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La norma che impone alla pubblica amministrazione di motivare determina anche quale soggetto è tenuto a farlo. Si tratta tendenzialmente di un soggetto appartenente alla pubblica amministrazione, o anche un soggetto estraneo, il quale deve trovarsi a svolgere funzioni di rilevante interesse pubblico. Non vi sarebbe infatti ragione di richiedere una motivazione ad un soggetto i cui motivi rimangano tendenzialmente irrilevanti per l’ordinamento159.

Qualora l’ordinamento preveda un generale obbligo di motivazione si porrà il problema di determinare la sua estensione. È possibile che la legge determini in misura espressa il suo ambito applicativo, oppure che questo sia rimesso all’attività interpretativa, ciò può avvenire in particolare quando non vi sia un’elencazione di tipo tassativo e si utilizzino formule in parte indeterminate160.

Qualora invece l’obbligo di motivazione sia previsto da una normativa di settore sarà la stessa normativa a prevedere il suo ambito applicativo in riferimento ad uno specifico procedimento o a soggetti determinati. È possibile che la normativa di settore rimandi a quella generale161, di fatto limitandosi in questo caso ad estendere l’ambito

158 M. CLARICH, Manuale di diritto amministrativo, op. cit., p. 207.

159 G. CORSO, Motivazione dell’atto amministrativo, op. cit., paragrafo 3, distingue l’individuo in quanto

tale da quello che si trova a rivestire «un ruolo», citando come esempio della seconda categoria il capitano della nave, dal quale ci si aspetta «un’azione che non è legata alla sua naturale inclinazione, ma che è richiesta dal ruolo: un’azione che eventualmente, anzi il più delle volte, è contraria e comunque diversa da quella che egli compirebbe se agisse come individuo e fosse libero di agire come tale.»

160 A titolo di esempio il riferimento «a tutte le pubbliche amministrazioni» previsto dall’art. 29 della l. n.

241/1990. In questo senso M. CLARICH, Manuale di diritto amministrativo, op. cit., p. 319.

161 A titolo di esempio l’art. 7 della legge 212/2000 prevede al primo comma «Gli atti

dell’amministrazione finanziaria sono motivati secondo quanto prescritto dall’art. 3 della Legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi…»

applicativo soggettivo. In altri casi, invece, la legge detta regole speciali, le quali vanno quindi ad applicarsi ad un insieme determinato di soggetti al fine di individuare un regime differenziato di motivazione162. Ciò si può spiegare nella volontà del legislatore di rafforzare una o più funzioni in riferimento ad uno specifico procedimento per il quale l’applicazione della normativa generale non sarebbe adeguata.

Qualificando la motivazione come un elemento formale, ne discende che questa viene solitamente redatta dallo stesso titolare del potere autoritario al momento dell’adozione del provvedimento163 e che, in quanto tale, non vi è distinzione tra chi emana il provvedimento e chi ne redige la motivazione.

La situazione può risultare meno chiara all’aumentare della complessità organica e soggettiva nel procedimento. Solitamente infatti più uffici, organi o soggetti prendono parte all’interno dello stesso procedimento ai fini dell’emanazione di un unico provvedimento. In questo senso, fintanto che l’apporto di altri uffici si risolve in attività meramente endoprocedimentali non si può riconoscere loro una funzione attiva nella redazione della motivazione del provvedimento finale. Sarà dunque l’organo competente ad adottare il provvedimento finale, e che manifesterà la volontà della persona giuridica all’esterno, ad apporre la motivazione. Non vi è dubbio che, per la redazione della motivazione, sia possibile per l’organo emanante rifarsi a considerazioni o atti che sono stati precedentemente espressi da altri soggetti, ma questi diverranno rilevanti per il destinatario solo ed in quanto siano stati richiamati. La motivazione per

relationem va quindi considerata come l’esternazione di una manifestazione di volontà,

operata dall’organo procedente, il quale dimostra di volersi rifare a motivi anche solo in parte precedentemente espressi da altri organi o soggetti. Non è invece possibile sostenere che in questo caso la motivazione sia stata espressa dal soggetto che ha adottato l’atto richiamato, in quanto se così fosse, il soggetto richiamante finirebbe per

