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L’art 81 della Costituzione nell’esperienza applicativa

dell’Unione economica e monetaria

L’INTRODUZIONE DEL PRINCIPIO DELL’EQUILIBRIO DI BILANCIO NELLA COSTITUZIONE ITALIANA

2. L’art 81 della Costituzione nell’esperienza applicativa

Prima di descrivere il contenuto della citata riforma costituzionale è utile illustrare il contesto nel quale essa si colloca.

Nel suo testo originario, l’art. 81 Cost. stabiliva la disciplina di principio in materia di contabilità statale, prevedendo, tra l’altro, il divieto di introdurre nuovi tributi e nuove spese con la legge di approvazione del bilancio (co. 3) e l’obbligo della copertura finanziaria delle altre leggi (co. 4: “ogni altra legge [diversa da quella di approvazione del bilancio] che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte”).

L’insieme di queste disposizioni, volto a salvaguardare la coerenza della legge di bilancio e, in ultima analisi, la tenuta dei conti pubblici, è stato interpretato in un primo momento come l’espressione del principio tipico dello Stato liberale di tendenziale pareggio, per cui ogni nuova legge di spesa avrebbe dovuto indicare puntualmente come mezzo di copertura finanziaria una nuova entrata tributaria, ovvero la riduzione di una spesa già prevista. In questa prospettiva, la legge di bilancio preventivo era tradizionalmente annoverata tra le leggi “meramente formali”, incapaci cioè di innovare l’ordinamento giuridico17. Anche seguendo questa lettura più rigorosa e restrittiva, la regola costituzionale comunque non avrebbe escluso la possibilità di far fronte alla copertura della spesa mediante un’entrata “eccezionale” costituita da un indebitamento

15 Esemplare a riguardo è la vicenda della legge di stabilità 2012: all’approvazione in Senato dell’11

novembre 2011 (con 156 voti favorevoli, 12 contrari e 1 astenuto), avvenuta dopo l’apposizione della questione di fiducia sul maxi-emendamento con il quale il Governo aveva recepito gli indirizzi formulati dalla BCE e le intese raggiunte nell’ultimo vertice dell’UE (cfr. Comunicato stampa del Consiglio dei Ministri n. 161 del 2 novembre 2011, disponibile su http://www.governo.it), è seguita, il giorno successivo, l’approvazione definitiva della Camera senza emendamenti (con 380 voti favorevoli, 26 contrari e nessun astenuto).

16 Non è questa l’unica lettura possibile. G. M. S

ALERNO, Alla prova del nove la via europea e

sovranazionale per la costituzionalizzazione del pareggio di bilancio, in Guida al diritto, 4/2012, p. 6 ss.,

in altra prospettiva, ricorda le modifiche degli articoli 27 (sulla pena di morte) e 51 Cost. (sulle pari opportunità), avvenute in un clima di effettiva concordia nazionale, e rileva con favore l’atteggiamento bipartisan che sta caratterizzando il percorso riformatore del testo costituzionale e l’abbandono degli atteggiamenti di sterile contrapposizione che hanno sinora caratterizzato il confronto sulle proposte di riforma complessiva della seconda parte della Costituzione.

dello Stato, salva la necessità di prevedere i mezzi finanziari necessari a far fronte al costo del suddetto indebitamento, rappresentato anzitutto dagli interessi.

Se nei primi anni della storia repubblicana si realizza tendenzialmente una politica di bilancio all’interno di questo quadro interpretativo, a partire dagli anni ’60, in fase di espansione economica, si afferma una nuova lettura dell’art. 81 Cost., secondo la quale la disciplina costituzionale non escluderebbe la possibilità di istituire fondi speciali per spese future, che non necessiterebbero di una puntuale copertura mediante la predisposizione di poste attive in bilancio18. Ciò in quanto la vicenda finanziaria dello Stato è considerata nel suo insieme e nella sua continuità temporale, comprensiva di previsioni che vanno oltre il ristretto termine di un anno. Dunque, secondo la nuova lettura, la Costituzione, nel prevedere l’obbligo di copertura finanziaria delle leggi, non precluderebbe al raccordo Governo-Parlamento la scelta politica di produrre un bilancio annuale in disavanzo19.

