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III. 7. La violazione dell’obbligo di motivazione

III. 7.1. L’invalidità dell’atto

Sembra utile partire proprio dalla richiamata disposizione del TFUE. Si tratta di una norma che, insieme alle altre disposizioni dei Trattati, rappresenta una fonte primaria del diritto dell’Unione Europea, rispetto alla quale il diritto secondario dell’Unione Europea deve conformarsi, esistendo un vero e proprio rapporto gerarchico440.

In caso di motivazione del tutto assente, o carente rispetto agli standard imposti dalla giurisprudenza, l’atto, legislativo o meno, può essere impugnato ed annullato. Anche il diritto dell’Unione Europea riconosce la categoria della nullità o della radicale inesistenza dell’atto, ma si tratta di ipotesi eccezionali non riconducibili alla semplice carenza di motivazione441, pertanto anche nel diritto dell’Unione Europea, similmente a quanto avviene nel diritto interno, un atto carente di motivazione può diventare inoppugnabile una volta scaduti i termini per l’impugnazione. Ciò contribuisce a svilire,

440 U. VILLANI, Istituzioni di Diritto dell’Unione europea, op. cit., p. 238.

in parte, il valore che si riconosce alla motivazione rispetto ad altri elementi formali dell’atto, la cui mancanza può comportare nullità o inesistenza.

Può infatti risultare utile identificare i motivi di ricorso sulla base dei quali un atto carente di motivazione viene annullato. I motivi del ricorso per l’azione di annullamento sono previsti dall’art. 263 (2) del TFUE sono “incompetenza, violazione delle forme

sostanziali, violazione dei trattati o di qualsiasi regola di diritto relativa alla loro applicazione, ovvero per sviamento di potere”. Ai nostri fini va rilevata la similitudine

strutturale esistente tra lo sviamento di potere nel diritto dell’Unione Europea e la figura dell’eccesso di potere nel diritto interno, mentre la violazione di legge tende ad avvicinarsi alla figura della violazione dei trattati o del diritto secondario, in cui è ricompresa anche la figura della violazione delle forme sostanziali. Nel diritto interno, come si è visto, la dottrina, seppure non unitaria, tende a propendere per la configurabilità della violazione di legge, mentre la giurisprudenza, fa leva più frequentemente sulla figura sintomatica di dell’eccesso di potere.

Nel diritto dell’Unione Europea vi è sostanziale concordia tra dottrina e giurisprudenza nel ritenere che l’atto privo di motivazione, o carente in uno dei suoi elementi essenziali, sia riconducibile alla figura della violazione delle forme sostanziali442. In particolare la categoria sembra ricomprendere la maggior parte dei vizi della procedura attinenti al principio della trasparenza, quali il diritto alla partecipazione o quello di accesso443.

La qualificazione delle forme come “sostanziali” può destare alcuni dubbi sulla qualificazione della motivazione come elemento formale o sostanziale dell’atto. A tal proposito può essere d’aiuto considerare che la versione in lingua inglese del Trattato parla di “infringement of an essential procedural requirement”, che deriva dall’esperienza francese di diritto amministrativo, ove la locuzione è espressa con: “une

forme substantielle”. La ratio della disposizione sembra essere unicamente quella di

selezionare quelle violazioni del procedimento sufficientemente significative, tali da dover essere considerate come vizianti l’atto finale, evitando di dare rilevanza, al

442 D. EDWARD, R. LANE, Edward and Lane on European Unione Law, Cheltenham, Edward Elgar,

2013, p. 329; M.P. CHITI, La tutela giurisdizionale, in Diritto amministrativo europeo, op. cit., p. 427; H. HOFMANN, G. ROWE, A. TÜRK, Administrative Law and Policy of the European Union, op. cit., p. 843; T.C. HARTLEY, The Foundations of European Union Law, Oxford, Oxford University press, 2014, p. 421; P. CRAIG, G. DE BÙRCA, EU law: Text, Cases and Materials, op. cit., p. 522.

443 D. CHALMERS, European Union Law: Text and Materials, Cambridge, Cambridge University Press,

contrario, ad ogni singola deviazione rispetto alle previsioni dei trattati. Sarebbe infatti controproducente comminare l’invalidità anche per gli scostamenti tali da non recare un reale pregiudizio a nessuno dei soggetti coinvolti444. Pertanto si deve riconoscere che il termine “sostanziale” dipende dalla rilevanza da riconoscere dalla violazione, senza che questo nulla dica riguardo il tipo di violazione, potendo questa avere mera natura procedimentale o incidere sul contenuto dell’atto.

