PRINCIPI DEMOCRATICI DELL’UE * Massimo Starita
8. Principi democratici e accordi “salva Stati”
Giungiamo così all’ultimo problema da esaminare, attinente ai rapporti tra i principi democratici e gli accordi “salva Stati”, nei quali al Parlamento europeo non è assegnato alcun ruolo30. Riguardo a tali strumenti, le considerazioni da svolgere sono molto diverse. Lo spazio che può essere coperto dai principi democratici, quale parametro per valutare i comportamenti complessivamente tenuti dagli Stati membri per dar vita a tali accordi o per darvi attuazione, è, infatti, molto ridotto. Tre sono i punti su cui occorre soffermarsi.
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La natura temporanea della misura è un riflesso della funzione svolta, nel settore in esame, dall’art. 122 TFUE, che costituisce una sorta di contrappeso alla c.d. no-bailout clause. Si veda in tal senso D. HATTENENBERGER, Art. 100, in J.SCHWARTZE (ed.), EU Kommentar, Baden-Baden, 2008, II ed., p. 1186; J.V.LOUIS, Guest Editorial: the No-Bailout Clause and Rescue Packages, in Common Market Law
Review, 2010, p. 971 ss., p. 983. La norma, infatti, attribuisce un potere destinato ad operare in situazioni
eccezionali, e cioè “qualora uno Stato membro si trovi in difficoltà o sia seriamente minacciato da gravi difficoltà a causa di calamità naturali o di circostanze eccezionali che sfuggono al suo controllo”, circostanze la cui sussistenza era stata rilevata dal Consiglio straordinario ECOFIN del 9 maggio 2010 (“We are facing such exceptional circumstance today and the mechanism will stay in place as long as needed to safeguard financial stability mechanism”).
29 Va ricordato che il regolamento citato, autorizzando la Commissione a contrarre prestiti, per un
ammontare massimo di 60 miliardi euro, costituisce una quota marginale degli interventi di salvataggio degli stati colpiti dalla speculazione finanziaria. La maggior parte dei prestiti sono stati concessi sulla base degli accordi internazionali di cui ci occuperemo nei prossimi paragrafi.
30 Per lo scarsissimo peso assegnato al Parlamento europeo nel TSCG, si veda, invece, le osservazioni di
L.S.ROSSI, “Fiscal Compact” e Trattato sul Meccanismo di Stabilità: aspetti istituzionali e conseguenze
a) In primo luogo, pare da escludere che i principi democratici del TUE possano costituire dei parametri giuridici di validità direttamente applicabili alle norme degli accordi internazionali in questione. In particolare, è da escludere che la Corte di giustizia possa svolgere un simile controllo attraverso un ricorso di annullamento ex art. 263 TFUE o attraverso un ricorso in base ad una delle clausole compromissorie contenute negli accordi “salva Stati”. Dal primo punto di vista, è semplice notare, infatti, che manca un atto impugnabile, poiché gli strumenti in esame sono formalmente esterni al sistema dell’Unione manca sia un atto della Commissione che concluda l’accordo sia un atto del Consiglio che ne autorizzi la conclusione. Dal secondo punto di vista, invece, si deve notare che in base alle clausole compromissorie contenute negli accordi la Corte è chiamata a dirimere le controversie sulla loro interpretazione e applicazione31, ma non a pronunciarsi sulla loro compatibilità con i Trattati32.
b) È, invece, possibile che la Corte conosca, in base ad un ricorso pregiudiziale, della questione se i principi democratici del TUE ostino a che uno Stato membro la cui moneta è l’euro concluda e ratifichi uno degli accordi “salva Stati”, come del resto è già avvenuto nel caso Pringle, in tema di rapporti tra il Trattato ESM ed alcune norme dei Trattati (nonché i principi generali della tutela giurisdizionale effettiva e della certezza del diritto)33. Tuttavia, allo stato attuale sembra difficile pensare che la Corte possa accertare che i principi democratici ostano alla conclusione di accordi volti alla creazione di “ fondi di salvataggio”. Nella sentenza da ultimo citata, infatti, la Corte ha affermato che la materia dell’assistenza finanziaria agli Stati membri in difficoltà esula dalla competenza dell’Unione e che la libertà degli Stati membri di concludere accordi in tale materia non è condizionata al rispetto dell’ordinamento dell’Unione nel suo complesso (e in particolare dei suoi principi generali), ma solo degli atti adottati dall’Unione nel settore del coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri34.
