The Role
of Institutional and Political Factors in the European Debt Crisis, PERI Workingpaper Series N. 280, 2012,
L’allargamento della crisi finanziaria internazionale ai paesi della zona euro tra il 2010 ed il 2011 è conseguenza di un effetto contagio che ha coinvolto congiuntamente i debiti sovrani e il sistema delle banche, con ripercussioni profonde sul sistema produttivo e l’occupazione. La reazione alla crisi ha visto nelle fasi iniziali nettamente prevalere l’idea che la politica corretta, per una sostanziale via d’uscita, debba basarsi su una rapida adozione di misure rivolte alla correzione degli squilibri fiscali nei paesi con deficit pubblico eccessivo. Ciò ha contribuito a esaltare le interconnessioni tra debito sovrano e equilibrio di bilancio delle banche, alimentando tra loro un circolo vizioso, che aumenta la vulnerabilità strutturale dell’intera zona euro.
All’origine di tale vulnerabilità c’è un “original sin”, che richiama una tematica per certi versi analoga a quella sviluppata nell’ambito della letteratura, successiva alle varie crisi manifestatesi nel corso degli anni 90‘ e finalizzata a spiegare la maggiore volatilità e predisposizione alle crisi finanziarie da parte dei paesi emergenti, rispetto alle loro controparti costituite dai paesi avanzati6. Gli aderenti al sistema euro si trovano, infatti, nella particolare posizione di dover emettere titoli di debito pubblico in una valuta non emessa e controllata da una propria banca centrale ma gestita dall’istituzione che governa il sistema, cioè la BCE, che agisce in modo del tutto indipendente dai singoli governi. Questo rende l’equilibrio dei conti pubblici molto vulnerabile rispetto alle mutevoli condizioni dei mercati finanziari, dove sono frequenti fenomeni di self-fulfilling nella formazione delle aspettative e nelle decisioni ottimali degli investitori7. Quando gli agenti percepiscono per qualche fatto contingente un incremento del rischio d’incapacità di un governo nell’attuare o mantenere certi impegni di politica economica, tendono facilmente a modificare le loro aspettative verso un atteggiamento di avversione al rischio, che una volta avviato può portare ad un collasso finanziario, senza che esistano condizioni fondamentali che lo giustifichino. Non si tratta di un comportamento irrazionale degli agenti, ma la conseguenza di un caso d’indeterminatezza dell’equilibrio della scelta, prodotto da aspettative crescenti per un attacco speculativo sul mercato dei titoli pubblici e per un conseguente forte cambiamento nelle politiche economiche pubbliche.
In altre parole, accumulare debito oltre certi limiti in una valuta di cui non si controlla l’emissione significa esporsi al rischio di forti tensioni nei livelli dei tassi di interesse,
6 Il termine “original sin”, proposto da Eichengreen e al. (si veda B. EICHENGREEN, R. HAUSMANN, U.
PANIZZA, “The Pain of Original Sin”, in B. EICHENGREEN, R. HAUSMANN (eds.), Other people’s money: Debt
denomination and financial instability in emerging market economies, Chicago, 2005, p. 1 ss.).
(2005), fa riferimento all’incapacità di un paese di prendere a prestito all’estero offrendo titoli espressi in valuta domestica, controllata dalla propria banca centrale. In tali circostanze, le emissioni possono avvenire solo in valuta estera, normalmente in dollari nel caso dei paesi emergenti.
7 Il meccanismo di self-fulfilling nella formazione delle aspettative ha origine negli studi sulle crisi di bilancia
dei pagamenti realizzate da paesi emergenti, che in alcuni casi presentano caratteristiche simili alle classiche
bank runs, si veda M. OBSTFELD, Rational and Self-Fulfilling Balance-of-Payments Crises, in The American
Economic Review, 1986, p. 72 ss.