L’esercizio logico svolto, a volte, dai giudici nazionali è quello di riferire la deficienza del materiale istruttorio menzionato nella motivazione allo stesso iter logico seguito dall’autorità procedente: la motivazione non considera un fatto, ciò perché la stessa amministrazione procedente ha mancato di considerarlo al momento della decisione. Si tratta di un orientamento che sembra invece estraneo alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nelle sue pronunce di annullamento, infatti, questa, tende ad evitare di traslare difetti dell’apparato motivazione allo stesso momento decisione, pertanto questi rimangono nella sfera dell’atto. Nonostante la figura dello sviamento di potere sia spesso invocata dalle parti ricorrenti, difficilmente, in caso di accoglimento, la Corte riconosce la presenza di questa figura, mentre più spesso sembra disporre l’annullamento sulla base di altri motivi di ricorso445. A ciò contribuisce il fatto che la figura di sviamento di potere accolta nell’ordinamento dell’Unione Europea sembra coincidere sostanzialmente con la figura di sviamento di potere propria della tradizione francesce, come “détournement de pouvoir”, corrispondente al caso in cui l’amministrazione fa uso dei poteri che le sono attribuiti per fini diversi rispetto a quelli previsti dalla legge446. Lo sviamento di potere si verifica «solo se, in base ad indizi

oggettivi, pertinenti e concordanti, una decisione risulta adottata per raggiungere scopi diversi da quelli dichiarati dall'istituzione convenuta o per eludere una procedura appositamente prevista dal trattato»447. Pertanto la giurisprudenza la identifica come

444 La dottrina rileva che la distinzione è presente anche nel diritto inglese, ove viene presentata come

«the distinction between procedural provisions that are mandatory and those that are merely directory», in T.C. HARTLEY, The Foundations of European Union Law, Oxford, Oxford University press, 2014, p. 421.

445 H. HOFMANN, G. ROWE, A. TÜRK, Administrative Law and Policy of the European Union, op. cit.,

p. 844.

446 L.N. BROWN, J.S. BELL, French Administrative law, Clarendon, Oxford University press, 1998, p.

230.

447 Sent. 14 novembre 2002, T94/00, T110/00 e t-159/00, Rica Foods (Free Zone) NV, Free Trade Foods

NV e Suproco NV contro Commissione, in L. FERRARI BRAVO, A. RIZZO, Codice dell'Unione europea, Milano, Giuffrè, 2008, p. 713. Nello stesso senso M.P. CHITI, La tutela giurisdizionale, in Diritto amministrativo europeo, op. cit., p. 422.

una figura meno ampia rispetto a quella di eccesso di potere di diritto interno, la quale, oltre a ricomprendere lo sviamento di potere, ricomprende anche altre figure sintomatiche attinenti alla motivazione, quali il difetto di motivazione o il difetto di istruttoria, le quali nel diritto dell’Unione Europea vengono invece traslate sotto il motivo della violazione dei trattati o la violazione delle forme sostanziali.

Da queste premesse discende che, mentre la motivazione nel diritto interno è spesso oggetto di oscillazioni tra la concezione sostanziale e quella formale, al contrario, nel diritto dell’Unione Europea, questa presenta forti connotati formali e la concezione sostanziale non sembra trovare in alcun caso riscontro né in dottrina né in giurisprudenza.

Affinché un atto possa essere dichiarato “nullo e non avvenuto” (rectius annullato) ex art. 264 del TUFE sono però necessari alcuni requisiti ulteriori, in particolare la legittimazione a ricorrere e l’atto deve essere considerato impugnabile. La legittimazione a ricorrere è riconosciuta ad una categoria di soggetti definiti ricorrenti privilegiati, i quali non devono allegare uno specifico interesse ad agire: Parlamento Europeo, Stati membri, Consiglio e Commissione448. Gli atti impugnabili sono previsti invece dall’art. 264 (1) del TFUE: “La Corte di giustizia dell'Unione europea esercita

un controllo di legittimità sugli atti legislativi, sugli atti del Consiglio, della Commissione e della Banca centrale europea che non siano raccomandazioni o pareri, nonché sugli atti del Parlamento europeo e del Consiglio europeo destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi. Esercita inoltre un controllo di legittimità sugli atti degli organi o organismi dell'Unione destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi.”.

