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INTERESSE GENERALE

5. L’AUTOPRODUZIONE: IL MANCATO RICORSO AL MERCATO NELLE NUOVE DIRETTIVE EUROPEE DEL 2014, POI RECEPITE NEL DIRITTO NAZIONALE CON IL

5.3. Segue: i requisiti strutturali dell’in house providing.

L’attuale organismo in house ha un oggetto sociale esclusivo ed opera in prevalenza a favore dell'ente controllante e sotto controllo analogo, cui consegue la facoltà di ricorrere all’affidamento diretto. Il requisito della destinazione prevalente è disciplinato dall'art. 12, par. I, lett. b) della Direttiva appalti ed è ripreso nell’art. 4, comma 4, del d.lgs. n. 175/2016 e nell'art. 5 del d.lgs. n. 50/2016. La norma comunitaria fornisce una precisa quantificazione, prevedendo che oltre l’ottanta per cento delle attività della persona giuridica controllata siano effettuate nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall'amministrazione controllante (165).

Quanto al controllo analogo, non si reputano soddisfacenti i meri strumenti civilistici a disposizione del socio di maggioranza e la giurisprudenza chiarisce che il controllo si sostanzia in una relazione di subordinazione gerarchica che determina uno stringente controllo gestionale e finanziario dell'ente

(164) Secondo Corte di giustizia UE (sez. V, 8 maggio 2014, causa C-15/13) «conformemente alla giurisprudenza della

Corte, l'obiettivo principale delle norme del diritto dell'Unione in materia di appalti pubblici è l'apertura ad una concorrenza non falsata in tutti gli Stati membri nei settori d'esecuzione di lavori, di fornitura di prodotti e di prestazione di servizi, il che implica l'obbligo di qualsiasi amministrazione aggiudicatrice di applicare le norme pertinenti del diritto dell'Unione qualora sussistano i presupposti da questo contemplati (v., in tal senso, sentenza Stadt Halle e RPL Lochau, C-26/03, EU:C:2005:5, punto 44). Qualsiasi deroga all'applicazione di tale obbligo va dunque interpretata restrittivamente (v. sentenza Stadt Halle e RPL Lochau, EU:C:2005:5, punto 46)». Corte di giustizia C-480/06 ha affermato

che un'autorità pubblica può adempiere ai compiti di interesse pubblico ad essa incombenti mediante propri strumenti senza fare ricorso ad entità esterne e che tale modalità non contrasta con la tutela della concorrenza poiché nessuna impresa viene posta in una situazione di privilegio rispetto alle altre”. Il T.A.R. Veneto, sez. I, 25 agosto 2015, n. 949, afferma che «tra le tre modalità di affidamento (gara, gara a doppio oggetto per la costituzione di una società mista e

affidamento in house), sussisterebbe un favor per l'affidamento in house qualora non vengano svolte (da parte dell'ente pubblico affidante) le necessarie considerazioni di natura tecnico-economica per le quali l'affidamento a mezzo di procedura selettiva sarebbe preferibile a quello in house (allo stato in atto); tenuto conto che, nella specie, la società affidataria in house offriva, in favore delle amministrazioni locali proprietarie della stessa, una gestione dei servizi locali particolarmente virtuosa dal punto di vista economico».

(165) Il par. 5 dell'art. 12 stabilisce che «per determinare la percentuale delle attività si prende in considerazione il fatturato totale medio, o una idonea misura alternativa basata sull'attività, quali i costi sostenuti dalla persona giuridica o amministrazione aggiudicatrice in questione nei campi dei servizi, delle forniture e dei lavori per i tre anni precedenti l'aggiudicazione dell'appalto».

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pubblico sull'ente societario. In tal senso, è interessante e illuminante quanto stabilito dall’art. 192, del d.lgs. n. 50/2016, in punto di necessaria creazione di un elenco delle s.a. che si avvalgono di organismi in house e dei requisiti che devono sussistere in tali rapporti e relazioni di delegazione interorganica per ottenere l’iscrizione nell’elenco detenuto da dall’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), oggi disciplinata con le Linee Guida ANAC n. 7 (amplius ultra cap. III, par. 2 sotto). Il controllo deve essere stringente e vertere sia sulle decisioni organizzative che sulle strategie industriali, che non possono porsi in contrasto con l’interesse degli enti pubblici azionisti.

