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L’art. 2 della legge sul procedimento impone l’obbligo di provvedere attraverso l’emanazione di un provvedimento espresso. Un primo ordine di problemi che può originarsi è quello dei rapporti tra motivazione e silenzio dell’amministrazione. Non vi sono particolari problemi, invece, nel caso della figura di silenzio-inadempimento, contro la quale l’ordinamento prevede una specifica azione volta al rilascio di un

325 Qualora ne condivida il contenuto si possono porre problemi di motivazione per relationem, per la

quale si veda infra paragrafo 9.

326 Cons. St., sez. VI, 14 agosto 2007, n. 4457 in Foro amm. CDS 2007, 7-8, 2277.

327 TAR Catania, (Sicilia), sez. I, 23 dicembre 2014, n. 2793 in Foro Amministrativo (Il) 2014, 10, 2688. 328 TAR Milano, (Lombardia), sez. IV, 10 febbraio 2012, n. 478 in Foro amm. TAR 2012, 2, 363. 329 Cons. St., sez. V, 04 febbraio 2015, n. 533 in Foro Amministrativo (Il) 2015, 2, 444.

provvedimento, il quale sarà munito di motivazione330. Per quanto concerne, ancora, la figura del silenzio significativo, come silenzio-diniego o silenzio-assenso, manca a monte una manifestazione di volontà della pubblica amministrazione che si possa esternare nella motivazione. Nel caso di silenzio-diniego la giurisprudenza ha comunque ritenuto che ciò non sia lesivo del diritto di difesa del destinatario, in quanto egli potrebbe provare in giudizio la sussistenza dei presupposti per il rilascio del provvedimento, seppure nei casi di atti interamente vincolati. Rimane invece sicuramente preclusa «la possibilità di dedurre vizi formali propri degli atti, quali difetti

di procedura o mancanza di motivazione»331. Nel secondo caso invece la giurisprudenza ha sottolineato che la successiva emanazione di un provvedimento espresso, «pur

reiterando gli effetti del provvedimento implicito di assenso, non è meramente confermativo di quest'ultimo in quanto presuppone l'esperimento di un'autonoma istruttoria, i cui risultati devono confluire nella motivazione del provvedimento espresso»332, ciò tuttavia non preclude radicalmente l’utilizzo dello strumento della

motivazione per relationem, almeno nei limiti in cui questa è ammessa dall’ordinamento in via generale.

È inoltre possibile che il contenuto del provvedimento coincida con l’istanza presentata dal privato, ciò può accadere, infatti, in procedimenti la cui istruttoria è particolarmente semplice, poiché limitata ad accertare la presenza di requisiti di legge rispetto alla domanda del privato. Ciò aveva indotto la giurisprudenza precedente alla legge sul procedimento a ritenere gli atti conformi all’istanza del privato esclusi dall’obbligo di motivazione333. La dottrina successiva l’entrata in vigore della legge ha rilevato come, sebbene ricompreso nella nozione di provvedimento, non vi sarebbe ragione di riconoscere un vero e proprio obbligo di motivazione per questi atti, con l’eccezione dei casi in cui il provvedimento sia suscettibile di pregiudicare soggetti

330 Si tratta dell’art. 31 del Codice del processo amministrativo, che limita l’accertamento della fondatezza

e la condanna all’emanazione di un provvedimento determianto nei casi di “attività vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall'amministrazione.”

331 TAR Napoli, (Campania), sez. VI, 08 aprile 2011, n. 2037 in Foro amm. TAR 2011, 4, 1346. Il caso di

specie verteva sull’istanzia di sanatoria per opere abusivamente realizzate, per le quali sarebbe sufficiente dimostrare la sussistenza della doppia conformità urbanistica.

332 Cons. St., sez. V, 13 gennaio 2014, n. 63 in Foro Amministrativo (Il) 2014, 1, 69.

333 M. DI GIORGIO, Innovazione in tema di motivazione dei provvedimenti amministrativi e sindacato

terzi334. Facendo leva sui principi di economicità, efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa si potrebbe infatti sostenere che sarebbe addirittura preferibile evitare l’apposizione di una motivazione, infatti, se il provvedimento non è effettivamente idoneo a ledere soggetti terzi, questi non saranno muniti di alcun interesse a ricorrere.

Così facendo si negherebbe ogni riconoscimento alle funzioni interpretativa e di controllo democratico della motivazione. Da un lato, infatti, la comunità dei consociati potrebbe comunque essere interessata, riconoscendo nell’emanazione di un provvedimento individuale l’esercizio di una funzione amministrativa di interesse pubblico generale, ad esercitare un controllo latu sensu su questa, affinché venga esercitata conformemente ai propri valori morali; dall’altro, vi può essere un interesse proprio di altri cittadini, potenzialmente destinatari dello stesso provvedimento, ad intuire le ragioni dell’amministrazione, al fine di poter nutrire le proprie aspettative sugli esiti ragionevoli dello stesso. Un’ulteriore considerazione fattuale che vale la pena svolgere è che l’amministrazione procedente potrebbe non essere sempre pienamente in grado di valutare, al momento dell’emanazione del provvedimento, se vi sono soggetti terzi che possono essere lesi, perché titolari di situazioni giuridiche soggettive. Pertanto sarebbe opportuno preferire comunque la soluzione dell’obbligo di motivazione, oltre che in base al tenore letterale dell’art. 3 della legge sul procedimento, anche per ottenere effetti deflattivi del contenzioso335.

