2. CONCORRENZA E S.P.L.: IL DIFFICILE BILANCIAMENTO TRA OBBLIGHI, PRINCIPI ED ESIGENZE UGUALMENTE MERITEVOLI DI TUTELA.
2.5. Il disallineamento tra diritto nazionale ed europeo nel settore dei s.p.l.;
Il Trattato di Lisbona agevola una lettura della concorrenza diversa da quella fornita nel passato da dottrina e giurisprudenza. La disciplina dei SIEG non deve tendere solo verso l’attuazione della concorrenza temperata dagli obblighi di servizio pubblico richiamati in apertura al par. 1 supra
(90). Il protocollo n. 26 al Trattato di Lisbona pone enfasi sui valori comuni europei, riconoscendo
ampio potere discrezionale delle autorità nazionali, regionali e locali di fornire, commissionare e organizzare servizi di interesse economico generale il più vicini possibile alle esigenze degli utenti, pur nella diversità tra i vari servizi di interesse economico generale e nelle differenti esigenze degli utenti che possono discendere da situazioni geografiche, sociali e culturali diverse, nell’alto livello di qualità, sicurezza e accessibilità economica, parità di trattamento e promozione dell'accesso universale e dei diritti dell'utente. Lo scambio tra diritto pubblico e mercato non resta, quindi,
è stabilita a livello europeo come componente essenziale della liberalizzazione del mercato nel settore dei servizi, quali telecomunicazioni, servizi postali e trasporti.
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confinato al mero obbligo di servizio pubblico, inteso quale salvaguardia del servizio universale. Da ciò discende che, sebbene non possa parlarsi di un ritorno al passato che giustifichi l’illimitato intervento pubblico da parte dello Stato, si pone l’accento sulla necessità che la disciplina dei servizi di interesse economico generale valorizzi il loro ruolo nella promozione della coesione sociale e territoriale, principio contenuto anche nell'art. 36 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000. Si tratta di un mutamento non marginale, se letto alla luce della nuova formulazione dell’art. 3 TUE (91).
Il percorso delineato dal legislatore nella materia e analizzato al par. 1 supra, ha mostrato come il nostro ordinamento abbia aperto il settore dei servizi pubblici al mercato con un certo ritardo e, quando lo ha fatto, è quasi andato in controtendenza con le indicazioni provenienti dall’Europa, che ripensavano al mercato concorrenziale non più in senso meramente teleologico, ma piuttosto strumentale.
La Consulta, con la Sentenza n. 325/2010 sopra cit., ha inteso coordinare la nozione nazionale di servizio pubblico locale di rilevanza economica con quella europea di servizio di interesse economico generale. La Corte nell’occasione confrontava le nozioni di servizio pubblico di rilevanza economica e di servizio di interesse economico generale, giungendo alla conclusione che: “entrambe le suddette nozioni, interna e comunitaria, fanno riferimento infatti ad un servizio che: a) è reso mediante un’attività economica (in forma di impresa pubblica o privata), intesa in senso ampio, come «qualsiasi attività che consista nell’offrire beni o servizi su un determinato mercato»; b) fornisce prestazioni considerate necessarie (dirette, cioè, a realizzare anche “fini sociali”) nei confronti di una indifferenziata generalità di cittadini, a prescindere dalle loro particolari condizioni (92).Le due
nozioni, inoltre, assolvono l’identica funzione di identificare i servizi la cui gestione deve avvenire di regola, al fine di tutelare la concorrenza, mediante affidamento a terzi secondo procedure competitive ad evidenza pubblica”.
La Corte ricorda che l’ordinamento europeo ammette la gestione diretta nel caso in cui l’applicazione delle regole di concorrenza ostacoli la «speciale missione» dell’ente pubblico. La scelta del legislatore nazionale di vietare l’affidamento diretto, secondo la Consulta ricade nell’ambito di quella sfera di
(91) L.TARANTINO, op. cit., passim.
