INTERESSE GENERALE
7. LE ESIGENZE DI RIDUZIONE DELLE PARTECIPAZIONI LOCALI: LE RAZIONALIZZAZIONIN E LE DISMISSIONI DELLE PARTECIPATE LOCALI.
7.7. La dismissione delle c.d micro-partecipazioni detenute dagli enti locali profili problematici-: tra necessità di espletare la procedura ad evidenza pubblica e possibile
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Un tema di sicuro interesse operativo nella materia delle dismissioni, ancorché al momento non indagato è quello della dismissione ex lege delle c.d. micropartecipazioni. Si tratta di quelle partecipazioni detenute dalle amministrazioni con pacchetti azionari assolutamente modesti (anche nell’ordine di “zero virgola”) e totalmente ininfluenti sugli assetti societari.
Organismi partecipati osservati* di ridotte dimensioni
Tipologia dimensionale Numero organismi partecipati ** di cui a totale partecipazione pubblica Numero organismi partecipati in Perdita di cui a totale partecipazione pubblica Numer o addetti
Organismi con n. dipendenti inferiore ai membri del cda 1.279 297 459 107 1.653
Organismi con n. dipendenti < 20 2.953 1.069 994 334 12.196
Organismi con valore della produzione < 1 mln 1.860 647 791 261 5.724
Organismi con valore della produzione tra 1 mln e 5 mln 1.216 539 255 100 21.075
Fonte: Corte dei conti, banca dati SIQUEL – rilevazione dell’8 luglio 2016 * OOPP con bilancio 2014 (n. 4.217)
** Si precisa che uno stesso organismo può rientrare in più tipologie dimensionali.
Società partecipate osservate* di ridotte dimensioni
Tipologia dimensionale Numero società partecipate ** di cui a totale partecipazione pubblica Numero società partecipate in perdita di cui a totale partecipazione pubblica Numero addetti
Società con n. dipendenti inferiore ai membri del cda 776 141 290 56 925
Società con n. dipendenti < 20 2.015 697 701 223 8.295
Società con valore della produzione < 1 mln 1.220 407 552 174 3.888
Società con valore della produzione tra 1 mln e 5 mln
863 368 188 69 13.915
Fonte: Corte dei conti, banca dati SIQUEL – rilevazione dell’8 luglio 2016
In tal caso, le amministrazioni volendo dismettere le micropartecipazioni si trovano di fronte a problemi operativi che al momento non trovano soluzione univoca in giurisprudenza. L’adesione al procedimento speciale del comma 569, come visto supra, richiede il previo espletamento della gara al fine di porre sul mercato la partecipazione da dismettere. Il tenore della norma è tale che sembra lasciare pochi dubbi in ordine alla obbligatorietà del previo espletamento della procedura ad evidenza pubblica per potere accedere alla procedura di liquidazione della quota che dovrà essere liquidata dalla stessa società partecipata nel caso in cui la gara non abbia avuto successo. Come noto, la predisposizione di una procedura ad evidenza pubblica ha un costo per l’amministrazione che deve
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espletarla. Le dismissioni riguardanti micropartecipazioni coinvolgono spesso piccole amministrazioni locali che sono così chiamate a svolgere una gara per la messa sul mercato di partecipazioni talmente irrisorie da non avere un ritorno e una adesione da parte del mercato. Ciò posto, ci si chiede cosa accada nel caso in cui una amministrazione locale, al fine di dismettere una micropartecipazione in una società già di per sé poco o per nulla remunerativa, non abbia effettuato o non effettui la previa procedura ad evidenza pubblica ma, ciò nonostante, proceda comunque a dismettere la micropartecipazione attraverso la procedura speciale ex comma 569 e s.m.i.
In tal caso, ci si chiede se l’automatismo previsto ab origine dalla norma debba applicarsi comunque oppure la partecipazione non possa essere considerata dismessa perché la procedura non è stata esercitata correttamente.
La giurisprudenza amministrativa, in generale, ha risposto negativamente. Il Consiglio di Stato ha affermato che «l'espressione nel rispetto delle procedure ad evidenza pubblica, specie se connessa all'incipit del comma 27, al fine di tutelare la concorrenza e il mercato, che segna la ragione fondativa di quello e dei commi seguenti, va intesa (a pena della sua inutilità) nel senso che implica l'illegittimità - quali ne potessero essere le motivazioni, le ragioni e le finalità - della scelta comunale di procedere mediante procedura negoziata senza bando. Per scelta del legislatore è una stessa norma primaria a dettare la specificazione del criterio per certe dismissioni (...) ciò che appunto viene assicurato soltanto dalle vincolanti regole di legge sull'evidenza pubblica, che per loro struttura garantiscono l'accesso trasparente al mercato di quell'acquisto» (Consiglio di Stato, sez. V, 7 giugno 2016, n. 2425). Il Consiglio di Stato ha quindi sanzionato con l’annullamento della procedura un Comune per avere realizzato una procedura negoziata senza bando, sostenendo che occorre effettuare la gara ad evidenza pubblica “sempre e comunque” al fine di garantire l’accesso trasparente al mercato.
