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L’intensa attività normativa e la giurisprudenza hanno determinato una perdita di centralità della legge sul procedimento rispetto alla disciplina della motivazione. In particolare è possibile rilevare alcune tendenze.

Una prima tendenza concerne l’introduzione di discipline speciali volte a regolare procedimenti o aree del diritto della pubblica amministrazione, da cui la necessità di modificare i principi generali dei motivi e della motivazione. Innanzitutto si può citare la materia tributaria, per la quale l’art. 13 comma 2 della legge n. 241/1990 già esclude l’applicazione del capo sulla partecipazione al procedimento. Inoltre la disciplina della motivazione prevista dall’art. 3 della legge sul procedimento è richiamata espressamente dalla Legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente), la quale tuttavia apporta una serie di correttivi significativi all’art. 7, dopo aver richiamato i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche. Tra questi, oltre a richiedere tassativamente una serie di elementi, si impone

l’allegazione dell’atto richiamato nel caso questo sia menzionato nella motivazione, così superando in radice alcuni dei problemi che nel procedimento amministrativo riguardano la conoscenza dell’atto nella motivazione per relationem355. Si tende inoltre a riconosce alla motivazione carattere essenziale, cosicché la sua carenza determina la nullità dell’avviso di accertamento356, pertanto non si ammette in alcun caso nemmeno la successiva integrazione in giudizio. Il tema è legato anche quello dell’oggetto del giudizio, ove la dottrina è divisa tra un’impostazione dichiarativa, che individua l’oggetto del processo nel rapporto giuridico sostanziale357, e un’impostazione costitutiva, che ritiene il processo abbia struttura impugnatoria, permettendo di rilevare vizi formali358. La più recente giurisprudenza ha rilevato come la commissione tributaria sia giudice tanto dell’atto, quanto del rapporto. Con la conseguenza che il giudizio di merito prescinde dal provvedimento formale, dovendo invece riferirsi al rapporto, salvo quando l’atto presenti alcuni vizi formali, in particolare il difetto assoluto di motivazione, che precludono radicalmente al giudice la possibilità di indagare ulteriormente il rapporto.

La tendenza a distanziarsi dalle previsioni formali della legge sul procedimento deriva anche da una vasta produzione normativa in alcune materie, le quali hanno riempito di contenuto i generici presupposti di fatto e le ragioni giuridiche in misura tale da divenire dei rilevanti punti di riferimento per l’amministrazione procedente. La giurisprudenza ha a sua volta sviluppato, sulla base della normativa di settore, indirizzi non sempre univoci, che hanno condotto ad una vera e propria settorializzazione della disciplina sulla motivazione. Materie come ambiente, urbanistica, edilizia, concorsi pubblici ed appalti, a causa della diversità dei motivi di cui si richiede l’enunciazione, hanno originato dei veri e propri corpi di principi in parte autonomi rispetto alla disciplina generale, rendendo via via sempre più complicata l’elaborazione di principi sulla motivazione capaci di trascendere la specifica materia e tali da applicarsi all’intera attività della pubblica amministrazione.

355 Anche se la questione lascia aperto un diverso problema: la pubblica amministrazione potrebbe non

allegare un atto che meglio permetterebbe al privato di svolgere le proprie difese, limitandosi invece a riprodurne in maniera sintetica il contenuto nello stesso atto richiamante. In questo caso il privato non potrebbe far valere alcuni vizi formali dell’atto richiamato, con il quale egli non è mai venuto a contatto. Si veda S. TERRADOS MOLLEDO, La motivazione dei provvedimenti tributari, in La motivazione del provvedimento amministrativo, op. cit., p. 139.

356 P. BORIA, Diritto tributario, Torino, Giappichelli, 2016 ,p. 454.

357 Tra cui P. RUSSO, Manuale di diritto tributario, Milano, Giuffrè, 2007, pp. 127 ss.

Un’ulteriore tendenza riguarda l’introduzione nell’ordinamento di istituti di semplificazione, quali quelli relativi al silenzio, oppure ancora alla DIA o alla SCIA, i quali, pur non costituendo istituti di collaborazione tra il privato e la pubblica amministrazione, in parte ridimensionano la posizione autoritativa che quest’ultima gode nei confronti del primo e producono come effetto quello di precludere la stessa emanazione di un provvedimento, aggirando la disciplina della motivazione.

Un’ulteriore considerazione riguarda la legge sul procedimento, la quale per molti tratti sembra maggiormente idonea a regolare l’emanazione di provvedimenti individuali, mentre presenta una serie di eccezioni riguardo discipline particolari volte a regolare l’emanazione di atti generali o in riferimento alle recenti tendenze sull’attività di regolazione. Si tratta di procedimenti dove la funzione di trasparenza delle scelte adottate tende a prevalere fortemente rispetto a quella di garanzia. In alcuni casi vi sono leggi di settore che impongono una specifica motivazione, si pensi alla legge 28 dicembre 2005, n. 262 (Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari) il cui art. 23 comma 1 (Procedimenti per l'adozione di atti regolamentari e generali) dispone: “I provvedimenti della Banca d'Italia, della

CONSOB, dell'ISVAP e della COVIP aventi natura regolamentare o di contenuto generale, esclusi quelli attinenti all'organizzazione interna, devono essere motivati con riferimento alle scelte di regolazione e di vigilanza del settore ovvero della materia su cui vertono.”. Il successivo comma 2 richiede che questi atti vengano accompagnati da

una relazione sulle conseguenze della regolazione. In altri casi la legge preferisce alla motivazione istituti differenti, maggiormente in grado di garantire le esigenze di trasparenza che la funzione di regolazione deve raggiungere. Tra questi, l’analisi di impatto della regolazione (AIR), che può in senso lato essere considerata una sorta di motivazione, la quale se ne distingue fortemente per avere un contenuto predeterminato, consistente nella valutazione comparativa di scelte alternative che non sono state seguite dall’amministrazione. Inoltre l’AIR è seguita da una successiva verifica di impatto della regolamentazione a scadenza biennale, sconosciuta alla motivazione del provvedimento e maggiormente in linea con le necessità della regolazione359. Altre volte invece le funzioni proprie della motivazione sono realizzate attraverso procedimenti in cui viene

garantita una maggior partecipazione del privato, si pensi al modello di notice and

comment360.

360 Per i recenti sviluppi in materia si veda M. CLARICH, Manuale di diritto amministrativo, op. cit., pp.

III LA MOTIVAZIONE NEL DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA .

Sommario: 1. La nascita dell’Unione Europea e del diritto amministrativo europeo; 2. Il quadro normativo sull’obbligo di motivazione dopo il Trattato di Lisbona; 3. L’ambito soggettivo dell’obbligo di motivazione; 4. Gli atti da motivare; 5. L’oggetto della motivazione; 5.1. Rulemaking; 5.2. Single case decision-making; 6. I problemi della motivazione per relationem e della motivazione postuma; 7. La violazione dell’obbligo di motivazione; 7.1. L’invalidità dell’atto; 7.2. Il diritto al risarcimento del danno. Il problema della motivazione come oggetto di una situazione giuridica soggettiva; 7.3. Gli strumenti di soft law.

III. 1. La nascita dell’Unione Europea e del diritto amministrativo