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Processo d’integrazione europea e governance del sistema euro in condizioni di crisi finanziaria

TRA CRISI E RIFORME: GLI ASPETTI ECONOMIC

COMPLETAMENTO DEL DISEGNO ISTITUZIONALE EUROPEO PER UNA NUOVA GOVERNANCE Giorgio Galeazz

1. Processo d’integrazione europea e governance del sistema euro in condizioni di crisi finanziaria

Deterioramento del rischio del debito sovrano e crisi del settore bancario: interdipendenza e canali di collegamento. – 4. Architettura istituzionale, gestione della liquidità nel mercato ed efficacia del meccanismo di trasmissione.

1. Processo d’integrazione europea e governance del sistema euro in condizioni di crisi finanziaria

Il progetto di costituzione dell’euro rappresenta l’elemento di più significativo cambiamento nel quadro del sistema monetario internazionale, dopo il varo degli accordi di Bretton Woods nel 1944, e la loro fine nell’agosto 1971. Può essere definito un caso unico, senza precedenti storici, trattandosi di una scelta per una moneta comune, concepita in sostituzione di altre monete, appartenenti a stati diversi, destinati a restare, almeno inizialmente, politicamente autonomi e liberi nel decidere in modo decentrato tutte le politiche economiche diverse da quella monetaria, in particolare in campo fiscale, sociale e industriale. Il progetto inoltre risente della specificità nel ruolo attribuito alle istituzioni destinate alla stessa gestione monetaria. L’obiettivo, considerato prioritario, del controllo della dinamica generale dei prezzi, non è formalmente affiancato da altri compiti essenziali per la gestione della politica economica, quali la stabilità del sistema finanziario, il controllo del ciclo e della crescita economica.

I recenti cambiamenti nei trattati europei e i connessi piani d’intervento concepiti dalla Bce, accentuano per alcuni tratti questa caratteristica di unicità, non essendosi mai verificato che una banca centrale subordini l’uso di strumenti monetari alla realizzazione di programmi di politica fiscale rivolti a obiettivi prestabiliti. In pratica, non essendo in questa fase politicamente accettabile la rinuncia esplicita alla sovranità fiscale, si vincolano alcuni interventi monetari, essenziali per fronteggiare le circostanze di forte turbolenza, a scelte in campo fiscale stabilite in accordo con l’Unione europea e la Commissione europea. Precedenti simili li troviamo nelle lettere d’intenti concordate in passato dai paesi in difficoltà per ottenere il sostegno del FMI, ma mai nei rapporti tra una banca centrale e le autorità fiscali.

La gravità della crisi e le evidenti difficoltà di concepire e attuare un’adeguata

governance, che consenta una soluzione efficiente per l’intero sistema europeo, derivano in

finanziaria, in corso di realizzazione in Europa, ormai da oltre cinquant’anni. Storicamente i processi d’integrazione erano avviati prima politicamente, usando quasi sempre mezzi militari, seguiva poi una fase di unificazione economica e finanziaria. La stessa Unità d’Italia ne è un classico esempio. Nel caso dell’Unione europea è stata concepita un’iniziativa organizzata secondo un opposto ordine di eventi. Partendo da accordi per un’integrazione graduale dei mercati dei beni, si è proceduto verso un’integrazione monetaria e finanziaria, che alla fine dovrebbe sfociare in un’unificazione politica. Si tratta chiaramente di un processo difficile e complesso, che richiede uno sforzo senza precedenti, e che è inevitabilmente destinato ad essere discontinuo, in quanto condizionato dal ciclo economico dei mercati e soprattutto dal ciclo politico dei singoli stati partecipanti.

In tempi più recenti lo stesso fenomeno della globalizzazione dei mercati e la conseguente maggiore facilità di diffusione degli shock hanno ulteriormente contribuito ad accrescere le difficoltà. Fin dall’avvio era chiaro che inevitabilmente un’area ampia e disomogenea come quella del sistema dell’euro si sarebbe trovata a dover affrontare periodici impulsi asimmetrici, con effetti diversi per i vari paesi membri, le cui economie avrebbero subito di conseguenza pressioni verso il disallineamento1. Inoltre, era comprensibile che la maggiore integrazione avrebbe favorito un aumento di concentrazione delle attività economiche verso le aree centrali dell’UE e, in assenza di efficaci meccanismi compensativi e redistributivi, le aree ed i paesi periferici avrebbero subito conseguenze di minore crescita, con aumento delle disparità e degli squilibri strutturali esterni. L’esperienza di questa prima fase di esistenza dell’euro ha confermato queste attese, evidenziando le debolezze derivanti dalla mancanza di una volontà politica ad affrontare in modo organico tali problemi di base. In aggiunta, la crisi mondiale del 2007-10, eccezionalmente forte e prolungata, ha determinato un acuirsi dei problemi connessi alla gestione del debito sovrano della maggioranza dei paesi, che si sono trovati a dover ammortizzare gli effetti sociali negativi della crisi, in un contesto tendenziale di minori entrate. Va inoltre tenuto conto anche del fatto che il tutto s’inserisce in un ambito generale di accumulazione di lungo periodo dello stock macroeconomico dei debiti sul complesso delle attività economiche globali2.

1 Il dibattito durante la fase di avvio dell’euro è stato ampio e i rischi in caso di crisi erano ben delineati, si

veda D. SALVATORE, The Common Unresolved Problem with the EMS and EMU, in The American Economic

Review, Papers and Proceedings of the Hundred and Fourth Annual Meeting of the American Economic Association (May 1997), 1997, p. 224 ss. e G. FINK, D. SALVATORE, Benefits and Costs of European

Economic and Monetary Union, in The Brown Journal of World Affairs, 1999, p. 187 ss. Particolare

attenzione è stata dedicata al ruolo delle possibili differenze tra i paesi nei meccanismi di trasmissione della politica monetaria, si veda A. K. KASHYAP, L. GUISO, F. PANETTA, D. TERLIZZESE, Will A Common European

Monetary Policy Have Asymmetric Effects?, in Federal Reserve Bank of Chicago - Economic Perspectives,

1999, p. 56 ss.

2 Il debito sovrano delle economie avanzate ha raggiunto nel corso dell’ultimo decennio livelli mai registrati

dalla fine della seconda Guerra mondiale. Nel 2010 il livello medio del rapporto debito pubblico/PIL ha superato i picchi raggiunti durante la prima guerra mondiale e la Grande Depressione degli anni ’30. Contemporaneamente, l’indebitamento privato, in prevalenza delle famiglie e delle istituzioni finanziarie, ha superato i livelli di sicurezza e rischia di diventare una fonte di rischio per il debito pubblico, si veda C. M. REINHART, K. S. ROGOFF, A Decade of Debt (Policy Analysis in International Economics), Washington, 2011, p. 200 ss.

2. Lacune nelle istituzioni europee, accumulazione degli squilibri e dei debiti pubblici

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