L’art. 6 della legge n. 241/1990, come modificato dagli artt. 4, 21 della legge 11 febbraio 2015, n. 15 dispone “Il responsabile del procedimento: […] e) adotta, ove ne

abbia la competenza, il provvedimento finale, ovvero trasmette gli atti all'organo competente per l'adozione. L'organo competente per l'adozione del provvedimento finale, ove diverso dal responsabile del procedimento, non può discostarsi dalle risultanze dell'istruttoria condotta dal responsabile del procedimento se non indicandone la motivazione nel provvedimento finale.”

La disposizione inquadra i rapporti tra la motivazione prodotta dal responsabile del procedimento e quella redatta dall’organo competente all’adozione in termini di proposta e decisione finale. Ciò comporta come conseguenza una distinzione netta tra i

334 L’opinione è espressa in G. CORSO, Motivazione dell’atto amministrativo, op. cit., paragrafo 7. 335 La stessa soluzione è accolta dalla dottrina, la quale fa leva essenzialmente sul criterio letterale

dell’art. 3. Si veda M. DE DONNO, La motivazione dell’atto amministrativo, in Il diritto amministrativo nella giurisprudenza, a cura di G. GARDINI, L. VANDELLI, Santarcangelo di Romagna, Maggioli, 2013, pp. 248, 249.

due istituti, tale da permettere di inquadrare la proposta come parte dello stesso materiale istruttorio di cui l’organo decidente farà uso per adottare il provvedimento. Ciò implica che eventuali vizi della motivazione espressa nella proposta non potranno propagarsi all’atto finale quale risultato di una invalidità derivata. Al contrario, la motivazione espressa in sede decisionale rappresenta un autonomo iter logico ed argomentativo, a cui rimangono sostanzialmente estranei profili di illogicità ed irragionevolezza che si possono essere precedentemente prodotti, i quali potranno a loro volta essere superati dall’organo competente adottando una motivazione logica e ragionevole. Più problematico per l’organo competente ad adottare il procedimento finale può essere il superare un’altra tipologia di vizio, ossia il difetto d’istruttoria inteso come figura sintomatica dell’eccesso di potere336, relativamente a questo sarebbe necessaria una vera e propria integrazione del materiale istruttorio, la quale tuttavia non pregiudica l’autonomia dei due momenti, proposta e decisione.

La motivazione che l’organo competente è chiamato ad esternare può discostarsi o recepire il contenuto della proposta. Nel primo caso si richiede un duplice contenuto: positivo, a supporto del dispositivo del provvedimento, e negativo, che contrasti e superi le risultanze dell’istruttoria337. Ciò pone la proposta, nel contenuto della motivazione, in una posizione privilegiata rispetto all’altro materiale istruttorio acquisito al procedimento, per il quale non sempre è richiesta una puntuale motivazione relativa ad ogni specifico elemento di fatto e di diritto. Qualora invece la proposta sia sostanzialmente accolta nel provvedimento finale, rilevata comunque l’autonomia dei due momenti decisori, sarà sufficiente soltanto una motivazione positiva a sostegno della parte dispositiva. Nel caso in cui la motivazione si limiti a rimandare alla proposta si possono porre problemi analoghi a quelli propri della motivazione per relationem.

Per quanto concerne quest’ultima, dispone l’art. 3 comma 3 della legge n. 241/1990: “Se le ragioni della decisione risultano da altro atto dell'amministrazione

richiamato dalla decisione stessa, insieme alla comunicazione di quest’ultima deve essere indicato e reso disponibile, a norma della presente legge, anche l'atto cui essa si richiama.”. La norma ha la funzione di legittimare la prassi della motivazione per

336 In questo senso anche F. CARINGELLA, Corso di diritto amministrativo. Profili sostanziali e

processuali, Milano, Giuffrè, 2011, pp. 1762 ss. dove si rileva come la norma, attribuendo all’organo decidente il potere di discostarsi tramite motivazione dalle risultanze dell’istruttoria, permetterà di superare un eventuale vizio di eccesso di potere per difetto d’istruttoria tramite la sua integrazione.