(92) Come si esprimono sia la sentenza della Corte di giustizia UE, 18 giugno 1998, C-35/96, Commissione c. Italia, sia le sentenze della stessa Corte 10 gennaio 2006, C-222/04, Ministero dell’economia e delle finanze, e 16 marzo 2004, cause riunite C-264/01, C-306/01, C-354/01 e C-355/01, AOK Bundesverband, nonché il Libro verde sui servizi di interesse generale del 21 maggio 2003, al paragrafo 2.3, punto 44), (Corte di giustizia UE, 21 settembre 1999, C-67/96, Albany International BV.
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discrezionalità consentita dall’ordinamento europeo. La sfera di autonomia privata e la concorrenza non riceverebbero dall’ordinamento una protezione assoluta e potrebbero subire limitazioni necessarie per il soddisfacimento di interessi costituzionalmente rilevanti nei limiti in cui ciò rappresenti la sola misura in grado di assicurarne la tutela (93). Anche per i servizi ancora da immettere
nel mercato la rilevanza economica dovrebbe intendersi discendente dal fatto che l’immissione del servizio possa avvenire anche in un mercato meramente potenziale e l’esercizio dell’attività avvenga con metodo economico, ossia possa essere svolta in vista almeno della copertura dei costi (94). La procedura di evidenza pubblica quale strumento per assicurare l’apertura dei mercati degli appalti pubblici alla concorrenza sarebbe un mezzo volto ad assicurare il rispetto del principio di non discriminazione delle imprese secondo la nazionalità, di diritto di stabilimento e della libertà di prestazione dei servizi. L’affidamento diretto in house non sarebbe valutato nella giurisprudenza della Corte di Giustizia alla stregua delle regole di tutela della concorrenza, quali l’art. 106 TFUE, ma degli artt.18, 49 e 56 TFUE.
La disciplina delle procedure di gara garantirebbe l’imparzialità dell’operare dell’amministrazione ed assicurerebbe il rispetto dei detti principi, ma non rientrerebbe affatto tra le regole della concorrenza. In questo senso l’impostazione fatta propria dal diritto dell’Unione Europea sarebbe di neutralità e indifferenza rispetto alla gestione diretta del servizio o dell’affidamento dello stesso a terzi. L’affidamento in house sarebbe pienamente compatibile con il rispetto delle libertà economiche fondamentali, dal momento che collocandosi fuori dal mercato non vi sarebbe alcun pericolo che vi possa essere una violazione poiché l’amministrazione autoproduce il servizio.
La Corte costituzionale, invece, poi ripresa anche dal legislatore con l’art. 192 del d.lgs. n. 50/2016, l’art. 16 del d.lgs. n. 175/2016, nonché nel progetto di testo unico sui servizi pubblici (amplius ultra par. 5 e 6 e cap. III, par. 2 sotto), postula che la gestione del servizio debba avvenire normalmente con gara, tanto che l’affidamento diretto sarebbe consentito solo quando la missione sottesa al servizio non potrebbe, altrimenti, essere perseguita.
(93) L.TARANTINO, op. cit., passim.
(94) F.TRIMARCHI BANFI, Procedure concorrenziali e regole di concorrenza nel diritto dell’Unione e nella Costituzione
(all’indomani della dichiarazione di illegittimità delle norme sulla gestione dei servizi pubblici economici), in Riv. Trim. dir. pubbl. comunit., 2012, 723 ss.
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Pertanto, il giudice delle leggi finisce per unificare all’interno della categoria delle misure a tutela della concorrenza, oltre alle misure antitrust in senso stretto, sia quelle volte a favorire la concorrenza nel mercato, che quelle volte a favorire la concorrenza per il mercato (95).
L’art. 106, par. 2 TFUE, viene letto nel senso che il servizio pubblico non può che essere affidato mediante gara pubblica salvo le limitate deroghe summenzionate.