In proposito, il caso più interessante è stato quello della crisi del Messico nel 1994-95, in cui si arrivò al limite del default, poi evitato da un intervento di sostegno da parte dell’amministrazione Clinton, nonostante le condizioni iniziali del debito pubblico fossero favorevoli, quasi idilliache se comparate con quelle oggi prevalenti in Europa. Il rapporto debito/pil negli anni precedenti la crisi si muoveva attorno al 35%, si veda H. L COLE, T. J. KEHOE, A Self-Fulfilling Model of Mexico’s 1994-1995 Debt Crisis, in Journal of International
quando nei marcati si verifica un repentino passaggio da una fase di risk-on ad una di risk-
off8. Le possibilità di controllare la situazione ed evitare il default dipende, in questa situazione, da tre elementi cruciali: il tasso annuo di accumulo del debito, la durata media del debito e la capacità di fornire liquidità sul mercato dei titoli pubblici. Più è alto il deficit pubblico annuo da finanziare, più frequente è il roll over, cioè la durata media del debito, e più sono alte le difficoltà di accesso alla liquidità necessaria per controllare il mercato, maggiore sarà la velocità del self-fulfillment delle aspettative degli investitori che conduce al “sudden stop” e quindi ad un forzato default. Per il singolo paese non appartenente a un’unione monetaria la crisi di liquidità determina inizialmente un esaurimento delle riserve di valuta estera della banca centrale, poi un blocco del mercato del debito. Nel caso dell’unione monetaria la libera circolazione dei capitali e l’esistenza di una sola moneta favoriscono lo spostamento della liquidità verso i titoli di debito dei paesi ritenuti più solidi dal lato fiscale, creando divergenze nei prezzi e nei rendimenti ampiamente ingiustificati sul piano dei fondamentali.
Il progressivo prosciugamento di liquidità si estende al sistema bancario, che detiene in misura rilevante il debito pubblico. La perdita di valore del capitale proprio compromette la liquidità delle banche, che si trovano costrette a ridurre le attività e a limitare gli impieghi. La restrizione creditizia porta alla trasmissione della crisi al settore reale, aggravando la spirale negativa. In particolare, nella zona euro, gli errori nella gestione della crisi della Grecia hanno contribuito a bloccare il mercato unico dei servizi bancari e finanziari, con il rischio di una sua disintegrazione. Infatti, si è realizzata una chiara tendenza al rientro dei capitali all’interno dei singoli paesi. Le stesse singole autorità di supervisione hanno mostrato segni di un calo di fiducia nel sistema bancario dei propri vicini. Attraverso questa via i paesi periferici maggiormente colpiti dalla crisi hanno subito un effetto di accentuazione del credit crunch. L’effetto di ritorno dei capitali può essere misurato dall’andamento temporale della distribuzione tra detentori del debito pubblico. Dalla Tabella 1 (in appendice) risulta chiaramente come la quota di debito pubblico detenuto dall’estero sia diminuita nel periodo di crisi più acuta per tutti i paesi periferici, mentre è aumentata per i paesi del centro-nord Europa. L’effetto è anche più evidente se si confronta la variazione dell’offerta complessiva di debito pubblico con l’assorbimento legato alla variazione della domanda estera. Il caso più evidente è quello della Germania. Se poi ci si concentra sulla componente di debito costituita dalle obbligazioni (si veda Tabella 2 in appendice) il risultato viene confermato e accentuato.
Nel caso di un paese non appartenente a un’area valutaria unica, il credit crunch può essere affrontato dalla banca centrale in vari modi. La via tradizionale è quella dell’aumento della liquidità nel sistema attraverso le classiche operazioni di mercato aperto, dirette a ridurre i tassi a breve e a influire di conseguenza su quelli a lungo. Gli acquisti sul mercato secondario contribuiscono anche a evitare una crisi di fiducia rispetto ai titoli pubblici stessi e quindi a favorirne il roll-over, evitando gli effetti più dannosi della crisi. Inoltre, in condizioni normali la politica monetaria espansiva porta a una svalutazione del cambio estero, con effetti espansivi dal lato della domanda estera, contribuendo così a
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In questo senso l’appartenenza a un’unione monetaria può corrispondere a una riduzione allo stato di paese emergente, si veda P. DE GRAUWE, The governance of a fragile eurozone, Ceps Working Document n. 346, 2011.
correggere le conseguenze negative per la crescita reale dell’economia. La forte crisi di fiducia nei confronti del debito pubblico italiano nel 1992 è stata gestita sostanzialmente in tale modo, cioè attraverso l’uscita dallo Sme, la svalutazione della lira e acquisti rilevanti di titoli pubblici da parte della Banca D’Italia9.