La Corte costituzionale, che ha affermato la propria competenza a sindacare le leggi di spesa con riferimento all’obbligo costituzionale di cui al co. 4 dell’art. 81, sembra aver accolto la lettura “estensiva” nella ben nota sentenza n. 1 del 1966, successivamente confermata da un indirizzo giurisprudenziale consolidato. Fermo restando che anche nuove o maggiori spese inserite negli stati di previsione di esercizi futuri debbano avere copertura, “è evidente che l’obbligo va osservato con puntualità rigorosa nei confronti di spese che incidano sopra un esercizio in corso, per il quale è stato consacrato con l’approvazione del Parlamento un equilibrio (che non esclude ovviamente l’ipotesi di un disavanzo), tra entrate e spese, nell’ambito di una visione generale dello sviluppo economico del Paese e della situazione finanziaria dello Stato. È altresì evidente che una puntualità altrettanto rigorosa per la natura stessa delle cose non è richiesta dalla ratio della norma per gli esercizi futuri. Rispetto a questi, del resto, la legge di spesa si pone come autorizzazione al Governo, che la esercita non senza discrezionalità, nel senso che, nella predisposizione del bilancio, le spese possono essere ridotte o addirittura non iscritte nei capitoli degli stati di previsione della spesa, salvi sempre l’approvazione e il giudizio politico del Parlamento, quante volte l’esigenza dell’equilibrio finanziario e dello sviluppo economico-sociale consiglino una diversa impostazione globale del bilancio e la configurazione di un diverso equilibrio. Si deve pertanto ammettere la possibilità di ricorrere, nei confronti della copertura di spese future, oltre che ai mezzi consueti, […] anche alla previsione di maggiori entrate,

tutte le volte che essa si dimostri sufficientemente sicura, non arbitraria o irrazionale,

in un equilibrato rapporto con la spesa che s’intende effettuare negli esercizi futuri, e non in contraddizione con le previsioni del medesimo Governo” (corsivo aggiunto)20.

18

La tesi è stata sostenuta in dottrina, in particolare, da V.ONIDA, Le leggi di spesa nella Costituzione, Milano, 1969, p. 437 ss., secondo il quale il pareggio di bilancio non costituisce il risultato automatico di un obbligo giuridicamente garantito, ma un obiettivo politico tendenziale.

19 In ordine alla portata dell’art. 81, co. 4, non meramente contabile, ma rivolta ad equilibri sostanziali

tendenziali, si veda il dibattito dell’Assemblea costituente, II sottocommissione, seduta del 24 ottobre 1946, disponibile su http://www.camera.it.

20 Cfr. punto 8 delle considerazioni di diritto. Puntualizza il significato di queste ultime affermazioni,

estese anche ai legislatori regionali ordinari e speciali, Corte cost., sent. n. 213 del 2008. La verifica in concreto dell’obbligo di copertura finanziaria delle leggi e degli emendamenti comportanti spese è attualmente disciplinata dai regolamenti parlamentari e dalla legge n. 196 del 2009, come da ultimo modificata, che ha introdotto rigorose modalità di stima ex ante degli oneri finanziari derivanti dalle proposte legislative e un monitoraggio ex post.

Il quarto comma dell’art. 81, dunque, non ha un significato meramente contabile e non investe solo le leggi successive a quella di bilancio, modificative in peius del suo equilibrio aritmetico, ma ha una portata sostanziale che attiene ai “limiti [...] che il legislatore ordinario è tenuto ad osservare nella sua politica di spesa, che deve essere contrassegnata non già dall’automatico pareggio del bilancio, ma dal tendenziale conseguimento dell’equilibrio tra entrate e spesa”21.