La regola che impone l’utilizzo della procedura di evidenza pubblica per l’assegnazione del servizio, tuttavia, non sembra una regola “di concorrenza”, non potendosi ritenere tale ogni precetto che imponga un confronto competitivo. L’eventuale adesione ad una conclusione di questo tipo comporterebbe una revisione del riparto legislativo tra Stato e Regioni, in materia di modalità di affidamento dei servizi pubblici locali, ma soprattutto imporrebbe una riflessione politica piena in relazione alla maggiore ampiezza che si dovrebbe riconoscere al legislatore nazionale in ordine al limite entro il quale consentire la gestione diretta dei servizi pubblici locali (96).
Il legislatore nazionale, insomma, negli ultimi interventi normativi sembra abbia optato per l’adozione di una politica legislativa improntata all’advocacy pro-concorrenziale. Il testo unico partecipate afferma che la costituzione di società pubbliche in materia di SIEG può essere ammessa solo per il caso di autoproduzione di beni o servizi strumentali all'ente o agli enti pubblici partecipanti, nel rispetto delle condizioni stabilite dalle direttive europee in materia di contratti pubblici e della relativa disciplina nazionale di recepimento, restando altrimenti il fine fondamentale delle suddette società quello della produzione di un servizio di interesse generale, ivi inclusa la realizzazione e la gestione delle reti e degli impianti funzionali ai servizi medesimi.
Il legislatore delegato valorizza il ruolo degli enti locali senza abbandonare la convinzione che la promozione della concorrenza sia imprescindibile in materia. Tale scelta sembra rimettere ai singoli enti locali valutazioni molto complesse in ordine alla presenza di situazioni contrarie al ricorso al mercato (si pensi alla relazione ex art. 192, comma 2 del d.lgs. n. 50/2016, amplius ultra cap. III, par. 2 sotto), che potrebbero non essere adeguatamente dimensionate in relazione alle professionalità a disposizione degli enti locali minori. Il ché apre la possibilità nel caso in cui il compito affidato agli enti locali si riveli troppo gravoso di operare un percorso di nuova centralizzazione, come quando all’indomani dell’introduzione del T.U. 15 ottobre 1925, n. 2578, e il successivo decreto di attuazione
(95) L.TARANTINO, op. cit., passim. (96) L.TARANTINO, op. cit., passim.
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d.P.R. n. 602/1926 emersero la difficoltà da parte dei singoli enti locali di organizzare in modo adeguato la gestione dei servizi tecnicamente più complessi come visto al par. 1 supra.
La promozione della concorrenza nel settore dei servizi pubblici è spinta dall’esigenza di valorizzare la capacità dei soggetti economici di soddisfare le esigenze degli utenti secondo un criterio di efficienza paretiana, rimediare ai casi di mala gestione dovute al gap di efficienza nella gestione tra settore pubblico e settore privato, contrastare la cd. rent extraction dall’attività delle imprese pubbliche e le politiche clientelari da parte degli operatori politici (97).
I fallimenti del mercato, tuttavia, spingono lo Stato ad evitare l’abbandono di un settore così sensibile quale quello dei servizi pubblici.
La soluzione è da ricercarsi in un punto di equilibrio tra l’efficienza, spinta dalla ricerca del profitto, che può assicurare la gestione privatistica di un servizio ed il corretto soddisfacimento dell’interesse pubblico in capo alle collettività locali. In quest’ottica, da un lato, deve essere ribadita la centralità del ruolo degli enti locali, che rappresenta la chiave per la buona riuscita delle riforme già attuate e da attuare.
Nello stesso tempo, occorre assicurare comunque elevati livelli di tutela dei diritti degli utenti rispetto a servizi che intersecano diritti e bisogni fondamentali.