Le Direttive, in tema di controllo analogo, precisano che tale condizione risulta soddisfatta qualora l'amministrazione aggiudicatrice (o anche l'ente aggiudicatore per le concessioni) eserciti un'influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative dell'affidatario in house e risolvono anche i dubbi in tema di cosiddetto controllo analogo indiretto, in quanto si prevede che il controllo possa essere esercitato da una persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo stesso modo dall'amministrazione aggiudicatrice (c.d. in house a cascata). Si pensi, ad esempio, alle holding di partecipazioni, che si interpongono fra l'amministrazione aggiudicatrice e la società beneficiaria in house, o alle società consortili, dove gli enti pubblici esercitano il controllo della società consortile non direttamente ma attraverso le società consorziate, che, a loro volta, sono controllate da tali enti.

Una precisazione delle nuove Direttive riguarda il concetto di “prevalenza” dell'attività. La condizione viene ritenuta soddisfatta qualora oltre l'ottanta per cento delle attività del soggetto affidatario in house siano effettuate nello svolgimento dei compiti ad esso affidati dal soggetto controllante direttamente o anche indirettamente, ossia da parte di altre persone giuridiche controllate dall'amministrazione controllante. Viene poi indicato cosa debba considerarsi al fine della determinazione dell'ottanta per cento: prevedendolo nel fatturato totale medio, o in un'idonea misura alternativa basata sull'attività, quali i costi sostenuti dalla persona giuridica o amministrazione aggiudicatrice in questione nei campi dei servizi, delle forniture e dei lavori per i tre anni precedenti l'aggiudicazione dell'appalto o della concessione (cfr. in tal senso anche la relazione accompagnatrice alle Linee Guida ANAC n. 7, per l’iscrizione nell’elenco ex art. 192 d.lgs. n. 50/2016, amplius ultra cap. III, par. 2). In mancanza del triennio (a causa di recente costituzione o inizio dell'attività, oppure per riorganizzazione dell'attività, con riguardo al soggetto controllato o all'amministrazione aggiudicatrice) o di pertinenza del fatturato e dei costi, è sufficiente dimostrare, sulla base di proiezioni dell'attività, la credibilità della misura dell'attività (ultimo paragrafo dell'art. 12 della

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direttiva appalti n. 2014/24/UE, dell'art. 28 della direttiva settori speciali n. 2014/25/UE e dell'art. 17 della direttiva concessioni n. 2014/23/UE).

Novità di rilievo è quella in tema del requisito della totale partecipazione pubblica, che è sempre richiesta, ma una relazione in house viene egualmente configurata anche in presenza di forme di partecipazione diretta di capitali privati, a condizione che non comportino controllo o potere di veto, attraverso le quali non può essere esercitata alcuna influenza determinante sul soggetto affidatario, siano prescritte dalle disposizioni legislative nazionali e quindi siano previste dalla legge e che la stessa sia conforme ai trattati. È chiaro che l'unico elemento determinante è la partecipazione privata diretta al capitale della persona giuridica controllata, mentre la partecipazione di capitali privati nell'amministrazione aggiudicatrice controllante o nelle amministrazioni aggiudicatrici controllanti non preclude l'aggiudicazione diretta (ossia senza applicare le procedure previste dalle direttive) di appalti pubblici alla persona giuridica controllata, poiché tali partecipazioni non incidono negativamente sulla concorrenza tra operatori economici privati (in tal senso, espressamente, il punto 32 dei “considerando” della direttiva n. 2014/24/UE e il punto 46 dei “considerando” della direttiva n. 2014/23/UE).

Quanto previsto in tema di affidamento a un soggetto in house vale anche per escludere l'applicazione delle Direttive agli appalti o alle concessioni aggiudicati dal soggetto in house, che è a sua volta amministrazione aggiudicatrice, alla propria amministrazione controllante o ad altro soggetto giuridico controllato da quest'ultima, sempreché nell'aggiudicataria non vi sia alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati di cui si è detto al paragrafo precedente, il che è disposto dall'art. 12, paragrafo 2, della direttiva appalti (n. 2014/24/UE), dall'art. 28, paragrafo 2, della direttiva settori speciali (n. 2014/25/UE) e dall'art. 17, paragrafo 2, della direttiva concessioni (n. 2014/23/UE).