Per i ricorrenti privilegiati, pertanto, le disposizioni dei Trattati eliminano il rapporto, che esiste in misura rafforzata nel diritto interno, tra motivazione ed impugnazione. Un atto di portata generale o addirittura legislativo può anche non ledere interessi specifici449 di uno Stato Membro o di una istituzione, ma questa potrà comunque impugnarlo. Se si riconosce che l’invalidità di un atto carente di motivazione può derivare anche dall’azione promossa da uno Stato Membro o un’altra Istituzione

448 Si veda M.P. CHITI, La tutela giurisdizionale, in Diritto amministrativo europeo, op. cit., p. 416. 449 La nozione di interesse in riferimento ad uno Stato Membro va intesa in senso ampio, non potendosi

riconoscere a questi la titolarità di un interesse individuale da proteggere tramite un ricorso, differentemente dalla posizione giuridica di un privato.

rispetto quella adottante, si finisce per svilire in parte la funzione di garanzia che questi atti assolvono, per favorire, invece, quella di trasparenza. È vero che anche in queste situazioni la motivazione assolve un ad un compito pregiurisdizionale, proprio della funzione di garanzia, ma la vera funzione della motivazione è quella di permettere agli Stati e alle Istituzioni di capire le ragioni insite nell’atto adottato. Ciò, dal punto di vista dall’ Istituzione procedente, rappresenta uno strumento che permette di convincere gli Stati Membri dell’opportunità della scelta operata adottando l’atto, in ottica deflattiva del contenzioso e in funzione di controllo democratico. Invece, dal punto di vista dei ricorrenti privilegiati, permette di meglio intuire le ragioni che hanno mosso l’Istituzione, e qualora queste non siano condivise, di preparare meglio il successivo ricorso, pertanto esaltando le funzioni interpretativa e di trasparenza. Questa impostazione lascia trasparire la natura internazionalistica degli originari Trattati450.

In ogni caso anche per i ricorrenti privilegiati rimane esclusa la possibilità di impugnare raccomandazioni e pareri ed in generale gli atti non suscettibili di incidere direttamente nella sfera giuridica di terzi, in base all’approccio c.d. sostanzialistico più volte richiamato. A tal proposito la giurisprudenza ha sostenuto che gli effetti devono derivare dal dispositivo dell’atto, in particolare «prescindendo dalla motivazione sulla

quale si fondi una decisione della Commissione, solo il dispositivo di questa è idoneo a produrre effetti giuridici e, conseguentemente, ad arrecare un pregiudizio. Al contrario, gli apprezzamenti espressi nella motivazione di una decisione non sono idonei, di per sé, a formare oggetto di un ricorso di annullamento. Essi possono essere sottoposti al sindacato di legittimità del giudice comunitario solo qualora, in quanto motivazione di un atto recante pregiudizio, costituiscano il fondamento necessario del dispositivo di tale atto»451.

Per i ricorrenti non privilegiati la situazione è differente, in quanto, ex art. 263 (4) del TFUE: “Qualsiasi persona fisica o giuridica può proporre‚ alle condizioni previste

al primo e secondo comma, un ricorso contro gli atti adottati nei suoi confronti o che la riguardano direttamente e individualmente, e contro gli atti regolamentari che la riguardano direttamente e che non comportano alcuna misura d'esecuzione.”. Com’è

stato osservato dalla dottrina, la legittimazione a ricorrere per un privato in origine era

450 Si veda M.P. CHITI, La tutela giurisdizionale, in Diritto amministrativo europeo, op. cit., p. 422. 451 Caso C-164/02, 28 January 2004, Kingdom of the Netherlands v Commission of the European

riconosciuta soltanto avverso le decisioni, le quali sono il «corrispondente europeo dei

provvedimenti amministrativi nazionali»452. Il Trattato di Lisbona ha ampliato la

categoria degli atti impugnabili a quelli che riguardino la persona “direttamente ed

individualmente” o gli “atti regolamentari che la riguardano direttamente e che non comportano alcuna misura d’esecuzione”. Tanto la disposizione originaria quanto il

successivo ampliamento sembrano comunque espressione di una funzione di garanzia della motivazione, similmente al sistema elaborato dal diritto interno, non riconoscendosi una motivazione a ricorrere anche per atti non direttamente lesivi della sfera giuridica del destinatario.

Dall’incrocio dei due regimi di previsioni concernenti l’interesse a ricorrere deriva una conseguenza di rilievo: gli atti che sono impugnabili dalle persone fisiche o giuridiche sono impugnabili anche dai ricorrenti privilegiati. Ciò origina una situazione sconosciuta al diritto interno dove la motivazione, tendenzialmente, ha un unico destinatario nello stesso destinatario del provvedimento. Al contrario, nel diritto dell’Unione Europea, una decisione che riguardi individualmente uno specifico soggetto, per scongiurare gli esiti di una pronuncia di invalidità, dovrà essere considerata sufficientemente dettagliata tanto dal destinatario della decisione, tanto dagli Stati Membri e dalle Istituzioni, i quali, tendenzialmente, saranno interessati ad osservare la vicenda da un diverso angolo di visuale rispetto a quello del privato leso. Si può pertanto osservare che, ai fini della validità dell’atto, l’art. 296 (2) del TFUE determina due diversi obblighi di motivazione, a seconda che l’atto sia o meno impugnabile anche dai privati.