A tal proposito, come noto, escludere un servizio dal novero dei SIEG comporta il venir meno delle tutele pubblicistiche a favore dell’utente ed in talune condizioni, in caso di fallimento del mercato, sarà comunque lo Stato a dover intervenire, per impedire che l’interruzione del servizio si traduca in una lesione ai diritti fondamentali dei cittadini-utenti.
Circa la proprietà delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni essenziali, benché vincolate all’uso pubblico, sussiste il rischio che possano uscire dalla mano pubblica, dal momento che oggi si prevede che possano essere conferite a società a capitale interamente pubblico ma non è previsto il divieto per le stesse di cederle.
La disciplina più recente dei servizi pubblici locali ha notevolmente accentuato il ruolo di soggetto regolatore rivestito dall’ente territoriale (98), a fronte dell’avvenuto affievolimento del potere dell’ente
medesimo di assumere direttamente la gestione del servizio. La riduzione delle ipotesi di assunzione diretta sarebbe cioè stata compensata con il conferimento di più ampie competenze relativamente alla
(97) M.MIDIRI, Servizi pubblici locali e sviluppo economico: la cornice istituzionale, in Servizi pubblici locali e regolazione, a cura di M.MIDIRI ed S.ANTONIAZZI, Napoli, 2015, 14.
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determinazione del contenuto delle prestazioni da elargire a di maggiori poteri di vigilanza e controllo sulle prestazioni medesime (99). Con la l. n. 142/1990, i Comuni avevano prevalentemente il ruolo di produttori del servizio pubblico, mentre nel sistema introdotto dalla legge finanziaria per il 2002, hanno assunto, prioritariamente compiti di indirizzo, vigilanza, regolazione e controllo (100). L’ente
territoriale non è più soggetto gestore, ma regolatore del servizio pubblico locale (101), anche se, ad
una attenta analisi, i predetti poteri non possono che rivelarsi tutt’altro che tali da consentire di ritenere che il legislatore nazionale abbia, invero, optato per il conferimento di un ruolo di regolatore forte ai soggetti pubblici territoriali e ciò, sia a causa dell’assenza di una disciplina analitica degli strumenti di regolazione concretamente utilizzabili, sia per l’impossibilità, a livello locale, di esercitare i compiti di regolazione in funzione autonoma e correttiva del mercato di riferimento (102), anche in considerazione della difficoltà oggettiva di individuare fenomeni regolativi in senso stretto con riferimento a mercati territorialmente circoscritti per i quali non sarebbe configurabile un mercato rilevante all’interno del quale poter rendere effettiva la concorrenza attraverso l’esercizio del potere di regolazione (103) , tanto che da tale assunto può derivare la considerazione che solo impropriamente possono essere ricondotti alla logica della regolazione i compiti conferiti agli enti locali (104). Tali compiti, pertanto, possono essere definiti “quasi regolatori” (105) e la funzione sottesa, senza esatta
definizione di condizioni e modi di esercizio certi, rischierebbe di restare banalizzata. Al fine di rispondere a tale deficit gli enti locali avrebbero in ogni caso vari mezzi idonei a predisporre gli interventi regolativi nel mercato del servizio pubblico di riferimento, quali, la disciplina della gara,
(99) G.PIPERATA, Tipicità e autonomia nei servizi pubblici locali, Milano, 2005, 90 e 91.
(100) G.VACIAGO, Intervento in F.KOSTORIS PADOA SCHIOPPA (a cura di), Le Autorità indipendenti e il buon funzionamento dei
mercati, Il Sole 24 Ore, Milano, 2002, 229.
(101) GPIPERATA, op. cit., 91-92, secondo cui in tale direzione si muovono alcune disposizioni contenute nella riforma, le quali lasciano intendere che all’ente locale spettano poteri di regolazione sia propri sia esercitabili in via sussidiaria. I primi sono previsti dall’art. 35, comma 14, l. n. 448/2001, il quale definisce i nuovi compiti degli enti locali, nel senso che questi, anche in forma associata, individuano gli standard di qualità delle prestazioni e determinano le modalità di vigilanza e controllo delle aziende esercenti i servizi pubblici, in un quadro di tutela prioritaria degli utenti e dei consumatori. Esistono poi altre disposizioni introdotte dalla riforma che, invece, legittimano un ulteriore intervento regolativo da parte dell’ente locale, ma soltanto in via sostitutiva, nel caso cioè che l’Autorità di settore competente non eserciti i poteri regolatori in prima battuta affidatigli dalla legge.