Si tratta di due fattispecie diverse, la prima è l’in house verticale capovolto e riguarda unicamente due soggetti che si trovano in relazione di in house (il soggetto controllato, essendo a sua volta amministrazione aggiudicatrice, affida al soggetto controllante e si verifica una sorta di bidirezionalità dell'in house), mentre la seconda costituisce il cosiddetto in house orizzontale e implica l'esistenza di tre soggetti e di un rapporto triangolare. Un soggetto A) aggiudica un appalto o una concessione a un soggetto B), e sia A) che B) sono controllati da un altro soggetto C). Ossia non vi è alcuna relazione diretta tra A) e B), ma entrambi sono in relazione di in house con il soggetto C), che controlla sia A) che B). Una recente decisione della Corte di giustizia si è interessata del

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fenomeno dell'in house orizzontale, inteso come la situazione in cui l'amministrazione o le amministrazioni aggiudicatrici esercitano un controllo analogo su due operatori economici distinti di cui uno affida un appalto all'altro, oltre che del controllo limitato ad alcune delle attività della società controllata (166). L'art. 12, paragrafo 3, della Direttiva appalti (n. 2014/24/UE), l'art. 28, paragrafo 3,

della Direttiva settori speciali (n. 2014/25/UE), e l'art. 17, paragrafo 3, della Direttiva concessioni (n. 2014/23/UE), chiariscono anche le modalità attraverso cui le amministrazioni pubbliche in possesso di partecipazioni di minoranza possono esercitare egualmente il controllo analogo, codificando l'in house frazionato o pluripartecipato. Ossia consentendo che un'amministrazione aggiudicatrice, la quale non eserciti di per sé su una persona giuridica di diritto privato o pubblico un controllo ai sensi del paragrafo 1, possa lo stesso affidare direttamente un appalto a tale persona giuridica (167).

(166) Cfr. Corte di giustizia, sez. V, 8 maggio 2014 (causa C-15/13), secondo cui «l'articolo 1, paragrafo 2, lettera a), della

direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, deve essere interpretato nel senso che un contratto avente ad oggetto la fornitura di prodotti, concluso tra, da un lato, un'Università che è un'amministrazione aggiudicatrice ed è controllata nel settore delle sue acquisizioni di prodotti e servizi da uno Stato federale tedesco e, dall'altro, un'impresa di diritto privato detenuta dallo Stato federale e dagli Stati federali tedeschi, compreso detto Stato federale, costituisce un appalto pubblico ai sensi della medesima disposizione e, pertanto, deve essere assoggettato alle norme di aggiudicazione di appalti pubblici previste da detta direttiva». La controversia

conseguiva all'affidamento diretto di un appalto di forniture da parte di un'Università della Città di Amburgo (Stato federale e amministrazione aggiudicatrice) a una società tedesca. La Corte di giustizia, come di solito, viene investita del problema della legittimità di siffatto affidamento diretto a seguito della contestazione innanzi al giudice tedesco da parte di un operatore del settore. Nella specie, tra l'Università tedesca e la società non vi era alcun rapporto di controllo in quanto la prima non aveva partecipazioni nella seconda. Tuttavia, la Città di Amburgo, Stato federale tedesco, controllava, assieme alla Repubblica federale di Germania e ad altri Lander tedeschi, sia la società che l'Università. In tal modo sia la società che l'Università erano controllate dalla stessa amministrazione aggiudicatrice, la Città di Amburgo. La questione viene rimessa alla Corte da parte del giudice di appello tedesco che, configurando nella specie la possibilità di un in house orizzontale, prefigura la legittimità dell'affidamento diretto; che viene invece escluso dalla Corte di giustizia sulla base di due considerazioni. La prima, consistente nella circostanza che l'affidamento è disposto da un'amministrazione aggiudicatrice (l'Università della Città di Amburgo) a favore di una società nella quale l'Università non detiene alcuna partecipazione nel capitale e non ha alcun rappresentante legale negli organi direttivi della stessa. La seconda, fondata sulla circostanza che il controllo esercitato dalla Città di Amburgo sull'Università si estende solo a una parte dell'attività di quest'ultima, ossia solo in materia di acquisizioni e non anche ai settori dell'istruzione e della ricerca, nell'ambito dei quali l'Università dispone di ampia autonomia. Cosicché in una situazione di controllo parziale non è configurabile il controllo analogo, venendo meno la possibilità di determinare (tutti) gli obiettivi strategici e (tutte) le decisioni significative del soggetto controllato. Pertanto, considerato che l'oggetto dell'affidamento dell'Università alla società riguarda l'attività di istruzione svolta dall'Università stessa, sulla quale attività non è ipotizzabile alcun controllo analogo da parte della Città di Amburgo, e data l'inconfigurabilità di un in house parziale, nella specie l'affidamento senza gara viene ritenuto illegittimo siccome in violazione delle regole di concorrenza. La decisione della Corte di giustizia avalla così l'in house orizzontale, ma richiede che il controllo, per configurasi analogo, debba essere totale e non limitato solo ad alcune delle attività svolte dal soggetto controllato.