162 A titolo di esempio l’art. 59 co. 2 della Legge regionale Liguria 36/1997 «Qualora l’approvazione dei

progetti da parte della conferenza di servizi a norma del comma 1 comporti variante al PUC o sostituisca il PUO da questo eventualmente prescritto: a) l’atto di impulso dell’autorità procedente deve essere adeguatamente circostanziato e motivato sulle ragioni di convenienza e di urgenza per il ricorso al procedimento semplificato di cui al presente articolo.[…]» Il testo dell’articolo è stato successivamente modificato dall’art. 4, comma 3, della legge regionale 19/2002.

spogliarsi del potere che l’ordinamento gli riconosce e della relativa responsabilità che gli fa capo164.

La situazione è invece differente quando un provvedimento è adottato da un organo di natura collegiale, a cui è preposta una pluralità di persone fisiche165. In questo caso la pluralità di persone che prendono parte ad una decisione spezza il rapporto che esiste tra premesse e conclusioni, cioè il contenuto dispositivo. In questo caso, indipendentemente dall’utilizzo o meno di un metodo democratico di voto a maggioranza, la volontà espressa dall’organo non è la semplice sommatoria di quelle espresse dai singoli componenti. Così la dottrina rileva come la motivazione espressa dai singoli componenti non possa valere come motivazione dell’organo adottante166. Un’eccezione a questo principio si può tuttavia riconoscere laddove sia la legge a prevedere espressamente una proposta motivata come atto autonomo, la quale venga poi votata favorevolmente167. Se invece la proposta non è accolta nella sua interezza perché emendata, oppure rigettata interamente in quanto ne viene accolta un’altra formulata oralmente, il rapporto tra la motivazione della proposta e quello della delibera si spezza definitivamente. Occorrerà allora che al termine della deliberazione sia messo in votazione un ordine del giorno motivato168.

164 Il tema si lega da un lato a quello dell’irrinunciabilità del potere per quanto concerne

l’amministrazione approvante, dall’altro a quello della responsabilità del funzionario persona fisica che è titolare dell’organo.

165 L’organo è invece monocratico quando ad esso è preposta una sola persona fisica. La qualità di organo

monocratico o collegiale dipende dal numero di soggetti preposti all’organo. Non rilevano invece i soggetti che pure ne fanno parte perché assegnati ad esso, i quali, tuttavia, non ne hanno la titolarità. Si veda M. CLARICH, Manuale di diritto amministrativo, op. cit., pp. 341-316.

166 S. VALENTINI, La collegialità nella teoria della organizzazione, Giuffrè, Milano, 1968, p. 315. Il

principio è peraltro proprio non solo del diritto amministrativo ma anche delle altre branche del diritto ove viene in considerazione il principio di collegialità.

167 In questo senso G. CORSO, Motivazione dell’atto amministrativo, op. cit., paragrafo 10. 168 In questo senso G. GARGIULO, I collegi amministrativi, Jovene, Napoli, 1962, p. 271

II L’ESPERIENZA ITALIANA.

Sommario: 1. Dall’unificazione italiana agli anni ’80 del XX secolo; 2. La Legge 7 agosto 1990, n. 241; 3. Gli atti da motivare; 3.1. L’organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi ed il personale; 3.2. Il piano regolatore generale; 3.3. Gli accordi: sostitutivi od integrativi del provvedimento e tra pubbliche amministrazioni; 4. Il contenuto della motivazione; 5. Motivazione e discrezionalità; 6. Procedimento e motivazione: iniziativa. Il problema della motivazione sintetica.; 7. Procedimento e motivazione: istruttoria; 8. Procedimento e motivazione: conclusione; 9. Il problema della motivazione postuma; 10. La perdita di centralità della legge sul procedimento.