• Non ci sono risultati.

La forma della motivazione Esternazione del motivo e dichiarazione del motivo.

Tra gli elementi strutturali di un provvedimento amministrativo vi è la forma128. Salvi i casi in cui una specifica forma appare intrinsecamente irrinunciabile in relazione al suo contenuto129, ai suoi effetti o al contesto in cui si inserisce, ed in mancanza di una specifica norma di legge che imponga una determinata forma ad un provvedimento, dovrebbe valere, in generale il principio della libertà della forma130.

Se si considera che la motivazione altro non è che un elemento formale dello stesso provvedimento, ne discende che tendenzialmente la motivazione seguirà la stessa forma del provvedimento, dunque anche la motivazione può presentarsi in forme differenti.

La maggioranza dei provvedimenti amministrativi è redatta per iscritto, così anche la motivazione dovrebbe essere redatta per iscritto nello stesso documento costituito dal provvedimento, in realtà la dottrina tende a distinguere due istituti: l’esternazione del motivo e la dichiarazione del motivo131.

La motivazione in senso stretto corrisponde più propriamente all’esternazione del motivo, in questo caso il documento materiale che contiene il testo del provvedimento, presenterà anche una propria motivazione132, la quale può essere più o meno nettamente distinta rispetto alle altre parti testuali, quale ad esempio la parte dispositiva.

La dichiarazione del motivo invece è espressione che designa in senso più ampio un qualsiasi strumento attraverso il quale il destinatario è in grado di venire a conoscenza dei motivi. In particolare l’espressione tenta di dare atto di uno specifico fenomeno, quello per cui il documento testuale diviene spesso il contenuto di rimandi ad altri atti o fatti che hanno preceduto l’emanazione del provvedimento, facendo sì che questo perda l’importanza centrale che dovrebbe avere ai fini della individuazione dei motivi. Si tratta solitamente di atti interni ed endoprocedimentali, comunque provenienti

128 È stato anche rilevato che non si tratta di «un elemento in senso proprio», si veda V. VILLATA, M.

RAMAJOLI, Il provvedimento amministrativo, op. cit, p. 230. Altri elementi strutturali sono soggetto, volontà, oggetto, contenuto, motivi e motivazione, si veda M. CLARICH, Manuale di diritto amministrativo, op. cit., p. 163.

129 A titolo di esempio si pensi agli ordini emanati da un organo di polizia in situazioni emergenziali. 130 In questo senso D. SORACE, Atto amministrativo, in Enc. Diritto Annali, 2010, paragrafo 4. 131 M.S. GIANNINI, Motivazione dell’atto amministrativo, op. cit., paragrafo 4.

dalla pubblica amministrazione, emanati dello stesso soggetto decidente o da un soggetto differente, quali pareri od autorizzazioni. In questo caso si parla anche di motivazione per relationem. Altre volte la motivazione non si riferisce espressamente ad un atto proveniente dalla pubblica amministrazione, ma ad osservazioni od opposizioni provenienti dai privati che possono aver partecipato al procedimento. È anche possibile che il riferimento non sia ad un documento scritto ma ad un comportamento, è il caso della prassi. La pratica della motivazione per relationem è stata in passato fortemente stigmatizzata, perché svilirebbe la funzione della trasparenza e quella di garanzia133, o ancora perché in contrasto con quella di controllo democratico134. In realtà molte delle preoccupazioni della dottrina italiana sembrano dovute alla ritrosia del giudice ad andare oltre il testo del provvedimento per ricercare le ragioni che possono aver originato una figura di eccesso di potere. Dunque se si permette al giudice di ricercare figure sintomatiche dell’eccesso di potere anche in motivazioni contenute in atti prodromici, magari imponendo specificamente all’amministrazione resistente di allegarli al momento della sua costituzione in giudizio, non vi dovrebbero essere ragioni particolari per negare l’ammissibilità della motivazione per relationem. Rimane comunque necessario che vi sia il riferimento ad uno o più atti specifici e che questi siano concretamente individuati, evitando invece che la motivazione possa divenire una mera clausola di stile. Al contempo è necessario che gli atti cui la motivazione si riferisce siano facilmente accessibili ai soggetti potenzialmente interessati ad impugnarlo. Se si vuole garantire la funzione di trasparenza sembra inoltre opportuno che questi atti seguano lo stesso regime di pubblicità del provvedimento che li richiama.

Una diversa situazione è quella dell’atto amministrativo informatico, di cui si parla in due diversi significati135. Il primo è quella in cui l’atto è elaborato attraverso sistemi informatici ed è poi scritto su un supporto cartaceo. L’ipotesi è del tutto analoga a quella di un provvedimento scritto interamente di pungo dal funzionario responsabile e si tratta di un provvedimento scritto a tutti gli effetti. Il secondo è quello in cui il

133 Si veda M.C. CAVALLARO, Garanzie della trasparenza amministrativa e tutela dei privati, in Dir.

Amm., I, 2015, pp. 121 ss., la quale lega il tema a quello del c.d. open government.