(102) G.PIPERATA, op. cit., 93, secondo cui gli interventi di regolazione degli enti locali hanno in concreto più la funzione di programmare in via amministrativa i livelli di offerta dei servizi pubblici, che quella di regolare i mercati di riferimento in modo da assicurare condizioni favorevoli di incontro tra domanda e offerta.
(103) F.MERUSI, La nuova disciplina dei servizi pubblici, in Id., Le leggi del mercato, Bologna, 2002, 59. (104) F.LIGUORI, I servizi pubblici locali. Contendibilità del mercato e impresa pubblica, Torino, 2004, 123.
(105) B.BOSCHETTI, La tutela degli utenti. Commento all’art. 35 della legge n. 448/2001, in A.TRAVI (a cura di), Le nuove
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l’organizzazione della prestazione e soprattutto la definizione del contratto di servizio (106). A tal
proposito, il ruolo svolto dall’ente territoriale in rapporto alla determinazione del contenuto del contratto di servizio farebbe emergere l’avvenuta trasformazione delle amministrazioni locali da soggetti produttori a regolatori del servizio pubblico (107). Anche alla luce di tali considerazioni, resta
comunque il dato obiettivo che il legislatore nazionale si è riservato il ruolo di “regolatore forte” (108),
soprattutto con riferimento al settore dei SIEG ed ha avocato a sé l’esercizio della funzione pro- competitiva provvedendo ad indicare le linee della relativa regolamentazione disconoscendo agli enti territoriali un ruolo attivo nel processo di liberalizzazione dei servizi pubblici locali ed attribuendo loro competenze effettive solo con riferimento alla tutela degli utenti.
Sul versante della domanda di servizio, invece, è possibile esaminare le competenze riconosciute all’ente territoriale in ordine alla valutazione dei bisogni della collettività e financo estrapolare una definizione di servizio pubblico locale incentrata al soddisfacimento delle esigenze manifestate da un insieme qualificato di soggetti del quale l’ente territoriale sia giuridicamente che politicamente responsabile, funzionale alla realizzazione del benessere socio-economico con conseguente valorizzazione dell’autonomia decisionale degli enti (109) , anche se la limitazione territoriale osta allo
sfruttamento dei meccanismi connessi alle economie di scala, specie per quei servizi a maggiore vocazione industriale o che presentano rendimenti crescenti dall’allargamento del mercato di riferimento. Per risolvere questo problema, infatti, la l. n. 142 e con essa la legislazione di settore ha moltiplicato gli strumenti legali per attuare forme di cooperazione tra più enti nella gestione associata dei servizi locali in modo da definire ambiti territoriali più adeguati alla natura industriale dei servizi. Posto che l’attività di servizio pubblico svolta dall’ente locale si pone in funzione di strumentalità rispetto al soddisfacimento delle esigenze della comunità di riferimento occorre capire come valutare le domande degli utenti (110). Il parametro di stima non può essere solo quello economico, ma deve
(106) F.BRUNETTI,F.SCANZANO, L’Ente pubblico come regolatore. L’evidenza pubblica, il contratto di servizio, le carte dei
servizi, in Analisi economica e metodo giuridico. I servizi pubblici locali, Milano, 2003, 167 ss.
(107) A.MOZZATI, Il contratto di servizio nell’ordinamento comunitario, in Econ. Dir. terz., 2003, 729; G.NAPOLITANO,
Regolazione e programmazione nella nuova disciplina dei servizi pubblici locali?, in Riv. Giur. Quadr. Pubbl. serv., 2002,
25.; A.ROMANO TASSONE, Il contratto di servizio, in Dir. Trasp., 1998, 613 ss.
