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La previsione di legge che obbliga la pubblica amministrazione a motivare un determinato provvedimento deve determinarne anche l’oggetto, cioè quell’insieme di fatti e presupposti su cui l’amministrazione è chiamata ad esternare l’iter logico che l’ha indotta ad assumere una determinata decisione. La motivazione si articola in premesse,

iter logico e conclusione, che costituisce la parte dispositiva del provvedimento.

140 Sulla distinzione tra silenzio-diniego o silenzio-assenso e silenzio-inadempimento si veda M.

CLARICH, Manuale di diritto amministrativo, op. cit., pp. 246-247.

141 M. CLARICH, Manuale di diritto amministrativo, op. cit., p 248.

142 Non vengono invece meno anche i presupposti, pertanto si potrebbe comunque ammettere una

L’oggetto della motivazione va tenuto distinto dai motivi, i quali, pur rappresentando elementi formali del provvedimento, non necessariamente entreranno a far parte anche dell’oggetto della motivazione. Al contrario, invece, quando la legge impone un obbligo di specifica motivazione su un fatto, questo dovrà necessariamente essere anche considerato dall’amministrazione procedente e dovrà, pertanto, entrare a far parte dei motivi. Dunque, se la motivazione è esternazione di un motivo, obbligare a motivare comporta necessariamente anche obbligare a decidere su un punto o a considerarlo ai fini della decisione143. È possibile sostenere che l’oggetto della motivazione sia sempre interamente contenuto nei motivi, tuttavia non necessariamente li esaurisce, rappresentando questi una categoria più ampia.

Il nesso che esiste tra oggetto della motivazione e motivi produce conseguenze sul piano dei loro vizi. È possibile che la motivazione sia viziata in relazione al suo contenuto, tuttavia molti dei vizi che sono riferiti alla motivazione sono, in realtà, prima ancora vizi dei motivi e dell’iter logico decisionale e che, in quanto tali, vengono poi meramente riprodotti nel discorso giustificativo che accompagna un provvedimento. La distinzione non è priva di conseguenze, perché se ad essere viziata è unicamente la motivazione, allora tendenzialmente la pubblica amministrazione potrà adottare un provvedimento identico a quello rimosso, accompagnato questa volta da un diverso enunciato giustificativo144. In questo caso si parla di vizio formale145. Al contrario il vizio è sostanziale qualora questo ricada sui motivi e l’iter logico che l’ha indotta a decidere. La nuova emanazione di un provvedimento in questo caso richiede una nuova decisione, la quale, espungendo le anomalie che si sono presentate, potrebbe precludere alla soluzione precedentemente adottata e viziata. Di ciò dovrà dar atto anche la motivazione, che andrà comunque modificata.

143 Si pensi, in materia urbanistica, alla reiterazione di vincoli urbanistici scaduti. La giurisprudenza

richiede una motivazione specifica sulla comparazione tra il sacrificio imposto al privato e sugli interessi pubblici coinvolti. Ciò significa richiedere in primis alla pubblica amministrazione un motivo consistente nel ritenere i secondi prevalenti al primo, poi, e solo successivamente, una motivazione che ne dia atto. Per la giurisprudenza si veda R. CHIEPPA, R. GIOVAGNOLI, Manuale di diritto amministrativo, Giuffrè, Milano, 2011, p. 461.

144 È tuttavia possibile che siano venuti meno i presupposti giuridici o fattuali che avevano giustificato

l’emanazione del primo provvedimento.

145 Il tema si lega anche a quello della sua successiva integrazione in corso di giudizio, sanando il

provvedimento. Vi è chi l’ammette se il provvedimento sarebbe stato valido se correttamente motivato, in quanto emanato in presenza dei suoi presupposti sostanziali. Si veda M. CLARICH, Giudicato e potere amministrativo, Cedam, Padova, 1989, p. 233.