c) Infine, i principi democratici del TUE, così come tutte le norme dei Trattati su cui si fonda l’Unione, non sembrano poter costituire il parametro per la valutazione della liceità del comportamento tenuto da Stati contraenti o da organi di organizzazioni internazionali incaricati di dare esecuzione agli accordi. È vero che le controversie sull’interpretazione o l’applicazione degli accordi “salva Stati” non possono che trarre origine da un comportamento effettivamente tenuto da uno Stato o da un atto di un organo dell’ESM e che quindi la Corte di giustizia può essere chiamata ad accertare la compatibilità di tali atti e comportamenti con gli obblighi derivanti dagli accordi stessi. Tuttavia, il fondamento della competenza della Corte non è costituito dalle norme del TFUE che disciplinano le funzioni dell’istituzione giudiziaria nel sistema dell’Unione europea, ma da clausole compromissorie (del tipo indicato nell’art. 273 TFUE) contenute negli accordi stessi. Da ciò consegue che il punto di riferimento normativo per la Corte, in sede di controllo sulla legalità dei comportamenti tenuti da Stati
31 Si vedano gli articoli 14, par. 2, Intercreditor Agreement; 14, par. 2, Loan Facility Agreement; 16, par.
2, Accordo-quadro EFSF; 37 Trattato ESM.
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D’altra parte, le c.d. clausole di “coerenza” contenute negli accordi stessi si preoccupano di subordinare i memoranda d’intesa con gli Stati mutuatari, non a tutto il diritto dell’Unione, ma alle sole norme del TFUE concernenti la cooperazione in materia di politica economica ed agli atti adottati in base a tali norme. Si veda par. 6 del preambolo dell’Intercreditor Agreement; il punto 2, ultimo capoverso, del preambolo dell’Accordo-quadro EFSF e l’art. 13, par. 3, 2o co., Trattato ESM.
33 Si veda, Corte di giustizia dell’Unione europea, Pringle c. Irlanda, causa C-370/12, sentenza del 27
novembre 2012, non ancora pubblicata.
contraenti o degli atti adottati da organi di organizzazioni internazionali (nel caso, in particolare, dell’ESM), è costituito dalle norme degli accordi, mentre il diritto dell’Unione sembra poter al massimo svolgere una funzione di ausilio interpretativo.
9. Conclusione
L’esclusione del Parlamento europeo dalle procedure per la concessione dell’assistenza finanziaria previste negli “accordi salva stati” conclusi tra gli Stati della zona euro, pur non ponendo problemi di conflitto con i principi giuridici dell’Unione in tema di democrazia, consente però di svolgere una breve considerazione conclusiva, di carattere più generale. Ci riferiamo al fatto che tanto la sostanziale estromissione del Parlamento europeo dalle procedure di assistenza finanziaria agli Stati della zona euro “in difficoltà” quanto l’indebolimento del suo ruolo nell’ambito della governance economica all’interno dell’Unione europea sono espressione di una precisa linea di tendenza del diritto internazionale della cooperazione in materia economica e finanziaria nell’attuale momento storico. La situazione descritta nelle pagine precedenti riproduce, infatti, su scala regionale europea un modello di cooperazione che si caratterizza, da un lato, per un ruolo sempre più incisivo dei “vertici” di capi di Stato e di governo (sul piano universale il G20; in Europa il Consiglio europeo) nell’elaborazione delle norme programmatiche in materia economica e finanziaria e, da un altro lato, per la mancata previsione di adeguati strumenti di controllo democratico35. In altri termini, il deficit democratico delle norme sulla politica economica che abbiamo esaminato sembra costituire soltanto un elemento all’interno di un fenomeno più vasto, che ha accompagnato, dal punto di vista istituzionale, lo sviluppo del neoliberismo economico negli ultimi decenni, e consistente nel sostanziale rafforzamento degli esecutivi rispetto ai parlamenti, quale che sia il livello – internazionale, sopranazionale, nazionale – di elaborazione delle scelte di politica economica.
35 Per più ampie considerazioni sul tema sia consentito rinviare ancora a M. S
TARITA, Il Consiglio
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LA RAPPRESENTANZA ESTERNA DELLA ZONA EURO