134 Si veda A. ROMANO TASSONE, Motivazione dei provvedimenti amministrativi e sindacato di

legittimità, op. cit., p. 121, il quale auspica una soluzione conforme a quella dell’ordinamento francese dell’epoca, ove la possibilità della motivazione per relationem è categoricamente esclusa.

135 Per una ricostruzione del significato del termine si veda A. MASUCCI, Atto amministrativo

provvedimento è scritto in forma elettronica136, ove l’eventuale stampa su carta darebbe soltanto luogo a delle copie. Se si argomenta in questo caso che la forma elettronica riguarda il supporto su cui il provvedimento è redatto ma non incide sulla sua qualità di documento scritto, dovrebbe seguirne che anche la motivazione dovrebbe essere redatta per iscritto ed in forma elettronica, senza tuttavia particolari accorgimenti rispetto al caso di un documento cartaceo137.

Una differente forma è quella del provvedimento orale o del provvedimento orale documentato. In passato si era sostenuto che «i primi non hanno né motivazione in

senso proprio, né motivazione in senso largo» mentre «i secondi invece debbono avere motivazione»138. Non va tuttavia confuso il piano della forma con quello della

motivazione: se la motivazione è enunciazione dei motivi posti alla base del provvedimento, allora anche l’enunciazione orale dei motivi va considerata motivazione. I problemi in questo caso possono essere invece di altra natura. Per primo, il fatto che i provvedimenti orali sono spesso previsti in situazioni di urgenza, dunque potrebbe non esservi il tempo per una motivazione puntuale. Secondariamente, il destinatario del provvedimento potrebbe venire unicamente in contatto con chi esegue materialmente il provvedimento, ma non anche con l’autorità che l’ha emanato139. A tal proposito si ritiene non possa considerarsi motivazione l’enunciazione dei motivi che è fatta da un soggetto differente rispetto a quello che ha emanato il provvedimento. Entrambe sono comunque situazioni fattuali che possono indurre il legislatore ad escludere l’obbligo di motivazione in queste fattispecie.

Un ulteriore e differente situazione è quella del provvedimento tacito. Nella fattispecie ricade anche la disciplina del silenzio significativo, cioè quel silenzio serbato dalla pubblica amministrazione oltre il termine fissato dalla legge per adempiere, il quale comporta il rigetto o l’accoglimento automatico della istanza del privato, anche in

136 Si veda M. MINERVA, L'atto amministrativo in forma elettronica e la sicurezza dei sistemi informativi

pubblici, in Dir. inf. e inform. 1995, pp. 940 ss.

137 La dottrina rileva in questo caso come la forma elettronica possa rappresentare un «salto di qualità»

per la pubblica amministrazione, nel senso di permettere, di una maggiore trasparenza, specie riguardo la motivazione per relationem, ove l’accesso ad altri documenti sarebbe facilitato. A. MASUCCI, Atto amministrativo informatico, in Enc. Dir. Agg., 1997, I, paragrafo 3.

138 M.S. GIANNINI, Motivazione dell’atto amministrativo, op. cit., paragrafo 2.

139 Si pensi alla disciplina dell’art. 24 del Regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 che dispone “Qualora

rimangano senza effetto anche le tre intimazioni ovvero queste non possano essere fatte per rivolta od opposizione, gli ufficiali di pubblica sicurezza o, in loro assenza, gli ufficiali o i sottufficiali dei carabinieri reali ordinano che la riunione o l'assembramento siano disciolti con la forza. All'esecuzione di tale ordine provvedono la forza pubblica e la forza armata sotto il comando dei rispettivi capi.”

mancanza di un provvedimento espresso140. In questo caso la legge riconnette la produzione di determinati effetti al verificarsi di un termine. È inoltre chiaro che, in particolare nel caso di provvedimenti discrezionali, non viene operata alcuna valutazione di interessi pubblici141. Si noti come, in questa fattispecie, sia lo stesso legislatore a prevedere un’eccezione all’obbligo di motivazione, nel senso che qualora la pubblica amministrazione adotti un provvedimento espresso, allora dovrà certamente anche motivare. Inoltre in caso di silenzio-assenso la motivazione di un provvedimento di rigetto dell’istanza dovrà essere più onerosa, in quanto è necessaria la specificazione di quei presupposti che hanno impedito l’adozione di un provvedimento favorevole. Invece nel caso di silezio-diniego sarà il provvedimento di accoglimento a richiedere una motivazione specifica sulla presenza di quei requisiti necessari per l’accoglimento, in mancanza di quali potrà essere adottato un provvedimento di rigetto. Pertanto la semplice carenza della motivazione costituirà un vizio del provvedimento, pur nel caso in cui la soluzione adottata sia formalmente corretta.

Al contrario, una volta decorso il termine previsto dalla legge, si produrranno gli effetti previsti dalla stessa, senza che sia stata prestata alcuna motivazione. Una volta che il legislatore abbia adottato questo meccanismo, l’eccezione all’obbligo di motivazione sembra più una scelta obbligata che una possibilità per il legislatore, in quanto questa discende direttamente dalla stessa carenza di motivi, i quali non possono dunque essere nemmeno esternati142.