Riguardo l’oggetto della motivazione si era posto in passato il problema della c.d. motivazione sufficiente146. In particolare la locuzione è stata riferita alla motivazione, intesa come enunciazione motivante posta nel testo del provvedimento, la quale dovrebbe essere sufficientemente ampia da assolvere le funzioni cui è preordinata. Così interpretata la sufficienza non è riferibile anche ai motivi, pertanto l’insufficienza della motivazione originerebbe un vizio formale: il provvedimento richiede soltanto una enunciazione motivazionale sufficiente. È stato osservato, che così intesa, la sufficienza sembrerebbe presupporre l’esistenza di una sorta di linea immaginaria la quale designerebbe una motivazione sufficiente, cioè corretta. Al di sotto di questa, la motivazione non sarebbe sufficiente e sarebbe viziata. Il caso può essere assimilato alla situazione dell’omessa apposizione della motivazione obbligatoria. Al di sopra di questa, la motivazione sarebbe invece non necessaria, originando i problemi evidenziati nel paragrafo 6, in particolare quelli concernenti il suo successivo controllo giurisdizionale, tuttavia non vi sarebbe alcun dubbio sulla sua legittimità147. Sembra piuttosto difficile tracciare effettivamente una linea immaginaria segnante il confine della validità della motivazione; oggi, infatti, si parla di motivazione insufficiente soltanto quando il discorso giustificativo è talmente breve da non assolvere a nessuna delle funzioni cui è preordinato, solitamente quella di garanzia. Si parla anche di motivazione minima148.

La dottrina più recente tende invece a riferire la sufficienza della motivazione, non più all’enunciato motivazionale a corredo della decisione, quanto piuttosto all’insieme degli atti e fatti su cui la motivazione deve ricadere, cioè il suo contenuto. È stato quindi osservato che la motivazione è sufficiente quando tutti gli elementi che devono essere considerati dalla pubblica amministrazione nel giudizio di ponderazione degli interessi pubblici previsto dalla legge sono stati effettivamente ponderati. Così interpretata la sufficienza si riferisce, prima ancora che alla motivazione, ai motivi. Infatti l’insufficienza sorge quando la motivazione si fonda su un giudizio di ponderazione di interessi incompleto, il quale ha omesso uno o più fatti di cui doveva invece tener conto,

146 La locuzione si deve C. MORTATI, Obbligo di motivazione e sufficienza della motivazione degli atti

amministrativi, in Giur. It., 1943, III, 2.

147 M.S. GIANNINI, Motivazione dell’atto amministrativo, op. cit., paragrafo 5.

148 U. ZUBALLI, R. SAVOIA, La motivazione dell'atto amministrativo: struttura e contenuti per una

originando un vizio del provvedimento149. La situazione opposta, quindi, non è più quella di una motivazione non necessaria, bensì origina a sua volta un vizio del provvedimento, in quanto essa dimostra che nel giudizio di ponderazione sono stati acquisiti fatti che non dovevano invece essere ponderati, lasciando trapelare un vizio che ancora una volta attiene più propriamente ai motivi150.

Un’altra caratteristica del contenuto della motivazione è la sua logicità. La motivazione è logica quando è coerente internamente, sviluppando determinate premesse secondo un iter che non sia illogico, e quando giunge a conclusioni razionali151. Anche in questo caso il vizio attiene più propriamente ai motivi. Pertanto, se da premesse corrette segue un iter logico non razionale e contraddittorio che giunge a conclusioni errate, trattandosi di vizio sostanziale, non sarà sufficiente per l’adozione di un nuovo atto valido la modifica dell’enunciato motivazionale152.

È possibile inoltre che la motivazione si sia sviluppata logicamente, ma attorno a delle premesse errate. È possibile sia che il provvedimento sia stato emanato sul presupposto dell’esistenza di una condizione in realtà inesistente, sia, viceversa, sull’inesistenza di una condizione invece esistente. L’ipotesi è particolare in quanto il vizio non è riferibile alla motivazione in senso stretto bensì alla giustificazione. Anche in questo caso si tratta di un vizio che si riflette sulla motivazione in senso ampio in quanto colpisce direttamente i presupposti, pertanto ha natura sostanziale. La situazione può originare figure differenti a seconda del tipo di presupposto che ha originato il vizio. Tra queste, alcune possono precludere in radice l’adozione di un nuovo provvedimento153, mentre altre richiedono un nuovo esercizio del potere154, il quale non

149 L’ipotesi nell’ordinamento italiano da luogo al difetto di istruttoria, una figura sintomatica di eccesso

di potere. M. CLARICH, Manuale di diritto amministrativo, op. cit., p. 208.

150 Ci si riferice ad un altro sintomo dell’eccesso di potere: lo sviamento di potere. M. CLARICH,

Manuale di diritto amministrativo, op. cit., p. 207.

