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redatto in forma sintetica, atteso che l'obbligo di esaustiva motivazione si riferisce al provvedimento nella sua stesura definitiva»312.

La comunicazione di avvio del procedimento può inoltre essere omessa, ai sensi dello stesso art. 7 comma 1 della legge sul procedimento ove “sussistano ragioni di

impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento”. La norma

nulla dispone riguardo un eventuale successivo controllo su dette esigenze. La giurisprudenza sul punto sembra mossa in due direzioni contrastanti, da un lato evidenzia come le particolari esigenze di celerità del procedimento «devono essere

esternate mediante motivazione idonea a dimostrare che a causa dell'adempimento dell'obbligo di comunicazione potrebbe essere compromesso il soddisfacimento dell'interesse pubblico cui il provvedimento è rivolto»313 mentre, dall’altro, che «la

comunicazione di avvio del procedimento non può ridursi ad un rituale formalistico, con la conseguenza che il privato non può limitarsi a denunciare la mancata o incompleta comunicazione e la conseguente lesione della propria pretesa partecipativa, ma è anche tenuto ad indicare o allegare gli elementi che, se introdotti in fase procedimentale, avrebbero potuto influire sul contenuto finale del provvedimento»314.

Pertanto viene riconosciuto un obbligo di motivazione, senza che lo stesso possa da solo essere impugnato dal privato con effetti invalidanti del provvedimento, senza addurre anche elementi sostanziali che avrebbero permesso un diverso esito del procedimento315. Vista la dissociazione che si verifica tra previsione dell’obbligo e legittimazione ad agire, sembrerebbe poter qui rilevare i tratti di una motivazione che si esplica maggiormente in funzione di trasparenza, piuttosto che di garanzia.

II. 7. Procedimento e motivazione: istruttoria.

312 La principale finalità della comunicazione «va individuata nell'esigenza di assicurare piena visibilità

all'azione amministrativa nel momento della sua formazione e di garantire, al contempo, la partecipazione del destinatario dell'atto finale alla fase istruttoria preordinata alla sua adozione, specie quando il provvedimento conclusivo produce effetti pregiudizievoli nella sfera del destinatario» TAR Perugia, (Umbria), sez. I, 04 agosto 2011, n. 266.

313 Cons. di St., sez. V, 10 gennaio 2013, n. 91 in Foro amm. CDS 2013, 1, 182 (s.m). 314 Cons. St., sez. IV, 09 dicembre 2015, n. 5577.

315 Vanno comunque esclusi dalla fattispecie i provvedimenti interamente vincolati, i quali, anche in

mancanza di obbligo di motivazione, sono assoggettati alla dequotazione formale del vizio operata dall’art. 21-octies comma 2, (si veda supra paragrafo 6).

L’inciso presente nell’art. 3 della legge sul procedimento, “in relazione alle

risultanze dell'istruttoria”, rende questa fase il principale momento di formazione del

contenuto della motivazione.

Parte della dottrina ne ha fatto discendere un principio di esclusività procedimentale, nel senso che, se l’istruttoria rappresenta il principale momento di emersione e manifestazione degli interessi, allora questi dovrebbero essere recepiti nel procedimento finale, il quale invece dovrebbe limitarsi a comporli e a ponderarli, senza invece introdurre ulteriori elementi prima non emersi316.

Il tema in generale si lega a quello del più generale rapporto tra context of

discovery e context of justification317 e al rapporto tra l’istruttoria procedimentale e il provvedimento finale, il quale influenza necessariamente anche la motivazione. Se pertanto l’istruttoria procedimentale risulta inadeguata e la ponderazione degli interessi approssimativa, anche la motivazione sembrerà fragile318. Il vizio tuttavia non è direttamente riferibile alla motivazione, quanto piuttosto rappresenta un caso di cattivo esercizio del potere, che origina un vizio di eccesso di potere. In questo modo è possibile affermare che, nonostante la qualificazione della motivazione come elemento formale del provvedimento, questa assume in parte anche carattere sostanziale: essa stessa non è lo specifico oggetto del sindacato giudiziale, ma rappresenta una porta attraverso cui determinare come il potere è stato esercitato319.