(167) Le condizioni richieste, tutte da soddisfare, sono: a) l'amministrazione aggiudicatrice esercita congiuntamente con altre amministrazioni aggiudicatrici un controllo sulla persona giuridica affidataria analogo a quello da esse esercitato sui propri servizi; b) oltre l'80% delle attività dell'affidataria sono effettuate nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dalle amministrazioni aggiudicatrici controllanti direttamente o indirettamente da altre persone giuridiche

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Il problema centrale dell'in house è dato dall'accertamento del requisito del controllo analogo. Siffatto requisito, secondo consolidata giurisprudenza della Corte di giustizia, risulta soddisfatto dalla previsione di meccanismi che consentano all'affidante di influenzare in modo determinante gli obiettivi strategici e le decisioni significative dell'affidatario e, contestualmente, dal divieto per quest'ultimo di acquisire una vocazione commerciale che renda precario il controllo da parte dell'ente pubblico. Secondo AGCM, la possibilità che la società affidataria, secondo lo statuto, possa svolgere numerose attività “lascia presumere l'esistenza di una (anche potenziale) vocazione commerciale basata sul rischio di impresa, suscettibile di condizionare le scelte strategiche della società stessa, distogliendola dalla cura primaria dell'interesse pubblico di riferimento”.

La Corte di giustizia ritiene che spetti al giudice nazionale verificare in concreto l'esistenza del requisito del controllo analogo, così come di quello congiunto. E ciò a seguito di una verifica delle disposizioni degli statuti del soggetto controllato, degli eventuali patti parasociali e dei poteri attribuiti agli organi sociali, così che la nozione di controllo analogo — come anche di controllo congiunto, richiesto ai fini del cosiddetto in house frazionato o pluripartecipato — si cala all'interno della fattispecie civilistica del controllo societario e spesso va al di là della stessa, in quanto i singoli meccanismi previsti dal codice civile per assicurare il controllo societario possono non essere sufficienti al fine della configurazione del controllo analogo.

Dal che consegue l’esigenza di definire i contenuti minimi specifici del requisito del controllo analogo; ciò proprio per avere certezze e non basarsi sulle valutazioni del caso singolo rimesse, di volta in volta, all'accertamento e alla valutazione del giudice e, ancora prima, dei soggetti affidante e

controllate dalle amministrazioni aggiudicatrici di cui trattasi; c) nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati che non comportano controllo o potere di veto, prescritte dalle disposizioni legislative nazionali, in conformità dei trattati, che non esercitano un'influenza determinante sulla persona giuridica controllata. Si tratta delle condizioni richieste al paragrafo 1 per la configurazione di una relazione in house, con la peculiarità che il controllo non è più personale ed esclusivo ma congiunto (ossia assieme agli altri soggetti partecipanti nel capitale del soggetto affidatario). E in che consista il controllo congiunto prescritto dalla lett. a) viene a sua volta definito dalle direttive. Le amministrazioni aggiudicatrici esercitano il controllo in modo congiunto con le altre qualora siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni: a) gli organi decisionali dell'organismo controllato devono essere composti da rappresentanti di tutti i soci pubblici partecipanti, ovvero, da soggetti che possono rappresentare più o tutti i soci pubblici partecipanti. Ossia ogni soggetto pubblico partecipante deve essere comunque rappresentato negli organi decisionali del soggetto affidatario; b) i soci pubblici devono essere in grado di esercitare congiuntamente un'influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative dell'organismo controllato; c) l'organismo controllato non deve perseguire interessi contrari a quelli di tutti i soci pubblici partecipanti. Anche qui l'individuazione di tutte le condizioni richieste per la sussistenza del controllo congiunto, soprattutto con riguardo alla lett. b), passa attraverso l'indagine empirica delle disposizioni dello statuto della società affidataria.

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affidatario. Come richiamato sopra, le nuove direttive consentono l'affidamento in house anche in presenza di una partecipazione privata minoritaria (168).

Una volta consentita la partecipazione privata nelle società in house, seppure a specifiche condizioni, scolora la differenza tra società in house e società miste. Ai fini dell'affidamento a società mista, come si è visto al par. 4 supra, si è ormai assestata l'esigenza della cosiddetta gara a doppio oggetto, ossia