La Corte precisa successivamente che la copertura è da ritenersi aleatoria se non tiene conto che ogni anticipazione di entrate ha un suo costo, il quale non può essere compensato con la mera restituzione della somma anticipata: “infatti, l’anticipazione costituisce pur sempre un nuovo onere a carico del bilancio […] e la relativa copertura va reperita, ai sensi dell’art. 81, ultimo comma, Cost., attraverso i mezzi consueti: cioè con quelle fonti di finanziamento della spesa, che consentono di non alterare nel corso dell’esercizio i dati impostati nel bilancio di previsione”22.

Alla crescita incontrollata della spesa che ha caratterizzato i decenni successivi23 si è cercato di porre rimedio in prima battuta con la razionalizzazione del ciclo di contabilità pubblica, mediante l’istituzione, alla fine degli anni ’70, della legge finanziaria (ora legge di stabilità), poi anticipata da un documento di programmazione economico- finanziaria24: l’idea era quella di superare la rigidità della legge di bilancio – che non può prevedere nuove entrate e nuove spese –, controllando al contempo il disavanzo e l’indebitamento, che avrebbero dovuto essere contenuti mediante una determinazione preventiva delle soglie.

L’indirizzo giurisprudenziale ricordato viene confermato anche dopo l’introduzione del bilancio pluriennale: secondo la Corte, l’obbligo di copertura deve essere osservato con puntualità rigorosa nei confronti delle spese che incidono su un esercizio in corso e deve valutarsi il tendenziale equilibrio tra entrate ed uscite nel lungo periodo, considerando gli oneri già gravanti sugli esercizi futuri. Più precisamente, “l’art. 81, c. 4, Cost., costituisce il parametro di riferimento per valutare l’attendibilità delle deliberazioni di spesa anche di lunga durata e non solo per garantire l’equilibrio dei bilanci già approvati. Specie quando […] gli oneri che vanno a gravare sugli esercizi futuri siano inderogabili, l’esigenza imposta dalla costante interpretazione dell’art. 81, c. 4, Cost., lungi dal costituire un inammissibile vincolo per i Governi ed i Parlamenti futuri, tende anzi proprio ad evitare che gli stessi siano costretti a far fronte, al di fuori di ogni margine di apprezzamento, ad oneri assunti in precedenza senza adeguata ponderazione dell’eventuale squilibrio futuro. L’obbligo di una ragionevole e credibile indicazione dei mezzi di copertura anche per gli anni successivi è diretto ad indurre il legislatore ordinario a tener conto dell’esigenza di un equilibrio tendenziale fra entrate e spese la cui alterazione, in quanto riflettentesi sull’indebitamento, postula una scelta legata ad un giudizio di compatibilità con tutti gli oneri già gravanti sugli esercizi futuri”25.

21 Corte cost., sent. 1/1966, punto 5 delle considerazioni di diritto.

22 Corte cost., sentenza 54 del 1983, punto 2.I delle considerazioni di diritto. 23 Cfr. R. B

IN,G.PITRUZZELLA, Diritto costituzionale, Torino, 2012, p. 246: nel 1970 spesa e debito pubblico erano pari rispettivamente al 36% e 70% del PIL; nel 1990 ammontavano al 55% e 100%, per continuare a crescere negli anni successivi. Per una puntuale ricostruzione storica, si veda M.FRANCESE, A. PACE, Il debito pubblico italiano dall’Unità ad oggi. Una ricostruzione della serie storica, in

Questioni di economia e finanza, Banca d’Italia, n. 31/ 2008, disponibile su http://www.bancaditalia.it.

24 Si veda la legge n. 468 del 1978, successivamente modificata dalla legge n. 362 del 1988. 25 Corte cost., sent. 384/1991, punto 4.2 delle considerazioni di diritto.

