Il XXI secolo ha determinato un periodo di grandi cambiamenti per il diritto amministrativo in tutta l’Europa. L’Austria già nel 1925 aveva adottato una legge generale sul procedimento amministrativo, che, anche se emendata successivamente in alcune sue parti, rimane tutt’ora in vigore. La legge ha tracciato i binari su cui diversi
189 Tra questi il Giannini in M.S. GIANNINI, Motivazione dell’atto amministrativo, op. cit.
190 Tra questi vi è la questione dell’ammissibilità della motivazione postuma. La giurisprudenza
ammetteva sicuramente l’integrazione della motivazione con un successivo provvedimento amministrativo, in alcuni casi addirittura la motivazione successiva esternata in corso di giudizio. Al contrario alcuni autori sottolineavano come ciò lascerebbe il destinatario privo di sufficienti garanzie. Per una ricostruzione delle varie teorie si veda L. CIMELLARO, La motivazione del provvedimento amministrativo. Una rassegna della dottrina e della giurisprudenza di ieri e di oggi, in Dir. amm., 1995, pp. 458 ss.
191 Ci si riferisce qui alle posizioni espresse da A. ROMANO TASSONE, Motivazione dei provvedimenti
paesi hanno successivamente codificato o positivizzato la disciplina del procedimento amministrativo, in particolare Ungheria (1957), Polonia (1960), Germania (1976), Danimarca (1986), Portogallo (1991), Paesi Bassi (1994)192.
Tra questi vi è anche l’Italia che ha disciplinato la materia con Legge 7 agosto 1990, n. 241. (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi, da qui in avanti, legge n. 241/1990). In particolare l’art. 3 dispone al primo comma “Ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli
concernenti l'organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi ed il personale, deve essere motivato, salvo che nelle ipotesi previste dal comma 2. La motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione, in relazione alle risultanze dell'istruttoria.”. L’articolo è stato successivamente rubricato “Motivazione del provvedimento amministrativo”, dall’art. 21 della legge 11 febbraio 2005, n. 15
(Modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 241, concernenti norme generali sull'azione amministrativa).
Innanzitutto va rilevato che la previsione dell’obbligo di motivazione è avvenuta in Italia con legge generale sul procedimento, la questione non è priva di conseguenze. È possibile rilevare che vi è coincidenza tra l’ambito soggettivo della disciplina del procedimento e quella dell’obbligo di motivazione, permettendo all’istituto di legarsi saldamente all’intera struttura procedimentale e alle altre garanzie del privato, quali il diritto d’accesso193. Lo stesso risultato non si avrebbe invece qualora il procedimento non fosse disciplinato in via generale, ma il legislatore si occupasse di volta in volta di singoli istituti con un proprio ambito applicativo194. Pertanto l’ambito applicativo soggettivo dell’obbligo di motivazione va determinato facendo riferimento all’art. 29, comma 1, legge n. 241/90 “Le disposizioni della presente legge si applicano alle
192 Si veda R. WOLFGANG, Administrative Procedure in EU Member States, atti del convegno
Conference on Public Administration Reform and European Integration, Budva, Montenegro, 26-27 March 2009, in http://www.sigmaweb.org/, p. 8.
193 Ha invece un proprio ambito applicativo il diritto d’accesso, il quale si applica anche a «soggetti di
diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario» a norma dell’art. 22, comma 2, lett. e), l. n. 241/1990. La dottrina la considera una manifestazione della tendenza espansiva del diritto amministrativo, si veda M. CLARICH, Manuale di diritto amministrativo, cit. op., pp. 46-47.
194 È il caso del modello francese, ove la motivazione è disciplinata dalla Loi n° 79-587 du 11 juillet 1979
relative à la motivation des actes administratifs et à l'amélioration des relations entre l'administration et le public.
amministrazioni statali e agli enti pubblici nazionali. Le disposizioni della presente legge si applicano, altresì, alle società con totale o prevalente capitale pubblico, limitatamente all'esercizio delle funzioni amministrative[…]”195.