Anche la giurisprudenza contabile ha affermato che «l’esperimento di una procedura ad evidenza pubblica è condizione indispensabile per la cassazione e la successiva liquidazione delle partecipazioni (“ritiene il Collegio come non possa revocarsi in dubbio che il previo esperimento della procedura di evidenza pubblica si connoti quale fase indefettibile volta, per un verso, all’alienazione della partecipazione secondo meccanismi concorrenziali e, per altro, al prodursi – laddove infruttuosa – dell’effetto preclusivo rispetto al mantenimento della partecipazione medesima donde la liquidazione in denaro del valore della quota. Ne consegue che l’Ente procedente – alla cui discrezionalità è, peraltro, rimessa l’individuazione del metodo di valutazione della partecipazione
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(metodo patrimoniale, reddituale o finanziario) più congruo alla luce di tutti gli elementi di fatto a tal fine rilevanti nonché la scelta, che del pari dovrà trovare evidenza in idonea motivazione, di conferire apposito incarico esterno – non potrà prescinderne giacchè, in difetto, non potrà considerarsi perfezionata la fattispecie estintiva» (Deliberazione n. 25 /2014/PAR Corte dei Conti, Sez. Regionale di Contollo per le Marche, Ad. del 16 aprile 2014).
Di diverso tenore, invece, altra pronuncia della giurisprudenza contabile, che però, pare isolata rispetto alla giurisprudenza maggioritaria, nella parte in cui afferma che «pur convenendo con l’orientamento della Sezione delle Marche quanto alla natura di recesso sui generis e extra ordinem dell’istituto introdotto dal Legislatore, sembrerebbe individuare la deliberazione dell’Assemblea dei Soci quale unico presupposto del diritto della PA alla liquidazione, indipendentemente dall’esperimento o meno delle prescritte procedure ad evidenza pubblica (“A tal fine, una volta che l’ente pubblico, esercitando la propria discrezionalità, abbia qualificato come non più strettamente indispensabile la presenza nel capitale di società estranee alle proprie finalità istituzionali, nell’ambito delle previsioni dell’art. 3, commi 27-29, della legge 244/2007, come integrato dall’art. 1 comma 569 della legge 147/2013, qualora per qualsiasi causa non sia riuscito a dismettere la propria partecipazione, potrà farsi liquidare dalla società partecipata il valore del suo investimento in base ai criteri fissati dall’art.2437-ter, secondo comma, del codice civile“)» (Deliberazione FVG/ _158_ /2015/PAR Corte dei Conti, Sez. di Controllo della regione Friuli Venezia Giulia). Due le considerazioni: da un lato l’interpretazione stringente della norma mostra di aderire alla tesi dell’estrema specialità della procedura, mentre dall’altro non considera che la norma non distingue tra tipologie di partecipazioni e che ciò ha ricadute pratiche notevoli poiché nel vasto panorama delle partecipazioni degli enti locali le c.d. micropartecipazioni sono molto numerose. Meglio sarebbe stato distinguere tra tipologie di partecipazioni, consentendo di limitare la previa procedura ad evidenza pubblica solo ed esclusivamente per quelle partecipazioni che verosimilmente avrebbero chance sul mercato perché appetibili e contendibili. Non sembra sensato costringere un ente locale a realizzare una procedura ad evidenza pubblica per la dismissione di partecipazioni infinitesimali per le quali si saprebbe già prima della realizzazione della procedura di gara che la stessa andrebbe deserta. Nel caso delle micropartecipazioni, sarebbe opportuno limitarsi a pretendere che l’amministrazione, nella delibera di manifestazione della volontà dismissoria dia adeguata motivazione della scelta di non espletare la gara o di optare per procedure semplificate o negoziazioni dirette, per via dell’antieconomicità dello svolgimento di procedure ad evidenza pubblica per dismettere
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partecipazioni infinitesimali alle quali nessun operatore di mercato mostrerebbe verosimilmente interesse.
7.8. Profili processuali: il riparto di giurisdizione tra G.A. e G.O. in materia di