TRA CRISI E RIFORME: GLI ASPETTI ECONOMIC
ACCUMULAZIONE DI DEBITO E CONTAGIO NELLA CRISI DELLA ZONA EURO
3. Il contagio intra-EMU della crisi finanziaria
3.2. Esposizione delle istituzioni finanziarie al rischio sovrano
Fino ad ora abbiamo passato in rassegna i fatti relativi alla crisi europea del debito sovrano accompagnandoli dalle cifre sull’accumulazione di debito, pubblico e privato, interno ed estero. Tuttavia, uno studio accurato dei meccanismi di contagio tra sistema bancario e rischio sovrano non può prescindere da un’indagine approfondita dei legami esistenti tra banche e debito sovrano, in riferimento alla detenzione di titoli pubblici.
Nell’analisi che segue vengono presentate alcune evidenze sui legami finanziari all’interno della zona euro (linkages fra banche creditrici di un paese e debitori pubblici e privati di altri Paesi), con particolare riferimento all’esposizione delle banche dei
31 Poiché il pagamento degli interessi va a beneficio di soggetti che si trovano al di fuori dell’economia
domestica e quindi tende a ridurre le risorse a disposizione della nazione debitrice.
32 Se misurato in rapporto al PIL, Il debito estero del settore pubblico dopo la crisi finanziaria tende a
diminuire. La diminuzione inizia già nel 2009 in Grecia e Portogallo, e dall’anno successivo anche in Italia e Spagna. Il calo è stato solo temporaneo per Portogallo e Grecia poiché, questi Paesi nell’ultimo anno, secondo i dati provvisori, mostrano una ripresa della crescita del debito governativo estero. Invece Spagna ed Italia stanno proseguendo sulla via della riduzione del debito estero governativo sul Pil. Si noti che invece, in Irlanda, il debito estero governativo (% del PIL) non ha mai smesso di aumentare.
Paesi del Nord Europa nei confronti di soggetti pubblici e privati dei Paesi del Mediterraneo (su questo meccanismo di contagio, si veda anche Banca d’Italia, 2011 e 2012).
Per tutto il periodo antecedente alla crisi33, la crescita della concentrazione dei crediti bancari nei confronti della periferia europea (come quota sul totale crediti bancari verso l’estero dei singoli Paesi) è stata più elevata ed è aumentata soprattutto in alcuni Paesi del Nord Europa ed in Portogallo. In particolare, alla vigilia della crisi finanziaria (quarto trimestre 2007), le istituzioni bancarie francesi fornivano capitali finanziari soprattutto all’Italia, la Spagna soprattutto al Portogallo e, viceversa, il Portogallo alla Spagna. In particolare, i crediti del sistema bancario portoghese ammontavano a 40 miliardi di dollari (¼ del totale dei crediti nei confronti dell’estero) (Grafico A9), di essi circa ¾ erano nei confronti della Spagna.
Dopo la crisi, le banche estere nel tentativo di riequilibrare i loro portafogli in parte divergono i loro capitali dai Paesi in difficoltà: la concentrazione dell’esposizione nei confronti dei GIPS inizia pertanto a diminuire (Grafico A9) 34. Il rientro e/o la deviazione di capitali sembrano particolarmente accentuati per quelle istituzioni finanziarie dell’Europa continentale (Francia, Germania e Belgio) che in passato avevano manifestato un più spiccato orientamento a fornire capitali ai Paesi del Mediterraneo, mentre la diminuzione è più contenuta per l’Italia, la Grecia e il Portogallo. Il riflusso dei capitali finanziari esteri ha inciso soprattutto sulla Spagna e, in misura minore, sull’Italia. In controtendenza rispetto agli altri principali creditori internazionali, il settore bancario spagnolo registra un aumento della quota di crediti nei confronti di Portogallo ed Italia.
Risultati del tutto analoghi si hanno, restringendo lo sguardo alla sola detenzione di titoli pubblici che, nell’ottica della duplice crisi di solvibilità dei governi e dei sistemi bancari, è particolarmente indicativa per valutare il rischio di contagio.
Dal quarto trimestre 201035, le istituzioni finanziarie di vari Paesi, indipendentemente dalla loro appartenenza all’Unione Monetaria Europea, si sono liberate dei titoli che stavano repentinamente perdendo valore.
Le posizioni creditorie dell’Italia e della Spagna appaiono pressoché inalterate mentre si è parlato di ”grande esodo” per le banche francesi e tedesche. La vendita di titoli pubblici è avvenuta anche in Paesi esterni all’Unione Monetaria Europea (Giappone, Stati Uniti e Regno Unito) ove l’esposizione era già estremamente limitata (Grafico A10). La diminuzione del contributo dei Paesi membri dell’UME al finanziamento del debito pubblico dei Paesi periferici, potrebbe testimoniare che i consueti vantaggi legati all’assenza del rischio di svalutazione sono oggi più che
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In questo caso i dati sono disponibili per Grecia, Portogallo, Spagna ed Italia.
34 Queste cifre possono essere considerate di particolare interesse per valutare il rischio di contagio
perché, se i soggetti pubblici e privati nei GIPS (debitori in queste relazioni) dovessero dichiarare fallimento o non essere in grado di restituire i loro debiti), il sistema bancario (creditore nella relazione) si troverebbe con crediti inesigibili. Inoltre il riferimento al totale dei crediti esteri sembra più opportuno per tenere conto della situazione creditoria totale del paese considerato (variabile di stock) piuttosto che ponderare per il Pil, come è diventato usuale fare. Il Pil, infatti, rappresenta la capacità di generare un flusso di ricchezza annuo e non sembrerebbe del tutto coerente con la logica che dovrebbe sottendere allo studio dell’accumulazione di debiti e crediti.
35 Secondo alcuni analisti, ad ottobre 2010 il “contagio” della crisi greca all’Europa periferica ha subito
un forte impulso a seguito della decisione di far pagare alle banche che avevano in portafoglio titoli pubblici greci una parte consistente della loro riduzione di valore, il famoso “haicut”.
compensati dalle aspettative negative sul deterioramento dei prezzi dei titoli in atto da diversi mesi.
Nonostante la massiccia vendita dei titoli sovrani “a rischio” da parte dei principali creditori, il finanziamento del debito pubblico dei Paesi in difficoltà è ancora dipendente dai capitali finanziari di Francia, Germania (e della Spagna -nel caso del Portogallo-) (attorno al 10% in media a fine 2010, oggi attorno all’8%) (Grafico A10).
Questi dati possono contribuire a spiegare come mai l’attenzione dei mercati e delle istituzioni si è spostata dall’Irlanda e la Grecia, al Portogallo e la Spagna. Nei primi due Paesi colpiti dalla crisi europea del debito sovrano, la riduzione dell’esposizione nei confronti dell’estero36 si è realizzata in modo rapido e deciso, mentre è stata più lenta in Spagna e Portogallo, dove il debito governativo estero era ancora, nel primo trimestre del 2012, detenuto principalmente (sotto forma di titoli di debito) dai sistemi bancari di Francia e Germania.
La diffusione della crisi dei debiti sovrani trova pertanto un riscontro empirico nell’analisi dell’interdipendenze tra i mercati dei titoli sovrani e i sistemi bancari nazionali dei Paesi europei. Si può osservare che i mercati stessi hanno provveduto a ri- segmentare i sistemi finanziari per isolarli dal rischio sovrano ed offrire una protezione al contagio.