La prassi applicativa dei nuovi strumenti è andata, tuttavia, nella direzione opposta alle intenzioni del legislatore e alle indicazioni della Corte costituzionale, contribuendo ad aggravare drammaticamente gli squilibri della finanza pubblica italiana: la discussione parlamentare sulla legge finanziaria, infatti, ha costituito l’occasione per il circuito politico – desideroso di mantenere e incrementare il proprio consenso elettorale – per introdurre una incontrollabile quantità di emendamenti di spesa della più varia natura, anche microsettoriali, con la conseguenza che l’entità del disavanzo veniva stabilita di fatto solo “a valle” dell’intero percorso. Poiché l’indebitamento e il ricorso al mercato finanziario erano considerati una delle possibili forme ordinarie di copertura delle spese, nella legge finanziaria, che fissava il livello massimo del ricorso al mercato, non veniva indicata puntualmente una nuova entrata a copertura delle nuove spese, con la conseguente sostanziale elusione dell’obbligo di cui all’art. 81, co. 4, Cost. Se la legge n. 362 del 1988 ha tentato di porre un freno a questa deriva, introducendo il divieto di prevedere nuove spese correnti nella finanziaria, i decisori politici hanno nuovamente trovato la via per evadere dalle strette maglie del diritto, attraverso i c.d. provvedimenti “collegati”. La sistematica disapplicazione della regola costituzionale non ha trovato un efficace rimedio giuridico per la difficoltà di investire la Corte del controllo sulle leggi statali di spesa in un sistema di giustizia costituzionale a sindacato successivo prevalentemente indiretto26.

Nella fase storica successiva, a partire dalla fine degli anni ’90, l’Unione economica e monetaria (UEM) ha imposto sempre più rigorosi vincoli ai Paesi aderenti all’euro in ordine al contenimento dei disavanzi, limitando sensibilmente il margine di autonomia degli Stati nella definizione della politica di programmazione finanziaria di livello nazionale. Si fa riferimento, in particolare, al c.d. Patto di stabilità e crescita che obbliga gli Stati al rispetto di un programma – annualmente aggiornato – rivolto all’obiettivo del pareggio.

In attuazione dei nuovi obblighi, in Italia è stato adottato il c.d. Patto di stabilità interno, disciplinato da diverse leggi finanziarie, che ha imposto alle Autonomie territoriali impegni di riduzione dei disavanzi di bilancio e del rapporto tra debito e PIL, con la conseguente compressione della loro capacità di spesa (nel corso degli anni progressivamente sempre più severa). Con il Patto di convergenza, introdotto dalla legge n. 42 del 2009 (legge di delega in materia di federalismo fiscale), sono stati definiti costi e fabbisogni standard dei diversi livelli territoriali di governo27. Della nuova disciplina di raccordo tra Stato e Autonomie territoriali tiene conto il processo di bilancio, riformato dalla legge di contabilità e finanza pubblica n. 196 del 2009, successivamente modificata nel 2011, con l’obiettivo di adeguare la programmazione economica alle regole sempre più stringenti dell’UE28.

La politica nazionale di razionalizzazione della spesa, condotta soprattutto negli ultimi anni in forme assai drastiche pur nel contesto di crisi economica, ha sostanzialmente consentito di rispettare gli impegni europei. Attesta l’avvenuta correzione anche la recente decisione del Consiglio europeo che ha ufficializzato la

26 Sul punto si veda più approfonditamente infra paragrafo 4.

27 Legge 5 maggio 2009, n. 42 “Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione

dell'articolo 119 della Costituzione”, in Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 103 del 6 maggio 2009. Per approfondimenti, si veda M.PASSALACQUA, Convergenza e livelli essenziali delle prestazioni, in Le istituzioni del federalismo, 2011, p. 341 ss.

28 Si fa riferimento così ad un “ciclo di bilancio integrato Italia-UE” (cfr., ad es., A. B

ARBERA, C. FUSARO, Corso di diritto costituzionale, Bologna, 2012, p. 342 ss.).

chiusura della “procedura per disavanzo eccessivo”, avviata nei confronti dell’Italia nel 200929. Il debito pubblico complessivo rimane comunque per l’Italia eccezionalmente elevato30, anche a causa del suo costo (costituito dai tassi di interesse sui titoli di debito), cresciuto dal 2011 in conseguenza della crisi di fiducia dei mercati finanziari internazionali ed ora in via di apparente stabilizzazione.

3. La nuova disciplina costituzionale in materia di ordinamento contabile pubblico

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