(108) Peraltro, secondo Corte Cost. nn. 29 e 80/2006, le regole dettate dal legislatore in tema di proprietà delle reti, di organizzazione e di erogazione dei s.p.l. costituiscono esercizio della potestà legislativa statale in materia di tutela della concorrenza. La legittimità costituzionale viene ravvisata nell’operatività dei principi di proporzionalità e ragionavolezza rispetto al promuovimento della concorrenza.
(109) A.PERICU, Imprese e obblighi di servizio pubblico. L’impresa di gestione dei servizi pubblici locali, Milano, 2001. (110) M.VOLPE, Domanda di servizi pubblici e preferenze fiscali, in Politica ed economia, 1986, 44 ed anche C.MARCHESE,
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essere ispirato al principio di parità di trattamento ed uniformità dell’offerta (111). La funzionalità al
soddisfacimento di un interesse sociale, di sviluppo economico e civile della collettività di riferimento comporta una valutazione circa la sufficienza del mercato a provvedervi. Ne consegue che non possa esservi servizio pubblico quando l’ente locale così qualifica un certo servizio al solo fine di adottare soluzioni organizzative attraverso cui conseguire una maggiore efficienza economico-patrimoniale. In tali ipotesi, la fattispecie cui fare riferimento costringe però l’ente locale a muoversi sul mercato in piena parità con gli operatori economici. Il servizio pubblico locale è quindi caratterizzato dall’essere fornito alla collettività di riferimento e dalla natura pubblica del soggetto che lo assume come doveroso, definendone previamente i caratteri.
Il diritto europeo impone di guardare ai servizi pubblici nell’ottica di tutte le attività economiche e l’insieme delle disposizioni e dei principi di livello comunitario delineano un quadro normativo generale pro-concorrenziale cui il legislatore nazionale non può prescindere. L’intervento pubblico deve essere improntato al raggiungimento di equilibri concorrenziali efficienti (112) ed il perseguimento deve essere adeguato alle singole condizioni del mercato. In presenza di monopoli necessari o naturali l’intervento pubblico dovrà assicurare comunque un certo grado di concorrenzialità, mentre nei mercati in cui vi è una sufficiente presenza di operatori l’intervento dovrà limitarsi al mantenimento e al controllo delle condizioni concorrenziali già in atto in modo vincolato al rispetto delle regole di diritto comune e dei principi generali afferenti le libertà economiche. L’ente territoriale in parte qua assumerà il ruolo di garante del mantenimento delle condizioni di concorrenza e di eventuale ripristino; in tal caso la gestione diretta, seppure possibile dovrà essere considerata residuale poiché l’ente dovrà privilegiare la via della regolazione in virtù del fatto che l’ordinamento europeo postula la tendenziale scissione tra attività di gestione e di regolazione. I principi europei vincolano anche l’attività di regolazione dell’ente locale, sia sotto il profilo metodologico della scelta degli strumenti che sotto quello teleologico dell’individuazione dei fini, tanto che gli strumenti della regolazione devono essere caratterizzati dal più basso coefficiente di ingerenza e quindi l’attività di regolazione dell’ente deve tendere a garantire l’efficiente allocazione delle risorse (necessaria stimolazione della concorrenza nel mercato o per il mercato e garanzia di condizioni di parità tra le imprese operanti). A ben vedere, tuttavia, anche se il diritto europeo privilegia la ricerca
(111) F.CAVAZZUTI,G.G.MOGLIA, Regolazione, controllo e privatizzazioni nei servizi di pubblica utilità, in Economia
italiana, 1994, 4 e ss.
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dell’attuazione della concorrenza nel mercato, occorre ricordare che nel settore dei servizi pubblici