316 A. ROMANO TASSONE, Legge sul procedimento e motivazione del provvedimento amministrativo.

Prime osservazioni, op. cit., p. 1600.

317 La terminologia si deve al filosofo Hans Reichenbach. Per context of discovery si intende il processo

cognitivo de facto, pertanto viene riferito al processo di concepimento di una teoria. Per context of justification si intende invece la validazione de jure della correttezza del pensiero elaborato. La distinzione non va interpretata in senso temporale, in quanto non necessariamente il secondo precede il primo. Al contrario, elaborazione e validazione vanno concepiti come due diversi approcci epistemologici: lo sforzo di dare vita, articolare una teoria fino al raggiungimento del suo potenziale, e lo sforzo di determinare il suo valore scientifico. Si veda J. SCHIKORE, Scientific Discovery, in Stanford Encyclopedia of Philosophy, 2014, paragrafo 5.

318 R. SCARCIGLIA, La motivazione dell’atto amministrativo. Profili ricostruttivi e analisi

comparatistica, op. cit., pp. 267-268.

319 In questo senso la pronuncia Cons. St., sez. III, 08 gennaio 2013, n. 26. «Il sindacato del g.a., benché

in origine incentrato sull'atto e non sul rapporto, ha esteso il proprio oggetto anche a tutto il procedimento amministrativo, mediante il vizio dell'eccesso del potere inteso progressivamente quale vizio della funzione (e non più del singolo atto), come dimostrano le classiche figure sintomatiche dell'errore di fatto e del difetto di istruttoria, poi confluite, con il passare del tempo, nei vizi di illogicità e di irragionevolezza; lungo questo percorso evolutivo, segnato dagli art. 24, 103 e 113 Cost., si è andata affermando, da alcuni decenni, l'idea di un giudizio di accertamento dell'eccesso di potere nel quale il g.a., pur non spingendosi sino a sindacare la valutazione dei vari interessi fatta dall'autore dell'atto,

I principali istituti di partecipazione al procedimento trovano in questa fase un momento di espressione. L’art. 9 della legge sul procedimento amministrativo riconosce un diritto di intervento ai “portatori di interessi pubblici o privati, nonché i portatori di

interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento”320. Invece l’art. 10-bis (Comunicazione dei motivi ostativi

all'accoglimento dell'istanza) dispone che nei “procedimenti ad istanza di parte il

responsabile del procedimento o l'autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all'accoglimento della domanda. Entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti”, “dell'eventuale mancato accoglimento di tali osservazioni è data ragione nella motivazione del provvedimento finale”. Le

disposizioni sulla partecipazione sono essenzialmente volte ad instaurare un contraddittorio tra soggetti potenzialmente lesi dal provvedimento, cosicché si viene ad instaurare una relazione essenzialmente inversa tra partecipazione e motivazione finale del provvedimento: tanto maggiori sono le informazioni che il privato ha dimostrato di conoscere attraverso la sua partecipazione al procedimento, tanto minore dovrà essere l’onere di motivazione, in quanto non vi sarebbe ragione di esternare informazioni già a conoscenza del destinatario del provvedimento321.

Questo tipo di impostazione rimanere, tuttavia, ancorata ad una logica fortemente contraddittoria dei rapporti tra privato e pubblica amministrazione, nei quali il privato si verrebbe a trovare nella posizione di esercitare i diritti che gli sono attribuiti dalla legge al fine di garantire il raggiungimento del bene della vita cui aspira. Da ciò ne discende che l’amministrazione sarà successivamente tenuta a motivare, in relazione alle istanze del privato, soltanto al fine di dimostrare che il potere che ha leso la sua sfera giuridica sia stato esercitato conformemente alle disposizioni di legge. Una rilettura della disciplina della partecipazione al procedimento ai sensi del principio di trasparenza di cui all’art. 1 della legge sul procedimento, imporrebbe di impostare il procedimento in un’ottica maggiormente inquisitoria, tale da permettere la massima verifica tuttavia che tali interessi esistano davvero nella realtà fenomenica, che non vi siano omissioni o sostituzioni importanti e che vi sia una coerenza logica nella valutazione compiuta.»