In secondo luogo va rilevato che la posizione dell’obbligo all’interno della legge sul procedimento rende applicabile alla motivazione anche l’insieme dei principi generali che la legge sancisce per il procedimento amministrativo196. In particolare l’art. 1, comma 1, l. n. 241/90 (Principi generali dell'attività amministrativa): “L'attività
amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai principi dell'ordinamento comunitario”. Già dal testo
dell’articolo emergono infatti delle direttrici contrapposte: da un lato la trasparenza, l’imparzialità e la pubblicità imporrebbero una motivazione quanto più estesa possibile, dall’altro la giustificazione per un onere motivazionale meno gravoso deriverebbe dalle ragioni dell’efficacia e quelle dell’economicità197. Inoltre, in tema di principi, se la stessa legge si inserisce in un contesto normativo particolare positivizzandone alcuni, altri sono rimasti propri della giurisprudenza amministrativa anteriore e continuano a trovare applicazione anche successivamente198. Inoltre la scelta di optare per lo strumento della legge comporta la subordinazione ai principi che sono imposti a livello costituzionale, in particolare i principi di imparzialità e buon andamento199, della giustiziabilità dell’azione amministrativa200, nonché quelli della comunità europea espressamente richiamati.
Ancora, la posizione dell’obbligo di motivazione nel capo primo (Principi) sembrerebbe lasciar intendere che alla disciplina della motivazione non possa essere
195 L’obbligo di motivazione non può invece ritenersi applicabile a “tutte le pubbliche amministrazioni”,
in forza del mancato richiamo operato dall’ultima parte del comma 1 dello stesso articolo.
196 In questo senso R. SCARCIGLIA, La motivazione dell’atto amministrativo. Profili ricostruttivi e
analisi comparatistica, op. cit., p. 204.
197 Qualora in uno specifico caso fossero presenti esigenze sottostanti principi in antinomia tra loro, a
differenza delle norme, questi dovranno essere ponderati e bilanciati, potendosi individuare solo all’interno del caso concreto, e mai in senso assoluto, quale sia prevalente sull’altro. Si veda R. ALEXY, Theorie der Grundrechte, Frankfurt a. Main, 1986, pp. 77 ss. e J. RAZ, Legal Principles and the Limits of Law, in Yale Law Journal, 81, 1972, pp. 823-854.
198 Si pensi ad esempio al principio di proporzionalità.
199 L’art. 97 comma 2 della Costituzione dispone: “I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni
di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e la imparzialità dell'amministrazione. “
riconosciuto unicamente il ruolo di norma giuridica, destinata a trovare applicazioni a soli casi da essa considerati, ma costituisca essa stessa, indipendentemente dalla formulazione legislativa, un principio generale. La tesi è stata sostenuta dallo stesso Consiglio di Stato, il quale ha ravvisato nella previsione una fonte volta a guidare la successiva attività normativa secondaria di altri soggetti. In particolare la tesi è stata sostenuta in un giudizio avente ad oggetto una deliberazione dell’Autorità per l’energia elettrica ed il gas che determinava le tariffe da applicare201.
Venendo invece alla positivizzazione del generale obbligo di motivazione, questo rappresenta un salto di qualità per la motivazione, ora non vi è più dubbio che possa essere qualificato come un elemento formale del provvedimento, la cui assenza vizi comunque il provvedimento, indipendentemente dalle ragioni sostanziali ed i motivi che hanno indotto l’amministrazione a decidere. Il legislatore sembra dunque aver optato per il modello della motivazione formale prospettato dalla giurisprudenza precedente, rifiutando invece quello della dequotazione della motivazione. Occorre individuare quale sia la sanzione che l’ordinamento prevede nei confronti del provvedimento carente di motivazione.
L’art. 21-septies della legge n. 241/1990 (Nullità del provvedimento), dispone
"È nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge.” Pertanto si
rende preliminarmente necessario, una volta qualificata la motivazione come elemento del provvedimento, capire se questa sia o meno essenziale. Nonostante non vi sia a tal proposito unanimità in giurisprudenza e in dottrina sulla categoria degli elementi essenziali202, entrambe sembrano comunque propendere per l’esclusione della motivazione dalla categoria suddetta203.
201 M.A. SANDULLI, Codice dell’azione amministrativa, Giuffrè, Milano, 2010, p. 364..
202 In alcuni casi la giurisprudenza sembra richiamare la categoria del negozio giuridico di diritto
pubblico, ormai abbandonata dalla dottrina: «elementi essenziali dell'atto, che vanno individuati, in assenza di una esplicita indicazione legislativa, secondo le nozioni sostanziali di derivazione civilistica, concernenti il contratto e il negozio giuridico» TAR Roma, (Lazio), sez. II, 18 giugno 2012, n. 5587, in Foro amm. TAR 2012, 6, 1971.