(168) Interessante in tal senso il caso Cineca. Il Consiglio di Stato, con il parere 30 gennaio 2015, n. 298 (affare n. 18/2013) aveva affermato che è ammissibile l'affidamento “in house” di prestazioni di servizio nel campo dell'informatica per il sistema universitario, della ricerca e scolastico, da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca in via diretta al CINECA Consorzio Interuniversitario. Ai fini dell'ammissibilità dell'affidamento cd. “in house” (e quindi ai fini dell'esclusione dei contratti tra soggetti pubblici dall'applicazione della direttiva), l'art. 12, par. 1, della direttiva 2014/24 richiede che l'amministrazione aggiudicatrice svolga sull'altro ente pubblico “un controllo analogo a quello che esercita sui propri dipartimenti/servizi”; che più dell'80% delle prestazioni dell'altro ente pubblico siano effettuate a favore dell'amministrazione aggiudicatrice o di un altro ente pubblico controllato dalla prima; che l'altro ente pubblico che riceve l'affidamento dall'amministrazione aggiudicatrice non sia controllato da capitale privato, a meno che non si tratti di partecipazione di controllo o di blocco secondo le disposizioni nazionali; e che in ogni caso tale partecipazione non determini influenza dominante”. Quanto affermato dalla sez. II del Consiglio di Stato non ha trovato concorde la sez. VI, che, con sentenza 26 maggio 2015, n. 2660, ha ritenuto l'illegittimità dell'affidamento diretto e senza gara al Cineca da parte di un'Università a causa della mancanza dei requisiti della partecipazione pubblica totalitaria (partecipando al Consorzio anche Università private che non possono essere qualificate comunque come enti pubblici per il solo fatto di svolgere attività di interesse pubblico) e dell'esercizio dell'attività prevalentemente a favore di soggetti consorziati (svolgendo il consorzio, direttamente o tramite società controllate, una parte rilevante della propria attività a favore di soggetti non consorziati, pubblici e privati, sia in Italia che all'estero). La sez. VI ha escluso l'applicabilità immediata delle previsioni di cui alla direttiva n. 2014/24/UE, sulla base delle seguenti considerazioni: a.a) la nuova direttiva, nonostante il suo contenuto in alcune parti dettagliato, non può ritenersi self-executing dato che è ancora in corso il termine previsto per la sua attuazione da parte dello Stato; a.b) la rilevanza giuridica della direttiva anche prima che sia scaduto il termine per il suo recepimento si traduce semplicemente, in nome del principio di leale collaborazione, in un dovere di standstill, ovvero nel dovere per il legislatore di astenersi dall'adottare, nel periodo intercorrente tra la pubblicazione della direttiva nella GUUE e il termine assegnato per il suo recepimento, qualsiasi misura che possa compromettere il conseguimento del risultato prescritto (C. giust. 18 dicembre 1997, C-129/96, Inter-Environnement Vallonie) e per il giudice di astenersi da qualsiasi forma di interpretazione o di applicazione del diritto nazionale da cui possa derivare, dopo la scadenza del termine di attuazione, la messa in pericolo del risultato voluto dalla direttiva (C. giust. UE, 15 aprile 2008, C-268/08, Impact); b) l'in house aperto ai privati previsto dal citato art. 12 della nuova direttiva rappresenta non un obbligo ma una facoltà della quale il legislatore nazionale potrebbe legittimamente anche decidere di non avvalersi, scegliendo di attuare un livello di tutela della concorrenza ancor più elevato rispetto a quello prescritto a livello comunitario; c) carenza dell'ulteriore condizione richiesta dal citato art. 12, secondo cui le “forme di partecipazione di capitali privati” devono essere “prescritte dalle disposizioni legislative nazionali, in conformità dei trattati”; non essendo la partecipazione al Cineca di soggetti privati oggetto di esplicita prescrizione legislativa; d) mancanza di strumenti idonei ad assicurare l'esercizio da parte dell'Università affidante, anche in forma congiunta con altri enti consorziati, di poteri di controllo analogo; e) insussistenza del requisito dell'attività prevalentemente svolta a favore di soggetti consorziati, in quanto lo svolgimento di attività imprenditoriale verso l'esterno attribuisce al Cineca una vocazione commerciale che impedisce di considerarlo alla stregua di un soggetto in house, ovvero di un mero organo delle amministrazioni consorziate. Va osservato che nello statuto del Cineca era prevista la possibilità di “acquisire partecipazioni in società di capitali o altri consorzi”. Sulla questione è poi intervenuto il legislatore che ha cercato di risolvere “le problematiche Cineca” in coerenza con le affermazioni contenute nella citata sentenza del Consiglio di Stato n. 2660/2015, recependo anticipatamente alcuni contenuti dell'art. 12 della direttiva appalti n. 2014/24/UE (in particolare, paragrafo 3, comma 1) e richiedendo, ove necessario, l'adeguamento dello statuto.

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avente a oggetto al tempo stesso la qualità di socio e l'attribuzione allo stesso dei compiti operativi connessi alla gestione dello specifico servizio che dovrà essere svolto dalla società (169).

Una volta che la nuova normativa europea consente l'affidamento diretto in house anche qualora vi

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