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III. 7. La violazione dell’obbligo di motivazione

III. 7.2. Il diritto al risarcimento del danno Il problema della motivazione come

Anche il diritto dell’Unione Europea ammette inoltre, come forma di tutela, il risarcimento il danno457. Il diritto è previsto tanto dall’art. 41(3) della Carta di Nizza, tanto, nella medesima formulazione, dall’art. 340 del TFUE. È stato pertanto osservato che la Carta non sembrerebbe aggiungere nulla alle previsioni dei Trattati458. Si ritiene, comunque, che la violazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione non attribuisca necessariamente anche il diritto al risarcimento del danno, salvo che sia stata violata una delle specifiche previsioni presenti nell’art. 41 della Carta di Nizza, tra cui, pertanto, anche l’obbligo di motivazione459.

Il diritto al risarcimento del danno, insieme alla qualificazione della buona amministrazione come “diritto”, apre nel diritto Europeo una controversia sconosciuta al diritto interno. In particolare, si potrebbe essere portati a riconoscere che il diritto al risarcimento contribuisca a configurare la situazione del destinatario della motivazione come una vera e propria situazione giuridica soggettiva, rispetto alla quale il

456 In passato vi sono stati problemi in materia di appalti pubblici in riferimento ad atti che l’ordinamento

interno considerava espressione di autonomia privata. Si veda B.G. MATTARELLA, Procedimenti e atti amministrativi, in Diritto amministrativo europeo, op. cit., p. 376.

457 Il diritto del risarcimento del danno derivante dalla lesione del diritto di buona amministrazione è stato

espressamente riconosciuto dalla giurisprudenza, si veda C-338/00, 18 settembre 2003, Volkswagen AG v Commission of the European Communities, ECR 2003.

458 L’opinione è espressa chiaramente in H. HOFMANN, G. ROWE, A. TÜRK, Administrative Law and

Policy of the European Union, op. cit., p. 202, ove si sostiene che «the added value of repeating a right to damages in the Charter is thus not entirely clear».

459 J. REICHEL, Between Supremacy and Autonomy – Applying the Principle of Good Administration in

risarcimento svolge una funzione di tutela alternativa all’esecuzione dell’obbligo in forma specifica, consistente nell’adozione di un provvedimento formalmente corretto. Il problema può quindi essere quello di chiarire se la motivazione in sé può rappresentare l’oggetto di un vero e proprio obbligo, come situazione giuridica correlata al diritto soggettivo, rispetto al quale le Istituzioni dell’Unione sono tenute ad adempiere.

La risposta è sicuramente negativa nel diritto interno italiano, ove la motivazione non può essere considerata oggetto né di un diritto soggettivo né di un interesse legittimo. È vero che l’adozione di un provvedimento viziato, perché carente di motivazione, se lesivo della sfera giuridica del destinatario, può creare un danno suscettibile di essere risarcito, tuttavia è necessario non perdere di vista lo specifico bene della vita cui il destinatario aspira, il quale non coincide con la correttezza dell’azione amministrativa in sé460.

Nel diritto dell’Unione Europea la questione diventa più problematica perché la buona amministrazione assume un doppio valore: come principio generale sul procedimento del diritto dell’Unione Europea e come diritto fondamentale riconosciuto dalla Carta di Nizza. Nel linguaggio della Corte di Giustizia entrambe le formulazioni sembrano frequenti, sia come “a standard of good practise for the institutions to apply” che come “a legally enforceable right for private parties to invoke in their contacts with

the institutions”. La Corte utilizza come criterio discretivo il fatto che uno specifico

obbligo sia imposto o meno dalla Carta di Nizza: «si deve rilevare, innanzi tutto, che il

principio di buona amministrazione, la cui sola violazione è fatta valere in questo ambito, non attribuisce, di per se stesso, diritti ai singoli salvo quando costituisce espressione di diritti specifici come il diritto di vedere le proprie questioni trattate in modo imparziale, equo ed entro un termine ragionevole, il diritto di essere ascoltato, il

460 In particolare la tesi che l’interesse legittimo costituisca un diritto alla legittimità degli atti, elaborata

dal Mortara, risulta oggi abbandonata. Si tende ad escludere che il bene della vita tutelato dall’interesse legittimo sia unicamente la correttezza dell’esercizio del potere, comprendente anche l’obbligo di motivazione. Al contrario, l’ordinamento attribuisce sicuramente, per il tramite dell’interesse legittimo, un riconoscimento alla concreta utilità cui il privato aspira. Ciò esclude che la motivazione possa costituire specifico oggetto di una situazione giuridica soggettiva. Invece l’interesse legittimo va configurato come quella «situazione giuridica soggettiva, correlata al potere della pubblica amministrazione e tutelata in modo diretto dalla norma di conferimento del potere, che attribuisce al suo titolare una serie di poteri e facoltà volti a influire sull’esercizio del potere medesimo allo scopo di conservare o acquistare un bene della vita». Pertanto l’interesse legittimo, «pur continuando a costituire il termine passivo del rapporto giuridico che intercorre con l’amministrazione, acquista così una dimensione attiva» anche grazie all’istituto della motivazione del provvedimento. Si veda M. CLARICH, Manuale di diritto amministrativo, op. cit., pp. 125-130.

diritto di accedere al fascicolo, il diritto alla motivazione delle decisioni, ai sensi dell’art. 41 della carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea proclamata il 7 dicembre 2000 a Nizza»461. Dallo studio del caso emerge tuttavia che la terminologia utilizzata dalla Corte è unicamente strumentale al riconoscimento della possibilità di risarcire il danno ingiusto cagionato, dunque non sembra invece avere la funzione di elevare l’obbligo di motivazione a vera e propria situazione giuridica soggettiva.