203«si tratta di un'accezione troppo forte, a parere di chi scrive, anche in considerazione del fatto che la
motivazione è sempre stata considerata, nella sua carenza, mera causa di annullabilità e mai di nullità» in G. NAPOLITANO, Manuale di diritto amministrativo. Aggiornato alla Legge finanziaria per il 2008, op. cit., p. 293. Anche se in senso contrario M. D'ORSOGNA, Articolo 21 octies comma 1, Annullabilità
Dunque esclusa la nullità, o addirittura l’inesistenza dell’atto, la mancanza della motivazione va ricondotta alla categoria dell’annullabilità, a norma dell’art. 21-octies, comma 1, legge n. 241/90 (Annullabilità del provvedimento): “È annullabile il
provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza.”. La giurisprudenza precedente la legge n. 241/1990, nel
rilevare una motivazione carente o mancante, era propensa a riconoscere la situazione come una figura sintomatica dell’eccesso di potere. Al contrario, ora, l’imposizione legislativa permette di inquadrare la figura immediatamente all’interno della violazione di legge. In quanto tale la mancanza della motivazione si trova in una posizione privilegiata rispetto a figure sintomatiche dell’eccesso di potere, le quali possono essere più difficili da indagare e, singolarmente considerate, possono non essere sufficienti all’ottenimento di una declaratoria di annullamento.
Meno chiara è invece la situazione della carenza di motivazione, quando cioè questa, anche se apposta, non permetta di ravvisare l’iter logico seguito dall’amministrazione sulle ragioni e risultanze dell’istruttoria, costituendo di fatto un’elusione dell’obbligo giuridico dell’art. 3. Alcuni autori propendono per la configurabilità della violazione di legge204. Altri continuano a considerare il difetto di motivazione, quando questa è insufficiente, incompleta o generica, essenzialmente una figura sintomatica dell’eccesso di potere205, in continuità con la giurisprudenza precedente206. Considerazioni analoghe valgono anche per gli altri vizi della motivazione, in particolare quanto questa è generica, oppure ancora contraddittoria, ambigua o illogica207. In questi casi tuttavia, se si parte dal presupposto che l’eccesso di potere è vizio della funzione, si dovrebbe giungere alla conclusione che la violazione di del provvedimento, in La pubblica amministrazione e la sua azione, a cura di N. Paolantonio, A. Police, A. Zito, Torino, Wolters Kluwer, 2005, p. 602.
204 Tra questi E. CASETTA, Manuale diritto amministrativo, Milano, Giuffrè, 2001, p 479 che fa leva
sulla tesi della violazione di legge anche nel caso di contrasto tra provvedimento e principi dell’ordinamento, in quanto questi sono stati recepiti dall’art. 1 della l. n. 241/1990.
205 M. CLARICH, Manuale di diritto amministrativo, op. cit., pp. 209-210, il quale avverte tuttavia che
quando la motivazione manchi del tutto, il vizio sia da considerare comunque come violazione di legge.
206 La questione ha comunque un valore prettamente scientifico e scarsamente pratico. La presentazione
del ricorso non richiede un’indicazione tanto puntuale degli articoli di legge che si ritengono violati da precludere al giudice la declaratoria di annullamento fondata su un vizio difforme da quello riportato, ma comunque fondato sulle stesse linee di fatto. T. AUTIERI, La patologia della motivazione: dall’eccesso di potere alla violazione di legge, in La motivazione del provvedimento amministrativo. Raccolta di dottrina giurisprudenza e legislazione, Padova, CEDAM, 2002, p. 29.
207 Per una ricostruzione completa degli istituti nel diritto italiano si veda G. MASUCCI, Motivazione, in
Procedimento amministrativo, a cura di M. CLARICH, G. FONDERICO, Milanofiori-Assago, Wolters Kluwer, 2015, pp. 105-106.
legge si possa avere soltanto quando l’iter seguito dall’amministrazione sia stato chiaro e logico e che il vizio si sia verificato soltanto in un momento successivo, cioè all’apposizione materiale della motivazione sul testo del provvedimento, nel momento della sua stesura. Ciò originerebbe una scissione tra quanto materialmente scritto e quanto argomentato dall’autore, sul presupposto che il potere sia già stato esercitato e che la redazione della motivazione rappresenti soltanto una formalità successiva, ma necessaria affinché il provvedimento diventi efficace. L’ipotesi sembra più un caso di scuola, invero nella maggior parte dei casi sarebbero invece più propriamente da ricondurre all’eccesso di potere tutti quei vizi che si manifestino già durante l’iter procedimentale e che colpiscano direttamente la decisione finale. Ciò in quanto essa stessa è viziata e non la sua mera manifestazione esterna.