Nella zona euro questo tipo di meccanismo non funziona come altrove, per le particolari caratteristiche istituzionali sulle quali è stato costruito il sistema. Nel corso della fase di
risk-off, determinata dal diffondersi della crisi, si è accentuata la percezione da parte degli
investitori, in particolare quelli esterni rispetto alla stessa zona euro e anche di maggior peso negli scambi, che le istituzioni monetarie europee fossero difettose e inadeguate per un’efficace gestione di una situazione di elevata turbolenza finanziaria e di forte instabilità dei mercati. Il principale punto critico, oggetto di ampia discussione già dall’avvio del sistema e costituito dalla mancanza di un supporto di base attraverso un’unione fiscale e politica, era rimasto in secondo piano nei primi anni di avvio del sistema dell’euro per la concomitanza di condizioni favorevoli nell’operatività dei mercati e nei tassi di crescita reale dell’economia mondiale. L’impostazione del trattato di Maastricht poneva come aspetto principale da tutelare la stabilità dei prezzi, mentre la stabilità finanziaria poteva essere consequenziale e la supervisione affidabile alla competenza nazionale. La disciplina fiscale senza il supporto della garanzia di prestatore di ultima istanza di una banca centrale nazionale finisce per essere affidata interamente al giudizio dei mercati, non più governabili attraverso manovre monetarie sui tassi di interesse.
Inoltre, nelle condizioni eccezionali di crisi creditizia, verificatesi a partire dal 2008, neanche la manovra monetaria e quella sul cambio, ove possibili, sono da ritenersi sufficienti per generare un adeguato meccanismo di aggiustamento. In tempi normali gli interventi di politica monetaria sui tassi a breve si trasmettono, attraverso l’articolazione di portafoglio, ai tassi a lunga tramite il canale delle aspettative, nell’ipotesi di imperfetta sostituibilità tra le diverse classi di attività finanziarie. La realizzazione di una manovra può diventare difficile o impossibile quando i tassi a breve hanno raggiunto un livello prossimo allo zero, cioè nel classico caso della trappola della liquidità. Dalla fine del 2008 la forte turbolenza nei mercati finanziari, il progressivo deterioramento delle prospettive di crescita e soprattutto la percezione del rischio di deflazione ha portato, in una prima fase, le sei maggiori banche centrali a trasmettere ai mercati un forte segnale, con un’azione coordinata senza precedenti di riduzione dei tassi di interesse di riferimento. Ciononostante, le condizioni di malfunzionamento del mercato del credito hanno continuato a peggiorare, inducendo le principali banche centrali ad adottare politiche non convenzionali, basate su programmi di acquisto diretto nel mercato secondario di titoli a lungo temine e di diversa natura (LSAP, large-scale asset purchases), finanziati in prevalenza con la creazione di
9 L’iniziale tentativo di evitare la svalutazione della lira costò alla Banca D’Italia una notevole perdita di
riserve, mentre l’operazione di sostegno nel mercato dei titoli pubblici produsse plusvalenze. La natura della crisi era completamente diversa rispetto a quella attuale. Nel 1992 si è arrivati al punto di sintesi delle politiche economiche avviate dagli anni ’70, che hanno portato a livelli di inflazione elevati e crescita di spesa pubblica, in ampia misura coperta con accumulazione di debito. L’origine era di carattere interno. Viceversa la crisi attuale è stata innescata e aggravata da fatti internazionali, che si sono sommati alle problematiche interne non risolte. Si veda, a tal proposito, S. ROSSI, Aspetti della politica economica italiana dalla crisi del
1992-93 a quella del 2008-09, marzo 2010, disponibile su
riserve in eccesso. Lo scopo è di incidere direttamente sui tassi a lungo, fornire liquidità al sistema e alla fine sostenere la ripresa.
4. Architettura istituzionale, gestione della liquidità nel mercato ed efficacia del