320 Per i poteri riconosciuti a questi soggetti e il rapporto delle memorie e motivazione si veda supra

paragrafo 5.

realizzazione dell’interesse pubblico primario e la miglior ponderazione degli altri interessi secondari pubblici e privati322. In particolare, attraverso l’ampliamento delle maglie della nozione di pregiudizio, ricomprendendovi anche mere situazioni di fatto, tali da non assurgere al rango di situazioni giuridiche soggettive, si permetterebbe all’amministrazione di valutare e tenere conto nella decisione finale anche di apporti partecipativi di soggetti non direttamente lesi, ma comunque interessati. Non sembra invece questa la linea sostenuta dalla giurisprudenza, la quale sostiene che la disposizione «non riconosce di per sé legittimazione processuale a tutti i soggetti

portatori di interessi collettivi che abbiano in concreto partecipato al procedimento»,

infatti questa «si limita a sancire un principio generale, ed è perciò rimesso

all'amministrazione procedente ed all'autorità giudiziaria il compito di verificare nel singolo caso se il soggetto interveniente abbia effettiva legittimazione procedimentale e processuale in quanto portatore di un interesse differenziato e qualificato, senza che la valutazione operata in sede procedimentali vincoli quella da rinnovarsi nella sede processuale»323. Pertanto, sembra che la partecipazione al procedimento e la relativa

possibilità di intervenire sia riconosciuta a soggetti titolari di situazioni giuridiche soggettive che potenzialmente saranno lese dal provvedimento finale. Pertanto anche la motivazione delle relative istanze assume esclusivamente funzione di garanzia.

Nella fase dell’istruttoria la ponderazione di interessi può richiedere l’intervento anche di altri e distinti soggetti pubblici, è il caso di pareri, autorizzazioni e valutazioni tecniche. Innanzitutto va rilevata l’autonomia del provvedimento finale, e pertanto della sua motivazione, rispetto ad un eventuale parere rilasciato. Pertanto anche ove «i pareri

siano stati espressi secondo modalità ovvero in forma superficiale, il provvedimento finale ben può autonomamente reggersi ove la motivazione adottata sia comunque congrua e idonea a superare gli eventuali deficit motivazionali degli atti endoprocedimentali»324. Nel caso in cui i pareri siano completi e prodotti entro i termini

322 Una delle caratteristiche proprie della concorrenza perfetta è la trasparenza di mercato, da intendere

come informazione completa e simmetrica. La partecipazione di apporti privati potrebbe risolvere, in parte, l’asimmetria informativa in cui la pubblica amministrazione potrebbe venire a trovarsi. La possibilità evoca in parte modelli propri della funzione di regolazione, quali quelli della regolazione cogestita e della better regulation. Si veda M. CLARICH, Manuale di diritto amministrativo, op. cit., pp. 88-89.

323 Cons. St., sez. IV, 29 agosto 2002, n. 4343, in Foro amm. CDS 2002, 1672.

fissati dalla legge, l’amministrazione procedente può condividerne325 o meno il contenuto. In questo secondo caso la giurisprudenza richiede «idonea motivazione delle

ragioni della statuizione adottata in contrasto alle valutazioni espresse in sede consultiva»326. È inoltre possibile che siano stati richiesti più pareri tra loro contrastanti,

per cui appare evidente che anche in questo caso la pubblica amministrazione sia tenuta ad adempiere «l'obbligo di motivare le ragioni per le quali ritenga di seguire quello che

corrisponde all'adottata determinazione amministrativa», piuttosto che le posizioni non

accolte327. Inoltre la giurisprudenza ha in alcuni casi ritenuto che il principio valga anche per pareri facoltativi, cosicché, una volta richiesti, questi vincolino l’amministrazione procedente, la quale «qualora intenda dissentire e discostarsi dalla

valutazione formulata dall'organo consultivo ed espressa nel parere, deve esternare una congrua ed adeguata motivazione»328. Per quanto concerne invece le valutazioni tecniche la giurisprudenza ha sottolineato come l’amministrazione «non può avvalersi

di criteri che portano ad evidenziare la mera non condivisibilità della valutazione stessa; deve tenere distinti i profili meramente accertativi da quelli valutativi (a più alto tasso di opinabilità) rimessi all'organo amministrativo, potendo esercitare più penetranti controlli, anche mediante c.t.u. o verificazione, solo avuto riguardo ai primi»329.