La disciplina della validità dell’atto è però condizionata anche da ulteriori disposizioni. Un onere di motivazione più gravoso è imposto per gli atti assoggettati alla disciplina prevista dall’art. 41 della Carta di Nizza. Ad esempio il diritto ad una buona amministrazione lega la motivazione agli istituti della partecipazione e del diritto d’accesso in misura maggiore a quanto dispongono le previsioni dei Trattati, pertanto è possibile che un atto raggiunga gli standard di motivazione imposti dall’art. 296(2) del TFUE ma non anche quelli previsti dalla Carta. La soluzione alla questione non dovrebbe comunque essere differente da quella derivante in caso di violazione delle

452 L’espressione è presente in M.P. CHITI, La tutela giurisdizionale, in Diritto amministrativo europeo,

disposizioni del TFUE. In primo luogo perché l’art. 6(1) del TUE ha attribuito alla Carta di Nizza lo stesso valore giuridico dei Trattati. In secondo luogo perché la Carta ha codificato alcuni orientamenti giurisprudenziali453 che avevano trovato spazio in passato, già prima della prima proclamazione della Carta, i quali facevano discendere la «proper administration» o «sound administration» come dirette conseguenze della rule

of law, attribuendo a questi il valore di principi generali del diritto dell’Unione Europea.

Peraltro si tende a riconoscere che il principio di buona amministrazione come principio generale dell’azione amministrativa abbia un ambito più ampio, e non del tutto definito, rispetto a quello positivizzato nella Carta di Nizza454. Dunque che la violazione degli

standard di motivazione si riconduca alla “violazione delle forme sostanziali”, in

quanto violato l’art. 41 della Carta di Nizza, o alla “violazione dei trattati o di qualsiasi

regola di diritto relativa alla loro applicazione”, perché espressione di principi generali

dell’Unione Europea, le conseguenze dovrebbero essere comunque quelle dell’illegittimità dell’atto adottato.

L’art. 41 della Carta di Nizza peraltro può trovare applicazione anche in atti formalmente adottati dagli Stati Membri. In questo caso sarà necessario impugnare l’atto secondo gli strumenti offerti dall’ordinamento interno. Se l’atto carente di motivazione è in contrasto con le disposizioni della legge n. 241/1990 sarà necessario proporre impugnazione in relazione alla violazione dell’art. 3 come violazione di legge o per eccesso di potere. Inoltre gli art. 3 della legge sul procedimento e la Carta di Nizza potrebbero non avere ambiti oggettivi perfettamente coincidenti, pertanto è possibile che un atto non necessiti di motivazione in relazione all’art. 3 della legge sul procedimento ma questa sia necessario in relazione alle disposizioni della Carta. In questo caso, non potendosi estendere al procedimento amministrativo il regime tipico degli atti normativi interni455, sarà necessaria l’impugnazione dell’atto amministrativo

453 L’adozione della Carta di Nizza è stata preceduta anche da uno strumento di soft law esterno, tuttavia,

dal panorama istituzionale dell’Unione Europea, ed adottato Committee of Ministers del Consiglio d’Europa. Si tratta della risoluzione n.31 del 1977 che prevedeva al par. IV (Statement of reasons), “Where an administrative act is of such nature as adversely to affect his rights, liberties or interests, the person concerned is informed of the reasons on which it is based. This is done either by stating the reasons in the act, or by communicating them, at his request, to the person concerned in writing within a reasonable time.”

454 Si veda H. HOFMANN, G. ROWE, A. TÜRK, Administrative Law and Policy of the European Union,

op. cit., pp. 191-192.

455 B.G. MATTARELLA, Procedimenti e atti amministrativi, in Diritto amministrativo europeo, op. cit.,

per violazione di legge, in quanto il buon andamento della pubblica amministrazione dovrebbe rientrare tra i “principi dell’ordinamento comunitario” richiamati dall’art. 1 della legge n. 241/1990. Da ultimo, è possibile che si tratti di atti non impugnabili nel nostro ordinamento, in tal caso potrebbero verificarsi i presupposti per l’apertura di una procedura di infrazione, anche se l’ipotesi, considerando la giurisprudenza formatasi sulle disposizioni di diritto interno, sembra più un caso di scuola che una possibilità concreta456.

III. 7.2. Il diritto al risarcimento del danno. Il problema della