151 U. ZUBALLI, R. SAVOIA, La motivazione dell'atto amministrativo: struttura e contenuti per una

corretta e puntuale motivazione: problemi e casi pratici, op. cit., p. 41.

152 Le figure sintomatiche di eccesso di potere a cui si ci riferisce in questo caso sono quelle

dell’illogicità, irragionevolezza, contraddittorietà. È possibile anche distinguere contraddittorietà intrinseca al provvedimento, cioè quella che emerge tra premesse e conclusioni nel dispositivo, e contraddittorietà estrinseca, che emerge dal confronto del provvedimento con altri provvedimenti o prassi della pubblica amministrazione. Si veda M. CLARICH, Manuale di diritto amministrativo, op. cit., p. 211.

153 Si pensi al caso in cui un potere è stato emanato sul presupposto che questo faccia capo ad una

pubblica autorità, mentre invece il potere è attribuito ad un soggetto pubblico differente o non è previsto dalla legge, originando un caso di incompetenza relativa o assoluta.

154 Si pensi al caso in cui un potere è stato emanato sul presupposto della natura boschiva di un’area la

necessariamente esclude comunque di disporre in termini analoghi al provvedimento rimosso.

Altra caratteristica del contenuto della motivazione è la sua congruità, con la quale si designa il rapporto tra la motivazione e il fine del provvedimento155. Questa qualità viene meno quando non è del tutto chiaro per quale finalità il provvedimento è stato emanato, potendo lo stesso venire adottato sulla base di presupposti differenti156. In questo caso il vizio è a tutti gli effetti formale, potendo essere riferito specificamente all’enunciato motivazionale, il quale non risulta chiaro. Pertanto in linea di massima è sufficiente la riproduzione del provvedimento rimosso, però di un discorso giustificativo che si riferisca univocamente ai fini che hanno indotto la decisione.

Un ultimo caso che origina un vizio prettamente formale è quello di mancata corrispondenza tra motivazione e motivi. È infatti possibile che la pubblica amministrazione sia stata mossa da motivi legittimi ed abbia sviluppato correttamente l’iter logico che ha condotto alla decisione. Può invece accadere che sia stata espressa, al momento della redazione del testo del provvedimento, una motivazione differente, la quale, pur partendo da motivi legittimi sviluppandosi in conclusioni coerenti e logiche, non sia la stessa che abbia indotto l’amministrazione a decidere. Se si presuppone l’intrinseca validità della soluzione adottata, si tratta di un vizio della motivazione che di per sé presenta un grado di lesività meno intenso rispetto alle ipotesi precedenti157, e che, pertanto, il legislatore potrebbe non estendere all’intero provvedimento, precludendo al privato la possibilità di impugnarlo. In ogni caso la piena realizzazione delle funzioni di garanzia e di controllo democratico dovrebbero indurre comunque ad imporre alla pubblica amministrazione l’obbligo di sostituire la motivazione errata con quella corretta. Inoltre, nell’ottica della funzione di garanzia, va evidenziato come il destinatario non sia nella condizione di poter intendere le ragioni che hanno indotto la pubblica amministrazione a decidere. Anzi, non essendo queste state esternate, non vi è

eccesso di potere per errore o travisamento di fatti. L’esempio è ripreso da M. CLARICH, Manuale di diritto amministrativo, op. cit., p. 208.

155U. ZUBALLI, R. SAVOIA, La motivazione dell'atto amministrativo: struttura e contenuti per una corretta e puntuale motivazione: problemi e casi pratici, op. cit., p. 39.

156 Si pensi al caso dell’ordine di distruzione di una casa, quando non è chiaro se l’ordine è emanato sulla

base di un abuso edilizio o per ragioni di incolumità pubblica. Si veda M. CLARICH, Manuale di diritto amministrativo, op. cit., p. 210.

157 In questo senso F. LEDDA, Il rifiuto del provvedimento amministrativo, Giappichelli, Torino, 1964,

alcun soggetto, tolta la stessa amministrazione procedente, capace di accertare la validità dei motivi rispetto ai fini imposti dalla legge. È così che un vizio formale di motivazione erronea può invece nascondere una figura potenzialmente ben più lesiva della situazione giuridica del privato: lo sviamento di potere. Si tratta della situazione in cui la pubblica amministrazione persegue un fine differente da quello previsto dalla legge158.