relationem, che si riteneva legittima già prima dell’entrata in vigore della legge sul

procedimento, ma imponendo dei paletti a questa338. Per disponibilità la giurisprudenza dominante sembra assestata sulla linea per cui, riguardo i documenti richiamati, «deve

essere garantita la possibilità di prenderne visione, di richiederne e ottenerne copia in base alla normativa sul diritto di accesso ai documenti amministrativi e di chiederne la produzione in giudizio, con la conseguenza che non sussiste per la Pubblica amministrazione l'obbligo di notificare all'interessato tutti gli atti richiamati nel provvedimento, ma soltanto di indicarne gli estremi e di metterli a disposizione su richiesta dell'interessato»339. Peraltro la giurisprudenza, esclusi profili di illegittimità

del provvedimento, è orientata a riconoscere uno slittamento dei termini di impugnazione del provvedimento, dal momento in cui il privato è venuto a conoscenza dell’atto, a quello del successivo rilascio dell’atto oggetto di diritto d’accesso340. L’impostazione è criticabile se si considera che la decorrenza del termine viene subordinata ad un atto del tutto arbitrario del privato, il quale potrebbe attendere anche un lungo lasso di tempo prima di esercitare il diritto d’accesso, con grave pregiudizio delle ragioni di certezza dell’azione della pubblica amministrazione che i brevi tempi di decadenza, invece, sono volti a salvaguardare. Inoltre, più in generale, lo spettro dei destinatari della motivazione viene limitato ai titolari del diritto d’accesso, pregiudicando le funzioni di trasparenza e di controllo democratico che la motivazione può svolgere.

Altra questione riguarda l’espressa menzione degli atti richiamati. La giurisprudenza in alcuni casi isolati ha evidenziato come sia «condizione indefettibile di

tale operazione, sovente giustificata anche da esigenze di economia e celerità procedimentali, è che essi risultino menzionati nel testo del provvedimento e resi accessibili al privato»341, mentre, più spesso, ha ritenuto sufficiente un generico

«richiamo "per relationem" alle operazioni e alle risultanze dello specifico

338 Secondo taluni la motivazione per relationem dovrebbe considerarsi sempre ammessa nel nostro

ordinamento, addirittura anche per la motivazione della sentenza. Si veda Cass. Civ., III, 16 gennaio 2009, n. 979, in M.A. SANDULLI, Codice dell’azione amministrativa, op. cit., p. 408.

339 Cons. St., sez. IV, 13 dicembre 2015, n. 4731.

340 G. CORSO, Motivazione dell’atto amministrativo, op. cit., paragrafo 9.

procedimento»342, senza quindi l’espressa menzione degli atti richiamati. Autorevole

dottrina ha rilevato come il riferimento generico alle risultanze dell’istruttoria rappresenterebbe a tutti gli effetti una motivazione implicita, piuttosto che una vera e propria motivazione per relationem343. Sembrerebbe pertanto preferibile la soluzione dell’annullabilità del provvedimento per violazione di legge, in quanto il richiamo generico di atti non sufficientemente determinati costituisce una sostanziale elusione della previsione dell’obbligo di motivazione, assimilabile a tutti gli effetti alla figura della motivazione carente.

Ancora, la norma disciplina soltanto il richiamo ad altro atto, per il quale impone l’obbligo di renderlo disponibile. Nulla dice invece riguardo un rinvio al contenuto di prassi, orientamenti giurisprudenziali o generici eventi o fatti che possono essersi verificati, in assenza di alcuna materiale documentazione degli stessi a cui il privato possa attingere. La ratio della disposizione va ricercata nella prospettiva di mettere il destinatario del provvedimento nelle condizioni di capire il perché della decisione, oltre che di permetterne il successivo controllo giurisdizionale. Pertanto in questi casi si dovrebbe ritenere radicalmente esclusa la possibilità di ricorrere alla motivazione per

relationem, senza accompagnare il testo del provvedimento con una, seppur sintetica,

motivazione che faccia trasparire i principali punti di fatto o di diritto dell’evento richiamato.

Da ultimo, il principale problema della motivazione per relationem risulta la difficoltà di individuare i motivi dell’atto richiamato. Spesso infatti vengono richiamati una vasta serie di atti endoprocedimentali, i quali possono addirittura presentare profili di contrasto l’uno con l’altro, senza che l’amministrazione procedente aggiunga il perché sia necessario attestarsi sulla stessa soluzione degli atti richiamati. Se si tratta di atti che presentano al loro interno una vera e propria motivazione, quale è il caso di pareri offerti da un organo tecnico, questi possono divenire rilevanti, nel senso che la loro motivazione e l’iter logico seguito saranno recepiti nel provvedimento finale, rendendosi necessario a tal proposito che l’amministrazione procedente la faccia

342 TAR Roma, (Lazio), sez. III, 11 marzo 2015, n. 4026, nel caso di specie il principio è espresso per

determinare l’anomalia di un’offerta in una procedura di appalto. Per una ricostruzione completa della giurisprudenza sul punto si veda M.A. SANDULLI, Codice dell’azione amministrativa, op. cit., p. 409.

«propria in modo inequivocabile»344. Pertanto quest’ultimo sarà affetto dagli eventuali vizi sui motivi in cui può essere incorso l’organo che ha emanato il parere, più quelli che possono derivare dal non aver considerato elementi ulteriori di cui l’organo decidente avrebbe dovuto tener conto. Al contrario, se dagli atti richiamati non traspare una vera e propria motivazione, ma soltanto un elenco di elementi che induce ad adottare una specifica soluzione, il provvedimento finale va considerato radicalmente privo di motivazione.