A tal proposito, come ha evidenziato anche la dottrina straniera, la quale è estranea alla tradizionale distinzione tra diritti soggettivi ed interessi legittimi propria del diritto italiano, «the treatment of a procedural rule as a legally enforceable

individual right is not entirely without problems. A procedural rule is not an end in itself, but a means to an end, a means to grant a substantive right or to avoid a sanction.”462. Se non è certo il rango che tale norma procedurale ha assunto nel diritto

dell’Unione Europea allo stato attuale, deve comunque riconoscersi che la qualificazione della situazione come diritto sembra improntata ad avere due conseguenze: la possibilità di agire giudizialmente in caso di violazione del precetto ed il diritto al risarcimento. Entrambe sono pienamente riconosciute nel diritto dell’Unione Europea, tuttavia, dovrebbe osservarsi che l’azione di annullamento viene garantita non in quanto tale rispetto ad un atto privo di motivazione, ma esclusivamente ad un soggetto munito di interesse a ricorrere ed in quanto possa ottenere un’utilità concreta dall’azione, la quale vada al di là della mera apposizione della motivazione sul testo dell’atto annullato e abbia ad oggetto lo specifico bene della vita cui il privato aspira463. Allora si noterà che le analogie con la figura dell’interesse legittimo, sconosciuto al diritto dell’Unione Europea diventano sempre più marcate.

Per il risarcimento del danno, non diversamente dal diritto interno, non è richiesta necessariamente anche l’impugnazione dell’atto. Il problema piuttosto sarà quello di configurare un danno concreto che possa derivare dalla carenza della motivazione, tanto

461 Causa T‑193/04, 4 ottobre 2006, Hans-Martin Tillack c. Commissione delle Comunità europee. 462 «The object of the right to be heard is not to safeguard the interests of individuals to chat with public

officials, but to afford individuals an opportunity to explain why, according to their view, they should be granted a right or protected from a sanction» J. REICHEL, Between Supremacy and Autonomy – Applying the Principle of Good Administration in the Member States, op. cit., pp. 253-254.

463 Anche nel diritto dell’Unione Europea infatti qualora questo non sia presente la Corte può adottare una

pronuncia di irricevibilità. Si veda P. BIAVATI, Diritto processuale dell’Unione Europea, Milano, Giuffrè, 2015, p. 88.

per un atto normativo che per un atto amministrativo464, considerando che la giurisprudenza sul punto tende ad assumere orientamenti particolarmente restrittivi465.

Qualora invece sia stata un’amministrazione di uno Stato Membro a non motivare correttamente in riferimento alle disposizioni di diritto dell’Unione Europea il risarcimento dovrebbe essere disciplinato dal diritto interno, almeno dal punto di vista sostanziale e procedurale, mentre la configurabilità dell’illecito continua ad avere

«carattere comunitario»466. È vero che tanto l’art. 340 del TFUE, tanto l’art. 41 della Carta di Nizza non configurano alcuna forma di responsabilità extracontrattuale degli Stati Membri per danni ingiusti cagionati, tuttavia la ragione va probabilmente ricercata nel fatto che il principio è parte dell’acquis comuntiario, e pertanto non si è resa necessaria una positivizzazione nel diritto dell’Unione467.

La disciplina del risarcimento presenta punti di contatto con quella di diritto interno, rispetto alla quale, tuttavia, vi sono delle differenze significative. In particolare la non necessità dell’elemento soggettivo e l’interpretazione particolarmente ampia della nozione di “Stato”, tale da ricomprendere sia la funzione legislativa che quella giurisdizionale, potrebbero aprire problemi estranei, ad oggi, al panorama dell’obbligo di motivazione. Per la prima attività, infatti, l’obbligo di motivazione nel diritto interno è esclusa, ma è dubbia la possibilità di ricondurre questo tipo di attività alle previsioni del principio di buona amministrazione. Per l’attività giurisdizionale invece, le norme di diritto interno che impongono l’obbligo di motivazione hanno addirittura rango costituzionale, pertanto, anche se il principio si possa ritenere applicabile, non dovrebbero porsi problemi particolari, in quanto il diritto interno tende ad offrire uno

standard non inferiore a quello della Carta di Nizza. Non è escluso comunque che in

ottica futura, considerando l’approccio sostanzialistico della giurisprudenza della Corte

464 I giudici comunitari hanno ritenuto che l’azione di risarcimento derivante da attività illecita

extracontrattuale dell’Unione Europea possa derivare anche nel caso dell’applicazione di un atto normativo considerato illegittimo, oltre che di un atto amministrativo. La responsabilità per atti legislativi, detta ingiustizia normativa, non trova un corrispettivo nel diritto interno. Si ritiene comunque necessaria una violazione grave di una norma giuridica superiore intesa a tutelare i singoli. Si veda M.P. CHITI, La tutela giurisdizionale, in Diritto amministrativo europeo, op. cit., p. 448.

465 Il danno dovrebbe cioè derivare direttamente dall’atto in quanto non sufficientemente motivato. Più

facile è invece riconoscere un danno derivante da una decisione che nella sostanza è illegittima, ad esempio perché l’esercizio del potere ha violato il principio di proporzionalità.

466 Si veda M.P. CHITI, La tutela giurisdizionale, in Diritto amministrativo europeo, op. cit., pp. 453. 467 Si veda M.P. CHITI, La tutela giurisdizionale, in Diritto amministrativo europeo, op. cit., p. 445.

di Giustizia, non si possano produrre frizioni tra il diritto interno e quello dell’UE in vista della diversa concezione del soggetto tenuto a motivare.